Testimonianza sul campo di concentramento di Renicci d'Anghiari: differenze tra le versioni

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Ricordo con dispiacere un tentativo di evasione del mio compagno [[Arturo Messinese]] fallito per un casuale incontro con un gruppo di nostri guardiani che rientravano in stazione dopo essersi allontanati temporaneamente. Lungo tutto il viaggio, nelle soste delle varie stazioni i nostri inviti alla lotta contro il [[Fascismo|fascismo]] incontrarono lo stupore e l’indecisione popolare. Fu ad Arezzo che notammo una diffusa e simpatica comprensione solidale da parte di centinaia di persone che si trovavano in quella stazione. Fu qui che vedemmo per l’ultima volta il compagno Zambonini. Era stato un forte e deciso militante, ferito nella [[la Rivoluzione spagnola (1936-39)|guerra di Spagna]] ed ospite, con noi, nell’isola di Ventotene durante la seconda guerra mondiale.
Ricordo con dispiacere un tentativo di evasione del mio compagno [[Arturo Messinese]] fallito per un casuale incontro con un gruppo di nostri guardiani che rientravano in stazione dopo essersi allontanati temporaneamente. Lungo tutto il viaggio, nelle soste delle varie stazioni i nostri inviti alla lotta contro il [[Fascismo|fascismo]] incontrarono lo stupore e l’indecisione popolare. Fu ad Arezzo che notammo una diffusa e simpatica comprensione solidale da parte di centinaia di persone che si trovavano in quella stazione. Fu qui che vedemmo per l’ultima volta il compagno Zambonini. Era stato un forte e deciso militante, ferito nella [[la Rivoluzione spagnola (1936-39)|guerra di Spagna]] ed ospite, con noi, nell’isola di Ventotene durante la seconda guerra mondiale.


=== “Sparate vigliacchi!” ===
=== “Sparate vigliacchi!===
   
   
Alla partenza da Ventotene, di fronte alle nostre proteste per la mancata liberazione c’era stato promesso che saremmo stati liberati nei giorni seguenti, in terra ferma. Il compagno Zambonini alla stazione di Arezzo si rifiutò di proseguire per il campo di concentramento, perciò venne condotto in carcere. Dopo, durante la resistenza, sarà  fucilato dai nazifasciti nel poligono di Reggio Emilia.  
Alla partenza da Ventotene, di fronte alle nostre proteste per la mancata liberazione c’era stato promesso che saremmo stati liberati nei giorni seguenti, in terra ferma. Il compagno Zambonini alla stazione di Arezzo si rifiutò di proseguire per il campo di concentramento, perciò venne condotto in carcere. Dopo, durante la resistenza, sarà  fucilato dai nazifasciti nel poligono di Reggio Emilia.  
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Arrivati, sull’imbrunire, alla stazione di Anghiari fummo ricevuti da alcune centinaia di carabinieri e soldati ai quali sentimmo distintamente rivolgere dai loro ufficiali l’ordine di caricare le armi. Protestammo energicamente.  
Arrivati, sull’imbrunire, alla stazione di Anghiari fummo ricevuti da alcune centinaia di carabinieri e soldati ai quali sentimmo distintamente rivolgere dai loro ufficiali l’ordine di caricare le armi. Protestammo energicamente.  


In un alterco con gli ufficiali che ci insolentivano minacciando fucilazioni, i compagni [[Marcello Bianconi]] e [[Arturo Messinese]] gridarono: “''Sparate vigliacchi!''”. Perciò furono immediatamente condotti in cella di sicurezza. Così ebbe inizio la nostra agitazione contro il regime interno del campo di concentramento.  
In un alterco con gli ufficiali che ci insolentivano minacciando fucilazioni, i compagni [[Marcello Bianconi]] e [[Arturo Messinese]] gridarono: “''Sparate vigliacchi!''. Perciò furono immediatamente condotti in cella di sicurezza. Così ebbe inizio la nostra agitazione contro il regime interno del campo di concentramento.  


Questo era stato fino ad allora uno dei peggiori del genere. I prigionieri erano in massima parte partigiani jugoslavi e con essi erano centinaia di minorenni e ragazzi di pochi anni. Il regime alimentare era stato sempre più scarso e pessimo; centinaia di internati, specialmente bambini e ragazzi erano morti a causa del pessimo trattamento. In cambio la sorveglianza era feroce e bestiale. Guardavano i prigionieri centinaia di soldati e carabinieri, richiamati, quest’ultimi, dalle regioni Toscana e limitrofe. Il comandante in seconda, maggiore Fiorenzuoli, ed il tenente Panzacchi si distinguevano per i loro arbitrii. Era perfino proibito che gli internati delle varie sezioni in cui era diviso il campo si avvicinassero alle reti metalliche divisorie per conversare reciprocamente. Il mattino seguente il nostro arrivo i nostri aguzzini fecero una dimostrazione di forza. Le minacce degli ufficiali rivolte a noi con lo spiegamento dei picchetti armati seguendo l’arresto dei compagni [[MarcelloBianconi|Bianconi]] e [[Arturo Messinese|Messinese]] volevano conseguire lo scopo di intimidirci e renderci alla loro mercé. Costituivamo, insieme ai compagni reduci dalle lotte combattute nell’esilio in [[Spagna]], l’aggrupamento più provato dalle lotte che in [[carcere]] e al confino ci erano costate ulteriori condanne ad anni di carcere e di confino supplementari, oltre che la vita di parecchi compagni, per difendere la nostra dignità  umana dagli arbitrii della milizia e della polizia fasciste. E l’odore di polvere era per noi un maggiore incentivo a non desistere dalla lotta iniziata contro gli aguzzini del campo di concentramento di Renicci di Anghiari. Reclamammo [[libertà ]] di comunicazione tra i prigionieri dei vari settori, la cessazione degli arbitrii perpetrati specialmente dal tenente Panzacchi coadiuvato da alcuni soldati come lui dichiaratamente fascisti. E il ritorno tra noi dei compagni [[Marcello Bianconi|Bianconi]] e [[Arturo Messinese|Messinese]]. Dopo alcuni giorni di dure schermaglie il comandante del campo, il colonnello Pistone, decise di togliere il divieto di intercomunicazione tra i prigionieri dei vari raggi ed ai ragazzi fu raddoppiata la razione alimentare che era costituita da qualche centinaio di grammi di pane e di poca minestra, alternativamente di carota o di patate non sbucciate e di acqua pompata direttamente dal sottostante fiume Tevere, che provocava epidemie di coliti e dissenteria.  
Questo era stato fino ad allora uno dei peggiori del genere. I prigionieri erano in massima parte partigiani jugoslavi e con essi erano centinaia di minorenni e ragazzi di pochi anni. Il regime alimentare era stato sempre più scarso e pessimo; centinaia di internati, specialmente bambini e ragazzi erano morti a causa del pessimo trattamento. In cambio la sorveglianza era feroce e bestiale. Guardavano i prigionieri centinaia di soldati e carabinieri, richiamati, quest’ultimi, dalle regioni Toscana e limitrofe. Il comandante in seconda, maggiore Fiorenzuoli, ed il tenente Panzacchi si distinguevano per i loro arbitrii. Era perfino proibito che gli internati delle varie sezioni in cui era diviso il campo si avvicinassero alle reti metalliche divisorie per conversare reciprocamente. Il mattino seguente il nostro arrivo i nostri aguzzini fecero una dimostrazione di forza. Le minacce degli ufficiali rivolte a noi con lo spiegamento dei picchetti armati seguendo l’arresto dei compagni [[MarcelloBianconi|Bianconi]] e [[Arturo Messinese|Messinese]] volevano conseguire lo scopo di intimidirci e renderci alla loro mercé. Costituivamo, insieme ai compagni reduci dalle lotte combattute nell’esilio in [[Spagna]], l’aggrupamento più provato dalle lotte che in [[carcere]] e al confino ci erano costate ulteriori condanne ad anni di carcere e di confino supplementari, oltre che la vita di parecchi compagni, per difendere la nostra dignità  umana dagli arbitrii della milizia e della polizia fasciste. E l’odore di polvere era per noi un maggiore incentivo a non desistere dalla lotta iniziata contro gli aguzzini del campo di concentramento di Renicci di Anghiari. Reclamammo [[libertà ]] di comunicazione tra i prigionieri dei vari settori, la cessazione degli arbitrii perpetrati specialmente dal tenente Panzacchi coadiuvato da alcuni soldati come lui dichiaratamente fascisti. E il ritorno tra noi dei compagni [[Marcello Bianconi|Bianconi]] e [[Arturo Messinese|Messinese]]. Dopo alcuni giorni di dure schermaglie il comandante del campo, il colonnello Pistone, decise di togliere il divieto di intercomunicazione tra i prigionieri dei vari raggi ed ai ragazzi fu raddoppiata la razione alimentare che era costituita da qualche centinaio di grammi di pane e di poca minestra, alternativamente di carota o di patate non sbucciate e di acqua pompata direttamente dal sottostante fiume Tevere, che provocava epidemie di coliti e dissenteria.  
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