Zemlja i Volja: differenze tra le versioni

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[[File:Vera Zasulic 2.jpg|thumb|right|170px|[[Vera Zasulic|Vera Ivanovna Zasulič]]]]
[[File:Vera Zasulic 2.jpg|thumb|right|170px|[[Vera Zasulic|Vera Ivanovna Zasulič]]]]
Come detto, l'attentato della [[Vera Zasulic|Zasulič]] comportò una svolta [[violenza|violenta]] del movimento populista, che inizialmente si diffuse soprattutto nel sud dell'Impero zarista: a Odessa, il [[30 gennaio]], i ''sadovtsy'' <ref>Dal nome dell'appartamento di via Sadova, in cui si riunivano alcuni militanti di Zemlja i Volja</ref> di [[Ivan Kovalskij]] resistettero con le armi all'arresto. Condannato a morte il [[2 agosto]] [[1878]], Kovalskij prima dell'esecuzione spiegò le motivazioni della sua scelta in favore della lotta armata: profondamente deluso dal fallimento dell'attività propagandistica, scrisse che occorreva «cercare di legarsi al popolo sul terreno dei fatti, e non nutrirlo con favole [...] questi tentativi non sono sempre coronati da successo, ma il loro rapido susseguirsi dimostra che si è già creata l'atmosfera rivoluzionaria adatta perché le nostre parole e le nostre idee si trasformino in realtà» <ref>''Il populismo rivoluzionario degli anni 70'', cit., p. 83</ref>; nel manifesto ''La voce degli uomini onesti'', esaltò il gesto della Zasulič ma al contempo segnò un certo distacco dall'[[Bakunin|anarchismo bakuniano]]. Anche il circolo fondato a Kiev alla fine del [[1877]] da V. A. Osinskij e D. A. Lizogub - che si proclamò nel febbraio del [[1878]] «Comitato esecutivo del partito social-rivoluzionario» -, era solito diffondere volantini [[insurrezionalismo|insurrezionalisti]], oltre che organizzare attentati contro funzionari dello [[Stato]] e informatori della polizia; essi sostenevano sempre e comunque che occorreva «andare al popolo, studiare le condizioni locali, sfruttare ogni malcontento, incitare il popolo alla protesta [...] ricorrere al terrore contro gli elementi più invisi al popolo». <ref>Secondo il rapporto dell'infiltrato F. Kuritsin, in ''Il populismo rivoluzionario degli anni 70'', cit., p. 118</ref>
Come detto, l'attentato della [[Vera Zasulic|Zasulič]] comportò una svolta [[violenza|violenta]] del movimento populista, che inizialmente si diffuse soprattutto nel sud dell'Impero zarista: a Odessa, il [[30 gennaio]], i ''sadovtsy'' <ref>Dal nome dell'appartamento di via Sadova, in cui si riunivano alcuni militanti di Zemlja i Volja</ref> di [[Ivan Kovalskij]] resistettero con le armi all'arresto. Condannato a morte il [[2 agosto]] [[1878]], Kovalskij prima dell'esecuzione spiegò le motivazioni della sua scelta in favore della lotta armata: profondamente deluso dal fallimento dell'attività propagandistica, scrisse che occorreva «cercare di legarsi al popolo sul terreno dei fatti, e non nutrirlo con favole [...] questi tentativi non sono sempre coronati da successo, ma il loro rapido susseguirsi dimostra che si è già creata l'atmosfera rivoluzionaria adatta perché le nostre parole e le nostre idee si trasformino in realtà» <ref>''Il populismo rivoluzionario degli anni 70'', cit., p. 83</ref>; nel manifesto ''La voce degli uomini onesti'', esaltò il gesto della Zasulič ma al contempo segnò un certo distacco dall'[[Bakunin|anarchismo bakuniano]]. Anche il circolo fondato a Kiev alla fine del [[1877]] da V. A. Osinskij e D. A. Lizogub - che si proclamò nel febbraio del [[1878]] «Comitato esecutivo del partito social-rivoluzionario» -, era solito diffondere volantini [[insurrezionalismo|insurrezionalisti]], oltre che organizzare attentati contro funzionari dello [[Stato]] e informatori della polizia; essi sostenevano sempre e comunque che occorreva «andare al popolo, studiare le condizioni locali, sfruttare ogni malcontento, incitare il popolo alla protesta [...] ricorrere al terrore contro gli elementi più invisi al popolo». <ref>Secondo il rapporto dell'infiltrato F. Kuritsin, in ''Il populismo rivoluzionario degli anni 70'', cit., p. 118</ref>
[[File:Vera Figner.JPG|140 px|left|thumb|[[Vera Figner]]]]
[[File:Vera Figner.JPG|150px|left|thumb|[[Vera Figner]]]]
Gli altri movimenti, rappresentati da numerosi giornali come il ''[[Nabat]]'' (La campana a stormo) di Tkačëv, l'<nowiki></nowiki>''Obščee delo'' (La causa comune), il ''Letučij listok'' (Il foglio volante) di [[Nikolaj Konstantinovič Michajlovskij]] ([[1842]]-[[1904]]) e l'<nowiki></nowiki>''[[obščina|Obščina]]'' (La comune) di [[Michail Dragomanov]] ([[1841]]-[[1895]]), salutarono con gioia la svolta di Zemlja i Voljia, auspicando in alcuni casi la conquista della Costituzione e dei più elementari diritti civili e politici. Diversa fu la posizione dell'anarchico [[Sergej Michajlovic Kravčinskij]], il quale, rivendicando l'uccisione, il [[4 agosto]] [[1878]] a Pietroburgo, del dirigente di polizia Mezenzov, nel suo opuscolo ''Smert za smert'' (Morte per morte) scriveva che era «assolutamente indifferente che ci diate o no la Costituzione», anche se poi aggiungeva che la lotta sarebbe dovuta proseguire sino a quando «il governo si ostinerà a mantenere in vita l'attuale sistema» e non avesse concesso riforme politiche, la [[libertà]] di stampa e di opinione. <ref>S. M. Kravčinski, ''Smert za smert'', Pietrogrado 1924</ref>. Per lui la [[violenza]] era un mezzo e non un fine a se stesso, e doveva consistere nella conquista delle libertà politiche che l'[[autocrazia]] zarista negava al suo popolo.
Gli altri movimenti, rappresentati da numerosi giornali come il ''[[Nabat]]'' (La campana a stormo) di Tkačëv, l'<nowiki></nowiki>''Obščee delo'' (La causa comune), il ''Letučij listok'' (Il foglio volante) di [[Nikolaj Konstantinovič Michajlovskij]] ([[1842]]-[[1904]]) e l'<nowiki></nowiki>''[[obščina|Obščina]]'' (La comune) di [[Michail Dragomanov]] ([[1841]]-[[1895]]), salutarono con gioia la svolta di Zemlja i Voljia, auspicando in alcuni casi la conquista della Costituzione e dei più elementari diritti civili e politici. Diversa fu la posizione dell'anarchico [[Sergej Michajlovic Kravčinskij]], il quale, rivendicando l'uccisione, il [[4 agosto]] [[1878]] a Pietroburgo, del dirigente di polizia Mezenzov, nel suo opuscolo ''Smert za smert'' (Morte per morte) scriveva che era «assolutamente indifferente che ci diate o no la Costituzione», anche se poi aggiungeva che la lotta sarebbe dovuta proseguire sino a quando «il governo si ostinerà a mantenere in vita l'attuale sistema» e non avesse concesso riforme politiche, la [[libertà]] di stampa e di opinione. <ref>S. M. Kravčinski, ''Smert za smert'', Pietrogrado 1924</ref>. Per lui la [[violenza]] era un mezzo e non un fine a se stesso, e doveva consistere nella conquista delle libertà politiche che l'[[autocrazia]] zarista negava al suo popolo.


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