Anarchismo e Politica: La revisione di Berneri: differenze tra le versioni

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Per gli stessi motivi, Berneri sa bene quanto poco possa essere auspicabile la credenza palingenetica nella totale trasformazione sociale dovuta alla rottura rivoluzionaria e persino, altrettanto naturalmente, aborre il retaggio di un'idea di perfezione. Proprio il pragmatismo varrebbe infatti a spingere il movimento anarchico, che dovrebbe essere il meno dottrinario per definizione, ad una prassi di continuo confronto senza rete con la realtà e con il progetto.
Per gli stessi motivi, Berneri sa bene quanto poco possa essere auspicabile la credenza palingenetica nella totale trasformazione sociale dovuta alla rottura rivoluzionaria e persino, altrettanto naturalmente, aborre il retaggio di un'idea di perfezione. Proprio il pragmatismo varrebbe infatti a spingere il movimento anarchico, che dovrebbe essere il meno dottrinario per definizione, ad una prassi di continuo confronto senza rete con la realtà e con il progetto.
Tutto ciò è tanto importante da spingere il lodigiano a mettere nel conto che sarà meno grave un isolamento interno dell'anarchismo innovatore, dovuto all'incomprensione dell'ortodossia libertaria, che un isolamento dell'intero movimento rispetto al resto della società a causa dell'incapacità di rinnovarsi.   
Tutto ciò è tanto importante da spingere il lodigiano a mettere nel conto che sarà meno grave un isolamento interno dell'anarchismo innovatore, dovuto all'incomprensione dell'ortodossia libertaria, che un isolamento dell'intero movimento rispetto al resto della società a causa dell'incapacità di rinnovarsi.   
Tuttavia non esiste il “sofisma” della “verità ”. Se occorre riflettere a trecentosessanta gradi e darsi una rotta, non bisogna neppure dimenticare l'aderenza alla questione fondamentale: il moto di sdegno contro l'ingiustizia. Da ciò, il richiamo al sentimento, all'impeto, alla “bellezza” intrinseca allo spirito rivoluzionario.  
Tuttavia non esiste il “sofisma” della “verità”. Se occorre riflettere a trecentosessanta gradi e darsi una rotta, non bisogna neppure dimenticare l'aderenza alla questione fondamentale: il moto di sdegno contro l'ingiustizia. Da ciò, il richiamo al sentimento, all'impeto, alla “bellezza” intrinseca allo spirito rivoluzionario.  
Quali sono dunque le differenze fra il classico volontarismo malatestiano e l'attualismo berneriano?  
Quali sono dunque le differenze fra il classico volontarismo malatestiano e l'attualismo berneriano?  
Entrambi combattono contro il rivoluzionarismo “general generico”. L'alterità etica vale in entrambi i casi. Ma per il lodigiano il primo richiamo è verso la capacità d'incidere nel mondo e d'essere all'altezza delle situazioni, nonché dell'inevitabile assunzione di responsabilità che questo comporta, onde piegare la politica all'etica. Tutti e due lottano contro il nichilismo e le correnti disgregatrici, tutti e due promuovono un forte senso d'appartenenza, ma in Berneri tale sentimento è “più politico”.
Entrambi combattono contro il rivoluzionarismo “general generico”. L'alterità etica vale in entrambi i casi. Ma per il lodigiano il primo richiamo è verso la capacità d'incidere nel mondo e d'essere all'altezza delle situazioni, nonché dell'inevitabile assunzione di responsabilità che questo comporta, onde piegare la politica all'etica. Tutti e due lottano contro il nichilismo e le correnti disgregatrici, tutti e due promuovono un forte senso d'appartenenza, ma in Berneri tale sentimento è “più politico”.
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L'anarcosindacalismo è per Berneri un elemento di riconoscibilità dell'anarchismo, di sperimentazione della prassi della democrazia diretta, già nel quotidiano della prima fase di costruzione del tessuto connettivo del cambiamento, esattamente come gli altri strumenti per la propaganda specifica, ma con maggiori possibilità d'incidere a partire dall'impatto aggregativo delle vertenze e dalla pratica dei bisogni. Con una strutturazione organizzativa assai più forte, perché più forti sono il legame e la motivazione se non discendono unicamente da elementi di carattere ideologico. Soprattutto grazie alla consapevolezza di divenire gradualmente la base strutturale della riorganizzazione futura. Uno strumento per l'esercizio di un'egemonia reale del mondo del lavoro sui partiti e tutte le nomenclature della politica, operante a mezzo di un'autonomia decisiva anche dallo specifico anarchico (e dalle sue carenze organizzative e chiusure dottrinarie). Cionondimeno, espressione di un socialismo umanista, questo si, di chiaro stampo malatestiano. Nell'ambito di un “sovietismo sociale” capace di nutrirsi non solo dell'apporto dell'associazionismo indipendente, bensì anche delle istituzioni espresse – principalmente sul piano decentrato (ma non solo) – ancora una volta da quella società civile che per il lodigiano va stimolata dall'insieme dell'intervento politico dell'anarchismo nella capacità di darsi strumenti, anche normativi, per un autogoverno che dovrà basarsi su di una prassi libertaria, ma essere politicamente pluralista. La militanza libertaria organizzata, la cui presenza è fondamentale in quanto garante (oggi e domani) della democrazia diretta, non è perciò indirizzata senza consegne tattiche nelle organizzazioni di massa (ovvero con l'unica raccomandazione “frontista” di agire da stimolo per l'azione diretta), bensì deve lavorare alla costruzione di un sindacato autogestionario ben riconoscibile e strutturato.
L'anarcosindacalismo è per Berneri un elemento di riconoscibilità dell'anarchismo, di sperimentazione della prassi della democrazia diretta, già nel quotidiano della prima fase di costruzione del tessuto connettivo del cambiamento, esattamente come gli altri strumenti per la propaganda specifica, ma con maggiori possibilità d'incidere a partire dall'impatto aggregativo delle vertenze e dalla pratica dei bisogni. Con una strutturazione organizzativa assai più forte, perché più forti sono il legame e la motivazione se non discendono unicamente da elementi di carattere ideologico. Soprattutto grazie alla consapevolezza di divenire gradualmente la base strutturale della riorganizzazione futura. Uno strumento per l'esercizio di un'egemonia reale del mondo del lavoro sui partiti e tutte le nomenclature della politica, operante a mezzo di un'autonomia decisiva anche dallo specifico anarchico (e dalle sue carenze organizzative e chiusure dottrinarie). Cionondimeno, espressione di un socialismo umanista, questo si, di chiaro stampo malatestiano. Nell'ambito di un “sovietismo sociale” capace di nutrirsi non solo dell'apporto dell'associazionismo indipendente, bensì anche delle istituzioni espresse – principalmente sul piano decentrato (ma non solo) – ancora una volta da quella società civile che per il lodigiano va stimolata dall'insieme dell'intervento politico dell'anarchismo nella capacità di darsi strumenti, anche normativi, per un autogoverno che dovrà basarsi su di una prassi libertaria, ma essere politicamente pluralista. La militanza libertaria organizzata, la cui presenza è fondamentale in quanto garante (oggi e domani) della democrazia diretta, non è perciò indirizzata senza consegne tattiche nelle organizzazioni di massa (ovvero con l'unica raccomandazione “frontista” di agire da stimolo per l'azione diretta), bensì deve lavorare alla costruzione di un sindacato autogestionario ben riconoscibile e strutturato.
In quanto all'empiriocriticismo, esiste invece un rapporto stretto con Malatesta, anche se Berneri porterà più avanti il discorso, fino alle estreme conseguenze, e con evidenti e ben diverse ricadute – come abbiamo già visto – sulla questione della politica. Scrive in proposito Pietro Adamo: “È il radicamento delle elaborazioni politiche nella sfera dell'epistemologia a costituire uno degli elementi dell'originalità berneriana, con una riflessione che (...) muove direttamente dai problemi posti dalla nuova fisica e dalla nuova filosofia della scienza.
In quanto all'empiriocriticismo, esiste invece un rapporto stretto con Malatesta, anche se Berneri porterà più avanti il discorso, fino alle estreme conseguenze, e con evidenti e ben diverse ricadute – come abbiamo già visto – sulla questione della politica. Scrive in proposito Pietro Adamo: “È il radicamento delle elaborazioni politiche nella sfera dell'epistemologia a costituire uno degli elementi dell'originalità berneriana, con una riflessione che (...) muove direttamente dai problemi posti dalla nuova fisica e dalla nuova filosofia della scienza.
(...) Prendere atto dell'impossibilità di giungere a ‘verità ‘definite conduce ovviamente alla valorizzazione della tolleranza, della controversia e del dibattito, come vie per evitare le cadute nel dogmatismo e nell'assolutezza dottrinaria e per progredire lungo la strada della conoscenza. Ed è proprio a partire da questa prospettiva che Berneri tenterà di concettualizzare la sua ‘rivisitazione‘ dell'anarchismo, caratterizzandolo come la filosofia politica più adeguata a esprimere le ragioni e le suggestioni che emergevano dalla scienza (...)” (...).
(...) Prendere atto dell'impossibilità di giungere a ‘verità’ definite conduce ovviamente alla valorizzazione della tolleranza, della controversia e del dibattito, come vie per evitare le cadute nel dogmatismo e nell'assolutezza dottrinaria e per progredire lungo la strada della conoscenza. Ed è proprio a partire da questa prospettiva che Berneri tenterà di concettualizzare la sua ‘rivisitazione‘ dell'anarchismo, caratterizzandolo come la filosofia politica più adeguata a esprimere le ragioni e le suggestioni che emergevano dalla scienza (...)” (...).
Ed ecco, a seguire, il legame epistemologico con Malatesta. Questi, infatti, non solo consentì ed incoraggiò la sperimentazione berneriana perché – nonostante l'intransigenza “anti-politica” – era nel profondo intrinsecamente tollerante e “fidente” nel valore positivo della controversia e del dibattito, ma soprattutto perché lui stesso aveva iniziato dapprima un percorso epistemologico parallelo (che, pur giunto infine all'importante istanza gradualista, non riuscirà a concludersi con i risultati d'impatto politico prodotti da Berneri): “La riflessione di Berneri si situa in un momento storico (gli anni Venti e Trenta del Novecento) in cui gli argomenti degli empiristi radicali e degli empiriocriticisti sono divenuti uno dei principali strumenti dell'attacco alla concezione positivistica della scienza ma anche della politica. La critica dello ‘scientificismo‘, elaborata e divulgata in Italia soprattutto dai pensatori idealisti (Croce primo fra tutti), viene ripresa anche da parte dell'intellighenzia anarchica, in particolare da Malatesta. Quest'ultimo ammette di esser stato in gioventù ‘sotto l'influenza dell'allora prevalente filosofia positivista‘ e di esser caduto, per questo motivo, ‘nella contraddizione in cui si dibattono tutti i cosiddetti deterministi‘, accettando in particolare una visione organicistica del corpo sociale e la fede in una ‘legge sociale‘ analoga, per sua natura, alle leggi naturali. Sottrattosi poi al nefasto ascendente ‘dei sociologi organicisti e dei pregiudizi scientificisti‘, Malatesta giunge a una posizione che, di fatto, è assimilabile non tanto – e non solo – alla posizione idealista, quanto piuttosto alle versioni critiche del valore della scienza a suo tempo proposte da un matematico-scienziato come Jules-Henri Poincaré, e poi riprese e sviluppate nell'ambito del cosiddetto Circolo di Vienna, per non dire delle considerazioni sulla natura fallibile della scienza articolate nel corso degli anni Trenta da Karl Popper in confronto critico, se non in aperto scontro, con gli stessi positivisti logici e con l'impostazione convenzionalistica” (...).
Ed ecco, a seguire, il legame epistemologico con Malatesta. Questi, infatti, non solo consentì ed incoraggiò la sperimentazione berneriana perché – nonostante l'intransigenza “anti-politica” – era nel profondo intrinsecamente tollerante e “fidente” nel valore positivo della controversia e del dibattito, ma soprattutto perché lui stesso aveva iniziato dapprima un percorso epistemologico parallelo (che, pur giunto infine all'importante istanza gradualista, non riuscirà a concludersi con i risultati d'impatto politico prodotti da Berneri): “La riflessione di Berneri si situa in un momento storico (gli anni Venti e Trenta del Novecento) in cui gli argomenti degli empiristi radicali e degli empiriocriticisti sono divenuti uno dei principali strumenti dell'attacco alla concezione positivistica della scienza ma anche della politica. La critica dello ‘scientificismo‘, elaborata e divulgata in Italia soprattutto dai pensatori idealisti (Croce primo fra tutti), viene ripresa anche da parte dell'intellighenzia anarchica, in particolare da Malatesta. Quest'ultimo ammette di esser stato in gioventù ‘sotto l'influenza dell'allora prevalente filosofia positivista‘ e di esser caduto, per questo motivo, ‘nella contraddizione in cui si dibattono tutti i cosiddetti deterministi‘, accettando in particolare una visione organicistica del corpo sociale e la fede in una ‘legge sociale‘ analoga, per sua natura, alle leggi naturali. Sottrattosi poi al nefasto ascendente ‘dei sociologi organicisti e dei pregiudizi scientificisti‘, Malatesta giunge a una posizione che, di fatto, è assimilabile non tanto – e non solo – alla posizione idealista, quanto piuttosto alle versioni critiche del valore della scienza a suo tempo proposte da un matematico-scienziato come Jules-Henri Poincaré, e poi riprese e sviluppate nell'ambito del cosiddetto Circolo di Vienna, per non dire delle considerazioni sulla natura fallibile della scienza articolate nel corso degli anni Trenta da Karl Popper in confronto critico, se non in aperto scontro, con gli stessi positivisti logici e con l'impostazione convenzionalistica” (...).
Infine, quale fu il rapporto fra diretto fra Malatesta e Berneri? Le posizioni del lodigiano non hanno mai portato ad uno “scontro” aperto con Malatesta, che pare invece aver sempre avuto grande considerazione ed affetto per il giovane, indubbiamente considerato più che una promessa per il movimento. E la grande stima era certo ricambiata. Non è mai stata esercitata alcuna “censura” verso Berneri fino a che l'anarchico di Santa Maria Capua Vetere e Luigi Fabbri sono stati in vita.
Infine, quale fu il rapporto fra diretto fra Malatesta e Berneri? Le posizioni del lodigiano non hanno mai portato ad uno “scontro” aperto con Malatesta, che pare invece aver sempre avuto grande considerazione ed affetto per il giovane, indubbiamente considerato più che una promessa per il movimento. E la grande stima era certo ricambiata. Non è mai stata esercitata alcuna “censura” verso Berneri fino a che l'anarchico di Santa Maria Capua Vetere e Luigi Fabbri sono stati in vita.
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