Sergej Gennadjevič Nečaev: differenze tra le versioni

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=== L'apprendistato ===
=== L'apprendistato ===
'''Sergej Gennadievič Nečaev''' nacque il [[2 ottobre]] [[1847]] nella cittadina di Ivanovo, un centro tessile situato a nord est di Mosca. Suo padre era un ex imbianchino, poi divenuto cameriere. La madre, che morì quando il bambino aveva solo 6 anni, era figlia di un servo della gleba affrancato. All'età di 9 anni, il piccolo Sergej cominciò l'apprendistato in una fabbrica, dalla quale fu licenziato per aver smarrito una lettera che era stato incaricato di consegnare in una località vicina. <ref>R. Cannac, ''Aux sources de la révolution russe'', p. 42</ref> All'improvviso libero dal lavoro, il giovane Nečaev manifestò la volontà di continuare gli studi. Dapprima sotto la guida di un istitutore, poi da solo riuscì a terminare la scuola dell'obbligo. Superati gli esami, ottenne un posto da maestro nella scuola parrocchiale di San Pietroburgo. Entrato nei circoli studenteschi rivoluzionari, la sua personalità lo spinse a esercitare un grande ascendente sui suoi compagni, diventandone il capo. Volendo apparire come un'importante figura di rivoluzionario, egli riuscì addirittura a far credere alla notizia falsa del suo arresto, grazie a uno stratagemma astuto e complicato, mentre, in realtà, aveva semplicemente lasciato San Pietroburgo per recarsi a Mosca, dalla quale sarebbe successivamente partito per la Svizzera, dove doveva incontrarsi con [[Bakunin]].
'''Sergej Gennadievič Nečaev''' nacque il [[2 ottobre]] [[1847]] nella cittadina di Ivanovo, un centro tessile situato a nord est di Mosca. Suo padre era un ex imbianchino, poi divenuto cameriere. La madre, che morì quando il bambino aveva solo 6 anni, era figlia di un servo della gleba affrancato. All'età di 9 anni, il piccolo Sergej cominciò l'apprendistato in una fabbrica, dalla quale fu licenziato per aver smarrito una lettera che era stato incaricato di consegnare in una località vicina. <ref>R. Cannac, ''All'origine della rivoluzione russa'', p. 42</ref> All'improvviso libero dal lavoro, il giovane Nečaev manifestò la volontà di continuare gli studi. Dapprima sotto la guida di un istitutore, poi da solo riuscì a terminare la scuola dell'obbligo. Superati gli esami, ottenne un posto da maestro nella scuola parrocchiale di San Pietroburgo. Entrato nei circoli studenteschi rivoluzionari, la sua personalità lo spinse a esercitare un grande ascendente sui suoi compagni, diventandone il capo. Volendo apparire come un'importante figura di rivoluzionario, egli riuscì addirittura a far credere alla notizia falsa del suo arresto, grazie a uno stratagemma astuto e complicato, mentre, in realtà, aveva semplicemente lasciato San Pietroburgo per recarsi a Mosca, dalla quale sarebbe successivamente partito per la Svizzera, dove doveva incontrarsi con [[Bakunin]].


=== Nečaev e Bakunin ===
=== Nečaev e Bakunin ===
Nečaev irruppe nella vita di [[Bakunin]], a Ginevra, in un periodo nel quale l'anarchico, in conflitto con [[Marx]] che lottava contro la sua influenza all'interno del'[[AIT]], carezzava il progetto di rivolgersi alla Russia per cercare di realizzare laggiù un grande movimento rivoluzionario, del quale egli sarebbe stato la guida. Dunque [[Bakunin]] accolse con gioia il giovane compatriota, nel quale vedeva un possibile discepolo. Spinto da Nečaev, egli redasse così un certo numero di volantini indirizzati ai rivoluzionari russi. In uno di questi testi di propaganda, destinati agli studenti, [[Bakunin]] li esortava a lasciare l'università per unirsi al popolo:
Nečaev irruppe nella vita di [[Bakunin]], a Ginevra, in un periodo nel quale l'anarchico, in conflitto con [[Marx]] che lottava contro la sua influenza all'interno del'[[AIT]], carezzava il progetto di rivolgersi alla Russia per cercare di realizzare laggiù un grande movimento rivoluzionario, del quale egli sarebbe stato la guida. Dunque [[Bakunin]] accolse con gioia il giovane compatriota, nel quale vedeva un possibile discepolo. Spinto da Nečaev, egli redasse così un certo numero di volantini indirizzati ai rivoluzionari russi. In uno di questi testi di propaganda, destinati agli studenti, [[Bakunin]] li esortava a lasciare l'università per unirsi al popolo:


:«[...] Abbandonate al più presto questo mondo condannato, queste università, accademie e scuole dalle quali oggi venite scacciati e dove si sono sempre impegnati a tenervi lontani dal popolo. Andate nel popolo! È questa la vostra vocazione, la vostra vita, la vostra scienza. Imparate, nelle fila del popolo stesso, a servire i suoi interessi e a far trionfare la sua causa! Ricordatevi che la gioventù istruita non dev'essere né la maestra né la benefattrice né la tiranna, ma piuttosto la levatrice del popolo che lo aiuterà a liberarsi da sé, l'unificatrice delle forze e degli sforzi popolari». <ref>R. Cannac, ''Aux sources de la révolution russe'', p. 47</ref>
:«[...] Abbandonate al più presto questo mondo condannato, queste università, accademie e scuole dalle quali oggi venite scacciati e dove si sono sempre impegnati a tenervi lontani dal popolo. Andate nel popolo! È questa la vostra vocazione, la vostra vita, la vostra scienza. Imparate, nelle fila del popolo stesso, a servire i suoi interessi e a far trionfare la sua causa! Ricordatevi che la gioventù istruita non dev'essere né la maestra né la benefattrice né la tiranna, ma piuttosto la levatrice del popolo che lo aiuterà a liberarsi da sé, l'unificatrice delle forze e degli sforzi popolari». <ref>R. Cannac, ''All'origine della rivoluzione russa'', p. 47</ref>


Per procurarsi il denaro necessario alla campagna di propaganda in Russia, Nečaev e [[Bakunin]] si rivolsero al vecchio [[Herzen]] e al poeta [[Ogarëv]] <ref>[[Nikolaj Ogarëv]] (1813-1877), poeta, pubblicista e filosofo materialista. Fondatore, con [[Herzen]], della libera stampa russa all'estero.</ref>, suo amico, depositari di una somma di 20.000 franchi, affidata nelle loro mani da un compatriota (un certo Pavel A. Bachmetev, che decise di fare quella donazione prima di abbandonare l'Europa per fondare una comunità nelle Isole Marchesi) per essere devoluta alla rivoluzione. All'inizio [[Herzen]], che provava molta simpatia per Nečaev e le sue idee, rifiutò di consegnare il denaro. Ma dopo le insistenze di Ogarëv, finì col concedere 10.000 al giovane nichilista, il quale poté così rientrare in Russia, munito di una raccomandazione scritta di [[Bakunin]], che lo nominava rappresentante accreditato della sezione russa di una certa ''Alleanza rivoluzionaria europea'', un'organizzazione del tutto inesistente. Tuttavia, ciò che contava per Nečaev era il fatto di poter rientrare il patria sotto l'egida di uno dei nomi più importanti della rivoluzione internazionale.
Per procurarsi il denaro necessario alla campagna di propaganda in Russia, Nečaev e [[Bakunin]] si rivolsero al vecchio [[Herzen]] e al poeta [[Ogarëv]] <ref>[[Nikolaj Ogarëv]] (1813-1877), poeta, pubblicista e filosofo materialista. Fondatore, con [[Herzen]], della libera stampa russa all'estero.</ref>, suo amico, depositari di una somma di 20.000 franchi, affidata nelle loro mani da un compatriota (un certo Pavel A. Bachmetev, che decise di fare quella donazione prima di abbandonare l'Europa per fondare una comunità nelle Isole Marchesi) per essere devoluta alla rivoluzione. All'inizio [[Herzen]], che provava molta simpatia per Nečaev e le sue idee, rifiutò di consegnare il denaro. Ma dopo le insistenze di Ogarëv, finì col concedere 10.000 al giovane nichilista, il quale poté così rientrare in Russia, munito di una raccomandazione scritta di [[Bakunin]], che lo nominava rappresentante accreditato della sezione russa di una certa ''Alleanza rivoluzionaria europea'', un'organizzazione del tutto inesistente. Tuttavia, ciò che contava per Nečaev era il fatto di poter rientrare il patria sotto l'egida di uno dei nomi più importanti della rivoluzione internazionale.
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=== L'assassinio di Ivanov ===
=== L'assassinio di Ivanov ===
Dopo il boicottaggio delle lezioni di un professore reazionario, punito dalle autorità con l'espulsione di alcuni studenti, l'Università di Mosca entrò in stato d'agitazione. Nečaev si ritrovò nuovamente in disaccordo con Ivanov circa l'atteggiamento da tenere in tale occasione. E dato che questi aveva manifestato la volontà di lasciare la ''Giustizia del popolo'' per fondare una propria organizzazione, Nečaev decise di sopprimerlo. Egli riuscì a convincere 4 compagni del gruppo che bisognava liquidare il giovane studente, il quale fu quindi attirato in un agguato. Nečaev strangolò Ivanov con le sue mani per poi dargli il colpo di grazia, sparandogli alla tempia. I complici fecero poi sparire il cadavere gettandolo in uno stagno.  <ref>R. Cannac, ''Aux sources de la révolution russe'', pp. 67-69</ref> Ma, in seguito a una perquisizione nella libreria Čerkesov e nell'abitazione del suo gerente, Petr Uspenskij, il quale aveva partecipato all'omicidio di Ivanov, la polizia scoprì gli archivi della ''Giustizia del popolo'' e molti altri documenti compromettenti, venendo così a mettere le mani sulla lista completa dei militanti del movimento, tra i quali compariva il nome di Ivanov. E poiché nel frattempo era stato scoperto il cadavere del giovane studente, l'arresto dei membri del gruppo permise (grazie a una tessera di abbonamento alla libreria Čerkesov, rinvenuta in una tasca della vittima) di identificare anche gli autori del delitto. Dopo l'omicidio di Ivanov, Nečaev aveva lasciato Mosca per recarsi a San Pietroburgo, intenzionato a fondare una nuova organizzazione in quella città, dove poté sfuggire all'arresto. I complici resero piena confessione: il caso Ivanov sarebbe diventato da quel momento un processo clamoroso. Ma colui che si stava conquistando la fama di essere un capo rivoluzionario di primo piano nonché l'agente di Bakunin, riuscì, malgrado tutte le ricerche e la sorveglianza, a sgusciare tra le maglie della rete. Eludendo i piani delle polizie lanciate sulle sue tracce, Nečaev attraversò la frontiera senza problemi. Ma, arrivato in Svizzera, fu comunque costretto a nascondersi, dato che il governo zarista, per poter ottenere l'estradizione del latitante, ufficialmente lo segnalava come criminale comune.
Dopo il boicottaggio delle lezioni di un professore reazionario, punito dalle autorità con l'espulsione di alcuni studenti, l'Università di Mosca entrò in stato d'agitazione. Nečaev si ritrovò nuovamente in disaccordo con Ivanov circa l'atteggiamento da tenere in tale occasione. E dato che questi aveva manifestato la volontà di lasciare la ''Giustizia del popolo'' per fondare una propria organizzazione, Nečaev decise di sopprimerlo. Egli riuscì a convincere 4 compagni del gruppo che bisognava liquidare il giovane studente, il quale fu quindi attirato in un agguato. Nečaev strangolò Ivanov con le sue mani per poi dargli il colpo di grazia, sparandogli alla tempia. I complici fecero poi sparire il cadavere gettandolo in uno stagno.  <ref>R. Cannac, ''All'origine della rivoluzione russa'', pp. 67-69</ref> Ma, in seguito a una perquisizione nella libreria Čerkesov e nell'abitazione del suo gerente, Petr Uspenskij, il quale aveva partecipato all'omicidio di Ivanov, la polizia scoprì gli archivi della ''Giustizia del popolo'' e molti altri documenti compromettenti, venendo così a mettere le mani sulla lista completa dei militanti del movimento, tra i quali compariva il nome di Ivanov. E poiché nel frattempo era stato scoperto il cadavere del giovane studente, l'arresto dei membri del gruppo permise (grazie a una tessera di abbonamento alla libreria Čerkesov, rinvenuta in una tasca della vittima) di identificare anche gli autori del delitto. Dopo l'omicidio di Ivanov, Nečaev aveva lasciato Mosca per recarsi a San Pietroburgo, intenzionato a fondare una nuova organizzazione in quella città, dove poté sfuggire all'arresto. I complici resero piena confessione: il caso Ivanov sarebbe diventato da quel momento un processo clamoroso. Ma colui che si stava conquistando la fama di essere un capo rivoluzionario di primo piano nonché l'agente di Bakunin, riuscì, malgrado tutte le ricerche e la sorveglianza, a sgusciare tra le maglie della rete. Eludendo i piani delle polizie lanciate sulle sue tracce, Nečaev attraversò la frontiera senza problemi. Ma, arrivato in Svizzera, fu comunque costretto a nascondersi, dato che il governo zarista, per poter ottenere l'estradizione del latitante, ufficialmente lo segnalava come criminale comune.


=== La rottura con Bakunin ===
=== La rottura con Bakunin ===
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=== Il sepolto vivo ===
=== Il sepolto vivo ===
Ben presto, Nečaev lasciò l'Inghilterra per passare un periodo in Francia. Andò prima a Lione, dove cercò di avere notizie di [[Bakunin]], poi a Parigi, dove si stabilì in una camera del quartiere latino sotto il nome di Stéphane, studente serbo. Ai primi moti della [[Comune]], egli si trovava ancora nella capitale francese. <ref>Cannac, ''Aux sources de la révolution russe'', pp. 108-109</ref> Alla fine preferì, lasciando Parigi, fare ritorno in Svizzera, dove tentò invano di riannodare i rapporti con [[Bakunin]]. Braccato dalla polizia e tradito da un infiltrato (il polacco Adolf Stempkowski, espatriato in Svizzera, dove frequentava molti gruppi socialisti e rivoluzionari, informatore della polizia russa), fu arrestato nei dintorni di Zurigo. Le autorità svizzere accolsero la domanda di estradizione presentata dal governo zarista. Alcuni membri di organizzazioni rivoluzionarie, esiliati serbi e polacchi, condannarono a morte il delatore e tentarono, senza successo di liberare Nečaev al momento della partenza per la Russia. Il processo a Nečaev si svolse a Mosca, l'[[8 gennaio]] [[1873]]. Davanti al tribunale l'imputato tenne testa ai giudici, mostrandosi di volta in volta aggressivo o noncurante, richiamandosi con orgoglio all'ideale rivoluzionario o rifiutando di rispondere ai magistrati, a seconda dei casi. Dato che in Russia era stata abolita la pena di morte, all'imputato fi inflitta una condanna di 20 anni ai lavori forzati, nonché la deportazione a vita in Siberia. <ref>Cannac, ''Aux sources de la révolution russe'', p. 118</ref> Ma lo zar decise di trasformare la condanna in reclusione a vita. Nečaev fu quindi trasferito a San Pietroburgo, nella fortezza Pietro e Paolo, nel lugubre rivellino di Alessio, dove [[Bakunin]] l'aveva preceduto pochi anni prima. Non ne sarebbe mai più uscito vivo. Durante i lunghi anni di reclusione, Nečaev ebbe dei trattamenti mutevoli, a seconda della volontà dell'amministrazione penitenziaria. Per un periodo, al prigioniero fu data la possibilità di prendere in prestito dei libri e gli fu concesso di scrivere. Nečaev ebbe modo così di scrivere in cella alcuni saggi di argomento storico e politico. Redasse anche alcuni scritti letterari, tra i quali qualche romanzo. Secondo un metodo già sperimentato con [[Bakunin]], la polizia cercò di spingerlo a scrivere una confessione. Le autorità erano convinte che un uomo con l'istinto di autodifesa indebolito dalla solitudine e dalla clausura si sarebbe lasciato andare a fare delle rivelazioni, che senza dubbio si sarebbero rivelate utili alla Seconda sezione (la polizia zarista). Ma il calcolo della polizia fallì: Nečaev arrivò perfino a picchiare il capo della gendarmeria che era andato a trovarlo in cella per convincerlo a fare quanto ci si attendeva da lui. <ref>Cannac, ''Aux sources de la révolution russe'', pp. 128-129</ref> In altri periodi, Nečaev fu trattato con metodi di estrema crudeltà. Eppure questo personaggio straordinario riuscì a esercitare sui secondini un vero e proprio ascendente, tanto da indurli perfino a condividre le sue idee. Grazie a loro, Nečaev poté così comunicare con il mondo esterno e prendere contatto con un'organizzazione rivoluzionaria, la ''[[Volontà del Popolo]]''. Fu anche preparato un piano d'evasione, ma il progetto fallì. Caso unico negli annali della vita penitenziaria, la guarnigione della prigione fu arrestata per complicità e incarcerata seduta stante nel rivellino: per processare quei seguaci assolutamente anomali di Nečaev  fu istruito un processo speciale. Sottoposto a un regime disumano e a condizioni di detenzione intollerabili, Nečaev morì di fame e malattia il [[21 novembre]] [[1882]].
Ben presto, Nečaev lasciò l'Inghilterra per passare un periodo in Francia. Andò prima a Lione, dove cercò di avere notizie di [[Bakunin]], poi a Parigi, dove si stabilì in una camera del quartiere latino sotto il nome di Stéphane, studente serbo. Ai primi moti della [[Comune]], egli si trovava ancora nella capitale francese. <ref>Cannac, ''All'origine della rivoluzione russa'', pp. 108-109</ref> Alla fine preferì, lasciando Parigi, fare ritorno in Svizzera, dove tentò invano di riannodare i rapporti con [[Bakunin]]. Braccato dalla polizia e tradito da un infiltrato (il polacco Adolf Stempkowski, espatriato in Svizzera, dove frequentava molti gruppi socialisti e rivoluzionari, informatore della polizia russa), fu arrestato nei dintorni di Zurigo. Le autorità svizzere accolsero la domanda di estradizione presentata dal governo zarista. Alcuni membri di organizzazioni rivoluzionarie, esiliati serbi e polacchi, condannarono a morte il delatore e tentarono, senza successo di liberare Nečaev al momento della partenza per la Russia. Il processo a Nečaev si svolse a Mosca, l'[[8 gennaio]] [[1873]]. Davanti al tribunale l'imputato tenne testa ai giudici, mostrandosi di volta in volta aggressivo o noncurante, richiamandosi con orgoglio all'ideale rivoluzionario o rifiutando di rispondere ai magistrati, a seconda dei casi. Dato che in Russia era stata abolita la pena di morte, all'imputato fi inflitta una condanna di 20 anni ai lavori forzati, nonché la deportazione a vita in Siberia. <ref>Cannac, ''All'origine della rivoluzione russa'', p. 118</ref> Ma lo zar decise di trasformare la condanna in reclusione a vita. Nečaev fu quindi trasferito a San Pietroburgo, nella fortezza Pietro e Paolo, nel lugubre rivellino di Alessio, dove [[Bakunin]] l'aveva preceduto pochi anni prima. Non ne sarebbe mai più uscito vivo. Durante i lunghi anni di reclusione, Nečaev ebbe dei trattamenti mutevoli, a seconda della volontà dell'amministrazione penitenziaria. Per un periodo, al prigioniero fu data la possibilità di prendere in prestito dei libri e gli fu concesso di scrivere. Nečaev ebbe modo così di scrivere in cella alcuni saggi di argomento storico e politico. Redasse anche alcuni scritti letterari, tra i quali qualche romanzo. Secondo un metodo già sperimentato con [[Bakunin]], la polizia cercò di spingerlo a scrivere una confessione. Le autorità erano convinte che un uomo con l'istinto di autodifesa indebolito dalla solitudine e dalla clausura si sarebbe lasciato andare a fare delle rivelazioni, che senza dubbio si sarebbero rivelate utili alla Seconda sezione (la polizia zarista). Ma il calcolo della polizia fallì: Nečaev arrivò perfino a picchiare il capo della gendarmeria che era andato a trovarlo in cella per convincerlo a fare quanto ci si attendeva da lui. <ref>Cannac, ''All'origine della rivoluzione russa'', pp. 128-129</ref> In altri periodi, Nečaev fu trattato con metodi di estrema crudeltà. Eppure questo personaggio straordinario riuscì a esercitare sui secondini un vero e proprio ascendente, tanto da indurli perfino a condividre le sue idee. Grazie a loro, Nečaev poté così comunicare con il mondo esterno e prendere contatto con un'organizzazione rivoluzionaria, la ''[[Volontà del Popolo]]''. Fu anche preparato un piano d'evasione, ma il progetto fallì. Caso unico negli annali della vita penitenziaria, la guarnigione della prigione fu arrestata per complicità e incarcerata seduta stante nel rivellino: per processare quei seguaci assolutamente anomali di Nečaev  fu istruito un processo speciale. Sottoposto a un regime disumano e a condizioni di detenzione intollerabili, Nečaev morì di fame e malattia il [[21 novembre]] [[1882]].


== ''Il catechismo del rivoluzionario'' <ref name="JP"></ref>==
== ''Il catechismo del rivoluzionario'' <ref name="JP"></ref>==
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