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Nel gennaio del [[1878]] Pascoli scrisse il violentissimo inno anarchico '''''Soffriamo!''''' <ref>[https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=55387&lang=it ''Soffriamo!'']</ref>; il testo poetico si fonda «sugli ideali [[insurrezionalistici]] (pugnale, dinamite e petrolio) e propone soprattutto la [[rivoluzione]], la liquidazione sociale, la lotta antiborghese, il "giorno dell'ira" e dell'odio: è insomma una canzone di protesta e di vendetta e non un inno al lavoro». <ref>E. Graziosi, ''Pascoli edito e ignoto: inno per l'Internazionale anarchica'', in «Giornale storico delle letteratura italiana», vol. CLXXXIV, fasc. 606.</ref> Il [[17 novembre]] dello stesso anno ci fu l'attentato al re Umberto I, in visita a Napoli, ad opera dell'anarchico [[Giovanni Passannante]]: a Pascoli fu attribuita un'ode che inneggiava al gesto dell'uomo. L'ode venne subito dopo strappata (probabilmente per timore di essere arrestato o forse per essersi pentito, pensando all'assassinio del padre) e di essa si conoscono solamente gli ultimi due versi tramandati oralmente: «'''colla berretta d'un cuoco, faremo una bandiera'''». <ref>Domenico Bulferetti, ''Giovanni Pascoli. L'uomo, il maestro, il poeta'', Libreria Editrice Milanese, 1914, p. 57.</ref> La paternità del componimento è tuttavia oggetto di controversie dato che sia la sorella Maria sia lo studioso Piero Bianconi hanno negato che Pascoli l'avesse scritto (Bianconi la definì «la più celebre e citata delle poesie inesistenti della letteratura italiana» <ref>Cfr. Piero Bianconi, ''Pascoli'', Morcelliana, 1935, p. 26.</ref>). Malgrado la mancanza di fonti tangibili circa l'esistenza dell'ode, Gian Battista Lolli, vecchio segretario della federazione [[socialista]] di Bologna e amico del Pascoli, attribuì al poeta la realizzazione della lirica, dichiarando di averne assistito a una lettura da parte sua durante una manifestazione [[socialista]]. <ref>Giuseppe Galzerano, ''Giovanni Passannante'', Casalvelino Scalo, 2004, p. 272.</ref> Alla fine di novembre in una nota del ministero dell'interno al prefetto di Bologna <ref>Nota del Ministero del 27.11.1878, ASB.</ref> si parlava di progetti [[rivoluzionari]] in tutta [[Italia]] e veniva citato Pascoli: «'''In quanto riguarda le Romagne le diverse sezioni della provincia di Forlì, e quelle di Ravenna, Faenza, Imola e Lugo, avrebbero l'incarico di convergere tutte le forze insurrezionali sulla città di Bologna. In cotesta città, l'organizzatore capo dell'azione, siccome deve esserle stato già riferito dal Prefetto di Forlì, sarebbe il noto Pascoli'''». I documento testimonia che non solo Pascoli era in questo periodo notissimo alla prefettura, non solo scriveva da tempo manifesti sovversivi oltre a ricoprire ruoli importanti come quello di segretario per la corripondenza estera, ma accentrava su di sé la fiducia di tutte le altre sezioni. <ref>R. Boschetti, ''L'anarchico gentile'', Il Ponte Vecchio, Cesena, 2022, p. 71.</ref> Scattarono immediatamente le indagini su di lui, descritto come «'''studente, assistente del prof. Carducci e amico intimo del Costa'''». <ref>Nota del Prefetto al Questore di Bologna, 28.11.1878, ASB</ref> Il ministero, inoltre, incitava la prefettura a sorvegliare Pascoli: «'''Per quanto riguarda il Pascoli vedrà la S.V. se non sia il caso di rappresentare, in via confidenziale, al Sig. Sindaco la sconvenienza di mantenere al posto di insegnante in un Istituto comunale, un individuo di principi contrari non solo alle istituzioni dello Stato, ma ben anche ad ogni ordine sociale'''». <ref>Nota del Prefetto dirigente al Prefetto di Bologna, Roma, 30.1.1879, ASB.</ref> | Nel gennaio del [[1878]] Pascoli scrisse il violentissimo inno anarchico '''''Soffriamo!''''' <ref>[https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=55387&lang=it ''Soffriamo!'']</ref>; il testo poetico si fonda «sugli ideali [[insurrezionalistici]] (pugnale, dinamite e petrolio) e propone soprattutto la [[rivoluzione]], la liquidazione sociale, la lotta antiborghese, il "giorno dell'ira" e dell'odio: è insomma una canzone di protesta e di vendetta e non un inno al lavoro». <ref>E. Graziosi, ''Pascoli edito e ignoto: inno per l'Internazionale anarchica'', in «Giornale storico delle letteratura italiana», vol. CLXXXIV, fasc. 606.</ref> Il [[17 novembre]] dello stesso anno ci fu l'attentato al re Umberto I, in visita a Napoli, ad opera dell'anarchico [[Giovanni Passannante]]: a Pascoli fu attribuita un'ode che inneggiava al gesto dell'uomo. L'ode venne subito dopo strappata (probabilmente per timore di essere arrestato o forse per essersi pentito, pensando all'assassinio del padre) e di essa si conoscono solamente gli ultimi due versi tramandati oralmente: «'''colla berretta d'un cuoco, faremo una bandiera'''». <ref>Domenico Bulferetti, ''Giovanni Pascoli. L'uomo, il maestro, il poeta'', Libreria Editrice Milanese, 1914, p. 57.</ref> La paternità del componimento è tuttavia oggetto di controversie dato che sia la sorella Maria sia lo studioso Piero Bianconi hanno negato che Pascoli l'avesse scritto (Bianconi la definì «la più celebre e citata delle poesie inesistenti della letteratura italiana» <ref>Cfr. Piero Bianconi, ''Pascoli'', Morcelliana, 1935, p. 26.</ref>). Malgrado la mancanza di fonti tangibili circa l'esistenza dell'ode, Gian Battista Lolli, vecchio segretario della federazione [[socialista]] di Bologna e amico del Pascoli, attribuì al poeta la realizzazione della lirica, dichiarando di averne assistito a una lettura da parte sua durante una manifestazione [[socialista]]. <ref>Giuseppe Galzerano, ''Giovanni Passannante'', Casalvelino Scalo, 2004, p. 272.</ref> Alla fine di novembre in una nota del ministero dell'interno al prefetto di Bologna <ref>Nota del Ministero del 27.11.1878, ASB.</ref> si parlava di progetti [[rivoluzionari]] in tutta [[Italia]] e veniva citato Pascoli: «'''In quanto riguarda le Romagne le diverse sezioni della provincia di Forlì, e quelle di Ravenna, Faenza, Imola e Lugo, avrebbero l'incarico di convergere tutte le forze insurrezionali sulla città di Bologna. In cotesta città, l'organizzatore capo dell'azione, siccome deve esserle stato già riferito dal Prefetto di Forlì, sarebbe il noto Pascoli'''». I documento testimonia che non solo Pascoli era in questo periodo notissimo alla prefettura, non solo scriveva da tempo manifesti sovversivi oltre a ricoprire ruoli importanti come quello di segretario per la corripondenza estera, ma accentrava su di sé la fiducia di tutte le altre sezioni. <ref>R. Boschetti, ''L'anarchico gentile'', Il Ponte Vecchio, Cesena, 2022, p. 71.</ref> Scattarono immediatamente le indagini su di lui, descritto come «'''studente, assistente del prof. Carducci e amico intimo del Costa'''». <ref>Nota del Prefetto al Questore di Bologna, 28.11.1878, ASB</ref> Il ministero, inoltre, incitava la prefettura a sorvegliare Pascoli: «'''Per quanto riguarda il Pascoli vedrà la S.V. se non sia il caso di rappresentare, in via confidenziale, al Sig. Sindaco la sconvenienza di mantenere al posto di insegnante in un Istituto comunale, un individuo di principi contrari non solo alle istituzioni dello Stato, ma ben anche ad ogni ordine sociale'''». <ref>Nota del Prefetto dirigente al Prefetto di Bologna, Roma, 30.1.1879, ASB.</ref> | ||
Nella notte tra il [[18 marzo|18]] e il [[19 marzo]] [[ | Nella notte tra il [[18 marzo|18]] e il [[19 marzo]] [[1879]] (anniversario della [[La Comune di Parigi (1871)|Comune]]) venne affisso un manifesto sovversivo scritto a mano, dedicato '''''Ad Umberto Re d'Italia nel giorno della sua nascita'''''. Questo scritto, che si scaglia contro l'ingiustizia sociale e inneggia alla violenza politica per combatterla auspicando il regicidio <ref>Questo il finale del manifesto: «[...] '''noi non vorremmo al certo risparmiar te, magnanimo Re, te il più forte se non il più colpevole tra gli sbirri, te la cui morte, facendoci più facile il compito, risparmierebbe migliaia di vite nel campo nostro e nel nemico.''' [...] '''Ricordati, o Re, in questo giorno, del pugnale di Passanante; né ti rassicuri la feroce condanna ottenuta da giudici borghesi. Umberto di Savoja! dicono che tu sei coraggioso, noi ti sfidiamo; lascia cadere il capo di Giovanni Passanante . . . . . . il sangue si redime col sangue'''».</ref>, presenta in fondo la firma "Tipografia dell'Internazionale", ma la grafia della firma è quella di Pascoli, che potrebbe essere l'autore del testo stesso. <ref>Secondo Rosita Boschetti gli elementi per attribuire il testo a Pascoli ci sono tutti (R. Boschetti, ''L'anarchico gentile'', Il Ponte Vecchio, Cesena, 2022, p. 81 ss.).</ref> Il [[7 settembre]] il poeta venne arrestato per aver partecipato a una protesta a favore di alcuni anarchici sotto processo, accusati di aver manifestato a favore di [[Giovanni Passannante|Passannante]]. Pascoli avrebbe gridato la frase: «'''Viva l'Internazionale! Viva i malfattori!'''». <ref>G. Barbanti Brodano, ''Pascoli e la politica'', in «Il Resto del Carlino», 21.9.1924.</ref> Venne incarcerato per tre mesi e mezzo (la prigionia fu per lui molto dura e lasciò segni profondi sul suo animo) con l'accusa di grida sovversive e oltraggio ai carabinieri, venendo alla fine rilasciato dopo una piena assoluzione (era stato chiamato a testimoniare a suo favore anche Carducci, il quale aveva inviato una sua dichiarazione: «il Pascoli non ha capacità a delinquere in relazione ai fatti denunciati»). | ||
== La carriera di insegnante e l'allontanamento dalla militanza == | == La carriera di insegnante e l'allontanamento dalla militanza == |