Anarchia e diritto (di Pier Francesco Zarcone): differenze tra le versioni

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Invece le risposte ci sarebbero, se solo si abbandonassero certi modi di pensare, astratti da ogni realtà e dotati più di carattere favolistico che rivoluzionario. La matrice di essi sta in un esasperato (quand'anche inconfessato) individualismo che nella sua essenza ha ben poco di "sociale", incentrandosi sulla vecchia e sterile posizione del "fa quello che vuoi", la quale assolutizza l'azione autonoma dell'individuo/monade. Notò già [[Luigi Fabbri]], sull'influsso delle ideologie borghesi nel milieu anarchico, che  
Invece le risposte ci sarebbero, se solo si abbandonassero certi modi di pensare, astratti da ogni realtà e dotati più di carattere favolistico che rivoluzionario. La matrice di essi sta in un esasperato (quand'anche inconfessato) individualismo che nella sua essenza ha ben poco di "sociale", incentrandosi sulla vecchia e sterile posizione del "fa quello che vuoi", la quale assolutizza l'azione autonoma dell'individuo/monade. Notò già [[Luigi Fabbri]], sull'influsso delle ideologie borghesi nel milieu anarchico, che  


«L'importanza massima data a un atto [...] di ribellione scaturisce dalla importanza massima che la dottrina politica borghese dà a pochi uomini in confronto di tutto l'ambiente sociale (...). Così ci troviamo ad aver constatato due forme d'influenza borghese sull'anarchismo: l'una indiretta, che si manifesta in una importanza maggiore data al fatto rivoluzionario che non allo scopo a cui esso doveva tendere, - e l'altra indiretta, della letteratura borghese decadente ...] volta a idealizzare le forme più antisociali di ribellione individuale [...]. Lo stesso fu per la questione dell'organizzazione. Gli anarchici hanno sempre sostenuto che non c'è vita fuori dell'associazione e della solidarietà, e che non è possibile la lotta e la rivoluzione senza un'organizzazione preordinata dei rivoluzionari. Ma ai borghesi faceva comodo dipingerci come fautori dell'anarchia nel senso di confusione, e cominciarono a dire che siamo amorfisti, nemici di ogni organizzazione; e a tal uopo scovarono [[Nietzsche]] e poi [[Stirner]]... Molti anarchici abboccarono all'amo, e diventarono sul serio amorfisti, stirneriani, nicciani e consimili diavolerie: negarono l'organizzazione, la solidarietà, il socialismo; per finire, alcuni, col rimettere sull'altare la proprietà, precisamente facendo l'interesse della borghesia individualista. Le loro idee divennero, in questo senso - secondo la frase di [[Filippo Turati]] - l'esagerazione dell'individualismo borghese». <ref>L. FABBRI, ''Influenze borghesi sull'anarchismo'', Milano 1998, pp. 35 e 46.</ref>
«L'importanza massima data a un atto [...] di ribellione scaturisce dalla importanza massima che la dottrina politica borghese dà a pochi uomini in confronto di tutto l'ambiente sociale [...]. Così ci troviamo ad aver constatato due forme d'influenza borghese sull'anarchismo: l'una indiretta, che si manifesta in una importanza maggiore data al fatto rivoluzionario che non allo scopo a cui esso doveva tendere, - e l'altra indiretta, della letteratura borghese decadente ...] volta a idealizzare le forme più antisociali di ribellione individuale [...]. Lo stesso fu per la questione dell'organizzazione. Gli anarchici hanno sempre sostenuto che non c'è vita fuori dell'associazione e della solidarietà, e che non è possibile la lotta e la rivoluzione senza un'organizzazione preordinata dei rivoluzionari. Ma ai borghesi faceva comodo dipingerci come fautori dell'anarchia nel senso di confusione, e cominciarono a dire che siamo amorfisti, nemici di ogni organizzazione; e a tal uopo scovarono [[Nietzsche]] e poi [[Stirner]]... Molti anarchici abboccarono all'amo, e diventarono sul serio amorfisti, stirneriani, nicciani e consimili diavolerie: negarono l'organizzazione, la solidarietà, il socialismo; per finire, alcuni, col rimettere sull'altare la proprietà, precisamente facendo l'interesse della borghesia individualista. Le loro idee divennero, in questo senso - secondo la frase di [[Filippo Turati]] - l'esagerazione dell'individualismo borghese». <ref>L. FABBRI, ''Influenze borghesi sull'anarchismo'', Milano 1998, pp. 35 e 46.</ref>


Nessuno vuole mettere in discussione l'importanza dell'individuo (il cui contenuto sta nella risposta alla domanda: "che cos'è Tizio?"), poiché ad esso corrisponde una persona (a cui si riferisce la domanda: "chi è Tizio?", ma la risposta non può che risiedere nell'ineffabilità dell'esistenza singola).  
Nessuno vuole mettere in discussione l'importanza dell'individuo (il cui contenuto sta nella risposta alla domanda: "che cos'è Tizio?"), poiché ad esso corrisponde una persona (a cui si riferisce la domanda: "chi è Tizio?", ma la risposta non può che risiedere nell'ineffabilità dell'esistenza singola).  
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Sul diritto naturale <ref>G. FASSÒ, ''La legge della ragione'', Bologna 1964.</ref> si è molto discusso filosoficamente dall'epoca degli antichi romani, ed in modo più accentuato dal rinascimento in poi, passando soprattutto per [[Ugo Grozio]] (Huig Van Groot) ed il suo De jure belli ac pacis ("Il diritto della guerra e della pace"), del 1625. A tutt'oggi il [[giusnaturalismo]] costituisce uno dei punti cardine dell'ideologia cattolica per il nesso fra diritto naturale ed ordine teologico della natura.  
Sul diritto naturale <ref>G. FASSÒ, ''La legge della ragione'', Bologna 1964.</ref> si è molto discusso filosoficamente dall'epoca degli antichi romani, ed in modo più accentuato dal rinascimento in poi, passando soprattutto per [[Ugo Grozio]] (Huig Van Groot) ed il suo De jure belli ac pacis ("Il diritto della guerra e della pace"), del 1625. A tutt'oggi il [[giusnaturalismo]] costituisce uno dei punti cardine dell'ideologia cattolica per il nesso fra diritto naturale ed ordine teologico della natura.  


Sull'argomento sono state scritte intere e dotte biblioteche, ma per i non specialisti della materia (e comunque non solo per essi) l'impressione è di una serie di fumose disquisizioni (ideologiche nel senso marxiano del termine) spesso campate per aria. Anche perché (come riconoscono gli stessi fautori/teorici del diritto naturale) non si tratta di "un codice di leggi deducibili razionalmente, di regole che possono determinarsi fino agli ultimi dettagli con precisione immediata e col solo aiuto della logica (...) non può farsi una casistica del diritto naturale". <ref>F. De ESCALANTE, ''El derecho natural entre la "exigencia" ética y el "razonamiento" político'', in ''El Derecho Natural Hispánico'', Madrid 1973, pp. 96-97.</ref>
Sull'argomento sono state scritte intere e dotte biblioteche, ma per i non specialisti della materia (e comunque non solo per essi) l'impressione è di una serie di fumose disquisizioni (ideologiche nel senso marxiano del termine) spesso campate per aria. Anche perché (come riconoscono gli stessi fautori/teorici del diritto naturale) non si tratta di "un codice di leggi deducibili razionalmente, di regole che possono determinarsi fino agli ultimi dettagli con precisione immediata e col solo aiuto della logica [...] non può farsi una casistica del diritto naturale". <ref>F. De ESCALANTE, ''El derecho natural entre la "exigencia" ética y el "razonamiento" político'', in ''El Derecho Natural Hispánico'', Madrid 1973, pp. 96-97.</ref>


Recentemente uno scrittore libertario ha definito il diritto naturale «come un insieme di principi generali che qualsiasi diritto positivo che pretende di servire l'idea di giustizia (invece degli interessi del gruppo sociale dominante) deve rispettare, adattare alle circostanze concrete del luogo e dell'epoca e tentare di applicare nella vita reale». <ref>A. PERRINJAQUET, ''Anarchici senza legge? Chi l'ha detto?'', in ''Libertaria'', n. 2, 2001, p. 78.</ref> L'agggettivo "naturale" rimanderebbe ad una natura umana definita nei termini della razionalità e della libertà, e non ad una natura esterna e trascendente.  
Recentemente uno scrittore libertario ha definito il diritto naturale «come un insieme di principi generali che qualsiasi diritto positivo che pretende di servire l'idea di giustizia (invece degli interessi del gruppo sociale dominante) deve rispettare, adattare alle circostanze concrete del luogo e dell'epoca e tentare di applicare nella vita reale». <ref>A. PERRINJAQUET, ''Anarchici senza legge? Chi l'ha detto?'', in ''Libertaria'', n. 2, 2001, p. 78.</ref> L'agggettivo "naturale" rimanderebbe ad una natura umana definita nei termini della razionalità e della libertà, e non ad una natura esterna e trascendente.  
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