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Il [[23 maggio]] [[1928]] Severino intende portare una bomba al Consolato italiano, fin dentro la stanza del Console, Italo Capanni, chiuderlo dentro a viva forza e lasciare che l'ordigno esploda. Ma le cose non vanno come previsto e alla fine la bomba viene lasciata giusto nell'atrio accanto alle scale (risultato: 9 morti e 34 feriti gravi). La stessa mattina (ore 12.30) Di Giovanni piazza un'altra bomba nella farmacia del dr. Benjamin Mastronardi, presidente del Comitato Fascista (la bomba viene involontariamente disinnescata da un bambino, il figlio di Mastronardi). | Il [[23 maggio]] [[1928]] Severino intende portare una bomba al Consolato italiano, fin dentro la stanza del Console, Italo Capanni, chiuderlo dentro a viva forza e lasciare che l'ordigno esploda. Ma le cose non vanno come previsto e alla fine la bomba viene lasciata giusto nell'atrio accanto alle scale (risultato: 9 morti e 34 feriti gravi). La stessa mattina (ore 12.30) Di Giovanni piazza un'altra bomba nella farmacia del dr. Benjamin Mastronardi, presidente del Comitato Fascista (la bomba viene involontariamente disinnescata da un bambino, il figlio di Mastronardi). | ||
=== Reazioni della stampa anarchica === | === Reazioni della stampa anarchica e uccisione di Emilio López Arango === | ||
Il [[26 maggio]] [[1928]] ''[[La Protesta]]'' pubblica un editoriale intitolato ''Scuola della violenza'', nel quale non solo prende le distanze dagli attentatori, ma afferma che «il terrorismo non è anarchismo, anche se un certo tipo di azioni individuali potrebbe essere messo in relazione con alcune manifestazioni dello spirito di vendetta che porta uomini dal temperamento eccitabile ad attuare, per conto proprio, rappresaglie contro i più vistosi responsabili di un crimine collettivo». | Il [[26 maggio]] [[1928]] ''[[La Protesta]]'' pubblica un editoriale intitolato ''Scuola della violenza'', nel quale non solo prende le distanze dagli attentatori, ma afferma che «il terrorismo non è anarchismo, anche se un certo tipo di azioni individuali potrebbe essere messo in relazione con alcune manifestazioni dello spirito di vendetta che porta uomini dal temperamento eccitabile ad attuare, per conto proprio, rappresaglie contro i più vistosi responsabili di un crimine collettivo». | ||
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''[[La Antorcha]]'' del [[9 giugno]] [[1928]] scrive: «L'Anarchia non è questa. Non si esprime attraverso la violenza cieca o disperata. La sua violenza è difensiva e cosciente [...]». | ''[[La Antorcha]]'' del [[9 giugno]] [[1928]] scrive: «L'Anarchia non è questa. Non si esprime attraverso la violenza cieca o disperata. La sua violenza è difensiva e cosciente [...]». | ||
[[ | Il [[26 marzo]] [[1929]] ''[[La Protesta]]'' accusa pubblicamente il gruppo di Di Giovanni di essere il responsabile dell'attentato al Consolato. Il direttore [[Emilio López Arango]] critica l'apologia della violenza e del furto, sostenendo che Di Giovanni è soltanto un bandito, un «agente della polizia e del fascismo». | ||
Il [[29 ottobre]] [[1929]] López Arango viene ucciso da un misterioso sicario (anche [[Luigi Fabbri]] è oggetto di minacce, dopo aver scritto su «Pagina italiana» un articolo pieno di dolore e d'indignazione, paragonando l'attentato al Consolato ad altri simili avvenuti in Italia ad opera dello squadrismo fascista). In molti puntano il dito contro Severino, che nega con forza e con sdegno di essere l'autore dell'omicidio; anzi, pretende la nomina di un Gran Giurì Anarchico Internazionale per essere giudicato. Tuttavia, avviene l'isolamento del gruppo di Di Giovanni rispetto al movimento anarchico argentino. Il gruppo - dove militavano anche i due fratelli di [[América Josefina Scarfò|América]], [[Paulino Scarfò|Paulino]] e [[Alejandro Scarfò|Alejandro]] Scarfò - continua a rapinare banche e a colpire i simboli del [[Fascismo|fascismo]] italiano, anche se i suoi compagni cadono ad uno ad uno ([[Alejandro Scarfò]] viene arrestato e rinchiuso nel manicomio criminale di Vieytes). | |||
[[Salvatore Cortese]], ingiustamente posto dalla polizia argentina in relazione con Di Giovanni, in un articolo pubblicato il [[25 aprile]] [[1932]] sulla rivista «Studi sociali» di Luigi Fabbri ed intitolato ''L'anarchismo e la violenza'', scrive: «L'anarchismo, essendo un ideale umano, non può e non deve fare scempio della vita altrui e tanto meno deve fare uso della violenza in modo sordido, pretendendo di riparare un'ingiustizia col commetterne un'altra equivalente o superiore». | |||
== Cattura e morte == | == Cattura e morte == |