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[[File:GP.jpg|thumb|Giovanni Pascoli negli anni giovanili.]] | [[File:GP.jpg|thumb|Giovanni Pascoli negli anni giovanili.]] | ||
Il poeta ebbe i primi contatti con il [[socialismo]] già a Rimini, durante gli anni liceali, in una città ricca di fermenti politici: qui conobbe alcuni attivisti con cui strinse amicizia e che lo introdussero negli ambienti della [[Prima Internazionale]]. Su tale scelta di campo potrebbe avere influito la triste videnza personale di Giovanni, il cui padre Ruggero era stato assassinato nel [[1867]] da sicari rimasti impuniti: la famiglia, colpita anche da altri gravi lutti (la madre Caterina era morta pochi mesi dopo la morte del marito; poco più tardi erano morti la sorella Margherita e il fratello Luigi), aveva subito un declassamento economico e si era ritrovata in gravi difficoltà, tali da spingere Giovanni a nutrire un profondo senso di ingiustizia e oppressione. Diplomatosi a Cesena nel [[1873]], poté frequentare l'università grazie a una borsa di studi, vinta anche per interessamento di Giosuè Carducci. A Bologna, all'università, il suo impegno politico divenne più concreto: in questa città, in cui erano tanti i motivi di insoddisfazione popolare, a cominciare dalla dilagante povertà diffusa, accrebbe le sue conoscenze all'interno del [[movimento anarchico]]. Nel [[1875]] perse la borsa di studio, che gli venne tolta per aver fischiato il ministro dell'istruzione Bonghi durante una visita all'università <ref>''[https://www.liceorighicesena.edu.it/categorie03.asp?id=456 Ricordando Pascoli]''</ref>, e dovette interrompere gli studi. Nello stesso anno ebbe inizio la sua attività all'interno dell'[[Associazione Internazionale dei Lavoratori]]. | Il poeta ebbe i primi contatti con il [[socialismo]] già a Rimini, durante gli anni liceali, in una città ricca di fermenti politici: qui conobbe alcuni attivisti con cui strinse amicizia e che lo introdussero negli ambienti della [[Prima Internazionale]]. Su tale scelta di campo potrebbe avere influito la triste videnza personale di Giovanni, il cui padre Ruggero era stato assassinato nel [[1867]] da sicari rimasti impuniti: la famiglia, colpita anche da altri gravi lutti (la madre Caterina era morta pochi mesi dopo la morte del marito; poco più tardi erano morti la sorella Margherita e il fratello Luigi), aveva subito un declassamento economico e si era ritrovata in gravi difficoltà, tali da spingere Giovanni a nutrire un profondo senso di ingiustizia e oppressione. Diplomatosi a Cesena nel [[1873]], poté frequentare l'università grazie a una borsa di studi, vinta anche per interessamento di Giosuè Carducci. A Bologna, all'università, il suo impegno politico divenne più concreto: in questa città, in cui erano tanti i motivi di insoddisfazione popolare, a cominciare dalla dilagante povertà diffusa, accrebbe le sue conoscenze all'interno del [[movimento anarchico]]. Nel [[1875]] perse la borsa di studio, che gli venne tolta per aver fischiato il ministro dell'istruzione Bonghi durante una visita all'università <ref>''[https://www.liceorighicesena.edu.it/categorie03.asp?id=456 Ricordando Pascoli]''</ref>, e dovette interrompere gli studi. Nello stesso anno ebbe inizio la sua attività all'interno dell'[[Associazione Internazionale dei Lavoratori]]. | ||
Nel maggio del [[1876]] la vita di Pascoli venne nuovamente stravolta da un'ulteriore gravissima perdita, quella del fratello maggiore Giacomo, morte probabilmente ancora una volta causata dalla malvagità umana: questo evento spinse Pascoli alla più totale ribellione. Nello stesso mese, durante un processo contro [[Andrea Costa]], massimo esponente del [[socialismo]], comparve sulla prima pagina del giornaletto ''Colore del Tempo'' una sorta di manifesto a sfondo politico dal titolo ''Fantasmagoria'', firmato da Gianni Schicchi, lo pseudonimo utilizzato da Pascoli. Su questo giornale fu più volte annunciata la pubblicazione di un romanzo certamente [[rivoluzionario]] di Pascoli dal titolo ''I Dinamisti'', romanzo che però non fu mai pubblicato. <ref>Di questo romanzo Pascoli parlerà ai suoi studenti, ricordando gli anni giovanili: «Una volta ci raccontò - scrive il suo alunno Gino Tenti - che, nella disperazione degli anni giovanili, aveva ideato e cominciato a scrivere un romanzo nichilista: l'eroe sarebbe riuscito a scavare un'enorme buca sino al centro della terra, e, folle d'odio, avrebbe caricato di dinamite quel centro per mandare la terra in frantumi nel cosmo!» (G. Tenti, ''Il Pascoli di Pisa e di Bologna'', in «Studi Pascoliani», III, Bologna, Zanichelli, 1993, p. 11).</ref> Il [[17 giugno]] si concluse il suddetto processo con l'assoluzione di 150 internazionalisti che avevano marciato su Bologna, unendosi a [[Andrea Costa|Costa]], dove li attendeva [[Bakunin]] (i cospiratori sulla strada da Imola a Bologna erano stati poi catturati dai carabinieri e [[Bakunin]] - che Pascoli, come ricorda Fulvio Cantoni, leggeva - era fuggito in [[Svizzera]]). Insieme a [[Andrea Costa|Costa]], Pascoli, che divenne amico di molti protagonisti del processo, aderì all'[[Internazionale anarchica]] (il [[26 giugno]], durante una riunione gremita di operai, si costituì la Federazione Regionale bolognese dell'[[Internazionale antiautoritaria|Internazionale]]) e sposò la causa dell'[[anarchismo]] di [[Bakunin]]. | Nel maggio del [[1876]] la vita di Pascoli venne nuovamente stravolta da un'ulteriore gravissima perdita, quella del fratello maggiore Giacomo, morte probabilmente ancora una volta causata dalla malvagità umana: questo evento spinse Pascoli alla più totale ribellione. Nello stesso mese, durante un processo contro [[Andrea Costa]], massimo esponente del [[socialismo]], comparve sulla prima pagina del giornaletto ''Colore del Tempo'' una sorta di manifesto a sfondo politico dal titolo ''Fantasmagoria'', firmato da Gianni Schicchi, lo pseudonimo utilizzato da Pascoli. Su questo giornale fu più volte annunciata la pubblicazione di un romanzo certamente [[rivoluzionario]] di Pascoli dal titolo ''I Dinamisti'', romanzo che però non fu mai pubblicato. <ref>Di questo romanzo Pascoli parlerà ai suoi studenti, ricordando gli anni giovanili: «Una volta ci raccontò - scrive il suo alunno Gino Tenti - che, nella disperazione degli anni giovanili, aveva ideato e cominciato a scrivere un romanzo nichilista: l'eroe sarebbe riuscito a scavare un'enorme buca sino al centro della terra, e, folle d'odio, avrebbe caricato di dinamite quel centro per mandare la terra in frantumi nel cosmo!» (G. Tenti, ''Il Pascoli di Pisa e di Bologna'', in «Studi Pascoliani», III, Bologna, Zanichelli, 1993, p. 11).</ref> Il [[17 giugno]] si concluse il suddetto processo con l'assoluzione di 150 internazionalisti che avevano marciato su Bologna, unendosi a [[Andrea Costa|Costa]], dove li attendeva [[Bakunin]] (i cospiratori sulla strada da Imola a Bologna erano stati poi catturati dai carabinieri e [[Bakunin]] - che Pascoli, come ricorda Fulvio Cantoni, leggeva - era fuggito in [[Svizzera]]). Insieme a [[Andrea Costa|Costa]], Pascoli, che divenne amico di molti protagonisti del processo, aderì all'[[Internazionale anarchica]] (il [[26 giugno]], durante una riunione gremita di operai, si costituì la Federazione Regionale bolognese dell'[[Internazionale antiautoritaria|Internazionale]]) e sposò la causa dell'[[anarchismo]] di [[Bakunin]]. | ||
Partecipò a riunioni e incontri, scrivendo sul periodico [[rivoluzionario]] ''[[Il Martello]]'' (in ogni numero la ''Rassegna della Stampa socialista'' fu redatta da Pascoli <ref>[https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/events/il_martello_riprende_le_pubblicazioni ''"Il Martello" riprende le pubblicazioni'']</ref>). Le idee [[socialiste]] gli ispirarono alcune liriche, come ''La morte del ricco'' <ref>''[https://www.tititudorancea.com/z/giovanni_pascoli_la_morte_del_ricco.htm La morte del ricco]''</ref> (in cui un facoltoso moribondo è assediato dai fantasmi dei poveri che ha vessato), da cui emerge una forte critica di classe. Furono anni difficili: molti suoi compagni furono arrestati e lo stesso [[Andrea Costa|Costa]] dovette riparare all'estero (anche con l'aiuto di Giovanni <ref>«Costa dovette in quei giorni cambiare continuamente di alloggio, e fra i pochi che sapevano come trovarlo, era il Pascoli» (G.B. Lolli, ''Pascoli internazionalista'', in «Il Resto del Carlino», 7 aprile 1912).</ref> <ref>«Giovanni Pascoli, che era il più povero di tutti, gli dette tutto il denaro che possedeva» (L. Lipparini, ''Andrea Costa rivoluzionario. La vita dell'anarchco che fu il "padre" del socialismo italiano'', Longanesi, Milano, 1977, p. 97).</ref>). | Partecipò a riunioni e incontri, scrivendo sul periodico [[rivoluzionario]] ''[[Il Martello]]'' (in ogni numero la ''Rassegna della Stampa socialista'' fu redatta da Pascoli <ref>[https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/events/il_martello_riprende_le_pubblicazioni ''"Il Martello" riprende le pubblicazioni'']</ref>). Le idee [[socialiste]] gli ispirarono alcune liriche, come ''La morte del ricco'' <ref>''[https://www.tititudorancea.com/z/giovanni_pascoli_la_morte_del_ricco.htm La morte del ricco]''</ref> (in cui un facoltoso moribondo è assediato dai fantasmi dei poveri che ha vessato), da cui emerge una forte critica di classe. Furono anni difficili: molti suoi compagni furono arrestati e lo stesso [[Andrea Costa|Costa]] dovette riparare all'estero (anche con l'aiuto di Giovanni <ref>«Costa dovette in quei giorni cambiare continuamente di alloggio, e fra i pochi che sapevano come trovarlo, era il Pascoli» (G.B. Lolli, ''Pascoli internazionalista'', in «Il Resto del Carlino», 7 aprile 1912).</ref> <ref>«Giovanni Pascoli, che era il più povero di tutti, gli dette tutto il denaro che possedeva» (L. Lipparini, ''Andrea Costa rivoluzionario. La vita dell'anarchco che fu il "padre" del socialismo italiano'', Longanesi, Milano, 1977, p. 97).</ref>). | ||
[[File:TInternazionale.jpg|thumb|500px|Parte finale del manifesto sovversivo dedicato ''Ad Umberto Re d'Italia nel giorno della sua nascita''. L'autore dello scritto potrebbe essere Giovanni Pascoli.]] | |||
Nel gennaio del [[1878]] Pascoli scrisse il violentissimo inno anarchico ''Soffriamo!'' <ref>[https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=55387&lang=it ''Soffriamo!'']</ref>; il testo poetico si fonda «sugli ideali insurrezionalistici (pugnale, dinamite e petrolio) e propone soprattutto la [[rivoluzione]], la liquidazione sociale, la lotta antiborghese, il "giorno dell'ira" e dell'odio: è insomma una canzone di protesta e di vendetta e non un inno al lavoro». <ref>E. Graziosi, ''Pascoli edito e ignoto: inno per l'Internazionale anarchica'', in «Giornale storico delle letteratura italiana», vol. CLXXXIV, fasc. 606.</ref> Il [[17 novembre]] dello stesso anno ci fu l'attentato al re Umberto I, in visita a Napoli, ad opera dell'anarchico [[Giovanni Passannante]]: a Pascoli fu attribuita un'ode che inneggiava al gesto dell'uomo. L'ode venne subito dopo strappata (probabilmente per timore di essere arrestato o forse per essersi pentito, pensando all'assassinio del padre) e di essa si conoscono solamente gli ultimi due versi tramandati oralmente: «colla berretta d'un cuoco, faremo una bandiera». <ref>Domenico Bulferetti, ''Giovanni Pascoli. L'uomo, il maestro, il poeta'', Libreria Editrice Milanese, 1914, p. 57.</ref> La paternità del componimento è tuttavia oggetto di controversie dato che sia la sorella Maria sia lo studioso Piero Bianconi hanno negato che Pascoli l'avesse scritto (Bianconi la definì «la più celebre e citata delle poesie inesistenti della letteratura italiana» <ref>Cfr. Piero Bianconi, ''Pascoli'', Morcelliana, 1935, p. 26.</ref>). Malgrado la mancanza di fonti tangibili circa l'esistenza dell'ode, Gian Battista Lolli, vecchio segretario della federazione [[socialista]] di Bologna e amico del Pascoli, attribuì al poeta la realizzazione della lirica, dichiarando di averne assistito a una lettura da parte sua durante una manifestazione [[socialista]]. <ref>Giuseppe Galzerano, ''Giovanni Passannante'', Casalvelino Scalo, 2004, p. 272.</ref> Alla fine di novembre in una nota del ministero dell'interno al prefetto di Bologna <ref>Nota del Ministero del 27.11.1878, ASB.</ref> si parlava di progetti [[rivoluzionari]] in tutta [[Italia]] e veniva citato Pascoli: «In quanto riguarda le Romagne le diverse sezioni della provincia di Forlì, e quelle di Ravenna, Faenza, Imola e Lugo, avrebbero l'incarico di convergere tutte le forze insurrezionali sulla città di Bologna. In cotesta città, l'organizzatore capo dell'azione, siccome deve esserle stato già riferito dal Prefetto di Forlì, sarebbe il noto Pascoli». I documento testimonia che non solo Pascoli era in questo periodo notissimo alla prefettura, non solo scriveva da tempo manifesti sovversivi oltre a ricoprire ruoli importanti come quello di segretario per la corripondenza estera, ma accentrava su di sé la fiducia di tutte le altre sezioni. <ref>R. Boschetti, ''L'anarchico gentile'', Il Ponte Vecchio, Cesena, 2022, p. 71.</ref> Scattarono immediatamente le indagini su di lui, descritto come «studente, assistente del prof. Carducci e amico intimo del Costa». <ref>Nota del Prefetto al Questore di Bologna, 28.11.1878, ASB</ref> Il ministero, inoltre, incitava la prefettura a sorvegliare Pascoli: «Per quanto riguarda il Pascoli vedrà la S.V. se non sia il caso di rappresentare, in via confidenziale, al Sig. Sindaco la sconvenienza di mantenere al posto di insegnante in un Istituto comunale, un individuo di principi contrari non solo alle istituzioni dello Stato, ma ben anche ad ogni ordine sociale». <ref>Nota del Prefetto dirigente al Prefetto di Bologna, Roma, 30.1.1879, ASB.</ref> | Nel gennaio del [[1878]] Pascoli scrisse il violentissimo inno anarchico ''Soffriamo!'' <ref>[https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=55387&lang=it ''Soffriamo!'']</ref>; il testo poetico si fonda «sugli ideali insurrezionalistici (pugnale, dinamite e petrolio) e propone soprattutto la [[rivoluzione]], la liquidazione sociale, la lotta antiborghese, il "giorno dell'ira" e dell'odio: è insomma una canzone di protesta e di vendetta e non un inno al lavoro». <ref>E. Graziosi, ''Pascoli edito e ignoto: inno per l'Internazionale anarchica'', in «Giornale storico delle letteratura italiana», vol. CLXXXIV, fasc. 606.</ref> Il [[17 novembre]] dello stesso anno ci fu l'attentato al re Umberto I, in visita a Napoli, ad opera dell'anarchico [[Giovanni Passannante]]: a Pascoli fu attribuita un'ode che inneggiava al gesto dell'uomo. L'ode venne subito dopo strappata (probabilmente per timore di essere arrestato o forse per essersi pentito, pensando all'assassinio del padre) e di essa si conoscono solamente gli ultimi due versi tramandati oralmente: «colla berretta d'un cuoco, faremo una bandiera». <ref>Domenico Bulferetti, ''Giovanni Pascoli. L'uomo, il maestro, il poeta'', Libreria Editrice Milanese, 1914, p. 57.</ref> La paternità del componimento è tuttavia oggetto di controversie dato che sia la sorella Maria sia lo studioso Piero Bianconi hanno negato che Pascoli l'avesse scritto (Bianconi la definì «la più celebre e citata delle poesie inesistenti della letteratura italiana» <ref>Cfr. Piero Bianconi, ''Pascoli'', Morcelliana, 1935, p. 26.</ref>). Malgrado la mancanza di fonti tangibili circa l'esistenza dell'ode, Gian Battista Lolli, vecchio segretario della federazione [[socialista]] di Bologna e amico del Pascoli, attribuì al poeta la realizzazione della lirica, dichiarando di averne assistito a una lettura da parte sua durante una manifestazione [[socialista]]. <ref>Giuseppe Galzerano, ''Giovanni Passannante'', Casalvelino Scalo, 2004, p. 272.</ref> Alla fine di novembre in una nota del ministero dell'interno al prefetto di Bologna <ref>Nota del Ministero del 27.11.1878, ASB.</ref> si parlava di progetti [[rivoluzionari]] in tutta [[Italia]] e veniva citato Pascoli: «In quanto riguarda le Romagne le diverse sezioni della provincia di Forlì, e quelle di Ravenna, Faenza, Imola e Lugo, avrebbero l'incarico di convergere tutte le forze insurrezionali sulla città di Bologna. In cotesta città, l'organizzatore capo dell'azione, siccome deve esserle stato già riferito dal Prefetto di Forlì, sarebbe il noto Pascoli». I documento testimonia che non solo Pascoli era in questo periodo notissimo alla prefettura, non solo scriveva da tempo manifesti sovversivi oltre a ricoprire ruoli importanti come quello di segretario per la corripondenza estera, ma accentrava su di sé la fiducia di tutte le altre sezioni. <ref>R. Boschetti, ''L'anarchico gentile'', Il Ponte Vecchio, Cesena, 2022, p. 71.</ref> Scattarono immediatamente le indagini su di lui, descritto come «studente, assistente del prof. Carducci e amico intimo del Costa». <ref>Nota del Prefetto al Questore di Bologna, 28.11.1878, ASB</ref> Il ministero, inoltre, incitava la prefettura a sorvegliare Pascoli: «Per quanto riguarda il Pascoli vedrà la S.V. se non sia il caso di rappresentare, in via confidenziale, al Sig. Sindaco la sconvenienza di mantenere al posto di insegnante in un Istituto comunale, un individuo di principi contrari non solo alle istituzioni dello Stato, ma ben anche ad ogni ordine sociale». <ref>Nota del Prefetto dirigente al Prefetto di Bologna, Roma, 30.1.1879, ASB.</ref> | ||