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Il primo di questi termini è pesante e non bello. È stato delineato, alla fine del XIX secolo dalla sessuologia germanica. Designa l'interesse che un essere umano (maschio o femmina) rivolge ad una persona del medesimo sesso. (Io non tratterò che dell'omosessualità maschile, conoscendo male, e per buoni motivi, l'omosessualità femminile). | Il primo di questi termini è pesante e non bello. È stato delineato, alla fine del XIX secolo dalla sessuologia germanica. Designa l'interesse che un essere umano (maschio o femmina) rivolge ad una persona del medesimo sesso. (Io non tratterò che dell'omosessualità maschile, conoscendo male, e per buoni motivi, l'omosessualità femminile). | ||
In questa maniera restiamo ancora nel vago. Poiché quest'inclinazione può manifestarsi in svariati modi: disincarnato, sublimato, o furiosamente fisico. [ | In questa maniera restiamo ancora nel vago. Poiché quest'inclinazione può manifestarsi in svariati modi: disincarnato, sublimato, o furiosamente fisico. [...] Ma queste sfumature non sono che relativamente soltanto delle sciocchezze. Molto più importante è la differenza tra l'omosessualità esclusiva e la bisessualità. | ||
La parola omosessualità non deve dunque che circoscrivere una minoranza di individui che gli eventi della vita, o la ripetizione pavloviana, o ancora il complesso di castrazione hanno “convinto” a deviare dal sesso femminile? È senza dubbio il risultato della morale borghese e cristiana che ha conferito il suo carattere estensivo e peggiorativo a questa maniera d'amare. La parola dovrà divenire desueta via via e nella misura in cui scompariranno le leggi omofobe, i pregiudizi allo sguardo delle cose, infine gli strali di una Chiesa che si ostina pertanto a vituperare sempre più inclinazione, che numerosi dei suoi preti – e con ragione – ci si dedicano o tentano di difendersene. Ma vedremo più lontano della società borghese, fondata sulla famiglia, che non rinuncerà facilmente ad uno dei suoi ultimi baluardi. | La parola omosessualità non deve dunque che circoscrivere una minoranza di individui che gli eventi della vita, o la ripetizione pavloviana, o ancora il complesso di castrazione hanno “convinto” a deviare dal sesso femminile? È senza dubbio il risultato della morale borghese e cristiana che ha conferito il suo carattere estensivo e peggiorativo a questa maniera d'amare. La parola dovrà divenire desueta via via e nella misura in cui scompariranno le leggi omofobe, i pregiudizi allo sguardo delle cose, infine gli strali di una Chiesa che si ostina pertanto a vituperare sempre più inclinazione, che numerosi dei suoi preti – e con ragione – ci si dedicano o tentano di difendersene. Ma vedremo più lontano della società borghese, fondata sulla famiglia, che non rinuncerà facilmente ad uno dei suoi ultimi baluardi. | ||
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=== Conclusioni === | === Conclusioni === | ||
Omosessualità e Rivoluzione non sono per nulla incompatibili, provengono da premesse totalmente differenti. La prima è una versione naturale molto particolare, minoritaria ben che numericamente non trascurabile, della funzione sessuale, variabile secondo le latitudini e secondo il caso, esclusiva o parziale, permanente o occasionale. La seconda è il prodotto dell'ingiustizia sociale universale, dell'oppressione dell'uomo sull'uomo. Attacca e rimette in dubbio i privilegi di ogni sorta, l'ordine stabilito nel suo insieme. Ella si accoppia, di conseguenza, ad una resistenza armata dei ricchi, di cui non si potrà venire a capo senza ricorrere, in una certa misura, all'uso della violenza. Una violenza che non sarà, nei fatti, che una contro violenza [...] Si tratta dunque di fare in modo che la più grande convergenza possibile stabilirsi tra una [l'omosessualità, '''n.d.r'''] e l'altra [la rivoluzione, '''n.d.r''']. Il rivoluzionario proletario dovrebbe dunque convincersi, o essere convinto, che l'emancipazione dell'omosessuale, anche se non lo vede direttamente coinvolto, lo riguarda alla stessa maniera, tra le altre, di quella della donna e dell'uomo di colore. [ | Omosessualità e Rivoluzione non sono per nulla incompatibili, provengono da premesse totalmente differenti. La prima è una versione naturale molto particolare, minoritaria ben che numericamente non trascurabile, della funzione sessuale, variabile secondo le latitudini e secondo il caso, esclusiva o parziale, permanente o occasionale. La seconda è il prodotto dell'ingiustizia sociale universale, dell'oppressione dell'uomo sull'uomo. Attacca e rimette in dubbio i privilegi di ogni sorta, l'ordine stabilito nel suo insieme. Ella si accoppia, di conseguenza, ad una resistenza armata dei ricchi, di cui non si potrà venire a capo senza ricorrere, in una certa misura, all'uso della violenza. Una violenza che non sarà, nei fatti, che una contro violenza [...] Si tratta dunque di fare in modo che la più grande convergenza possibile stabilirsi tra una [l'omosessualità, '''n.d.r'''] e l'altra [la rivoluzione, '''n.d.r''']. Il rivoluzionario proletario dovrebbe dunque convincersi, o essere convinto, che l'emancipazione dell'omosessuale, anche se non lo vede direttamente coinvolto, lo riguarda alla stessa maniera, tra le altre, di quella della donna e dell'uomo di colore. [...] Solamente un vero comunismo libertario, antiautoritario, antistatalista sarà anche capace di promuovere la liberazione, definitiva e concomitante, dell'omosessuale e dell'individuo sfruttato o alienato dal capitalismo. (Estratto da ''[[Omosessualità e rivoluzione]]'', [[Kropot.free]]) | ||
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