Ribellione/Rivolta: differenze tra le versioni

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== Ribellione e rivoluzione ==
== Ribellione e rivoluzione ==
:«Cos'è un ribelle? Un uomo che dice no». ([[Albert Camus]])
:«Cos'è un ribelle? Un uomo che dice no». ([[Albert Camus]])
Una '''rivolta'''/'''ribellione''' è una manifestazione di incoformità , un tentativo di opposizione, [[violenza|violenta]] o [[Nonviolenza|non]], alle regole (a tutte o a una sola) imposte dall'[[autorità ]] vigente. Nel suo ''La ribellione delle masse'', il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset sostiene che la rivolta genericamente si indirizza contro gli abusi e lotta per ridurre o eliminare del tutto gli stessi nell'ambito di un sistema politico e sociale.
Una '''rivolta'''/'''ribellione''' è una manifestazione di incoformità, un tentativo di opposizione, [[violenza|violenta]] o [[Nonviolenza|non]], alle regole (a tutte o a una sola) imposte dall'[[autorità ]] vigente. Nel suo ''La ribellione delle masse'', il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset sostiene che la rivolta genericamente si indirizza contro gli abusi e lotta per ridurre o eliminare del tutto gli stessi nell'ambito di un sistema politico e sociale.


La rivolta viene distinta dalla [[rivoluzione]] in quanto è più circoscritta e non comporta un radicale cambiamento nella forma di governo di un paese. La [[rivoluzione]], diversamente dalla ribellione, ha come obiettivo l'intero sistema sociale e politico e ambisce di conseguenza a distruggerlo.
La rivolta viene distinta dalla [[rivoluzione]] in quanto è più circoscritta e non comporta un radicale cambiamento nella forma di governo di un paese. La [[rivoluzione]], diversamente dalla ribellione, ha come obiettivo l'intero sistema sociale e politico e ambisce di conseguenza a distruggerlo.
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[[File: AlbertCamus.jpg |thumb|[[Albert Camus]]]]
[[File: AlbertCamus.jpg |thumb|[[Albert Camus]]]]
: «Che cos'è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando. Qual è il contenuto di questo “no”?
: «Che cos'è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando. Qual è il contenuto di questo “no”?
:Significa, per esempio, “le cose hanno durato troppo”, “fin qui sì, al di là  no”, “vai troppo in là ” e anche “c'è un limite oltre il quale non andrai”. Insomma questo no afferma l'esistenza di una frontiera. Si ritrova la stessa idea del limite nell'impressione dell'uomo in rivolta che l'altro “esageri”, che estenda il suo diritto al di là  di un confine oltre io quale un altro diritto gli fa fronte e lo limita. Così, il movimento di rivolta poggia, ad un tempo, sul rifiuto categorico di un'intrusione giudicata intollerabile e sulla certezza confusa di un buon diritto, o più esattamente sull'impressione, nell'insorto, di avere il “diritto di...”. Non esiste rivolta senza la sensazione d'avere in qualche modo, e da qualche parte, ragione. Appunto in questo lo schiavo in rivolta dice ad un tempo di sì e di no. Egli afferma, insieme alla frontiera, tutto ciò che avverte e vuol preservare al di qua della frontiera. Dimostra, con caparbietà , che c'è in lui qualche cosa per cui “vale la pena di...”, qualche cosa che richiede attenzione. In certo modo, oppone all'ordine che l'opprime una specie di diritto a non essere oppresso al di là  di quanto egli possa ammettere... La rivolta, in senso etimologico, è un voltafaccia. In essa, l'uomo che camminava sotto la sferza del padrone, ora fa fronte. Oppone ciò che è preferibile a ciò che non lo è. Non tutti i valori trascinano con sé la rivolta, ma ogni moto di rivolta fa tacitamente appello a un valore. Si tratta almeno di un valore? Per quanto confusamente, dal moto di rivolta nasce una presa di coscienza: la percezione, ad un tratto sfolgorante, che c'è nell'uomo qualche cosa con cui l'uomo può identificarsi, sia pure temporaneamente. Questa identificazione fin qui non era realmente sentita. Tutte le concussioni anteriori al moto d'insurrezione, lo schiavo le sopportava. Sovente, anzi, aveva ricevuto senza reagire ordini più rivoltanti di quello che fa prorompere il suo rifiuto. Portava pazienza, respingendoli forse in se stesso, ma poiché taceva, si mostrava più sollecito, per il momento, del proprio interesse immediato che cosciente del proprio diritto. Con la perdita della pazienza, con l'impazienza, con l'impazienza, comincia al contrario un movimento che può estendersi a tutto ciò che veniva precedentemente accettato. Questo slancio è quasi sempre retroattivo. Lo schiavo, nell'attimo in cui respinge l'ordine umiliante del suo superiore, respinge insieme la sua stessa condizione di schiavo. Il moto di rivolta lo porta più in là  del semplice rifiuto. Egli oltrepassa anche il limite che fissava al suo avversario, chiedendo ora di essere trattato da pari a pari. Quanto era dapprima resistenza irriducibile dell'uomo, diviene l'uomo intero, che con essa vi si identifica e vi si riassume. Quella parte di sé che voleva far rispettare, la mette allora al di sopra del resto, e la proclama preferibile a tutto, anche alla vita. Essa diviene per lui il sommo bene. Prima adagiato in un compromesso, lo schiavo si getta di colpo (“se è così...”) nel Tutto o Niente. La coscienza viene alla luce con la rivolta.»<ref>Tratto da Albert Camus, L'uomo in rivolta, Bompiani, pp. 17-19.</ref>
:Significa, per esempio, “le cose hanno durato troppo”, “fin qui sì, al di là  no”, “vai troppo in là ” e anche “c'è un limite oltre il quale non andrai”. Insomma questo no afferma l'esistenza di una frontiera. Si ritrova la stessa idea del limite nell'impressione dell'uomo in rivolta che l'altro “esageri”, che estenda il suo diritto al di là  di un confine oltre io quale un altro diritto gli fa fronte e lo limita. Così, il movimento di rivolta poggia, ad un tempo, sul rifiuto categorico di un'intrusione giudicata intollerabile e sulla certezza confusa di un buon diritto, o più esattamente sull'impressione, nell'insorto, di avere il “diritto di...”. Non esiste rivolta senza la sensazione d'avere in qualche modo, e da qualche parte, ragione. Appunto in questo lo schiavo in rivolta dice ad un tempo di sì e di no. Egli afferma, insieme alla frontiera, tutto ciò che avverte e vuol preservare al di qua della frontiera. Dimostra, con caparbietà, che c'è in lui qualche cosa per cui “vale la pena di...”, qualche cosa che richiede attenzione. In certo modo, oppone all'ordine che l'opprime una specie di diritto a non essere oppresso al di là  di quanto egli possa ammettere... La rivolta, in senso etimologico, è un voltafaccia. In essa, l'uomo che camminava sotto la sferza del padrone, ora fa fronte. Oppone ciò che è preferibile a ciò che non lo è. Non tutti i valori trascinano con sé la rivolta, ma ogni moto di rivolta fa tacitamente appello a un valore. Si tratta almeno di un valore? Per quanto confusamente, dal moto di rivolta nasce una presa di coscienza: la percezione, ad un tratto sfolgorante, che c'è nell'uomo qualche cosa con cui l'uomo può identificarsi, sia pure temporaneamente. Questa identificazione fin qui non era realmente sentita. Tutte le concussioni anteriori al moto d'insurrezione, lo schiavo le sopportava. Sovente, anzi, aveva ricevuto senza reagire ordini più rivoltanti di quello che fa prorompere il suo rifiuto. Portava pazienza, respingendoli forse in se stesso, ma poiché taceva, si mostrava più sollecito, per il momento, del proprio interesse immediato che cosciente del proprio diritto. Con la perdita della pazienza, con l'impazienza, con l'impazienza, comincia al contrario un movimento che può estendersi a tutto ciò che veniva precedentemente accettato. Questo slancio è quasi sempre retroattivo. Lo schiavo, nell'attimo in cui respinge l'ordine umiliante del suo superiore, respinge insieme la sua stessa condizione di schiavo. Il moto di rivolta lo porta più in là  del semplice rifiuto. Egli oltrepassa anche il limite che fissava al suo avversario, chiedendo ora di essere trattato da pari a pari. Quanto era dapprima resistenza irriducibile dell'uomo, diviene l'uomo intero, che con essa vi si identifica e vi si riassume. Quella parte di sé che voleva far rispettare, la mette allora al di sopra del resto, e la proclama preferibile a tutto, anche alla vita. Essa diviene per lui il sommo bene. Prima adagiato in un compromesso, lo schiavo si getta di colpo (“se è così...”) nel Tutto o Niente. La coscienza viene alla luce con la rivolta.»<ref>Tratto da Albert Camus, L'uomo in rivolta, Bompiani, pp. 17-19.</ref>


==Le ragioni della rivolta==
==Le ragioni della rivolta==
Esistono numerose ragioni che spingono una o più persone a ribellarsi. Nella storia dell'umanità , le rivolte non furono altro che una pulsione di vita contro le logiche del potere mortifere ed oppressive.
Esistono numerose ragioni che spingono una o più persone a ribellarsi. Nella storia dell'umanità, le rivolte non furono altro che una pulsione di vita contro le logiche del potere mortifere ed oppressive.
===Contro il [[capitalismo]]===
===Contro il [[capitalismo]]===
[[capitalismo|Ai giorni nostri]], il capitalismo è il sistema economico che domina in quasi tutto il globo, comportando così una diffusione di ingiustizie sociali che vanno dalle catastrofi ambientali alle guerre, dalla riduzione dell'essere umano e degli altri animali a mera merce alle vere e proprie [[morti bianche|stragi sul lavoro]]. Le ribellioni contro il capitalismo sono per questo assai frequenti in tutti i paesi.
[[capitalismo|Ai giorni nostri]], il capitalismo è il sistema economico che domina in quasi tutto il globo, comportando così una diffusione di ingiustizie sociali che vanno dalle catastrofi ambientali alle guerre, dalla riduzione dell'essere umano e degli altri animali a mera merce alle vere e proprie [[morti bianche|stragi sul lavoro]]. Le ribellioni contro il capitalismo sono per questo assai frequenti in tutti i paesi.
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