Severino Di Giovanni: differenze tra le versioni

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=== Azioni dirette, cattura e morte ===
=== Azioni dirette, cattura e morte ===
[[Image:Severino di Giovanni in court.jpg|thumb|300px|Severino Di Giovanni in un momento processuale]]
[[Image:Severino di Giovanni in court.jpg|thumb|300px|Severino Di Giovanni in un momento processuale]]
Diviso tra teoria e pratica, Di Giovanni compie [[azione diretta|azioni dirette]], anche perché la necessità di reperire fondi per poter condurre una vita votata alla clandestinità ed alla guerriglia urbana, spinge il gruppo di ''Culmine'' alle rapine di banche, portavalori, gioiellerie e grandi aziende.
Diviso tra teoria e pratica, Di Giovanni compie [[azione diretta|azioni dirette]], anche perché la necessità di reperire fondi per poter condurre una vita votata alla clandestinità ed alla guerriglia urbana, spinge il gruppo de ''[[Il Culmine]]'' alle rapine di banche, portavalori, gioiellerie e grandi aziende.


Il [[29 ottobre]] [[1929]] viene ucciso [[Emilio López Arango]], direttore del giornale anarchico avversario «[[La protesta]]», <ref>López Arango aveva criticato l'apologia della violenza e del furto, sostenendo che Di Giovanni era soltanto un bandito, un «agente della polizia e del fascismo». Anche [[Luigi Fabbri]] fu oggetto di minacce, dopo aver scritto su «Pagina italiana» un articolo pieno di dolore e d'indignazione, paragonando il fatto ad altri simili avvenuti in Italia ad opera dello squadrismo fascista.</ref> e ciò provoca l'isolamento del suo gruppo rispetto al movimento anarchico argentino. Il gruppo di Severino - dove militavano anche i due fratelli di [[América Josefina Scarfò|América]], [[Paulino Scarfò|Paulino]] e [[Alejandro Scarfò|Alejandro]] Scarfò - continua a rapinare banche e a colpire i simboli del [[Fascismo|fascismo]] italiano, anche se i suoi compagni cadono ad uno ad uno ([[Alejandro Scarfò]] fu arrestato e rinchiuso nel manicomio criminale di Vieytes).  
Il [[29 ottobre]] [[1929]] viene ucciso [[Emilio López Arango]], direttore del giornale anarchico avversario «[[La protesta]]», <ref>López Arango aveva criticato l'apologia della violenza e del furto, sostenendo che Di Giovanni era soltanto un bandito, un «agente della polizia e del fascismo». Anche [[Luigi Fabbri]] fu oggetto di minacce, dopo aver scritto su «Pagina italiana» un articolo pieno di dolore e d'indignazione, paragonando il fatto ad altri simili avvenuti in Italia ad opera dello squadrismo fascista.</ref> e ciò provoca l'isolamento del suo gruppo rispetto al movimento anarchico argentino. Il gruppo di Severino - dove militavano anche i due fratelli di [[América Josefina Scarfò|América]], [[Paulino Scarfò|Paulino]] e [[Alejandro Scarfò|Alejandro]] Scarfò - continua a rapinare banche e a colpire i simboli del [[Fascismo|fascismo]] italiano, anche se i suoi compagni cadono ad uno ad uno ([[Alejandro Scarfò]] fu arrestato e rinchiuso nel manicomio criminale di Vieytes).  
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