Testimonianza sul campo di concentramento di Renicci d'Anghiari: differenze tra le versioni

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In un alterco con gli ufficiali che ci insolentivano minacciando fucilazioni, i compagni [[Marcello Bianconi]] e [[Arturo Messinese]] gridarono: “''Sparate vigliacchi!''”. Perciò furono immediatamente condotti in cella di sicurezza. Così ebbe inizio la nostra agitazione contro il regime interno del campo di concentramento.  
In un alterco con gli ufficiali che ci insolentivano minacciando fucilazioni, i compagni [[Marcello Bianconi]] e [[Arturo Messinese]] gridarono: “''Sparate vigliacchi!''”. Perciò furono immediatamente condotti in cella di sicurezza. Così ebbe inizio la nostra agitazione contro il regime interno del campo di concentramento.  


Questo era stato fino ad allora uno dei peggiori del genere. I prigionieri erano in massima parte partigiani jugoslavi e con essi erano centinaia di minorenni e ragazzi di pochi anni. Il regime alimentare era stato sempre più scarso e pessimo; centinaia di internati, specialmente bambini e ragazzi erano morti a causa del pessimo trattamento. In cambio la sorveglianza era feroce e bestiale. Guardavano i prigionieri centinaia di soldati e carabinieri, richiamati, quest'ultimi, dalle regioni Toscana e limitrofe. Il comandante in seconda, maggiore Fiorenzuoli, ed il tenente Panzacchi si distinguevano per i loro arbitrii. Era perfino proibito che gli internati delle varie sezioni in cui era diviso il campo si avvicinassero alle reti metalliche divisorie per conversare reciprocamente. Il mattino seguente il nostro arrivo i nostri aguzzini fecero una dimostrazione di forza. Le minacce degli ufficiali rivolte a noi con lo spiegamento dei picchetti armati seguendo l'arresto dei compagni [[MarcelloBianconi|Bianconi]] e [[Arturo Messinese|Messinese]] volevano conseguire lo scopo di intimidirci e renderci alla loro mercé. Costituivamo, insieme ai compagni reduci dalle lotte combattute nell'esilio in [[Spagna]], l'aggrupamento più provato dalle lotte che in [[carcere]] e al confino ci erano costate ulteriori condanne ad anni di carcere e di confino supplementari, oltre che la vita di parecchi compagni, per difendere la nostra dignità  umana dagli arbitrii della milizia e della polizia fasciste. E l'odore di polvere era per noi un maggiore incentivo a non desistere dalla lotta iniziata contro gli aguzzini del campo di concentramento di Renicci di Anghiari. Reclamammo [[libertà ]] di comunicazione tra i prigionieri dei vari settori, la cessazione degli arbitrii perpetrati specialmente dal tenente Panzacchi coadiuvato da alcuni soldati come lui dichiaratamente fascisti. E il ritorno tra noi dei compagni [[Marcello Bianconi|Bianconi]] e [[Arturo Messinese|Messinese]]. Dopo alcuni giorni di dure schermaglie il comandante del campo, il colonnello Pistone, decise di togliere il divieto di intercomunicazione tra i prigionieri dei vari raggi ed ai ragazzi fu raddoppiata la razione alimentare che era costituita da qualche centinaio di grammi di pane e di poca minestra, alternativamente di carota o di patate non sbucciate e di acqua pompata direttamente dal sottostante fiume Tevere, che provocava epidemie di coliti e dissenteria.  
Questo era stato fino ad allora uno dei peggiori del genere. I prigionieri erano in massima parte partigiani jugoslavi e con essi erano centinaia di minorenni e ragazzi di pochi anni. Il regime alimentare era stato sempre più scarso e pessimo; centinaia di internati, specialmente bambini e ragazzi erano morti a causa del pessimo trattamento. In cambio la sorveglianza era feroce e bestiale. Guardavano i prigionieri centinaia di soldati e carabinieri, richiamati, quest'ultimi, dalle regioni Toscana e limitrofe. Il comandante in seconda, maggiore Fiorenzuoli, ed il tenente Panzacchi si distinguevano per i loro arbitrii. Era perfino proibito che gli internati delle varie sezioni in cui era diviso il campo si avvicinassero alle reti metalliche divisorie per conversare reciprocamente. Il mattino seguente il nostro arrivo i nostri aguzzini fecero una dimostrazione di forza. Le minacce degli ufficiali rivolte a noi con lo spiegamento dei picchetti armati seguendo l'arresto dei compagni [[MarcelloBianconi|Bianconi]] e [[Arturo Messinese|Messinese]] volevano conseguire lo scopo di intimidirci e renderci alla loro mercé. Costituivamo, insieme ai compagni reduci dalle lotte combattute nell'esilio in [[Spagna]], l'aggrupamento più provato dalle lotte che in [[carcere]] e al confino ci erano costate ulteriori condanne ad anni di carcere e di confino supplementari, oltre che la vita di parecchi compagni, per difendere la nostra dignità  umana dagli arbitrii della milizia e della polizia fasciste. E l'odore di polvere era per noi un maggiore incentivo a non desistere dalla lotta iniziata contro gli aguzzini del campo di concentramento di Renicci di Anghiari. Reclamammo [[libertà]] di comunicazione tra i prigionieri dei vari settori, la cessazione degli arbitrii perpetrati specialmente dal tenente Panzacchi coadiuvato da alcuni soldati come lui dichiaratamente fascisti. E il ritorno tra noi dei compagni [[Marcello Bianconi|Bianconi]] e [[Arturo Messinese|Messinese]]. Dopo alcuni giorni di dure schermaglie il comandante del campo, il colonnello Pistone, decise di togliere il divieto di intercomunicazione tra i prigionieri dei vari raggi ed ai ragazzi fu raddoppiata la razione alimentare che era costituita da qualche centinaio di grammi di pane e di poca minestra, alternativamente di carota o di patate non sbucciate e di acqua pompata direttamente dal sottostante fiume Tevere, che provocava epidemie di coliti e dissenteria.  


I nostri rapporti con i custodi rischiarono di arrivare ad una rottura tragica. Si pretendeva che all'appello mattutino noi si fosse allineati militarmente e che uno di noi stessi, in funzione di caporeparto, ci avesse contati e presentati all'ufficiale di ispezione.
I nostri rapporti con i custodi rischiarono di arrivare ad una rottura tragica. Si pretendeva che all'appello mattutino noi si fosse allineati militarmente e che uno di noi stessi, in funzione di caporeparto, ci avesse contati e presentati all'ufficiale di ispezione.
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