La crisi dell'anarchismo e l'ethos liberale (di Pietro Adamo): differenze tra le versioni

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Luce Fabbri ha quindi colto alcuni dei più importanti elementi dell'anarchismo contemporaneo. D'altro canto il suo schema interpretativo soffre di alcune rigidità, o, volendo usare i suoi termini, della presenza di "un groviglio di falsi idoli, di dilemmi artificiali, di assiomi accettati universalmente" (S, p. 26). Nel caso si tratta - mi pare - della fedeltà a oltranza al modello del comunismo libertario alla Kropotkin, con i suoi corollari dell'avversione verso la proprietà privata e l'insufficiente concettualizzazione degli effetti della cosiddetta" proprietà socializzata". Tuttavia, più che in una sorta di "idolatria" intellettuale, i limiti della proposta fabbriana - che considero ovviamente secondari rispetto agli evidenti pregi - mi sembrano fondarsi soprattutto su due elementi interrelati, il mito della perversione stalinista e una riflessione incompiuta sul totalitarismo. È usuale distinguere tra i momenti iniziali della rivoluzione bolscevica - i soviet, la socializzazione, la democrazia consiliare, eccetera - e le successive perversioni accentratrici del leninismo e dello stalinismo. Così facendo si perdono di vista le linee di continuità nel bolscevismo e la qualità giacobino-totalitaria del complesso della sua vicenda. _ nei dogmi e nei fondamenti dell'ideologia marxista stessa che si annidano i germi dell'antiindividualismo radicale e della "società -massa": l'eliminazione della proprietà privata è solo una delle strategie di fondo del totalitarismo. Luce si è concentrata sugli effetti devastanti della proprietà privata nell'accezione capitalista del termine, proponendo di recidere il male alla radice. E tuttavia il nesso tra collettivizzazione e società totalitaria non è affatto unidirezionale, e neppure casuale.
Luce Fabbri ha quindi colto alcuni dei più importanti elementi dell'anarchismo contemporaneo. D'altro canto il suo schema interpretativo soffre di alcune rigidità, o, volendo usare i suoi termini, della presenza di "un groviglio di falsi idoli, di dilemmi artificiali, di assiomi accettati universalmente" (S, p. 26). Nel caso si tratta - mi pare - della fedeltà a oltranza al modello del comunismo libertario alla Kropotkin, con i suoi corollari dell'avversione verso la proprietà privata e l'insufficiente concettualizzazione degli effetti della cosiddetta" proprietà socializzata". Tuttavia, più che in una sorta di "idolatria" intellettuale, i limiti della proposta fabbriana - che considero ovviamente secondari rispetto agli evidenti pregi - mi sembrano fondarsi soprattutto su due elementi interrelati, il mito della perversione stalinista e una riflessione incompiuta sul totalitarismo. È usuale distinguere tra i momenti iniziali della rivoluzione bolscevica - i soviet, la socializzazione, la democrazia consiliare, eccetera - e le successive perversioni accentratrici del leninismo e dello stalinismo. Così facendo si perdono di vista le linee di continuità nel bolscevismo e la qualità giacobino-totalitaria del complesso della sua vicenda. _ nei dogmi e nei fondamenti dell'ideologia marxista stessa che si annidano i germi dell'antiindividualismo radicale e della "società -massa": l'eliminazione della proprietà privata è solo una delle strategie di fondo del totalitarismo. Luce si è concentrata sugli effetti devastanti della proprietà privata nell'accezione capitalista del termine, proponendo di recidere il male alla radice. E tuttavia il nesso tra collettivizzazione e società totalitaria non è affatto unidirezionale, e neppure casuale.
In altri termini, la lezione del Novecento insegna non solo che il totalitarismo tende di fatto a" socializzare" la proprietà, ma anche che il livellamento della proprietà tende inesorabilmente a incoraggiare forme totalitarie di organizzazione della vita sociale. Trascurare questo elemento ha forse portato la Fabbri a sottovalutare altri elementi dell'ethos liberale - per esempio, una concettualizzazione garantista e "difensiva" della proprietà stessa - che potrebbero trovare una degna collocazione nell'anarchismo stesso.
In altri termini, la lezione del Novecento insegna non solo che il totalitarismo tende di fatto a" socializzare" la proprietà, ma anche che il livellamento della proprietà tende inesorabilmente a incoraggiare forme totalitarie di organizzazione della vita sociale. Trascurare questo elemento ha forse portato la Fabbri a sottovalutare altri elementi dell'ethos liberale - per esempio, una concettualizzazione garantista e "difensiva" della proprietà stessa - che potrebbero trovare una degna collocazione nell'anarchismo stesso.
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==Bibliografia==
==Bibliografia==
Pietro Adamo, ''[http://www.arivista.org/?nr=250&pag=43.htm La crisi dell'anarchismo e l'ethos liberale. Sul pensiero di Luce Fabbri (intervistata da Cristina Valenti su "A" 247) interviene criticamente Pietro Adamo.]'', in ''[[A/Rivista Anarchica]]'', Editrice A, Milano, anno 28, n.250, dicembre/gennaio 1998/1999
Pietro Adamo, ''[http://www.arivista.org/?nr=250&pag=43.htm La crisi dell'anarchismo e l'ethos liberale. Sul pensiero di Luce Fabbri (intervistata da Cristina Valenti su "A" 247) interviene criticamente Pietro Adamo.]'', in ''[[A/Rivista Anarchica]]'', Editrice A, Milano, anno 28, n.250, dicembre/gennaio 1998/1999
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