Banda Bonnot: differenze tra le versioni

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: «Non aspettare la rivoluzione: quelli che promettono la rivoluzione sono buffoni come gli altri. Fai tu stesso la tua rivoluzione. Essere uomini liberi, vivere da compagni»
: «Non aspettare la rivoluzione: quelli che promettono la rivoluzione sono buffoni come gli altri. Fai tu stesso la tua rivoluzione. Essere uomini liberi, vivere da compagni»


È in questo clima di sfiducia verso la [[rivoluzione]] che alcuni giovani anarchici belgi e francesi, molti dei quali intrisi di rigorosi dogmi scientifici (si pensi a [[Raymond Callemin]], detto ''Raymond la science'', che si opponeva a qualsiasi sentimentalismo in nome di un rigorosissimo razionalismo), scelsero di intraprendere una lotta disperata e fondamentalmente suicida (erano ben consapevoli che la strada intrapresa li avrebbe probabilmente condotti alla morte) [[Illegalismo| lotta illegalista]] contro il [[Capitalismo|capitale]] e la società intera. Dal momento che la [[rivoluzione]] tardava ad arrivare, essi ritennero legittimo vivere l'anarchia qui ed ora, senza aspettare che da un momento all'altro sorgesse «il sol dell'avvenir».
È in questo clima di sfiducia verso la [[rivoluzione]] che alcuni giovani anarchici belgi e francesi, molti dei quali intrisi di rigorosi dogmi scientifici (si pensi a [[Raymond Callemin]], detto ''Raymond la science'', che si opponeva a qualsiasi sentimentalismo in nome di un rigorosissimo razionalismo), scelsero di intraprendere una lotta disperata e fondamentalmente suicida (erano ben consapevoli che la strada intrapresa li avrebbe probabilmente condotti alla morte) [[Illegalismo|lotta illegalista]] contro il [[Capitalismo|capitale]] e la società intera. Dal momento che la [[rivoluzione]] tardava ad arrivare, essi ritennero legittimo vivere l'anarchia qui ed ora, senza aspettare che da un momento all'altro sorgesse «il sol dell'avvenir».


==L'epopea della banda Bonnot ==
==L'epopea della banda Bonnot ==
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: «Era la felicità che avevo inseguito per tutta la vita, senza esser capace neppure di sognarla. L'avevo trovata, è scoperto che cosa fosse. La felicità che mi era sempre stata negata, avevo il diritto di viverla quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti. Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, in ogni caso nessun rimorso...» <ref>[[Pino Cacucci]], ''In ogni caso nessun rimorso'', Feltrinelli, 1994, pag. 16</ref>
: «Era la felicità che avevo inseguito per tutta la vita, senza esser capace neppure di sognarla. L'avevo trovata, è scoperto che cosa fosse. La felicità che mi era sempre stata negata, avevo il diritto di viverla quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti. Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, in ogni caso nessun rimorso...» <ref>[[Pino Cacucci]], ''In ogni caso nessun rimorso'', Feltrinelli, 1994, pag. 16</ref>


Per gli altri esponenti della banda ugualmente il destino era segnato: il [[15 maggio]] [[1912]], [[Octave Garnier]] e [[René Valet]] morirono durante il [[Violenza della polizia|violento assalto delle forze dell'ordine]] e dell'[[esercito]] (a suon di bombe e cariche di dinamite) alla casa in cui i due si nascondevano. Tutti gli altri illegalisti furono arrestati, accusati indistintamente d'appartenenza alla [[Banda Bonnot]] (in qualche caso senza prove alcune, come [[Eugène Dieudonné|Dieudonné]] che era effettivamente innocente) furono processati a partire dal [[3 febbraio]] [[1913]].
Per gli altri esponenti della banda ugualmente il destino era segnato: il [[15 maggio]] [[1912]], [[Octave Garnier]] e [[René Valet]] morirono durante il [[Violenza della polizia|violento assalto delle forze dell'ordine]] e dell'[[esercito]] (a suon di bombe e cariche di dinamite) alla casa in cui i due si nascondevano. Tutti gli altri [[illegalisti]] furono arrestati, accusati indistintamente d'appartenenza alla [[Banda Bonnot]] (in qualche caso senza prove alcune, come [[Eugène Dieudonné|Dieudonné]] che era effettivamente innocente) furono processati a partire dal [[3 febbraio]] [[1913]].


===Il processo ===
===Il processo ===
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Il processo vide una ventina di imputati, alcuni accusati di aver in qualche modo sostenuto la banda (Barbe Leclec'h, [[Marie Schoofs]], Dettweiller, Rodriguez, Rimbaud, Crozat de Fleury,...), altri, a torto o ragione, di averne fatto parte ([[Raymond Callemin]], [[Eugene Dieudonné]], [[Etienne Monier]], [[André Soudy]], [[Marius Metge]] ed [[Edouard Carouy]]) o di esserne gli ideologi ([[Victor Serge]] e [[Rirette Maitrejean]]).  
Il processo vide una ventina di imputati, alcuni accusati di aver in qualche modo sostenuto la banda (Barbe Leclec'h, [[Marie Schoofs]], Dettweiller, Rodriguez, Rimbaud, Crozat de Fleury,...), altri, a torto o ragione, di averne fatto parte ([[Raymond Callemin]], [[Eugene Dieudonné]], [[Etienne Monier]], [[André Soudy]], [[Marius Metge]] ed [[Edouard Carouy]]) o di esserne gli ideologi ([[Victor Serge]] e [[Rirette Maitrejean]]).  


Tra i trecento i testimoni chiamati a deporre, [[Séverine]], [[Pierre Martin]] e [[Sébastien Faure]] lo fecero in favore degli imputati, mentre l'uomo del portavalori, '''Ernest Caby''', continuò incredibilmente ad indicare [[Eugène Dieudonné|Dieudonné]] come colui che gli aveva sparato. Durante tutto il processo molti degli illegalisti irrisero la giuria e i due procuratori che li accusavano:
Tra i trecento i testimoni chiamati a deporre, [[Séverine]], [[Pierre Martin]] e [[Sébastien Faure]] lo fecero in favore degli imputati, mentre l'uomo del portavalori, '''Ernest Caby''', continuò incredibilmente ad indicare [[Eugène Dieudonné|Dieudonné]] come colui che gli aveva sparato. Durante tutto il processo molti degli [[illegalisti]] irrisero la giuria e i due procuratori che li accusavano:


: «I principali imputati erano Raymond Callemin, André Soudy, il giardiniere Monier, il falegname Eugéne Dieudonné, negavano tutto, e avevano, in via puramente astratta, il gioco facile; in realtà, gli indizi inconfutabili li uccidevano, salvo Dieudonné che era realmente innocente, non di tutto, ma di quello di cui lo si accusava, per una somiglianza dei suoi occhi neri con altri occhi più neri che erano nella tomba. Lui solo gridava la sua innocenza, senza stancarsi con frenesia, formando un contrasto impressionante con i colpevoli insolenti e beffardi che dicevano calmi con tutto il loro contegno “Vi sfidiamo a darne le prove!”. Siccome tutti sapevano la verità, la prova diventava superflua, lo sentivano e continuavano a fare il loro mestiere di desperados. Sorridenti, aggressivi, prendendo degli appunti, Raymond “negava il diritto di giudicare“, ma si inchinava dinanzi alla forza, rivolgeva al presidente delle frasi spiritose; Soudy, interrogato a lungo sulla proprietà di una carabina, rispondeva tranquillamente: “Non è mia, ma, come sapete, Proudhon ha detto che la proprietà è un furto”». <ref>[[Victor Serge]], ''Memorie di un rivoluzionario'', Edizioni e\o, pag. 50</ref>  
: «I principali imputati erano Raymond Callemin, André Soudy, il giardiniere Monier, il falegname Eugéne Dieudonné, negavano tutto, e avevano, in via puramente astratta, il gioco facile; in realtà, gli indizi inconfutabili li uccidevano, salvo Dieudonné che era realmente innocente, non di tutto, ma di quello di cui lo si accusava, per una somiglianza dei suoi occhi neri con altri occhi più neri che erano nella tomba. Lui solo gridava la sua innocenza, senza stancarsi con frenesia, formando un contrasto impressionante con i colpevoli insolenti e beffardi che dicevano calmi con tutto il loro contegno “Vi sfidiamo a darne le prove!”. Siccome tutti sapevano la verità, la prova diventava superflua, lo sentivano e continuavano a fare il loro mestiere di desperados. Sorridenti, aggressivi, prendendo degli appunti, Raymond “negava il diritto di giudicare“, ma si inchinava dinanzi alla forza, rivolgeva al presidente delle frasi spiritose; Soudy, interrogato a lungo sulla proprietà di una carabina, rispondeva tranquillamente: “Non è mia, ma, come sapete, Proudhon ha detto che la proprietà è un furto”». <ref>[[Victor Serge]], ''Memorie di un rivoluzionario'', Edizioni e\o, pag. 50</ref>  
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