Gian Pietro Lucini: differenze tra le versioni

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:«Noi abbiamo comuni con lui, oltre a tante ribellioni estetiche, le rabbie che oggi maggiormente urgono nelle nostre vene, e cioè l'odio per ogni forma di politica [[pacifista]] e l'esecrazione dell'Austria. Volgono anni di diplomazia vigliacca. Serva è più che mai l'[[Italia]] al Pangermanismo, che cova gli eventi per calare, orrendamente barbaro, contro l'anima sfolgorante degli italiani vivi. E noi, con sulle labbra i versi esplosivi di Gian Pietro Lucini, affrettiamo l'ora divina in cui potremo, ancora giovani, scagliarci sulle orme eterne di Garibaldi alle balze del Tirolo, e, a costo della vita, accender fiamme di bandiere spiegate, su cataste di cadaveri austriaci, rovesciati nel sangue, giù dalla montagna».
:«Noi abbiamo comuni con lui, oltre a tante ribellioni estetiche, le rabbie che oggi maggiormente urgono nelle nostre vene, e cioè l'odio per ogni forma di politica [[pacifista]] e l'esecrazione dell'Austria. Volgono anni di diplomazia vigliacca. Serva è più che mai l'[[Italia]] al Pangermanismo, che cova gli eventi per calare, orrendamente barbaro, contro l'anima sfolgorante degli italiani vivi. E noi, con sulle labbra i versi esplosivi di Gian Pietro Lucini, affrettiamo l'ora divina in cui potremo, ancora giovani, scagliarci sulle orme eterne di Garibaldi alle balze del Tirolo, e, a costo della vita, accender fiamme di bandiere spiegate, su cataste di cadaveri austriaci, rovesciati nel sangue, giù dalla montagna».


Ma il sodalizio con il padre del [[futurismo]] crollò sotto l'urto della guerra di [[Libia]] ([[1911]]-[[1912]]): se, in un primo momento, Lucini fu infatuato dalle sue provocanti e peccaminose forme e la giudicò con favore, ritenendola «il primo passo verso una guerra contro l'impero asburgico» per riprendere Trento e Trieste, ben presto, però, l'incantesimo si spezzò ed essa gli apparve nelle sue oscene sembianze di feroce depredamento coloniale e si guadagnò così la definizione di «bruttissima e sanguinosa realtà tripolina». In una lettera inviata il [[6 gennaio]] [[1916]] a Luigi Donati, Marinetti commenterà cosi la fine del rapporto col Lucini:
Ma il sodalizio con il padre del [[futurismo]] crollò sotto l'urto della Guerra di Libia ([[1911]]-[[1912]]): se, in un primo momento, Lucini fu infatuato dalle sue provocanti e peccaminose forme e la giudicò con favore, ritenendola «il primo passo verso una guerra contro l'impero asburgico» per riprendere Trento e Trieste, ben presto, però, l'incantesimo si spezzò ed essa gli apparve nelle sue oscene sembianze di feroce depredamento coloniale e si guadagnò così la definizione di «bruttissima e sanguinosa realtà tripolina». In una lettera inviata il [[6 gennaio]] [[1916]] a Luigi Donati, Marinetti commenterà cosi la fine del rapporto col Lucini:
:«Fummo divisi dal mio entusiasmo per la guerra di Tripoli, che egli invece copriva di bestemmie. L'odio irrefrenabile che egli nutriva per la Dinastia di Savoia gli vietava d'amare completamente l'[[Italia]] e di seguirci nel nostro feroce istinto patriottico».
:«Fummo divisi dal mio entusiasmo per la guerra di Tripoli, che egli invece copriva di bestemmie. L'odio irrefrenabile che egli nutriva per la Dinastia di Savoia gli vietava d'amare completamente l'[[Italia]] e di seguirci nel nostro feroce istinto patriottico».


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