Zemlja i Volja: differenze tra le versioni

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Il sostanziale fallimento della propaganda nelle campagne portò Zemlja i Volja a spostare il proprio interesse verso le città, dove si susseguivano gli [[sciopero|scioperi]] degli operai e degli studenti. [[German Aleksandrovič Lopatin|Lopatin]], un importante membro del gruppo, sviluppò un'idea di «lotta politica», appoggiata sugli operai delle città, che si poneva obiettivi politici intermedi - la promulgazione di una nuova Costituzione e la conquista dei fondamentali diritti democratici - del tutto estranee alle idee [[Bakunin|bakuniste]]. Alcuni individuarono nella radicalizzazione della [[violenza]] lo strumento idoneo alla lotta contro l'[[autocrazia]] zarista, necessaria anche come premessa alla lotta sociale nelle campagne, proponendo di attuare una vera e propria pratica del terrore, che prevedeva «l'eliminazione sistematica delle personalità  più pericolose o più autorevoli del governo e, in generale, di coloro che, in un modo o nell'altro, mantengono in piedi l'odiato regime»,<ref>''Revoljutsionnoe nrodničestvo 70-ch godov XIX veka'' (Il populismo rivoluzionario degli anni 70 del XIX secolo), Mosca-Leningrado 1965, II, p. 33</ref>. I primi attentati degli ''zemlevoltsy'' ebbero più che altro un carattere propagandistico, poi il [[24 gennaio]] [[1878]] ci fu una svolta: [[Vera Zasulic]] sparò, ferendolo, il governatore Trepov, che aveva fatto frustare un detenuto.  
Il sostanziale fallimento della propaganda nelle campagne portò Zemlja i Volja a spostare il proprio interesse verso le città, dove si susseguivano gli [[sciopero|scioperi]] degli operai e degli studenti. [[German Aleksandrovič Lopatin|Lopatin]], un importante membro del gruppo, sviluppò un'idea di «lotta politica», appoggiata sugli operai delle città, che si poneva obiettivi politici intermedi - la promulgazione di una nuova Costituzione e la conquista dei fondamentali diritti democratici - del tutto estranee alle idee [[Bakunin|bakuniste]]. Alcuni individuarono nella radicalizzazione della [[violenza]] lo strumento idoneo alla lotta contro l'[[autocrazia]] zarista, necessaria anche come premessa alla lotta sociale nelle campagne, proponendo di attuare una vera e propria pratica del terrore, che prevedeva «l'eliminazione sistematica delle personalità  più pericolose o più autorevoli del governo e, in generale, di coloro che, in un modo o nell'altro, mantengono in piedi l'odiato regime»,<ref>''Revoljutsionnoe nrodničestvo 70-ch godov XIX veka'' (Il populismo rivoluzionario degli anni 70 del XIX secolo), Mosca-Leningrado 1965, II, p. 33</ref>. I primi attentati degli ''zemlevoltsy'' ebbero più che altro un carattere propagandistico, poi il [[24 gennaio]] [[1878]] ci fu una svolta: [[Vera Zasulic]] sparò, ferendolo, il governatore Trepov, che aveva fatto frustare un detenuto.  
Durante il processo a suo carico, [[Vera Zasulic]], giustificò il gesto con la necessità <ref>''Protcess Veri Zasulič'' (Il processo di Vera Zasulič), 1906, p. 49</ref> «di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica su questo crimine e di mettere un argine alla continua profanazione della dignità  umana». Alla fine del processo la Zasulic fu assolta. La stessa giustificazione diede Maria Kolenkina, arrestata il [[12 dicembre]], e S. N. Bobochov, nel [[1879]], che al processo spiegò: «Non avevo nessuna intenzione di uccidere o ferire, o per meglio dire, mi era del tutto indifferente. Ho sparato solo perché, facendo fuoco, avevo modo di esprimere apertamente la mia protesta contro i crimini del governo». <ref>Citato in V. A. Tvardovskaja, cit., p. 22</ref>
Durante il processo a suo carico, [[Vera Zasulic]], giustificò il gesto con la necessità <ref>''Protcess Veri Zasulič'' (Il processo di Vera Zasulič), 1906, p. 49</ref> «di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica su questo crimine e di mettere un argine alla continua profanazione della dignità  umana». Alla fine del processo la Zasulic fu assolta. La stessa giustificazione diede Maria Kolenkina, arrestata il [[12 dicembre]], e S. N. Bobochov, nel [[1879]], che al processo spiegò: «Non avevo nessuna intenzione di uccidere o ferire, o per meglio dire, mi era del tutto indifferente. Ho sparato solo perché, facendo fuoco, avevo modo di esprimere apertamente la mia protesta contro i crimini del governo». <ref>Citato in V. A. Tvardovskaja, cit., p. 22</ref>
[[File:Vera Zasulic 2.jpg|thumb|right|170px|[[Vera Zasulic|Vera Ivanovna Zasulič]]]]
[[File:Vera Zasulic 2.jpg|thumb|right|170px|[[Vera Zasulic|Vera Ivanovna Zasulič]]]]
Come detto, l'attentato della [[Vera Zasulic|Zasulič]] comportò una svolta [[violenza|violenta]] del movimento populista, che inizialmente si diffuse soprattutto nel sud dell'Impero zarista: a Odessa, il [[30 gennaio]], i ''sadovtsy'' <ref>Dal nome dell'appartamento di via Sadova, in cui si riunivano alcuni militanti di Zemlja i Volja</ref> di [[Ivan Kovalskij]] resistettero con le armi all'arresto. Condannato a morte il [[2 agosto]] [[1878]], Kovalskij prima dell'esecuzione spiegò le motivazioni della sua scelta in favore della lotta armata: profondamente deluso dal fallimento dell'attività  propagandistica, scrisse che occorreva «cercare di legarsi al popolo sul terreno dei fatti, e non nutrirlo con favole [...] questi tentativi non sono sempre coronati da successo, ma il loro rapido susseguirsi dimostra che si è già  creata l'atmosfera rivoluzionaria adatta perché le nostre parole e le nostre idee si trasformino in realtà» <ref>''Il populismo rivoluzionario degli anni 70'', cit., p. 83</ref>; nel manifesto ''La voce degli uomini onesti'', esaltò il gesto della Zasulič ma al contempo segnò un certo distacco dall'[[Bakunin|anarchismo bakuniano]]. Anche il circolo fondato a Kiev alla fine del [[1877]] da V. A. Osinskij e D. A. Lizogub - che si proclamò nel febbraio del [[1878]] «Comitato esecutivo del partito social-rivoluzionario» -, era solito diffondere volantini [[insurrezionalismo|insurrezionalisti]], oltre che organizzare attentati contro funzionari dello [[Stato]] e informatori della polizia; essi sostenevano sempre e comunque che occorreva «andare al popolo, studiare le condizioni locali, sfruttare ogni malcontento, incitare il popolo alla protesta [...] ricorrere al terrore contro gli elementi più invisi al popolo». <ref>Secondo il rapporto dell'infiltrato F. Kuritsin, in ''Il populismo rivoluzionario degli anni 70'', cit., p. 118</ref>
Come detto, l'attentato della [[Vera Zasulic|Zasulič]] comportò una svolta [[violenza|violenta]] del movimento populista, che inizialmente si diffuse soprattutto nel sud dell'Impero zarista: a Odessa, il [[30 gennaio]], i ''sadovtsy'' <ref>Dal nome dell'appartamento di via Sadova, in cui si riunivano alcuni militanti di Zemlja i Volja</ref> di [[Ivan Kovalskij]] resistettero con le armi all'arresto. Condannato a morte il [[2 agosto]] [[1878]], Kovalskij prima dell'esecuzione spiegò le motivazioni della sua scelta in favore della lotta armata: profondamente deluso dal fallimento dell'attività  propagandistica, scrisse che occorreva «cercare di legarsi al popolo sul terreno dei fatti, e non nutrirlo con favole [...] questi tentativi non sono sempre coronati da successo, ma il loro rapido susseguirsi dimostra che si è già  creata l'atmosfera rivoluzionaria adatta perché le nostre parole e le nostre idee si trasformino in realtà» <ref>''Il populismo rivoluzionario degli anni 70'', cit., p. 83</ref>; nel manifesto ''La voce degli uomini onesti'', esaltò il gesto della Zasulič ma al contempo segnò un certo distacco dall'[[Bakunin|anarchismo bakuniano]]. Anche il circolo fondato a Kiev alla fine del [[1877]] da V. A. Osinskij e D. A. Lizogub - che si proclamò nel febbraio del [[1878]] «Comitato esecutivo del partito social-rivoluzionario» -, era solito diffondere volantini [[insurrezionalismo|insurrezionalisti]], oltre che organizzare attentati contro funzionari dello [[Stato]] e informatori della polizia; essi sostenevano sempre e comunque che occorreva «andare al popolo, studiare le condizioni locali, sfruttare ogni malcontento, incitare il popolo alla protesta [...] ricorrere al terrore contro gli elementi più invisi al popolo». <ref>Secondo il rapporto dell'infiltrato F. Kuritsin, in ''Il populismo rivoluzionario degli anni 70'', cit., p. 118</ref>
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