Federazione Anarchica Informale: differenze tra le versioni

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Ma ciò che principalmente ha scioccato e disorientato il [[movimento anarchico]] italiano è stato l'utilizzo dell'acronimo [[FAI]], già in uso dalla più antica [[Federazione Anarchica Italiana]]: esso ha creato una notevole confusione (ampiamente strumentalizzata dai [[media]]) certamente non benefica per il [[movimento anarchico]].
Ma ciò che principalmente ha scioccato e disorientato il [[movimento anarchico]] italiano è stato l'utilizzo dell'acronimo [[FAI]], già in uso dalla più antica [[Federazione Anarchica Italiana]]: esso ha creato una notevole confusione (ampiamente strumentalizzata dai [[media]]) certamente non benefica per il [[movimento anarchico]].


Quanto ad una certa tendenza [[nichilismo|nichilista]] di impronta certamente più [[Nečaev|nečaeviana]] che [[Herzen|herzeniana]], ossia più terroristica che insurrezionale, possiamo ricordare questa illuminante analisi di Jean Préposiet relativa al testo de ''Il catechismo del rivoluzionario'' di [[Sergej Gennadjevič Nečaev|Nečaev]], che delinea, appunto, l'atteggiamento rivoluzionario di tipo [[nichilista]]-[[Nečaev|nečaeviano]]:
Quanto ad una certa tendenza [[nichilismo|nichilista]], possiamo ricordare questa illuminante analisi di Jean Préposiet relativa al testo de ''Il catechismo del rivoluzionario'' di [[Sergej Gennadjevič Nečaev|Nečaev]], che delinea l'atteggiamento rivoluzionario di tipo [[nichilista]]:


:«L'autore descrive la rivoluzione come un fine in sé, al quale tutto il resto è subordinato. Normalmente, il rivoluzionario cerca l'azione di massa; e poiché il suo scopo è di aiutare i lavoratori a organizzarsi, egli si sforza di mobilitarli e di inquadrarli, ideologicamente e praticamente, per aiutarli a prendere coscienza dei propri interessi e delle proprie forze, cosicché possano lottare efficacemente per gli obiettivi economici, sociali e politici da raggiungere. In questa prospettiva, il rivoluzionario è un uomo che si è schierato personalmente, impegnandosi nelle file del proletariato, uno che sceglie di partecipare '''direttamente''' alla lotta di classe. Il punto di vista dell'autore de ''Il catechismo'', invece, è completamente diverso. Per lui, il ruolo fondamentale di un rivoluzionario non è più quello di impegnarsi in un'azione di massa, né di aiutare con gli strumenti intellettuali della dottrina, dell'informazione o della propaganda, le classi sfruttate a prendere coscienza della loro condizione, e ancor meno di lottare a fianco dei lavoratori per la causa rivoluzionaria. È dall'esterno che il [[nichilista]] agirà sulla pratica rivoluzionaria: il suo metodo consisterà, dunque, nel provocare dall'esterno e '''indirettamente''' agitazioni irreversibili utili alla rivoluzione. Il [[nichilista]] dovrà imparare a manipolare passioni dall'impatto devastante. Dovrà creare situazioni insostenibili e provocare ovunque la [[repressione]]. Qui il popolo non è più il fine, bensì il mezzo della rivoluzione». <ref>Jean Préposiet, ''Storia dell'anarchismo'', pp. 400-401</ref>
:«L'autore descrive la rivoluzione come un fine in sé, al quale tutto il resto è subordinato. Normalmente, il rivoluzionario cerca l'azione di massa; e poiché il suo scopo è di aiutare i lavoratori a organizzarsi, egli si sforza di mobilitarli e di inquadrarli, ideologicamente e praticamente, per aiutarli a prendere coscienza dei propri interessi e delle proprie forze, cosicché possano lottare efficacemente per gli obiettivi economici, sociali e politici da raggiungere. In questa prospettiva, il rivoluzionario è un uomo che si è schierato personalmente, impegnandosi nelle file del proletariato, uno che sceglie di partecipare '''direttamente''' alla lotta di classe. Il punto di vista dell'autore de ''Il catechismo'', invece, è completamente diverso. Per lui, il ruolo fondamentale di un rivoluzionario non è più quello di impegnarsi in un'azione di massa, né di aiutare con gli strumenti intellettuali della dottrina, dell'informazione o della propaganda, le classi sfruttate a prendere coscienza della loro condizione, e ancor meno di lottare a fianco dei lavoratori per la causa rivoluzionaria. È dall'esterno che il [[nichilista]] agirà sulla pratica rivoluzionaria: il suo metodo consisterà, dunque, nel provocare dall'esterno e '''indirettamente''' agitazioni irreversibili utili alla rivoluzione. Il [[nichilista]] dovrà imparare a manipolare passioni dall'impatto devastante. Dovrà creare situazioni insostenibili e provocare ovunque la [[repressione]]. Qui il popolo non è più il fine, bensì il mezzo della rivoluzione». <ref>Jean Préposiet, ''Storia dell'anarchismo'', pp. 400-401</ref>
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