Sul vegetarismo (di Elisée Reclus): differenze tra le versioni

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Una forte impressione della mia infanzia è l'avere assistito a uno di questi drammi rusticani, la sgozzatura di un maiale eseguita da una piccola folla insorta contro una mia generosa e vecchia prozia che non voleva acconsentire all'uccisione del suo pingue amico. A forza la piccola folla del villaggio era entrata nel recinto dei maiali, a forza aveva trascinato la bestia nel rustico mattatoio dove l'attendeva l'apparato per la sgozzatura, mentre la sfortunata donna, accasciata su uno sgabello, piangeva lacrime silenziose. Stavo al suo fianco, vedevo queste lacrime e non sapevo se dovevo impietosirmi per il suo dolore o credere, insieme alla folla, che la sgozzatura del maiale fosse giusta, voluta dal buon senso così come dalla sorte. Ognuno di noi, soprattutto se ha vissuto in un contesto popolare, lontano dalle banali città  uniformi dove tutto è metodicamente classificato e nascosto, ognuno di noi ha potuto assistere ad uno di questi atti barbarici, commessi dal carnivoro contro le bestie che mangia.Non è il caso di andare in una qualche Porcopoli dell'America del Nord o in un saladero della Piata per osservarvi l'orrore dei massacri che rappresentano la base della nostra abituale alimentazione. Ma con il passare del tempo queste impressioni si cancellano: lasciano il posto a quella deplorevole educazione di tutti i giorni che consiste nel ricondurre l'individuo nella media, togliendoli tutto ciò che lo rende un essere unico, una persona. I genitori, gli educatori, ufficiali e non, i medici, senza contare quell'insieme tanto potente che si chiama «tutti», lavorano in sintonia per indurire il carattere del bambino riguardo a queste «carni ambulanti», che però amano come noi e come noi sentono e, grazie alla nostra influenza, progrediscono e regrediscono come accade a noi. Perché uno dei più tristi risultati delle nostre abitudini alimentari carnivore è che gli animali sacrificati dall'appetito umano sono stati sistematicamente e metodicamente resi brutti, informi, degradati nella loro intelligenza e nel loro valore morale. Il nome stesso dell'animale nel quale il cinghiale è stato trasformato è diventato il più grosso degli insulti: la massa di carne che è stata vista voltolarsi nelle pozze nauseabonde è così laida da guardare che si evita ben volentieri ogni analogia tra la bestia e il piatto che se ne ricava. Quale differenza di aspetto e di portamento tra il muflone che salta sulle rocce delle montagne e il montone che, ormai privo di qualsiasi iniziativa, semplice carne abbrutita in balia della paura, non osa più allontanarsi dal gregge, si getta da solo in bocca al cane che lo rincorre! Stesso imbastardimento nel manzo, che ora vediamo muoversi faticosamente nei campi, trasformato dagli allevatori in un'enorme massa di carne ambulante dalle forme geometriche, come progettate per il coltello del macellaio. È per produrre simili mostri che usiamo l'espressione «allevamento»! Ecco come gli uomini svolgono la loro missione di educatori nei confronti degli animali loro fratelli! Del resto, non è forse in questo modo che ci comportiamo nei confronti dell'intera natura? Lasciate una banda di ingegneri in un'affascinante vallata, in mezzo ad alberi e praterie, sulle rive di un bel fiume, vedrete presto ciò che ne faranno! S'impegneranno al massimo a rendere la loro opera personale il più evidente possibile e a nascondere la natura sotto mucchi di pietre e di carbone; saranno allo stesso modo tutti fieri di vedere il fumo delle loro locomotive innalzarsi in uno sporco intrico di volute giallastre o nere. È vero che talvolta questi ingegneri pretendono anche di abbellire la natura. Tant'è che quando, di recente, gli artisti belgi hanno protestato contro la devastazione dei paesaggi rivieraschi della Mosa, il ministro si è affrettato a far loro sapere che da allora in poi sarebbero stati contenti di lui: si impegnava infatti a fare costruire le nuove fabbriche tutte ornate con torrette gotiche! Allo stesso modo i macellai espongono le carcasse smembrate, le carni sanguinolente sotto gli occhi del pubblico, sul ciglio stesso delle strade più frequentate, a fianco di negozi infiorali e profumati; e hanno persino l'audacia di inghirlandare con rose le carni appese: così l'estetica è salva!  
Una forte impressione della mia infanzia è l'avere assistito a uno di questi drammi rusticani, la sgozzatura di un maiale eseguita da una piccola folla insorta contro una mia generosa e vecchia prozia che non voleva acconsentire all'uccisione del suo pingue amico. A forza la piccola folla del villaggio era entrata nel recinto dei maiali, a forza aveva trascinato la bestia nel rustico mattatoio dove l'attendeva l'apparato per la sgozzatura, mentre la sfortunata donna, accasciata su uno sgabello, piangeva lacrime silenziose. Stavo al suo fianco, vedevo queste lacrime e non sapevo se dovevo impietosirmi per il suo dolore o credere, insieme alla folla, che la sgozzatura del maiale fosse giusta, voluta dal buon senso così come dalla sorte. Ognuno di noi, soprattutto se ha vissuto in un contesto popolare, lontano dalle banali città  uniformi dove tutto è metodicamente classificato e nascosto, ognuno di noi ha potuto assistere ad uno di questi atti barbarici, commessi dal carnivoro contro le bestie che mangia.Non è il caso di andare in una qualche Porcopoli dell'America del Nord o in un saladero della Piata per osservarvi l'orrore dei massacri che rappresentano la base della nostra abituale alimentazione. Ma con il passare del tempo queste impressioni si cancellano: lasciano il posto a quella deplorevole educazione di tutti i giorni che consiste nel ricondurre l'individuo nella media, togliendoli tutto ciò che lo rende un essere unico, una persona. I genitori, gli educatori, ufficiali e non, i medici, senza contare quell'insieme tanto potente che si chiama «tutti», lavorano in sintonia per indurire il carattere del bambino riguardo a queste «carni ambulanti», che però amano come noi e come noi sentono e, grazie alla nostra influenza, progrediscono e regrediscono come accade a noi. Perché uno dei più tristi risultati delle nostre abitudini alimentari carnivore è che gli animali sacrificati dall'appetito umano sono stati sistematicamente e metodicamente resi brutti, informi, degradati nella loro intelligenza e nel loro valore morale. Il nome stesso dell'animale nel quale il cinghiale è stato trasformato è diventato il più grosso degli insulti: la massa di carne che è stata vista voltolarsi nelle pozze nauseabonde è così laida da guardare che si evita ben volentieri ogni analogia tra la bestia e il piatto che se ne ricava. Quale differenza di aspetto e di portamento tra il muflone che salta sulle rocce delle montagne e il montone che, ormai privo di qualsiasi iniziativa, semplice carne abbrutita in balia della paura, non osa più allontanarsi dal gregge, si getta da solo in bocca al cane che lo rincorre! Stesso imbastardimento nel manzo, che ora vediamo muoversi faticosamente nei campi, trasformato dagli allevatori in un'enorme massa di carne ambulante dalle forme geometriche, come progettate per il coltello del macellaio. È per produrre simili mostri che usiamo l'espressione «allevamento»! Ecco come gli uomini svolgono la loro missione di educatori nei confronti degli animali loro fratelli! Del resto, non è forse in questo modo che ci comportiamo nei confronti dell'intera natura? Lasciate una banda di ingegneri in un'affascinante vallata, in mezzo ad alberi e praterie, sulle rive di un bel fiume, vedrete presto ciò che ne faranno! S'impegneranno al massimo a rendere la loro opera personale il più evidente possibile e a nascondere la natura sotto mucchi di pietre e di carbone; saranno allo stesso modo tutti fieri di vedere il fumo delle loro locomotive innalzarsi in uno sporco intrico di volute giallastre o nere. È vero che talvolta questi ingegneri pretendono anche di abbellire la natura. Tant'è che quando, di recente, gli artisti belgi hanno protestato contro la devastazione dei paesaggi rivieraschi della Mosa, il ministro si è affrettato a far loro sapere che da allora in poi sarebbero stati contenti di lui: si impegnava infatti a fare costruire le nuove fabbriche tutte ornate con torrette gotiche! Allo stesso modo i macellai espongono le carcasse smembrate, le carni sanguinolente sotto gli occhi del pubblico, sul ciglio stesso delle strade più frequentate, a fianco di negozi infiorali e profumati; e hanno persino l'audacia di inghirlandare con rose le carni appese: così l'estetica è salva!  


Ci si meraviglia di leggere sui giornali che tutte le atrocità  della guerra in Cina siano non un brutto sogno, ma una triste realtà ! Com'è possibile che uomini che hanno avuto la fortuna di essere accarezzati dalle loro madri e di ascoltare a scuola parole di giustizia e di bontà, come può accadere che queste belve dal volto umano provino piacere a legare dei cinesi fra loro per i vestiti e per i codini e a gettarli nel fiume? Come può succedere che diano il colpo di grazia ai feriti e che facciano scavare le proprie fosse ai prigionieri, prima di fucilarli? Chi sono questi terribili assassini? Sono persone che ci assomiglia no, che studiano e leggono come noi, che hanno fratelli, amici, una moglie o una Fidanzata: prima o poi, siamo destinati ad incontrarli, a stringere loro la mano senza trovarvi traccia del sangue versato! Ma non c'è forse una diretta relazione di causa ed effetto tra l'alimentazione di questi carnefici che si proclamano «civilizzatori» ed i loro atti feroci? Anch'essi si sono abituati a esaltare la carne grondante di sangue come portatrice di salute, di forza e di intelligenza. Anch'essi entrano senza disgusto nelle macellerie dove si scivola sul pavimento rossastro e si respira l'odore dolciastro del sangue! C'è dunque una differenza così grande tra il cadavere di un bue e quello di un uomo? Le membra tagliate, le viscere mischiate dell'uno e dell'altro si assomigliano molto: l'abbattimento del primo facilita l'uccisione del secondo, soprattutto quando risuona l'ordine del capo e si sentono di lontano le parole del signore incoronato: «Siate implacabili!».  
Ci si meraviglia di leggere sui giornali che tutte le atrocità  della guerra in Cina siano non un brutto sogno, ma una triste realtà! Com'è possibile che uomini che hanno avuto la fortuna di essere accarezzati dalle loro madri e di ascoltare a scuola parole di giustizia e di bontà, come può accadere che queste belve dal volto umano provino piacere a legare dei cinesi fra loro per i vestiti e per i codini e a gettarli nel fiume? Come può succedere che diano il colpo di grazia ai feriti e che facciano scavare le proprie fosse ai prigionieri, prima di fucilarli? Chi sono questi terribili assassini? Sono persone che ci assomiglia no, che studiano e leggono come noi, che hanno fratelli, amici, una moglie o una Fidanzata: prima o poi, siamo destinati ad incontrarli, a stringere loro la mano senza trovarvi traccia del sangue versato! Ma non c'è forse una diretta relazione di causa ed effetto tra l'alimentazione di questi carnefici che si proclamano «civilizzatori» ed i loro atti feroci? Anch'essi si sono abituati a esaltare la carne grondante di sangue come portatrice di salute, di forza e di intelligenza. Anch'essi entrano senza disgusto nelle macellerie dove si scivola sul pavimento rossastro e si respira l'odore dolciastro del sangue! C'è dunque una differenza così grande tra il cadavere di un bue e quello di un uomo? Le membra tagliate, le viscere mischiate dell'uno e dell'altro si assomigliano molto: l'abbattimento del primo facilita l'uccisione del secondo, soprattutto quando risuona l'ordine del capo e si sentono di lontano le parole del signore incoronato: «Siate implacabili!».  
[[File:Manifesto_anarchico_catalano_copia.jpg|left|thumb|Manifesto anarchico catalano inneggiante a Reclus]]
[[File:Manifesto_anarchico_catalano_copia.jpg|left|thumb|Manifesto anarchico catalano inneggiante a Reclus]]
Un proverbio francese dice che «ogni azione cattiva può essere negata». Questa pretesa conteneva una certa verità  quando i soldati delle diverse nazioni commettevano separatamente le loro crudeltà  e potevano in seguito imputare alla gelosia, agli odi nazionali, i fatti atroci a loro attribuiti. Ma in Cina, russi, francesi, inglesi, tedeschi non si nascondevano più con cautela gli uni dagli altri: i testimoni oculari e gli autori stessi ci hanno informati in tutte le lingue, gli uni con cinismo, gli altri con reticenza. La verità  non può più essere negata; ma si è dovuto creare una nuova morale per spiegarla. Questa morale sostiene che vi sono due diritti dei popoli: l'uno viene applicato ai gialli, l'altro è privilegio dei bianchi. Assassinare, torturare i primi sembra ormai permesso, mentre sarebbe inammissibile farlo ai secondi. Ma a proposito degli animali, la morale non è ugualmente elastica? Eccitando i cani a sbranare la volpe, il gentiluomo impara a lanciare i suoi fucilieri sul cinese in fuga. Le due cacce non sono che un unico e identico sport; tuttavia, quando la vittima è un uomo, l'emozione, il piacere sono probabilmente più intensi. Lo si chieda a chi evocò di recente il nome di Attila per dare questo mostro come esempio ai suoi guerrieri! Non è una digressione ricordare gli orrori della guerra a proposito dei massacri di bestiame e dei banchetti per carnivori. Il regime alimentare corrisponde ai costumi degli individui. Sangue chiama sangue. A questo proposito, ciascuno può misurare i propri ricordi sugli uomini che ha conosciuto; in cuor suo nessun dubbio potrà  rimanere sul contrasto che esiste, in linea generale, tra i vegetariani e i grandi mangiatori di carne, gli avidi bevitori di sangue, per la piacevolezza delle abitudini, la dolcezza del carattere, la serenità  della vita. È vero che sono qualità  tenute in poco conto dai «superuomini» che, senza essere superiori agli altri mortali, hanno però più arroganza e contano di farsi valere disprezzando gli umili ed esaltando i forti. Secondo costoro gli uomini miti sarebbero dei deboli e dei malati che ingombrano la strada: allontanandoli, si sfarebbe un'opera pia. Se non li si uccide almeno li si lasci morire. Ma è che, per l'appunto, i mansueti potrebbero essere più resistenti al male dei violenti: i tipi sanguigni e molto coloriti non sono di solito quelli che vivono più a lungo; gli uomini veramente forti non sono coloro che portano tutta la forza nell'aspetto esteriore, nel colorito rubicondo del viso, nella sporgenza dei muscoli o nelle rotondità  del lucido grasso. D'altronde, la statistica potrà  presto informarci positivamente a questo proposito; l'avrebbe già  fatto se tante persone interessate non fossero impegnate a schierare a battaglia le cifre vere o false per difendere le rispettive teorie.
Un proverbio francese dice che «ogni azione cattiva può essere negata». Questa pretesa conteneva una certa verità  quando i soldati delle diverse nazioni commettevano separatamente le loro crudeltà  e potevano in seguito imputare alla gelosia, agli odi nazionali, i fatti atroci a loro attribuiti. Ma in Cina, russi, francesi, inglesi, tedeschi non si nascondevano più con cautela gli uni dagli altri: i testimoni oculari e gli autori stessi ci hanno informati in tutte le lingue, gli uni con cinismo, gli altri con reticenza. La verità  non può più essere negata; ma si è dovuto creare una nuova morale per spiegarla. Questa morale sostiene che vi sono due diritti dei popoli: l'uno viene applicato ai gialli, l'altro è privilegio dei bianchi. Assassinare, torturare i primi sembra ormai permesso, mentre sarebbe inammissibile farlo ai secondi. Ma a proposito degli animali, la morale non è ugualmente elastica? Eccitando i cani a sbranare la volpe, il gentiluomo impara a lanciare i suoi fucilieri sul cinese in fuga. Le due cacce non sono che un unico e identico sport; tuttavia, quando la vittima è un uomo, l'emozione, il piacere sono probabilmente più intensi. Lo si chieda a chi evocò di recente il nome di Attila per dare questo mostro come esempio ai suoi guerrieri! Non è una digressione ricordare gli orrori della guerra a proposito dei massacri di bestiame e dei banchetti per carnivori. Il regime alimentare corrisponde ai costumi degli individui. Sangue chiama sangue. A questo proposito, ciascuno può misurare i propri ricordi sugli uomini che ha conosciuto; in cuor suo nessun dubbio potrà  rimanere sul contrasto che esiste, in linea generale, tra i vegetariani e i grandi mangiatori di carne, gli avidi bevitori di sangue, per la piacevolezza delle abitudini, la dolcezza del carattere, la serenità  della vita. È vero che sono qualità  tenute in poco conto dai «superuomini» che, senza essere superiori agli altri mortali, hanno però più arroganza e contano di farsi valere disprezzando gli umili ed esaltando i forti. Secondo costoro gli uomini miti sarebbero dei deboli e dei malati che ingombrano la strada: allontanandoli, si sfarebbe un'opera pia. Se non li si uccide almeno li si lasci morire. Ma è che, per l'appunto, i mansueti potrebbero essere più resistenti al male dei violenti: i tipi sanguigni e molto coloriti non sono di solito quelli che vivono più a lungo; gli uomini veramente forti non sono coloro che portano tutta la forza nell'aspetto esteriore, nel colorito rubicondo del viso, nella sporgenza dei muscoli o nelle rotondità  del lucido grasso. D'altronde, la statistica potrà  presto informarci positivamente a questo proposito; l'avrebbe già  fatto se tante persone interessate non fossero impegnate a schierare a battaglia le cifre vere o false per difendere le rispettive teorie.
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