Federazione Anarchica Informale: differenze tra le versioni

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Quantunque la FAInformale abbia talvolta rivendicato una certa originalità organizzativo-strategica, molti principi a cui si ispira ([[gruppi d'affinità|informalità e gruppi d'affinità]], [[insurrezionalismo]], [[azione diretta]] e [[propaganda col fatto]], uso della [[violenza]], [[illegalismo]], una certa tendenza [[nichilismo|nichilista]]) sono principi dell'[[insurrezionalismo]] "classico" (o comunque principi non estranei all'[[anarchismo]]) che sono stati patrimonio anche di diversi gruppi/individualità operativi nel dopoguerra: si pensi, per esempio, ad [[Azione Rivoluzionaria]], un vero e proprio gruppo anarchico clandestino e lottarmatista (attivo dal [[1976]] al [[1980]], rivendicò la gambizzazione del dottor Mammoli, considerato complice della morte di [[Franco Serantini]]), a [[Rote Zora]], un gruppo [[anarco-femminista]] tedesco (compì numerosi attentati nella [[Germania]] degli anni '70 e '80) e all'[[Angry Brigade]], un gruppo britannico [[insurrezionalismo|insurrezionalista]] [[anarco-comunista]] (compì numerosi attentati tra il [[1970]] e il [[1972]]).
Quantunque la FAInformale abbia talvolta rivendicato una certa originalità organizzativo-strategica, molti principi a cui si ispira ([[gruppi d'affinità|informalità e gruppi d'affinità]], [[insurrezionalismo]], [[azione diretta]] e [[propaganda col fatto]], uso della [[violenza]], [[illegalismo]], una certa tendenza [[nichilismo|nichilista]]) sono principi dell'[[insurrezionalismo]] "classico" (o comunque principi non estranei all'[[anarchismo]]) che sono stati patrimonio anche di diversi gruppi/individualità operativi nel dopoguerra: si pensi, per esempio, ad [[Azione Rivoluzionaria]], un vero e proprio gruppo anarchico clandestino e lottarmatista (attivo dal [[1976]] al [[1980]], rivendicò la gambizzazione del dottor Mammoli, considerato complice della morte di [[Franco Serantini]]), a [[Rote Zora]], un gruppo [[anarco-femminista]] tedesco (compì numerosi attentati nella [[Germania]] degli anni '70 e '80) e all'[[Angry Brigade]], un gruppo britannico [[insurrezionalismo|insurrezionalista]] [[anarco-comunista]] (compì numerosi attentati tra il [[1970]] e il [[1972]]).


Bisogna tuttavia ricordare che buona parte del movimento anarchico ha comunque posto al di fuori della [[Storia dell'anarchismo|storia]] e delle teorie dell'[[anarchismo]] l'[[azione diretta]] della FAInformale. Il motivo di fondo di questa esclusione può facilmente rinvenirsi confrontando il contesto storico in cui, ad esempio, operava la [[banda del Matese]] con il contesto storico in cui operano la FAInformale e i gruppi ad essa affini. La cosidetta [[propaganda col fatto]] si caratterizzava, anche nei momenti di assoluta [[violenza]] vendicatrice (si pensi ai regicidi o alle uccisioni di capi si stato o di governo; [[Luigi Lucheni]] addirittura trafigge una donna, la Principessa Sissi), come metodo per ampliare l'isurrezione attraverso l'emulazione dei fatti da parte della massa. In altre parole, nella [[propaganda col fatto]] quest'ultimo veniva compiuto perché potesse essere propaganda dell'idea anarchica nella società e fonte di altri fatti insurrezionali, e non c'è dubbio che questo avvenisse (si pensi, ad esempio, ad [[Emile Florain]], che nel [[1881]] tenta di uccidere il Primo Ministro della Repubblica francese Léon Gambetta: non ci riesce e allora spara a caso su un borghese, diventando non un terrorista, ossia qualcuno che nella massa incute terrore, ma un mito da imitare).
Bisogna tuttavia ricordare che buona parte del movimento anarchico ha comunque posto al di fuori della [[Storia dell'anarchismo|storia]] e delle teorie dell'[[anarchismo]] l'[[azione diretta]] della FAInformale. Il motivo di fondo di questa esclusione può facilmente rinvenirsi confrontando il contesto storico in cui, ad esempio, operava la [[banda del Matese]] con il contesto storico in cui operano la FAInformale e i gruppi ad essa affini. La cosidetta [[propaganda col fatto]] si caratterizzava, anche nei momenti di assoluta [[violenza]] vendicatrice (si pensi ai regicidi o alle uccisioni di capi si stato o di governo; [[Luigi Lucheni]] addirittura trafigge una donna, la Principessa Sissi), come metodo per ampliare l'isurrezione attraverso l'emulazione dei fatti da parte della massa. In altre parole, nella [[propaganda col fatto]] quest'ultimo veniva compiuto perché potesse essere propaganda dell'idea anarchica nella società e fonte di altri fatti insurrezionali, e non c'è dubbio che questo avvenisse (si pensi, ad esempio, ad [[Emile Florain]], che nel [[1881]] tenta di uccidere il Primo Ministro della Repubblica francese Léon Gambetta: non ci riesce e allora spara ad un borghese a caso, diventando non un terrorista, ossia qualcuno che nella massa incute terrore, ma un mito da imitare).
Già nel dopoguerra, però, con l'inizio del periodo di pace più lungo della storia e un totale riassetto degli equilibri politici e sociali, il ferimento di un uomo inerme, benché colpevole di qualcosa, non avrebbe più potuto essere definito [[propaganda col fatto]] perché nella massa quel fatto non avrebbe più suscitato rivolta, non sarebbe più stato uno strumento di propaganda, ma avrebbe ingenerato sol che terrore (da qui il termine [[terrorismo]]), causando l'effetto contrario rispetto a quello voluto, ossia la spinta del popolo nelle braccia protettive dello Stato. Questo problema era già ben noto a [[Malatesta]], che nell'ultima parte de ''La tragedia di Monza'' <ref>[http://www.arivista.org/?nr=364&pag=119.htm ''La tragedia di Monza''], articolo di [[Malatesta]] all'indomani del regicidio.</ref>, continuando la sua polemica contro quanti esaltavano gli attentati e il terrorismo, ribadì che la violenza era una necessità e non un mezzo. Secondo [[Malatesta]] gli anarchici erano dei liberatori e non dei giustizieri. Sarebbero ricorsi «all'ultimo espediente della forza fisica» cui «l'ostinata resistenza della borghesia» costringeva gli oppressi, ma non avrebbero mai fatto «vittime inutili, nemmeno tra i nemici», rimanendo «buoni e umani anche nel furore della battaglia». Nessuna rivoluzione liberatrice, ripeteva, poteva nascere dai massacri e dal terrore, da cui escono i tiranni. <ref name="violenza">[http://www.arivista.org/riviste/Arivista/297/38.htm ''Tolstoj, gli anarchici e la violenza''], di Piero Brunello (''A - Rivista Anarchica'', anno 34, n. 297, marzo 2004)</ref> <ref>Con riferimento alla [[strage del Teatro Diana]], che intendeva colpire il questore Giovanni Gasti, in quanto rappresentante, e quindi complice, di quello Stato che deteneva in carcere senza prove [[Errico Malatesta]] ed altri anarchici, lo stesso [[Malatesta]], pur ribadendo la buona fede dei compagni [[propaganda col fatto|propagandisti]], non poté che condannarne l'operato.</ref>
Già nel dopoguerra, però, con l'inizio del periodo di pace più lungo della storia e un totale riassetto degli equilibri politici e sociali, il ferimento di un uomo inerme, benché colpevole di qualcosa, non avrebbe più potuto essere definito [[propaganda col fatto]] perché nella massa quel fatto non avrebbe più suscitato rivolta, non sarebbe più stato uno strumento di propaganda, ma avrebbe ingenerato sol che terrore (da qui il termine [[terrorismo]]), causando l'effetto contrario rispetto a quello voluto, ossia la spinta del popolo nelle braccia protettive dello Stato. Questo problema era già ben noto a [[Malatesta]], che nell'ultima parte de ''La tragedia di Monza'' <ref>[http://www.arivista.org/?nr=364&pag=119.htm ''La tragedia di Monza''], articolo di [[Malatesta]] all'indomani del regicidio.</ref>, continuando la sua polemica contro quanti esaltavano gli attentati e il terrorismo, ribadì che la violenza era una necessità e non un mezzo. Secondo [[Malatesta]] gli anarchici erano dei liberatori e non dei giustizieri. Sarebbero ricorsi «all'ultimo espediente della forza fisica» cui «l'ostinata resistenza della borghesia» costringeva gli oppressi, ma non avrebbero mai fatto «vittime inutili, nemmeno tra i nemici», rimanendo «buoni e umani anche nel furore della battaglia». Nessuna rivoluzione liberatrice, ripeteva, poteva nascere dai massacri e dal terrore, da cui escono i tiranni. <ref name="violenza">[http://www.arivista.org/riviste/Arivista/297/38.htm ''Tolstoj, gli anarchici e la violenza''], di Piero Brunello (''A - Rivista Anarchica'', anno 34, n. 297, marzo 2004)</ref> <ref>Con riferimento alla [[strage del Teatro Diana]], che intendeva colpire il questore Giovanni Gasti, in quanto rappresentante, e quindi complice, di quello Stato che deteneva in carcere senza prove [[Errico Malatesta]] ed altri anarchici, lo stesso [[Malatesta]], pur ribadendo la buona fede dei compagni [[propaganda col fatto|propagandisti]], non poté che condannarne l'operato.</ref>


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