Antonio D’Alba: differenze tra le versioni

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=== L'anarchismo ===
=== L'anarchismo ===


Intorno i 17 anni si avvicina all'[[anarchismo]], anche se non proprio con una militanza attiva. Il [[21 febbraio]] [[1910]], la questura di Roma propone per lui la vigilanza speciale, ma l'[[autorità ]] giudiziaria rifiuta di applicare la misura restrittiva perché riteneva che negli ultimi tempi si fosse ravveduto. In effetti, Antonio D'Alba aveva continuato ad esercitare la professione di muratore senza essere segnalato agli organi di polizia per nessun motivo, fino a quando, d'improvviso, mette in atto a Roma un clamoroso [[Gli attentati individualistici nella storia dell'anarchismo|attentato contro il re]] Vittorio Emanuele III..
Intorno i 17 anni si avvicina all'[[anarchismo]], anche se non proprio con una militanza attiva. Il [[21 febbraio]] [[1910]], la questura di Roma propone per lui la vigilanza speciale, ma l'[[autorità]] giudiziaria rifiuta di applicare la misura restrittiva perché riteneva che negli ultimi tempi si fosse ravveduto. In effetti, Antonio D'Alba aveva continuato ad esercitare la professione di muratore senza essere segnalato agli organi di polizia per nessun motivo, fino a quando, d'improvviso, mette in atto a Roma un clamoroso [[Gli attentati individualistici nella storia dell'anarchismo|attentato contro il re]] Vittorio Emanuele III..


===L'attentato e le immediate conseguenze===
===L'attentato e le immediate conseguenze===
Il mattino del [[14 marzo]] [[1912]], l'anarchico romano, dopo essersi nascosto tra le colonne di palazzo Salviati, si fa largo tra la poca gente presente al passaggio del corteo reale ed esplode due colpi di rivoltella contro la carrozza in cui era Vittorio Emanuele III. Il re e la regina si stavano recando al Pantheon per assistere ad una messa funebre in suffragio di Umberto I, ucciso 12 anni prima dall'anarchico [[Gaetano Bresci]]; entrambi escono indenni, due dei due colpi esplosi feriscono invece un maggiore dei corazzieri e un cavallo della scorta. Antonio D'Alba viene immediatamente bloccato e percosso dalla gente accorsa.
Il mattino del [[14 marzo]] [[1912]], l'anarchico romano, dopo essersi nascosto tra le colonne di palazzo Salviati, si fa largo tra la poca gente presente al passaggio del corteo reale ed esplode due colpi di rivoltella contro la carrozza in cui era Vittorio Emanuele III. Il re e la regina si stavano recando al Pantheon per assistere ad una messa funebre in suffragio di Umberto I, ucciso 12 anni prima dall'anarchico [[Gaetano Bresci]]; entrambi escono indenni, due dei due colpi esplosi feriscono invece un maggiore dei corazzieri e un cavallo della scorta. Antonio D'Alba viene immediatamente bloccato e percosso dalla gente accorsa.


Arrestato, D'Alba manifesta una personalità  che sconcerta le [[autorità ]], alternando dichiarazioni sulla propria appartenenza all'anarchismo ad atteggiamenti al limite dello squilibrio mentale, talvolta dichiarando di avere agito da solo e tal'altra di avere avuto complici e mandanti. La polizia indirizzerà  le proprie indagini verso la [[Svizzera]], dove l'attentato aveva prodotto un certo entusiasmo tra gli anarchici italiani emigrati.
Arrestato, D'Alba manifesta una personalità  che sconcerta le [[autorità]], alternando dichiarazioni sulla propria appartenenza all'anarchismo ad atteggiamenti al limite dello squilibrio mentale, talvolta dichiarando di avere agito da solo e tal'altra di avere avuto complici e mandanti. La polizia indirizzerà  le proprie indagini verso la [[Svizzera]], dove l'attentato aveva prodotto un certo entusiasmo tra gli anarchici italiani emigrati.


Alla fine le indagini porteranno a stabilire che, con buone probabilità, l'attentato fu l'[[azione diretta]] di una singola [[individualità ]], ma ciò ebbe comunque conseguenze importanti per la vita politica italiana. Innanzitutto, a causa dell'attentato di D'Alba, si incrinano i rapporti tra il capo del govenro Giolitti e il re, essendo emerse palesi manchevolezze nell'apparato di polizia (il questore di Roma fu sostituto); poi l'attentato sarà  la causa indiretta dell'espulsione dal partito socialista di Leonida Bissolati, Ivanoe Bonomi e Angiolo Cabrini, che si erano felicitati con Vittorio Emanuele per lo scampato pericolo.
Alla fine le indagini porteranno a stabilire che, con buone probabilità, l'attentato fu l'[[azione diretta]] di una singola [[individualità]], ma ciò ebbe comunque conseguenze importanti per la vita politica italiana. Innanzitutto, a causa dell'attentato di D'Alba, si incrinano i rapporti tra il capo del govenro Giolitti e il re, essendo emerse palesi manchevolezze nell'apparato di polizia (il questore di Roma fu sostituto); poi l'attentato sarà  la causa indiretta dell'espulsione dal partito socialista di Leonida Bissolati, Ivanoe Bonomi e Angiolo Cabrini, che si erano felicitati con Vittorio Emanuele per lo scampato pericolo.


=== Il processo e la condanna ===
=== Il processo e la condanna ===
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Il processo è breve e si conclude il [[9 ottobre]] [[1912]] con la condanna dell'anarchico a trent'anni di [[carcere]] e a tre anni di vigilanza speciale. All'imputato non viene riconosciuta nessuna attenuante, esclusa la minore età, in virtù del quale non gli viene comminato l'ergastolo. Trasferito nel [[carcere]] di Noto (prov. Siracusa), D'Alba minaccia più volte il suicidio giacché l'isolamento era molto duro ed equiparabile a vera e propria tortura fisica e psicologica. Il [[21 gennaio]] [[1914]] gli viene finalmente tolto l'isolamento e viene posto sotto stretta sorveglianza.  
Il processo è breve e si conclude il [[9 ottobre]] [[1912]] con la condanna dell'anarchico a trent'anni di [[carcere]] e a tre anni di vigilanza speciale. All'imputato non viene riconosciuta nessuna attenuante, esclusa la minore età, in virtù del quale non gli viene comminato l'ergastolo. Trasferito nel [[carcere]] di Noto (prov. Siracusa), D'Alba minaccia più volte il suicidio giacché l'isolamento era molto duro ed equiparabile a vera e propria tortura fisica e psicologica. Il [[21 gennaio]] [[1914]] gli viene finalmente tolto l'isolamento e viene posto sotto stretta sorveglianza.  


In [[carcere]] riceve molta [[solidarietà ]] dai militanti anarchici, compreso anche somme di denaro. Il [[25 giugno]] [[1920]], per paura che improvvise proteste popolari potessero provocarne la liberazione, Antonio D'Alba viene trasferito nella prigione di S. Stefano, dove vi rimane fino al [[31 ottobre]] [[1921]], quando viene dimesso in seguito a provvedimento di grazia.
In [[carcere]] riceve molta [[solidarietà]] dai militanti anarchici, compreso anche somme di denaro. Il [[25 giugno]] [[1920]], per paura che improvvise proteste popolari potessero provocarne la liberazione, Antonio D'Alba viene trasferito nella prigione di S. Stefano, dove vi rimane fino al [[31 ottobre]] [[1921]], quando viene dimesso in seguito a provvedimento di grazia.


=== Gli ultimi anni ===
=== Gli ultimi anni ===
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