Rivolta dei Bersaglieri (1920): differenze tra le versioni

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Ad avvalorare i loro sospetti ci fu l'attracco nel porto marchigiano del piroscafo Magyar, che faceva supporre una loro prossima partenza verso Valona. Così raccontò lo scoppio della rivolta [[Mario Alberto Zingaretti]]:
Ad avvalorare i loro sospetti ci fu l'attracco nel porto marchigiano del piroscafo Magyar, che faceva supporre una loro prossima partenza verso Valona. Così raccontò lo scoppio della rivolta [[Mario Alberto Zingaretti]]:
: «(…) dopo poco, quasi subito, arrivammo alla "rivolta dei bersaglieri", che fu un fatto di grande importanza, ma anche, nello stesso tempo, la dimostrazione della mentalità  delle forze di Ancona, di quella volta, forze popolari caotiche, senza direzione, che non volevano sentir parlare di coordinamento, di dirigenza, di responsabilità : era l’educazione che si dava in seno all’anarchia.  Infatti era venuto un piroscafo ad Ancona per portare i bersaglieri a Valona, dove c’era una questione di principio tra l'Italia e l'Albania. Di tutta la propaganda che si era fatta durante la guerra e subito dopo la guerra, in mezzo alla popolazione, era logico che ne risentissero anche i militari. E quindi fu chiaro ed evidente che quando si dovette partire per l’Albania, questi bersaglieri non sentirono lo spirito di corpo per andare di nuovo a fare la guerra. Non credo che fossero tutti dello stesso parere, però c’era un gruppetto di bersaglieri che, venendo fuori la sera dalla caserma, stava a contatto con la popolazione, e, certamente, influivano su questi i discorsi della gente. Alcuni di questi si chiamavano Casagrande, Rossi, Tommassini ed erano tutti simpatizzanti socialisti.» (''[http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/guerraerivoluzione.htm Proletari e sovversivi: i moti popolari ad Ancona nei ricordi di un sindacalista (1909-1924)]'' )
: «(…) dopo poco, quasi subito, arrivammo alla "rivolta dei bersaglieri", che fu un fatto di grande importanza, ma anche, nello stesso tempo, la dimostrazione della mentalità  delle forze di Ancona, di quella volta, forze popolari caotiche, senza direzione, che non volevano sentir parlare di coordinamento, di dirigenza, di responsabilità : era l'educazione che si dava in seno all'anarchia.  Infatti era venuto un piroscafo ad Ancona per portare i bersaglieri a Valona, dove c'era una questione di principio tra l'Italia e l'Albania. Di tutta la propaganda che si era fatta durante la guerra e subito dopo la guerra, in mezzo alla popolazione, era logico che ne risentissero anche i militari. E quindi fu chiaro ed evidente che quando si dovette partire per l'Albania, questi bersaglieri non sentirono lo spirito di corpo per andare di nuovo a fare la guerra. Non credo che fossero tutti dello stesso parere, però c'era un gruppetto di bersaglieri che, venendo fuori la sera dalla caserma, stava a contatto con la popolazione, e, certamente, influivano su questi i discorsi della gente. Alcuni di questi si chiamavano Casagrande, Rossi, Tommassini ed erano tutti simpatizzanti socialisti.» (''[http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/guerraerivoluzione.htm Proletari e sovversivi: i moti popolari ad Ancona nei ricordi di un sindacalista (1909-1924)]'' )
Ad Ancona era ancora vivo il ricordo della [[Settimana Rossa]], l'insurrezione popolare originatasi nella città  marchigiana tra il [[7 giugno|7]] e il [[14 giugno]] [[1914]] proprio a causa dell'insubordinazione [[antimilitarista]] di [[Augusto Masetti]]; rivolta che, in seguito, si estenderà  in Romagna, Toscana ed altre parti d'[[Italia]]. Secondo diverse ricostruzioni fu il bersagliere recanatese [[Monaldo Casagrande]],  detto Malatesta, <ref>[http://www.ilcittadinodirecanati.it/notizie/8730-la-rvolta-dei-bersaglieri-di-ancona-nel-1920-e-il-ruolo-di-monaldo-casagrande La rivolta dei bersaglieri di Ancona nel 1920 e il ruolo di Monaldo Casagrande]</ref> a dare il via all’ammutinamento. Fra i leader anarchici che entrarono in contatto con i bersaglieri, spingendoli alla ribellione antiautoritaria e all'insubordinazione, c'erano [[Antonio Cieri]] ed [[Errico Malatesta]]; ma non solo, anche tra i bersaglieri c'erano simpatizzanti o militanti anarchici, tra questi [[Giovanni Mariga]], che così raccontò l'inizio della ribellione ed il ruolo giocato da [[Malatesta]] come agitatore:
Ad Ancona era ancora vivo il ricordo della [[Settimana Rossa]], l'insurrezione popolare originatasi nella città  marchigiana tra il [[7 giugno|7]] e il [[14 giugno]] [[1914]] proprio a causa dell'insubordinazione [[antimilitarista]] di [[Augusto Masetti]]; rivolta che, in seguito, si estenderà  in Romagna, Toscana ed altre parti d'[[Italia]]. Secondo diverse ricostruzioni fu il bersagliere recanatese [[Monaldo Casagrande]],  detto Malatesta, <ref>[http://www.ilcittadinodirecanati.it/notizie/8730-la-rvolta-dei-bersaglieri-di-ancona-nel-1920-e-il-ruolo-di-monaldo-casagrande La rivolta dei bersaglieri di Ancona nel 1920 e il ruolo di Monaldo Casagrande]</ref> a dare il via all'ammutinamento. Fra i leader anarchici che entrarono in contatto con i bersaglieri, spingendoli alla ribellione antiautoritaria e all'insubordinazione, c'erano [[Antonio Cieri]] ed [[Errico Malatesta]]; ma non solo, anche tra i bersaglieri c'erano simpatizzanti o militanti anarchici, tra questi [[Giovanni Mariga]], che così raccontò l'inizio della ribellione ed il ruolo giocato da [[Malatesta]] come agitatore:
:: «Subito dopo la guerra ero ancora bersagliere ed ero stato dislocato con la mia compagnia ad Ancona, nella caserma Villa Rei. Un giorno governanti e generale decisero di mandarci con altre truppe alleate a sedare una rivolta in Albania, ma, giunti al porto, quando gli ufficiali diedero ordine di montare sul piroscafo, noi ritornammo in massa in caserma. In effetti, nei giorni precedenti l'imbarco, alcuni compagni (commilitoni anarchici), avevano portato in caserma, con una di quelle autoblindo che uscivano per la spesa del rancio, Errico Malatesta. Costui, vestito da bersagliere, nonostante i suoi sessant'anni circa, si mise a fare discorsi antimilitaristi: invitò la truppa alla diserzione e condannò tutte le guerre» (''Memorie autobiografiche'', Pedrini, pag. 70)
:: «Subito dopo la guerra ero ancora bersagliere ed ero stato dislocato con la mia compagnia ad Ancona, nella caserma Villa Rei. Un giorno governanti e generale decisero di mandarci con altre truppe alleate a sedare una rivolta in Albania, ma, giunti al porto, quando gli ufficiali diedero ordine di montare sul piroscafo, noi ritornammo in massa in caserma. In effetti, nei giorni precedenti l'imbarco, alcuni compagni (commilitoni anarchici), avevano portato in caserma, con una di quelle autoblindo che uscivano per la spesa del rancio, Errico Malatesta. Costui, vestito da bersagliere, nonostante i suoi sessant'anni circa, si mise a fare discorsi antimilitaristi: invitò la truppa alla diserzione e condannò tutte le guerre» (''Memorie autobiografiche'', Pedrini, pag. 70)


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I bersaglieri ribelli agirono di concerto con i gruppi anarchici, repubblicani e socialisti della città , contribuendo così all'estensione della rivolta prima in tutta Ancona e poi anche nelle altre città  italiane. Nella città  marchigiana, godendo anche delle simpatie di buona parte della popolazione civile e dei lavoratori (specialmente i portuali), i ribelli innalzarono barricate per opporsi agli assalti delle forze dell'ordine. Si registrarono ovunque scontri a fuoco tra rivoltosi e carabinieri, ci furono perdite da ambo le parti. I bersaglieri e i loro simpatizzanti fecero anche uso di mitragliatrici:
I bersaglieri ribelli agirono di concerto con i gruppi anarchici, repubblicani e socialisti della città , contribuendo così all'estensione della rivolta prima in tutta Ancona e poi anche nelle altre città  italiane. Nella città  marchigiana, godendo anche delle simpatie di buona parte della popolazione civile e dei lavoratori (specialmente i portuali), i ribelli innalzarono barricate per opporsi agli assalti delle forze dell'ordine. Si registrarono ovunque scontri a fuoco tra rivoltosi e carabinieri, ci furono perdite da ambo le parti. I bersaglieri e i loro simpatizzanti fecero anche uso di mitragliatrici:
:«Allora, gli anarchici, che erano accorsi già  verso l’Aspio, vennero su con una mitragliatrice, piantandola sotto Porta Pia; poi venne un soldato dell’Aspio che era un mitragliere e maneggiava molto bene la mitragliatrice. ……..» <ref>[http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/guerraerivoluzione.htm Guerra e rivoluzione]</ref>.  
:«Allora, gli anarchici, che erano accorsi già  verso l'Aspio, vennero su con una mitragliatrice, piantandola sotto Porta Pia; poi venne un soldato dell'Aspio che era un mitragliere e maneggiava molto bene la mitragliatrice. ……..» <ref>[http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/guerraerivoluzione.htm Guerra e rivoluzione]</ref>.  


Da Ancona la rivolta si estese inizialmente ai paesi limitrofi (Santa Maria Nova, Montesicuro, Aguliano, Polverigi, Chiaravalle), poi a tutte le Marche (Pesaro, Fano, Senigallia, Jesi, Macerata, Tolentino, San Severino, Civitanova, Porto Civitanova - dove un manifestante fu ucciso dalla [[polizia]] -, Monte San Giusto, Recanati, Fermo) <ref name="danno">[http://giornale.regione.marche.it/archivio/num0301/artcom26.htm Giornale Regione Marche]</ref>, in Romagna (Rimini, Forlimpopoli, Forlì e Cesena e in Umbria (Terni e Narni). Il sindacato dei ferrovieri indisse uno [[sciopero]] per impedire che ad Ancona arrivassero le guardie regie; a Milano e Roma furono proclamati [[sciopero|scioperi]] di [[solidarietà ]] con i rivoltosi, nonostante non tutti i sindacati ufficiali appoggiassero totalmente quanto stava accadendo.
Da Ancona la rivolta si estese inizialmente ai paesi limitrofi (Santa Maria Nova, Montesicuro, Aguliano, Polverigi, Chiaravalle), poi a tutte le Marche (Pesaro, Fano, Senigallia, Jesi, Macerata, Tolentino, San Severino, Civitanova, Porto Civitanova - dove un manifestante fu ucciso dalla [[polizia]] -, Monte San Giusto, Recanati, Fermo) <ref name="danno">[http://giornale.regione.marche.it/archivio/num0301/artcom26.htm Giornale Regione Marche]</ref>, in Romagna (Rimini, Forlimpopoli, Forlì e Cesena e in Umbria (Terni e Narni). Il sindacato dei ferrovieri indisse uno [[sciopero]] per impedire che ad Ancona arrivassero le guardie regie; a Milano e Roma furono proclamati [[sciopero|scioperi]] di [[solidarietà ]] con i rivoltosi, nonostante non tutti i sindacati ufficiali appoggiassero totalmente quanto stava accadendo.
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=== Conseguenze ===
=== Conseguenze ===
Nonostante la dura [[repressione]] e la sconfitta dei bersaglieri, il [[governo]] si convinse a rinunciare all'occupazione dell'[[Albania]]: col Trattato di Tirana ([[20 luglio]] [[1920]]) e il successivo trattato di amicizia con gli albanesi ([[2 agosto]] [[1920]]), l'[[Italia]] riconobbe l’indipendenza e la piena [[sovranità ]] dello [[stato]] albanese. Le truppe italiane lasciarono immediatamente il Paese. Il trattato, oltre a sancire il ritiro italiano da Valona, ratificò il mantenimento dell'isolotto di Saseno come garanzia del controllo militare italiano sul canale di Otranto <ref>Carlo Sforza, ''L'Italia dal 1914 al 1944 quale io la vidi'', Mondadori, Roma, 1945, pagg. 91-92</ref>.
Nonostante la dura [[repressione]] e la sconfitta dei bersaglieri, il [[governo]] si convinse a rinunciare all'occupazione dell'[[Albania]]: col Trattato di Tirana ([[20 luglio]] [[1920]]) e il successivo trattato di amicizia con gli albanesi ([[2 agosto]] [[1920]]), l'[[Italia]] riconobbe l'indipendenza e la piena [[sovranità ]] dello [[stato]] albanese. Le truppe italiane lasciarono immediatamente il Paese. Il trattato, oltre a sancire il ritiro italiano da Valona, ratificò il mantenimento dell'isolotto di Saseno come garanzia del controllo militare italiano sul canale di Otranto <ref>Carlo Sforza, ''L'Italia dal 1914 al 1944 quale io la vidi'', Mondadori, Roma, 1945, pagg. 91-92</ref>.


La rivolta dei Bersaglieri fu uno degli ultimi episodi in cui il [[proletariato]] potè far sentire la propria voce, appena due anni prima della [[Marcia su Roma]] e del conseguente avvento del [[fascismo|regime fascista]].
La rivolta dei Bersaglieri fu uno degli ultimi episodi in cui il [[proletariato]] potè far sentire la propria voce, appena due anni prima della [[Marcia su Roma]] e del conseguente avvento del [[fascismo|regime fascista]].
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