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{{Biblioteca/Titolo 2|nome=Michel Onfray. Il post-anarchismo spiegato a mia nonna (di Marco Liberatore)|autore=Marco Liberatore|altro=da doppiozero.com}}
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[[File:Michel Onfray - Theatre rond point - 2010-05-20.jpg|miniatura|[[Michel Onfray]]]]
[[File:Michel Onfray - Theatre rond point - 2010-05-20.jpg|miniatura|250px|[[Michel Onfray]]]]
Che tempi sono questi? Sono i tempi delle proteste in Turchia, in Bulgaria e in Brasile, i tempi di [[Anonymous]], del [[movimento No Tav]] e dalle lotte in difesa dei beni comuni. Forse gli anarchici non sono più meno dell'uno per cento, come cantava [[Léo Ferré]], ma certamente coloro che si interrogano criticamente sui presupposti teorici e sui fondamenti delle pratiche anarchiche non sono molto numerosi. Stranamente, verrebbe da dire, perché questa modalità di mettersi in discussione fu inaugurata da un gigante dell'anarchismo classico, [[Errico Malatesta]] (e da [[Camillo Berneri]] subito dopo) che già nel [[1920]], sulle pagine di [[Umanità Nova]] scriveva «L'anarchia non si fa per forza: volerlo, sarebbe la più balorda delle contraddizioni». E un paio di anni dopo «L'anarchia è l'ideale che potrebbe anche non realizzarsi mai, come non si raggiunge mai la linea dell'orizzonte [...], l'anarchismo è metodo di vita e di lotta e deve essere, dagli anarchici, praticato oggi e sempre, nei limiti delle possibilità variabili secondo i tempi e le circostanze». C'è da dire che si era già pronunciato nella stessa direzione [[Gustav Landauer]], di cui è nota l'affermazione «Lo stato non è qualcosa che si possa distruggere con una rivoluzione, ma è una condizione, un certo rapporto tra esseri umani, una modalità del comportamento umano: lo distruggiamo stabilendo nuove relazioni, comportandoci in modo diverso».
Che tempi sono questi? Sono i tempi delle proteste in Turchia, in Bulgaria e in Brasile, i tempi di [[Anonymous]], del [[movimento No Tav]] e dalle lotte in difesa dei beni comuni. Forse gli anarchici non sono più meno dell'uno per cento, come cantava [[Léo Ferré]], ma certamente coloro che si interrogano criticamente sui presupposti teorici e sui fondamenti delle pratiche anarchiche non sono molto numerosi. Stranamente, verrebbe da dire, perché questa modalità di mettersi in discussione fu inaugurata da un gigante dell'anarchismo classico, [[Errico Malatesta]] (e da [[Camillo Berneri]] subito dopo) che già nel [[1920]], sulle pagine di [[Umanità Nova]] scriveva «L'anarchia non si fa per forza: volerlo, sarebbe la più balorda delle contraddizioni». E un paio di anni dopo «L'anarchia è l'ideale che potrebbe anche non realizzarsi mai, come non si raggiunge mai la linea dell'orizzonte [...], l'anarchismo è metodo di vita e di lotta e deve essere, dagli anarchici, praticato oggi e sempre, nei limiti delle possibilità variabili secondo i tempi e le circostanze». C'è da dire che si era già pronunciato nella stessa direzione [[Gustav Landauer]], di cui è nota l'affermazione «Lo stato non è qualcosa che si possa distruggere con una rivoluzione, ma è una condizione, un certo rapporto tra esseri umani, una modalità del comportamento umano: lo distruggiamo stabilendo nuove relazioni, comportandoci in modo diverso».


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Il post-anarchismo spiegato a mia nonna di [[Michel Onfray]] si inserisce, quindi, in un ampio dibattito che si può riassumere in una domanda: le idee e i concetti della post-modernità possono essere impiegati per riattivare e riattualizzare il pensiero anarchico? Posta in questi termini la questione però non è molto chiara. Quale pensiero anarchico? E perché avrebbe bisogno di una “cura rinvigorente”?
Il post-anarchismo spiegato a mia nonna di [[Michel Onfray]] si inserisce, quindi, in un ampio dibattito che si può riassumere in una domanda: le idee e i concetti della post-modernità possono essere impiegati per riattivare e riattualizzare il pensiero anarchico? Posta in questi termini la questione però non è molto chiara. Quale pensiero anarchico? E perché avrebbe bisogno di una “cura rinvigorente”?


La risposta va cercata negli anni a cavallo tra gli '80 e i '90, in quel periodo [[Hakim Bey]] pubblica una serie di scritti nei quali muove una critica al movimento anarchico, ossia di essere fuori dalla storia, incapace di interpretare la realtà e di comunicare in maniera comprensibile un programma di emancipazione che possa essere fatto proprio dagli emarginati della società contemporanea. Come [[Hakim Bey|Bey]] risolverà la cosa è noto, inventandosi le [[TAZ]] (le zone temporaneamente autonome che hanno ispirato raver e resistenti post-autonomia, con le loro esistenze interstiziali nelle pieghe della società del controllo e i loro divenire minoritari in chiave anti-egemonica). Più o meno negli stessi anni, un professore di filosofia della Carolina del Sud, [[Todd May]], pubblica un libro destinato ad attirare l'attenzione di moltissimi anarchici ''The Political Philosophy of Poststructuralist Anarchism'', nel quale rilegge i principi della dottrina politica anarchica confrontandoli con i risultati delle analisi post-strutturaliste, in particolare con quelle di [[Foucault]] e di [[Gilles Deleuze|Deleuze]]-[[Félix Guattari|Guattari]]. L'esito di quella lettura parallela produrrà la ridefinizione di tutta una serie di valori e categorie, ereditati dalla matrice illuministica e ottocentesca, quali essenzialismo, etica, identità, natura umana, potere, [[rivoluzione]], soggettività. Successivamente un altro professore, [[Saul Newman]] tornerà sulla medesima questione, ossia la necessità (ma anche l'opportunità) per il pensiero anarchico di liberarsi dalle ingenuità filosofiche moderne per fare proprio il lascito nietzscheano reinterpretato dai post-strutturalisti francesi. Di qui in poi sarà tutto un susseguirsi di analisi e contro-analisi interne al movimento anarchico, tra accademici e non, che preferisco sorvolare, richiamando solo gli autori di alcuni dei contributi più interessanti, come [[Salvo Vaccaro]], [[Richard Day]], [[Vivien Garcia]] e [[Tomas Ibanez]].
La risposta va cercata negli anni a cavallo tra gli '80 e i '90, in quel periodo [[Hakim Bey]] pubblica una serie di scritti nei quali muove una critica al movimento anarchico, ossia di essere fuori dalla storia, incapace di interpretare la realtà e di comunicare in maniera comprensibile un programma di emancipazione che possa essere fatto proprio dagli emarginati della società contemporanea. Come [[Hakim Bey|Bey]] risolverà la cosa è noto, inventandosi le [[TAZ]] (le zone temporaneamente autonome che hanno ispirato raver e resistenti post-autonomia, con le loro esistenze interstiziali nelle pieghe della società del controllo e i loro divenire minoritari in chiave anti-egemonica). Più o meno negli stessi anni, un professore di filosofia della Carolina del Sud, [[Todd May]], pubblica un libro destinato ad attirare l'attenzione di moltissimi anarchici ''The Political Philosophy of Poststructuralist Anarchism'', nel quale rilegge i principi della dottrina politica anarchica confrontandoli con i risultati delle analisi post-strutturaliste, in particolare con quelle di [[Foucault]] e di [[Gilles Deleuze|Deleuze]]-[[Félix Guattari|Guattari]]. L'esito di quella lettura parallela produrrà la ridefinizione di tutta una serie di valori e categorie, ereditati dalla matrice illuministica e ottocentesca, quali essenzialismo, etica, identità, natura umana, potere, [[rivoluzione]], soggettività. Successivamente un altro professore, [[Saul Newman]] tornerà sulla medesima questione, ossia la necessità (ma anche l'opportunità) per il pensiero anarchico di liberarsi dalle ingenuità filosofiche moderne per fare proprio il lascito nietzscheano reinterpretato dai post-strutturalisti francesi. Di qui in poi sarà tutto un susseguirsi di analisi e contro-analisi interne al movimento anarchico, tra accademici e non, che preferisco sorvolare, richiamando solo gli autori di alcuni dei contributi più interessanti, come [[Salvo Vaccaro]], [[Richard Day]], [[Vivien Garcia]] e [[Tomás Ibañez]].


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