Consigli ed occupazioni di fabbrica in Italia (1919-20): differenze tra le versioni

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[[File:Biennio rosso.jpg|thumb|240 px|Guardie rosse durante l'occupazione delle fabbriche dell'autunno del 1920.]]
[[File:Biennio rosso.jpg|thumb|240 px|Guardie rosse durante l'occupazione delle fabbriche dell'autunno del 1920.]]
Gli [[sciopero|scioperi]], i tumulti, le rivolte e le occupazioni di terre e fabbriche che si susseguirono nel biennio [[1919]]-[[1920]] (conosciuto come '''biennio rosso'''), furono un momento storicamente importantissimo per le classi oppresse ed in particolare il [[movimento operaio]] italiano. In un'ottica prettamente rivoluzionaria, i socialisti e gli anarchici sostennero l'occupazione delle fabbriche e la costituzione di organismi (Consigli di Fabbrica) in grado di [[autogestione|autogestirle]], emancipandosi così dalla [[classismo|classe padronale]] e ponendo le basi per la [[rivoluzione sociale]].  
Gli [[sciopero|scioperi]], i tumulti, le rivolte e le occupazioni di terre e fabbriche che si susseguirono nel biennio [[1919]]-[[1920]] (conosciuto come '''biennio rosso'''), furono un momento storicamente importantissimo per le classi oppresse ed in particolare il [[movimento operaio]] italiano. In un'ottica prettamente rivoluzionaria, i socialisti e gli anarchici sostennero l'occupazione delle fabbriche e la costituzione di organismi (Consigli di Fabbrica) in grado di [[autogestione|autogestirle]], emancipandosi così dalla [[classismo|classe padronale]] e ponendo le basi per la [[rivoluzione sociale]].  


Il movimento dei Consigli fu poi sconfitto a causa soprattutto del tradimento dei [[sindacalismo|sindacati riformisti]], che portò poi come conseguenza la reazione borghese e l'avvento del [[Fascismo|fascismo]].
Il movimento dei Consigli fu poi sconfitto a causa soprattutto del tradimento dei [[sindacalismo|sindacati riformisti]], che portò poi come conseguenza la reazione borghese e l'avvento del [[Fascismo|fascismo]].
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[[File:Giolitti2.jpg|thumb|[[Giovanni Giolitti]], primo ministro all'epoca delle occupazioni delle fabbriche, cercò di far cessare i tumulti attraverso un atteggiamento volto a spegnere i fuochi rivoluzionarli per dirigerli verso uno sterile riformismo]]
[[File:Giolitti2.jpg|thumb|[[Giovanni Giolitti]], primo ministro all'epoca delle occupazioni delle fabbriche, cercò di far cessare i tumulti attraverso un atteggiamento volto a spegnere i fuochi rivoluzionarli per dirigerli verso uno sterile riformismo]]
=== Il ruolo di Giolitti ===
=== Il ruolo di Giolitti ===
Il Primo ministro italiano (Giolitti),  non sgomberò le fabbriche, come molti gli chiedevano di fare, ma lasciò che la protesta perdesse gradatamente la sua carica aggressiva, confidando anche nella collaborazione data dall'ala riformista del PSI e della CGL, che isolati dal reale movimento operaio e distaccandosi dalle richieste dei lavoratori, avallarono questo progetto in cambio di qualche conquista sindacale. Giovanni Giolitti sintetizzò così la sua linea politica nei confronti dell'occupazione delle fabbriche.:
Il Primo ministro italiano (Giolitti),  non sgomberò le fabbriche, come molti gli chiedevano di fare, ma lasciò che la protesta perdesse gradatamente la sua carica aggressiva, confidando anche nella collaborazione data dall'ala riformista del PSI e della CGL, che isolati dal reale movimento operaio e distaccandosi dalle richieste dei lavoratori, avallarono questo progetto in cambio di qualche conquista sindacale. Giovanni Giolitti sintetizzò così la sua linea politica nei confronti dell'occupazione delle fabbriche.:


: «Ho voluto che gli operai facessero da sè la loro esperienza, perché comprendessero che è un puro sogno voler far funzionare le officine senza l'apporto di capitali, senza tecnici e senza crediti bancari. Faranno la prova, vedranno che è un sogno, e ciò li guarirà  da pericolose illusioni.» <ref>Enzo Biagi, ''Storia del Fascismo'', Firenze, Sadea Della Volpe Editori, 1964, p. 108</ref>
: «Ho voluto che gli operai facessero da sè la loro esperienza, perché comprendessero che è un puro sogno voler far funzionare le officine senza l'apporto di capitali, senza tecnici e senza crediti bancari. Faranno la prova, vedranno che è un sogno, e ciò li guarirà  da pericolose illusioni.» <ref>Enzo Biagi, ''Storia del Fascismo'', Firenze, Sadea Della Volpe Editori, 1964, p. 108</ref>
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