Piero Gobetti: differenze tra le versioni

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Piero Gobetti è stato un liberale anomalo, ben distante dalla tradizione conservatrice del [[liberalismo]] italiano che frequentemente assunse anche toni aspramente reazionari. Nel suo [[liberalismo]] confluiscono la lezione del Salvemini, i contatti con [[Gramsci]] e l'importantissima esperienza torinese dei [[biennio rosso|consigli di fabbrica]] ([[1919]]-[[1920|20]]); tutti elementi che indicano la necessità  di un profondo e non più prorogabile rinnovamento da attuare con una mediazione tra borghesia e mondo operaio, cioè mediante un'alleanza con i gruppi più avanzati del proletariato nei quali egli vide le forze responsabili di tale processo.
Piero Gobetti è stato un liberale anomalo, ben distante dalla tradizione conservatrice del [[liberalismo]] italiano che frequentemente assunse anche toni aspramente reazionari. Nel suo [[liberalismo]] confluiscono la lezione del Salvemini, i contatti con [[Gramsci]] e l'importantissima esperienza torinese dei [[biennio rosso|consigli di fabbrica]] ([[1919]]-[[1920|20]]); tutti elementi che indicano la necessità  di un profondo e non più prorogabile rinnovamento da attuare con una mediazione tra borghesia e mondo operaio, cioè mediante un'alleanza con i gruppi più avanzati del proletariato nei quali egli vide le forze responsabili di tale processo.
Egli descrive così le [[biennio rosso|occupazioni delle fabbriche]]:
Egli descrive così le [[biennio rosso|occupazioni delle fabbriche]]:
:«Qui siamo in piena rivoluzione. Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un mondo nuovo [...] il mio posto sarebbe necessariamente dalla parte che ha più religiosità  e volontà  di sacrificio. La rivoluzione si pone oggi in tutto il suo carattere religioso [...] Si tratta di un vero e proprio grande tentativo di realizzare non il collettivismo ma una organizzazione del lavoro in cui gli operai o almeno i migliori di essi siano quel che sono oggi gli industriali...si può rinnovare lo Stato solo se la nazione ha in sé certe energie (come ora appunto accade) che improvvisamente da oscure si fanno chiare e acquistano possibilità  e volontà  di espansione».<ref>''Nella tua breve esistenza'', cit., ll. 375-376 e 385</ref>
:«Qui siamo in piena rivoluzione. Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un mondo nuovo [...] il mio posto sarebbe necessariamente dalla parte che ha più religiosità  e volontà  di sacrificio. La rivoluzione si pone oggi in tutto il suo carattere religioso [...] Si tratta di un vero e proprio grande tentativo di realizzare non il collettivismo ma una organizzazione del lavoro in cui gli operai o almeno i migliori di essi siano quel che sono oggi gli industriali...si può rinnovare lo Stato solo se la nazione ha in sé certe energie (come ora appunto accade) che improvvisamente da oscure si fanno chiare e acquistano possibilità  e volontà  di espansione». <ref>''Nella tua breve esistenza'', cit., ll. 375-376 e 385</ref>


Per questo alcuni intellettuali pensarono a lui come ad un «comunista camuffato», ma per Gramsci egli in realtà  «non era un comunista e probabilmente non lo sarebbe mai diventato, ma aveva capito la posizione sociale e storica del proletariato e non riusciva più a pensare astraendo da questo elemento».
Per questo alcuni intellettuali pensarono a lui come ad un «comunista camuffato», ma per Gramsci egli in realtà  «non era un comunista e probabilmente non lo sarebbe mai diventato, ma aveva capito la posizione sociale e storica del proletariato e non riusciva più a pensare astraendo da questo elemento».
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