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Quale liberalismo, quindi? Un liberalismo di carattere soprattutto etico, incentrato in primo luogo "sulla difesa della personalità individuale" (MT, p. l9). Ed è proprio nello sviluppo di questo concetto che la Fabbri crede di scoprire il momento della confluenza con il socialismo. I liberali non sono riusciti a risolvere il problema reale del dominio dell'uomo sull'uomo, accontentandosi di una pura teoria della politica: "la lotta per la libertà dell'uomo non può essere diretta solo contro la tirannia politica, ma deve essere combattuta nello stesso tempo contro il controllo della vita economica da parte d'una casta privilegiata, sia essa composta da capitalisti privati o dai burocrati dello stato proprietario" (S, p. 17). In altri termini, il liberalismo - inteso come metodo di convivenza civile fondato sul libero sviluppo dei singoli - potrà dirsi compiuto quando avrà eliminato i presupposti del dominio economico: secondo la Fabbri, la libera impresa e la proprietà privata. _ in questo senso che la tradizione liberale, nel suo momento più alto, non potrà che confluire nel socialismo, accettando l'idea di una proprietà socializzata e di una libera "associazione che moltiplica all'infinito le proiezioni dello sforzo individuale" (S, p. l3). Questo percorso non è poi molto diverso da quello del liberalismo radicale alla Gobetti e del socialismo liberale alla Rosselli - esperienze sulle quali si sofferma con palese simpatia (AAP, p. 41, MT, pp. 29-30, 42, 44) - con la differenza che, laddove i due insistono sulla razionalizzazione da un lato, e la diminuzione dall'altro, del potere di intervento dello stato nella vita degli uomini, la Fabbri postula, seguendo da presso uno degli interlocutori anarchici privilegiati dei due "martiri", Camillo Berneri, un metodo liberale all'interno di una società senza stato basata sui principi del federalismo libertario. | Quale liberalismo, quindi? Un liberalismo di carattere soprattutto etico, incentrato in primo luogo "sulla difesa della personalità individuale" (MT, p. l9). Ed è proprio nello sviluppo di questo concetto che la Fabbri crede di scoprire il momento della confluenza con il socialismo. I liberali non sono riusciti a risolvere il problema reale del dominio dell'uomo sull'uomo, accontentandosi di una pura teoria della politica: "la lotta per la libertà dell'uomo non può essere diretta solo contro la tirannia politica, ma deve essere combattuta nello stesso tempo contro il controllo della vita economica da parte d'una casta privilegiata, sia essa composta da capitalisti privati o dai burocrati dello stato proprietario" (S, p. 17). In altri termini, il liberalismo - inteso come metodo di convivenza civile fondato sul libero sviluppo dei singoli - potrà dirsi compiuto quando avrà eliminato i presupposti del dominio economico: secondo la Fabbri, la libera impresa e la proprietà privata. _ in questo senso che la tradizione liberale, nel suo momento più alto, non potrà che confluire nel socialismo, accettando l'idea di una proprietà socializzata e di una libera "associazione che moltiplica all'infinito le proiezioni dello sforzo individuale" (S, p. l3). Questo percorso non è poi molto diverso da quello del liberalismo radicale alla Gobetti e del socialismo liberale alla Rosselli - esperienze sulle quali si sofferma con palese simpatia (AAP, p. 41, MT, pp. 29-30, 42, 44) - con la differenza che, laddove i due insistono sulla razionalizzazione da un lato, e la diminuzione dall'altro, del potere di intervento dello stato nella vita degli uomini, la Fabbri postula, seguendo da presso uno degli interlocutori anarchici privilegiati dei due "martiri", Camillo Berneri, un metodo liberale all'interno di una società senza stato basata sui principi del federalismo libertario. | ||
L'equivoco sul liberalismo nasce storicamente dagli sviluppi ottocenteschi del conflitto tra la società borghese e il socialismo. Il "contenuto classista" dell'azione di riscossa dei movimenti operai non poteva non provocare un "urto" decisivo: ma "tale contenuto è, secondo me, circostanziale" (MT, p. 24), preciserà , accollandone la sopravvivenza soprattutto al perdurare dell'influenza marxista. Tra le due tradizioni restano comunque significative differenze. "Ci sono parole che sentiamo nostre come "socialismo"", scriverà nel 1955, e altre, come "liberalismo", "che stanno a significare solo una eredità da raccogliere e da continuare" (MT, p. 9). Il cuore di Luce è tutto dentro la tradizione socialista; ma non è difficile scorgere, all'interno dei suoi pamphlet scritti tra la fine dei Quaranta e l'inizio dei Cinquanta, un significativo slittamento di enfasi e tono. La frase sopra citata prosegue con un chiarimento: il liberalismo è "una parentela più remota, che diventa importante ora, perché ci aiuta a combattere da un punto di vista attuale lo stato, dato che oggi capitalismo e assolutismo burocratico convergono" (MT, p. 9). ln altre parole, è stata la riflessione sul ruolo e la portata del totalitarismo a portare la Fabbri a ciò che lei stessa ha descritto come "la valorizzazione della tradizione liberale" (MT, p. 8). In questo senso la sua riflessione giunge a cogliere con grande chiarezza ciò che molti anarchici del Novecento, presi nella rete della vulgata marxista, non hanno spesso compreso, cioè che l'anarchismo non è in sé l'antitesi del capitalismo, quanto piuttosto del totalitarismo: "guardando al passato, vediamo che, facendo della libertà il centro delle loro aspirazioni, gli anarchici si sono trovati fin da principio sulle posizioni che sono oggi diametralmente opposte a quelle totalitarie" (MT, p. 46). Il confronto con i regimi nazisti e comunisti ha sbalzato in primo piano ciò che i precedenti conflitti di matrice classista avevano occultato, rivelando la centralità dell'ethos liberale: "il carattere liberale, in senso ampio, dell'anarchismo, risalta assai più oggi, alla luce dell'esperienza totalitaria" (MT, p. 46). | L'equivoco sul liberalismo nasce storicamente dagli sviluppi ottocenteschi del conflitto tra la società borghese e il socialismo. Il "contenuto classista" dell'azione di riscossa dei movimenti operai non poteva non provocare un "urto" decisivo: ma "tale contenuto è, secondo me, circostanziale" (MT, p. 24), preciserà, accollandone la sopravvivenza soprattutto al perdurare dell'influenza marxista. Tra le due tradizioni restano comunque significative differenze. "Ci sono parole che sentiamo nostre come "socialismo"", scriverà nel 1955, e altre, come "liberalismo", "che stanno a significare solo una eredità da raccogliere e da continuare" (MT, p. 9). Il cuore di Luce è tutto dentro la tradizione socialista; ma non è difficile scorgere, all'interno dei suoi pamphlet scritti tra la fine dei Quaranta e l'inizio dei Cinquanta, un significativo slittamento di enfasi e tono. La frase sopra citata prosegue con un chiarimento: il liberalismo è "una parentela più remota, che diventa importante ora, perché ci aiuta a combattere da un punto di vista attuale lo stato, dato che oggi capitalismo e assolutismo burocratico convergono" (MT, p. 9). ln altre parole, è stata la riflessione sul ruolo e la portata del totalitarismo a portare la Fabbri a ciò che lei stessa ha descritto come "la valorizzazione della tradizione liberale" (MT, p. 8). In questo senso la sua riflessione giunge a cogliere con grande chiarezza ciò che molti anarchici del Novecento, presi nella rete della vulgata marxista, non hanno spesso compreso, cioè che l'anarchismo non è in sé l'antitesi del capitalismo, quanto piuttosto del totalitarismo: "guardando al passato, vediamo che, facendo della libertà il centro delle loro aspirazioni, gli anarchici si sono trovati fin da principio sulle posizioni che sono oggi diametralmente opposte a quelle totalitarie" (MT, p. 46). Il confronto con i regimi nazisti e comunisti ha sbalzato in primo piano ciò che i precedenti conflitti di matrice classista avevano occultato, rivelando la centralità dell'ethos liberale: "il carattere liberale, in senso ampio, dell'anarchismo, risalta assai più oggi, alla luce dell'esperienza totalitaria" (MT, p. 46). | ||
===Riflessione incompiuta=== | ===Riflessione incompiuta=== | ||
Luce Fabbri ha quindi colto alcuni dei più importanti elementi dell'anarchismo contemporaneo. D'altro canto il suo schema interpretativo soffre di alcune rigidità , o, volendo usare i suoi termini, della presenza di "un groviglio di falsi idoli, di dilemmi artificiali, di assiomi accettati universalmente" (S, p. 26). Nel caso si tratta - mi pare - della fedeltà a oltranza al modello del comunismo libertario alla Kropotkin, con i suoi corollari dell'avversione verso la proprietà privata e l'insufficiente concettualizzazione degli effetti della cosiddetta" proprietà socializzata". Tuttavia, più che in una sorta di "idolatria" intellettuale, i limiti della proposta fabbriana - che considero ovviamente secondari rispetto agli evidenti pregi - mi sembrano fondarsi soprattutto su due elementi interrelati, il mito della perversione stalinista e una riflessione incompiuta sul totalitarismo. È usuale distinguere tra i momenti iniziali della rivoluzione bolscevica - i soviet, la socializzazione, la democrazia consiliare, eccetera - e le successive perversioni accentratrici del leninismo e dello stalinismo. Così facendo si perdono di vista le linee di continuità nel bolscevismo e la qualità giacobino-totalitaria del complesso della sua vicenda. _ nei dogmi e nei fondamenti dell'ideologia marxista stessa che si annidano i germi dell'antiindividualismo radicale e della "società -massa": l'eliminazione della proprietà privata è solo una delle strategie di fondo del totalitarismo. Luce si è concentrata sugli effetti devastanti della proprietà privata nell'accezione capitalista del termine, proponendo di recidere il male alla radice. E tuttavia il nesso tra collettivizzazione e società totalitaria non è affatto unidirezionale, e neppure casuale. | Luce Fabbri ha quindi colto alcuni dei più importanti elementi dell'anarchismo contemporaneo. D'altro canto il suo schema interpretativo soffre di alcune rigidità, o, volendo usare i suoi termini, della presenza di "un groviglio di falsi idoli, di dilemmi artificiali, di assiomi accettati universalmente" (S, p. 26). Nel caso si tratta - mi pare - della fedeltà a oltranza al modello del comunismo libertario alla Kropotkin, con i suoi corollari dell'avversione verso la proprietà privata e l'insufficiente concettualizzazione degli effetti della cosiddetta" proprietà socializzata". Tuttavia, più che in una sorta di "idolatria" intellettuale, i limiti della proposta fabbriana - che considero ovviamente secondari rispetto agli evidenti pregi - mi sembrano fondarsi soprattutto su due elementi interrelati, il mito della perversione stalinista e una riflessione incompiuta sul totalitarismo. È usuale distinguere tra i momenti iniziali della rivoluzione bolscevica - i soviet, la socializzazione, la democrazia consiliare, eccetera - e le successive perversioni accentratrici del leninismo e dello stalinismo. Così facendo si perdono di vista le linee di continuità nel bolscevismo e la qualità giacobino-totalitaria del complesso della sua vicenda. _ nei dogmi e nei fondamenti dell'ideologia marxista stessa che si annidano i germi dell'antiindividualismo radicale e della "società -massa": l'eliminazione della proprietà privata è solo una delle strategie di fondo del totalitarismo. Luce si è concentrata sugli effetti devastanti della proprietà privata nell'accezione capitalista del termine, proponendo di recidere il male alla radice. E tuttavia il nesso tra collettivizzazione e società totalitaria non è affatto unidirezionale, e neppure casuale. | ||
In altri termini, la lezione del Novecento insegna non solo che il totalitarismo tende di fatto a" socializzare" la proprietà , ma anche che il livellamento della proprietà tende inesorabilmente a incoraggiare forme totalitarie di organizzazione della vita sociale. Trascurare questo elemento ha forse portato la Fabbri a sottovalutare altri elementi dell'ethos liberale - per esempio, una concettualizzazione garantista e "difensiva" della proprietà stessa - che potrebbero trovare una degna collocazione nell'anarchismo stesso. | In altri termini, la lezione del Novecento insegna non solo che il totalitarismo tende di fatto a" socializzare" la proprietà, ma anche che il livellamento della proprietà tende inesorabilmente a incoraggiare forme totalitarie di organizzazione della vita sociale. Trascurare questo elemento ha forse portato la Fabbri a sottovalutare altri elementi dell'ethos liberale - per esempio, una concettualizzazione garantista e "difensiva" della proprietà stessa - che potrebbero trovare una degna collocazione nell'anarchismo stesso. | ||
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==Bibliografia== | ==Bibliografia== | ||
Pietro Adamo, ''[http://www.arivista.org/?nr=250&pag=43.htm La crisi dell'anarchismo e l'ethos liberale. Sul pensiero di Luce Fabbri (intervistata da Cristina Valenti su "A" 247) interviene criticamente Pietro Adamo.]'', in ''[[A/Rivista Anarchica]]'', Editrice A, Milano, anno 28, n.250, dicembre/gennaio 1998/1999 | Pietro Adamo, ''[http://www.arivista.org/?nr=250&pag=43.htm La crisi dell'anarchismo e l'ethos liberale. Sul pensiero di Luce Fabbri (intervistata da Cristina Valenti su "A" 247) interviene criticamente Pietro Adamo.]'', in ''[[A/Rivista Anarchica]]'', Editrice A, Milano, anno 28, n.250, dicembre/gennaio 1998/1999 |