Discorso a Bujaraloz (di Buenaventura Durruti)

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Buenaventura Durruti in "divisa" da combattimento

Discorso di Buenaventura Durruti agli integrati della Colonna Durruti a Bujaraloz, tra la fine di luglio e l'inizio dell'agosto del 1936, di fronte alla nuova ritirata disorganizzata subito dopo i primi tentativi di conquistare Pina del Ebro e Osera, a partire dal 27 luglio 1936.

Discorso di B. Durruti Bujaraloz

Amici, nessuno è entrato in questa Colonna forzatamente. È ognuno di voi ad aver scelto liberamente la propria sorte, e la sorte della prima Colonna della CNT e della Federazione Anarchica Iberica è molto ingrata. Garcia Oliver lo annunciò per radio a Barcellona: “saliamo verso Argon a conquistare Saragozza o a lasciare la vita nel tentativo”. Io ripeto la medesima cosa: “Piuttosto che indietreggiare, meglio morire”. Saragozza è nelle mani dei fascisti, e lì si incontrano centinaia, migliaia di operai sotto la minaccia dei cannoni, che possono essere sterminati in ogni momento causando il decesso dei nostri fratelli. Perché siamo arrivati da Barcellona, se non per liberarli? Loro ci sperano e noi, davanti al primo attacco nemico scappiamo a correre. Bella maniera di mostrare al mondo e ai nostri compagni il coraggio degli anarchici che si intimoriscono di fronte davanti a tre aerei.

La borghesia non ci permetterà di instaurare il comunismo libertario semplicemente perché queste è il nostro desiderio. L'unico modo che abbiamo per impiantare il comunismo libertario è distruggendo la borghesia. Il cammino del nostro ideale è sicuro, però bisogna seguirlo con coraggio. I contadini che abbiamo portato nelle nostre fila e che hanno cominciato a mettere in pratica le nostre teorie, lo hanno fatto prendendo i nostri fucili come garanzia del raccolto. Se lasciamo il cammino libero al nemico, vuol dire che queste iniziative, conquistate dai contadini, sono inutili, e quello che è peggio, i vincitori gli faranno pagare la loro audacia assassinandoli. È questo e non altro l'animo della nostra lotta. Lotta ingrata che non si rassomiglia a nessuna di quelle che abbiamo fatto sino ad ora. Quello che abbiamo passato oggi non è che una semplice avvertenza. Adesso la lotta inizia veramente. Ci rovesceranno addosso tonnellate di proiettili e cercheremo di difenderci con bombe a mano e perfino con i coltelli. Nella misura in cui il nemico si sente cercato ci morderà come una bestia accerchiata e ci morderà duramente. Ma non si è arrivati ancora a questo punto e adesso si batte per non cadere sotto il peso delle nostre armi, e in più, conta nell'appoggio di Germania e Italia, mentre noialtri contiamo nient'altro che nella nostra fede, nel nostro ideale, ma contro questa fede si sono rotti i denti tutte le repressioni e oggi se li dovrà rompere anche il fascismo.

Noi contiamo a nostro favore la vittoria che abbiamo conseguito a Barcellona e dobbiamo approfittare con rapidità di questo vantaggio, perché se non ne approfittiamo il nemico, rifornito dai tedeschi e dagli italiani, sarà più forte di noi e ci imporrà la dura legge del vincitore. La nostra vittoria dipende dalla rapidità della nostra azione. Quanto più prontamente attacchiamo, più possibilità abbiamo di trionfo. Fino a questo momento, la vittoria sta dalla nostra parte, ma non si consoliderà se non conquistiamo immediatamente Saragozza. Questa mattina non può ripetersi dopo oggi. Nelle fila della CNT e della Federazione Anarchica Iberica non ci sono codardi. Non vogliamo tra la nostra gente chi si spaventa di fronte ai primi spari... A quelli che oggi sono scappati impedendo alla Colonna di avanzare, io dico che abbiano il coraggio di lasciare cadere il fucile perché sia impugnato da altra mano più ferma. Quello che persiste, proseguire la nostra marcia. Conquisteremo Saragozza, libereremo i lavoratori di Pamplona, e ci daremo la mano con i nostri compagni minatori delle Asturie e vinceremo, dando al nostro paese un nuovo mondo. E a quelli che ritornano, da questi combattimenti, io domando che dicano niente di quello che è successo oggi... perché siamo colmi di vergogna.

Vedi anche: Agli operai russi (di Buenaventura Durruti)


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