Paolo Schicchi: differenze tra le versioni

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'''Paolo Schicchi''' (Collesano, Palermo, [[31 agosto]] [[1865]] - Palermo, [[12 dicembre]] [[1950]]) è stato un anarchico italiano fautore della [[correnti anarchiche|corrente]] [[antiorganizzatrice]].
'''Paolo Schicchi''' (Collesano, Palermo, [[31 agosto]] [[1865]] - Palermo, [[12 dicembre]] [[1950]]) è stato un anarchico italiano fautore della [[correnti anarchiche|corrente]] [[antiorganizzatrice]].


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=== La giovinezza ===
=== La giovinezza ===
[[Image:Schicchi2.jpg|thumb|left|300px|Un giovane Paolo Schicchi.]]
Durante la gestazione viene diagnosticato alla madre, per errore, un cancro allo stomaco. Alle cure che le vengono praticate verrà fatta risalire dai familiari la costituzione gracile e malaticcia del piccolo Schicchi, alla quale egli ovvierà nell'infanzia e nell'adolescenza con continui esercizi fisici, e il suo temperamento nervoso e irruente.  
Durante la gestazione viene diagnosticato alla madre, per errore, un cancro allo stomaco. Alle cure che le vengono praticate verrà fatta risalire dai familiari la costituzione gracile e malaticcia del piccolo Schicchi, alla quale egli ovvierà nell'infanzia e nell'adolescenza con continui esercizi fisici, e il suo temperamento nervoso e irruente.  


Fin dalle scuole elementari professa arditamente sentimenti repubblicani già coltivati dal padre (avvocato e patriota, era stato tra i protagonisti del moto insurrezionale di [[Francesco Bentivenga]] nel [[1856]]. Studente al ginnasio di Cefalù, diretto dal poeta garibaldino Eliodoro Lombardi, improvvisa a quindici anni un comizio anticlericale sulla scalinata del duomo, rischiando il linciaggio di una folla inferocita. Prosegue quindi gli studi a Palermo, dove si lega ai circoli degli studenti radicali e mazziniani, e partecipa entusiasta, nel gennaio del [[1884]], alle manifestazioni in onore di [[Mario Rapisardi]] in visita alla città. Dal [[1885]] al [[1887]] frequenta la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Palermo e collabora, con lo pseudonimo "Il Gladiatore", ai giornali «'''Le Feste di Nerone'''» (dove attacca in alcune corrispondenze corrosive il vescovo di Cefalù) e «'''Il Picconiere'''», [[stampa anarchica|foglio protoanarchico]] diretto da [[Calogero Bonanno]], affrontando polemiche e duelli e costruendosi la fama di benefattore dei poveri. Innamoratosi perdutamente della sorella dell'anarchico [[Giuseppe Genova]], Maria, dinanzi alle resistenze dei genitori di lei si spara un colpo di pistola al cuore, che lo ferisce di striscio. Richiamato prudentemente in famiglia, prosegue gli studi all'Università di Bologna, grazie all'interessamento di [[Giacinto Scelsi]], collesanese amico del padre, prefetto in quella città. A Bologna segue le lezioni di Ceneri, Filopanti e Carducci, s'unisce al gruppo dei giovani goliardi che dà vita a «'''Bononia Ridet'''» e guida la gioventù repubblicano-socialista nelle dimostrazioni contro la visita del re in occasione dell'ottavo centenario dell'università. Sospeso dai corsi e costretto a rientrare a Palermo, frequenta da praticante lo studio dell'avvocato [[Aristide Battaglia]] (fratello dell'ex [[internazionalista]] Salvatore Battaglia) finché non è chiamato, il [[26 novembre]] [[1888]], a vestire la divisa di allievo ufficiale dell'11° RGT di fanteria di stanza a Palermo. Il [[10 maggio]] successivo riesce a ottenere il trasferimento a Torino, come semplice fante nel RGT di artiglieria da montagna. L'[[11 agosto]] [[1889]], mettendo in atto il proposito di disertare che matura da tempo, attraversa la frontiera francese a Sant'Anna di Vinadio. Raggiunta Parigi, dove sono in corso i festeggiamenti per il centenario della Grande Rivoluzione, si avvicina agli ambienti disertori di varie nazionalità che hanno raggiunto la capitale francese per difendere "armi alla mano" quella repubblica dalle minacce di guerra lanciatele dalle monarchie d'Europa. Il [[17 novembre]], con lettera inviata al sindaco di Collesano, Schicchi rinuncia alla cittadinanza del "putrefatto" regno d'Italia per abbracciare quella della repubblica francese, "leonessa d'Europa". [[Image:S4.png|thumb|right|400px|Poesia di [[Ignazio Buttitta]] per la liberazione di Paolo Schicchi.]]Ma l'esaltazione repubblicana, dovuta al particolare momento celebrativo, si trasforma ben presto in delusione: come in Italia, anche in Francia regnano sfruttamento, miseria e fame. Nel gennaio del [[1890]] assiste alle conferenze di [[Louise Michel]] alla salle Horel, partecipa alla mobilitazione contro l'espulsione dell'anarchico [[Oscar Bertoja]] e alle altre iniziative del gruppo cosmopolita parigino che fa capo al settimanale anarchico «'''L'Attaque'''». Questo [[stampa anarchica|giornale]], redatto principalmente da [[Sébastien Faure]], [[Lucien Weil]] e [[Charles Malato]], è anche fautore di una sorta di "rivoluzione culturale" nell'[[anarchismo]] francese (che influenza gli esuli anarchici d'altre nazionalità), tesa essenzialmente a tradurre nei comportamenti privati dei militanti le teorie politiche professate in pubblico, sull'onda lunga dell'insegnamento morale - senza obbligo né sanzione - del filosofo J. M. Guyau. Nell'aprile del [[1890]] è tra i fondatori del Circolo internazionale degli studenti anarchici, per il quale compila gran parte del manifesto «'''Agli studenti-Ai militari'''», distribuito in diverse migliaia di copie in [[Italia]], [[Francia]] e [[Svizzera]] alla vigilia del [[1° maggio]] [[1890]]. Al Circolo aderiscono anche [[Luigi Galleani | Galleani]], [[Francesco Saverio Merlino |Merlino]] e il bulgaro [[Nicolas Stoinoff | Stoinoff]], con i quali Schicchi si lega di profonda amicizia. La sua adesione all'anarchismo è ancora piuttosto acerba, divisa tra le motivazioni politiche e personali che l'hanno condotto alla diserzione (accusa di maltrattamento l'esercito italiano) e la scelta di campo [[internazionalista]] ed antiautoritaria. L'esito disastroso del [[1° maggio]] parigino, alle cui dimostrazioni prende parte, lo porta gradualmente ad aderire alle tesi dei gruppi anarchici più radicali, contrari alla "rivoluzione a data fissa" e all'organizzazione strutturata. Le sue critiche ricalcano quelle di [[Errico Malatesta | Malatesta]], presente in quel frangente a Parigi, che adopera il termine "bizantinismo" per indicare l'immobilismo dei compagni e la loro attitudine alle discussioni oziose. Schicchi ne farà in seguito un uso polemico nei confronti dello stesso [[Errico Malatesta | Malatesta]]. Minacciato d'espulsione, In luglio Schicchi abbandona la [[Francia]] e in compagnia di [[Francesco Saverio Merlino |Merlino]] raggiunge Malta, via Marsiglia e Tunisi. Da Malta si tiene in fitta corrispondenza con i compagni siciliani e del continente, inviando corrispondenze ai loro [[stampa anarchica|giornali]] («'''Il Piccone'''» di Catania, «'''La Nuova riscossa'''» di Trapani, «'''Il Proletario'''» di Marsala, «'''La Plebaglia'''» e «'''La Poveraglia'''» di Imola, ecc.). È in questo periodo che firma il manifesto «'''I socialisti anarchici al popolo italiano. Non votate!'''», col quale, insieme ad altri 56 compagni esuli all'estero, incita a disertare le urne nelle elezioni politiche del novembre [[1890]]; e traduce l'opuscolo anonimo «'''Ricchezza e miseria'''», che costituisce il primo titolo della «'''Biblioteca del Proletariato'''» di Marsala.
Fin dalle scuole elementari professa arditamente sentimenti repubblicani già coltivati dal padre (avvocato e patriota, era stato tra i protagonisti del moto insurrezionale di [[Francesco Bentivenga]] nel [[1856]]. Studente al ginnasio di Cefalù, diretto dal poeta garibaldino Eliodoro Lombardi, improvvisa a quindici anni un comizio anticlericale sulla scalinata del duomo, rischiando il linciaggio di una folla inferocita. Prosegue quindi gli studi a Palermo, dove si lega ai circoli degli studenti radicali e mazziniani, e partecipa entusiasta, nel gennaio del [[1884]], alle manifestazioni in onore di [[Mario Rapisardi]] in visita alla città. Dal [[1885]] al [[1887]] frequenta la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Palermo e collabora, con lo pseudonimo "Il Gladiatore", ai giornali «'''Le Feste di Nerone'''» (dove attacca in alcune corrispondenze corrosive il vescovo di Cefalù) e «'''Il Picconiere'''», [[stampa anarchica|foglio protoanarchico]] diretto da [[Calogero Bonanno]], affrontando polemiche e duelli e costruendosi la fama di benefattore dei poveri. Innamoratosi perdutamente della sorella dell'anarchico [[Giuseppe Genova]], Maria, dinanzi alle resistenze dei genitori di lei si spara un colpo di pistola al cuore, che lo ferisce di striscio. Richiamato prudentemente in famiglia, prosegue gli studi all'Università di Bologna, grazie all'interessamento di [[Giacinto Scelsi]], collesanese amico del padre, prefetto in quella città. A Bologna segue le lezioni di Ceneri, Filopanti e Carducci, s'unisce al gruppo dei giovani goliardi che dà vita a «'''Bononia Ridet'''» e guida la gioventù repubblicano-socialista nelle dimostrazioni contro la visita del re in occasione dell'ottavo centenario dell'università. Sospeso dai corsi e costretto a rientrare a Palermo, frequenta da praticante lo studio dell'avvocato [[Aristide Battaglia]] (fratello dell'ex [[internazionalista]] Salvatore Battaglia) finché non è chiamato, il [[26 novembre]] [[1888]], a vestire la divisa di allievo ufficiale dell'11° RGT di fanteria di stanza a Palermo. Il [[10 maggio]] successivo riesce a ottenere il trasferimento a Torino, come semplice fante nel RGT di artiglieria da montagna. L'[[11 agosto]] [[1889]], mettendo in atto il proposito di disertare che matura da tempo, attraversa la frontiera francese a Sant'Anna di Vinadio. Raggiunta Parigi, dove sono in corso i festeggiamenti per il centenario della Grande Rivoluzione, si avvicina agli ambienti disertori di varie nazionalità che hanno raggiunto la capitale francese per difendere "armi alla mano" quella repubblica dalle minacce di guerra lanciatele dalle monarchie d'Europa. Il [[17 novembre]], con lettera inviata al sindaco di Collesano, Schicchi rinuncia alla cittadinanza del "putrefatto" regno d'Italia per abbracciare quella della repubblica francese, "leonessa d'Europa". [[Image:S4.png|thumb|right|400px|Poesia di [[Ignazio Buttitta]] per la liberazione di Paolo Schicchi.]]Ma l'esaltazione repubblicana, dovuta al particolare momento celebrativo, si trasforma ben presto in delusione: come in Italia, anche in Francia regnano sfruttamento, miseria e fame. Nel gennaio del [[1890]] assiste alle conferenze di [[Louise Michel]] alla salle Horel, partecipa alla mobilitazione contro l'espulsione dell'anarchico [[Oscar Bertoja]] e alle altre iniziative del gruppo cosmopolita parigino che fa capo al [[settimanale anarchico]] «'''L'Attaque'''». Questo [[stampa anarchica|giornale]], redatto principalmente da [[Sébastien Faure]], [[Lucien Weil]] e [[Charles Malato]], è anche fautore di una sorta di "rivoluzione culturale" nell'[[anarchismo]] francese (che influenza gli esuli anarchici d'altre nazionalità), tesa essenzialmente a tradurre nei comportamenti privati dei militanti le teorie politiche professate in pubblico, sull'onda lunga dell'insegnamento morale - senza obbligo né sanzione - del filosofo J. M. Guyau. Nell'aprile del [[1890]] è tra i fondatori del Circolo internazionale degli studenti anarchici, per il quale compila gran parte del manifesto «'''Agli studenti-Ai militari'''», distribuito in diverse migliaia di copie in [[Italia]], [[Francia]] e [[Svizzera]] alla vigilia del [[1° maggio]] [[1890]]. Al Circolo aderiscono anche [[Luigi Galleani | Galleani]], [[Francesco Saverio Merlino |Merlino]] e il bulgaro [[Nicolas Stoinoff | Stoinoff]], con i quali Schicchi si lega di profonda amicizia. La sua adesione all'anarchismo è ancora piuttosto acerba, divisa tra le motivazioni politiche e personali che l'hanno condotto alla diserzione (accusa di maltrattamento l'esercito italiano) e la scelta di campo [[internazionalista]] ed antiautoritaria. L'esito disastroso del [[1° maggio]] parigino, alle cui dimostrazioni prende parte, lo porta gradualmente ad aderire alle tesi dei gruppi anarchici più radicali, contrari alla "rivoluzione a data fissa" e all'organizzazione strutturata. Le sue critiche ricalcano quelle di [[Errico Malatesta | Malatesta]], presente in quel frangente a Parigi, che adopera il termine "bizantinismo" per indicare l'immobilismo dei compagni e la loro attitudine alle discussioni oziose. Schicchi ne farà in seguito un uso polemico nei confronti dello stesso [[Errico Malatesta | Malatesta]]. Minacciato d'espulsione, In luglio Schicchi abbandona la [[Francia]] e in compagnia di [[Francesco Saverio Merlino |Merlino]] raggiunge Malta, via Marsiglia e Tunisi. Da Malta si tiene in fitta corrispondenza con i compagni siciliani e del continente, inviando corrispondenze ai loro [[stampa anarchica|giornali]] («'''Il Piccone'''» di Catania, «'''La Nuova riscossa'''» di Trapani, «'''Il Proletario'''» di Marsala, «'''La Plebaglia'''» e «'''La Poveraglia'''» di Imola ecc.). È in questo periodo che firma il manifesto «'''I socialisti anarchici al popolo italiano. Non votate!'''», col quale, insieme ad altri 56 compagni esuli all'estero, incita a disertare le urne nelle elezioni politiche del novembre [[1890]]; e traduce l'opuscolo anonimo «'''Ricchezza e miseria'''», che costituisce il primo titolo della «'''Biblioteca del Proletariato'''» di Marsala.
Contrario al Congresso di Capolago, inizia una polemica che fa di lui ben presto il capofila della tendenza [[antiorganizzatrice]] dell'[[anarchismo]] italiano. Arrestato per due volte a Malta nell'autunno del [[1890]], e infine espulso, Schicchi inizia da Catania, il [[1° gennaio]] [[1891]], il suo viaggio clandestino in Sicilia di preparazione per il [[1° maggio]] insurrezionale. Convinto personalmente da [[Malatesta]] ad accantonare le polemiche sull'[[organizzazioni anarchiche|organizzazione anarchica]], percorre l'isola in lungo e in largo sfuggendo più volte d'astuzia all'arresto. Dirige in prima persona, al suo arrivo, sia «'''Il Piccone'''» di Catania che «'''[[Il Proletario]]'''» di Marsala. I gruppi siciliani, tuttavia, dopo il giro di propaganda effettuato da [[Amilcare Cipriani]] in Sicilia tra la fine del marzo e i primi di aprile, assumono in maggioranza un atteggiamento prudente e di attesa che Schicchi disapprova facendo esplodere una bomba, il [[29 aprile]], davanti alla caserma di cavalleria di Palermo. Fuggito dall'isola, vaga per mezza Europa prima di rifugiarsi a Ginevra dove, dal [[18 luglio]] [[1891]], pubblica due numeri di «'''[[Pensiero e dinamite]]'''» e due numeri e due supplementi (un terzo numero è sequestrato in bozze) de «'''La Croce di Savoia'''», violentissimi contro Casa Savoia e contro i "pontefici" dell'[[anarchismo]] ([[Errico Malatesta|Malatesta]], [[Francesco Saverio Merlino|Merlino]], [[Amilcare Cipriani|Cipriani]] e [[Pietro Gori|Gori]]), che ritiene responsabili della mancata insurrezione del maggio e della debolezza del movimento anarchico davanti alla repressione. Le sue posizioni provocano in [[Italia]] la nascita di due schieramenti, dei "primomaggisti" e degli "antiprimomaggisti", i quali ultimi contestano con successo il tentativo di rifondare il partito anarchico nato a Capolago. Il linguaggio colorito e intemperante di Schicchi, seppur infarcito di citazioni letterarie, scatena dure reazioni nei suoi confronti e le accuse di "personalità " e di "provocazione", ch'egli rintuzza raddoppiando gli attacchi e specificando che «tutto ciò che riguarda più o meno da vicino la lotta che si combatte, ogni rapporto dell'individuo coi principi che professa, esce dal campo delle personalità ed entra in quello delle idee». Tanto che verso gli esponenti anarchici che ha pesantemente criticato, forse con la sola esclusione di [[Malatesta]] ma per espressa volontà di questi, egli manterrà buoni e duraturi rapporti di stima e amicizia personale.
Contrario al Congresso di Capolago, inizia una polemica che fa di lui ben presto il capofila della tendenza [[antiorganizzatrice]] dell'[[anarchismo]] italiano. Arrestato per due volte a Malta nell'autunno del [[1890]], e infine espulso, Schicchi inizia da Catania, il [[1° gennaio]] [[1891]], il suo viaggio clandestino in Sicilia di preparazione per il [[1° maggio]] insurrezionale. Convinto personalmente da [[Malatesta]] ad accantonare le polemiche sull'[[organizzazioni anarchiche|organizzazione anarchica]], percorre l'isola in lungo e in largo sfuggendo più volte d'astuzia all'arresto. Dirige in prima persona, al suo arrivo, sia «'''Il Piccone'''» di Catania che «'''[[Il Proletario]]'''» di Marsala. I gruppi siciliani, tuttavia, dopo il giro di propaganda effettuato da [[Amilcare Cipriani]] in Sicilia tra la fine del marzo e i primi di aprile, assumono in maggioranza un atteggiamento prudente e di attesa che Schicchi disapprova facendo esplodere una bomba, il [[29 aprile]], davanti alla caserma di cavalleria di Palermo. Fuggito dall'isola, vaga per mezza Europa prima di rifugiarsi a Ginevra dove, dal [[18 luglio]] [[1891]], pubblica due numeri di «'''[[Pensiero e Dinamite]]'''» e due numeri e due supplementi (un terzo numero è sequestrato in bozze) de «'''[[La Croce di Savoia]]'''», violentissimi contro Casa Savoia e contro i "pontefici" dell'[[anarchismo]] ([[Errico Malatesta|Malatesta]], [[Francesco Saverio Merlino|Merlino]], [[Amilcare Cipriani|Cipriani]] e [[Pietro Gori|Gori]]), che ritiene responsabili della mancata insurrezione del maggio e della debolezza del movimento anarchico davanti alla repressione. Le sue posizioni provocano in [[Italia]] la nascita di due schieramenti, dei "primomaggisti" e degli "antiprimomaggisti", i quali ultimi contestano con successo il tentativo di rifondare il partito anarchico nato a Capolago. Il linguaggio colorito e intemperante di Schicchi, seppur infarcito di citazioni letterarie, scatena dure reazioni nei suoi confronti e le accuse di "personalità " e di "provocazione", ch'egli rintuzza raddoppiando gli attacchi e specificando che «tutto ciò che riguarda più o meno da vicino la lotta che si combatte, ogni rapporto dell'individuo coi principi che professa, esce dal campo delle personalità ed entra in quello delle idee». Tanto che verso gli esponenti anarchici che ha pesantemente criticato, forse con la sola esclusione di [[Malatesta]] ma per espressa volontà di questi, egli manterrà buoni e duraturi rapporti di stima e amicizia personale.


=== La maturità ===
=== La maturità ===
Espulso dalla Svizzera l'[[11 settembre]] [[1891]], riprende la polemica a Barcellona col giornale trilingue «'''El porvenir anarquista'''» (due numeri e un supplemento) finché il sostegno da lui offerto alla rivolta di Jerez non serve da pretesto al governo spagnolo per arrestarlo, il [[10 febbraio]] [[1892]]. Torturato e ridotto in fin di vita, riesce con l'aiuto di [[Maria Margaleff]], la sua compagna spagnola, e corrompendo guardie e impiegati carcerari, a uscire di prigione il [[10 settembre]] dello stesso anno. Dopo un breve soggiorno a Marsiglia, il [[3 ottobre]] [[1892]] Schicchi è a Genova dove fa esplodere una bomba al Consolato spagnolo per vendicarsi delle sezizie subite e protestare contro le persecuzioni ai danni dei suoi compagni in Spagna. La sera stessa raggiunge Pisa con un passaporto intestato all'anarchico pisano [[Di Ciolo]], ma alla stazione, riconosciuto, viene arrestato dopo aver opposto una strenua resistenza, assime a [[Virgilio S. Mazzoni]], accorso in aiuto. Viene processato dalla Corte d'assise di Viterbo dal [[16|16 maggio]] al [[19 maggio]] [[1893]]: nonostante le generose arringhe difensive di [[Pietro Gori]] e di [[Vito Grignani]], Schicchi è condannato, per gli attentati di Palermo e Genova e il mancato omicidio del delegato Tarantelli alla stazione di Pisa, a 11 anni, tre mesi e 15 giorni di reclusione (più tre anni di sorveglianza speciale). La pena si accresce di un altro anno perché, alla lettura della sentenza, egli indirizza ai giudici l'epiteto di "pecorai" («'''Pecorai, microcefali imbecilli, sono contento, orgoglioso, e vado superbo d'aver potuto sacrificare la mia libertà per i santi principii dell'Anarchia!!'''»), e di altri due mesi e 10 giorni inflittigli il [[12 dicembre]] [[1893]] dal Tribunale militare di Alessandria per il reato di diserzione. Nel frattempo, promossa da [[Pietro Gori]] e dal «'''Sempre avanti!'''» di Livorno con la pubblicazione del ''Resoconto del processo'', da [[Luigi Molinari]] con un opuscolo biografico e dagli anarchici di Marsala, si estende in tutta Italia la campagna per la sua liberazione, presto interrotta dalla repressione crispina. Schicchi sconta quasi per intero la sua pena, per volontà del re che tanto aveva oltraggiato, nelle carceri di Oneglia, Orbetello e Viterbo. Nell'ottobre del [[1894]] è protagonista a Oneglia dell'ammutinamento di quei detenuti contro le condizioni di vita e le angherie del direttore del carcere. Negli anni successivi alimenta la campagna per la liberazione dei prigionieri e dei coatti politici con lettere che fa pervenire clandestinamente agli amici e ai compagni. [[Image:S2.png|thumb|left|400px|«'''Il pozzo dei traditori'''», articolo di Paolo Schicchi pubblicato nel marzo del 1921 su «'''L'Etna'''», Numero unico degli Anarchici Siciliani.]]I socialisti. suo malgrado, lo portano candidato alle elezioni del [[1897]] a Grosseto e Cefalù; nel [[1901]] viene incluso senza successo nella lista dell'on. Marinuzzi a Palermo e nel [[1902]] in quella di Noè a Messina. Nel marzo del [[1904]] rifiuta sdegnosamente la grazia reale che gli è stata concessa in luogo dell'ultima amnistia. Il [[27 maggio]] successivo riacquista la libertà e torna a Collesano, dov'è sottoposto a vigilanza speciale fino al [[31 maggio]] [[1907]]. Riprende a scrivere, ne «'''La Battaglia'''», settimanale [[socialista]] di Palermo, e nei giornali anarchici. Il [[1° giugno]] [[1908]] parte per Milano dove va a dirigere «'''[[La Protesta umana]]'''» ma già a settembre è in rotta con [[Nella Giacomelli]] ed [[Ettore Molinari]], tra i maggiori sostenitori di quel giornale. Ha inizio una polemica con gli anarchici milanesi, in particolare con gli "individualisti bisognisti", che sfocia nella pubblicazione (La Spezia lug. [[1909]]), della prima parte de «'''Le degenerazioni dell'anarchismo'''», dal titolo «'''Mentecatti e delinquenti'''». Rinuncia a pubblicare la seconda parte, su invito dei compagni a lui più vicini, limitandosi a diffondere l'[[8 gennaio]] [[1910]] una «'''Appendice alla parte prima de ''Le degenerazioni dell'anarchismo'''''» in cui risponde alle calunnie che la coppia "Epifane"-"Ieros" (pseudonimi di Molinari e della Giacomelli) hanno nel frattempo sparso sul suo conto. Reiscrittosi all'univeristà, prima a Bologna, poi a Pavia, infine a Pisa, con l'intento di laurearsi ed inserirsi in quegli ambienti letterari, attraversati da forti venature libertarie, [[scientismo|scientiste]] e [anticlericalismo|anticlericali]], se ne congederà definitivamente il [[19 luglio]] [[1910]]. Dopo la fucilazione di [[Francisco Ferrer y Guardia|Francisco Ferrer]], tiene numerose conferenze e comizi in Toscana e Liguria, specialmente di carattere anticlericale. All'attività oratoria affianca la fondazione, a Pisa, della Libreria Editrice Sociale e della Cooperativa tipografica «'''Germinal'''», dove stampa vari opuscoli e cartoline di propaganda, il «'''Satana'''», mensile dell'Associazione razionalista, e dal [[1° maggio]] [[1910]] «'''L'Avvenire anarchico'''», settimanale ch'egli stesso dirige per alcuni mesi. L'[[8 agosto]] [[1910]] è a Marsala dove, inviato dagli anarchici locali, tiene una conferenza su ''Scienza e religione''. Il Circolo di studi sociali, fondato per l'occasione, ha uno sviluppo talmente impetuoso da convincere Schicchi, già alle prese con difficoltà economiche e familiari (il padre muore l'anno dopo), a restare in Sicilia e ad assumere la direzione de «'''Il Proletario anarchico'''», un nuovo settimanale che vede la luce a Marsala il [[23 ottobre]] e che svolge fino al giugno [[1911]] una preziosa opera di orientamento e raccordo dell'intero movimento isolano. Ai temi usuali della propaganda degli [[antiorganizzatori]], che costituiscono in Sicilia l'ossatura del movimento, si aggiungono ora quelli della polemica "sicilianista", ch'egli conduce con una connotazione libertaria, di classe e federalista, risalente alla [[I Internazionale]] (ma parlerà anche di "passione del popolo siciliano" che rimonta all'epoca araba). Entrato in crisi il progetto di ricompattamento dell'anarchismo siciliano, Schicchi si ritira a coltivare la terra nei suoi poderi di Collesano. Non rinuncia di tanto in tanto a tenere comizi e conferenze in varie località dell'isola, grazie alle sottoscrizioni degli anarchici siciliani emigrati in America, specialmente dopo l'assassinio di Lorenzo Panepinto, Capolega di Santo Stefano Quisquina. Esercita in questo periodo particolare attrazione anche su di lui, come su un gran numero di militanti anarchici siciliani, il sindacalismo rivoluzionario radicato tra i contadini e i minatori della Sicilia "interna". Nelle estati del [[1911]] e del [[1914]], torna nell'Italia continentale per due ampi e fruttuosi giri di propaganda. Collabora intanto diffusamente alla stampa del movimento («'''La Rivolta'''» di Milano, «'''Rompete le file!'''» di Ravenna, «'''Il '94'''» e «'''Il Cavatore'''» di Carrara, «'''Libera tribuna'''» de Il Cairo, «'''La Comune'''» di Philadelphia, «'''Cronaca sovversiva'''» di Barre-Vermont ecc.) e compone saggi e lavori letterari d'incerto valore (a proposito dei quali si parlerà oggi di "scapigliatura meridionale"), in parte sequestratigli, manoscritti, nel [[1917]] e non ritrovati. Si salvano i due drammi «'''La morte dell'aquila'''» e «'''Tutto per l'amore'''» (Milano [[1917]]) in unico volume, preceduti da un denso saggio su «'''La guerra e la civiltà '''», di accorata denuncia dell'imperialismo e della guerra libica, e in difesa della civiltà araba. Nei mesi precedenti l'entrata dell'Italia in guerra, Schicchi svolge una febbrile e coraggiosa propaganda antibellica (che gli frutta alcuni processi) per le piazze dell'isola. Scoppiata la guerra, rientra a Collesano dove, agli articoli sulla stampa internazionale (ha un ruolo di rilievo nella compilazione del numero speciale della «'''Cronaca sovversiva'''», in data 18 marzo [[1916]], che passa in rassegna le posizioni degli [[antiorganizzatori]] «contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione!»), alterna il lavoro diretto nei campi, necessario per il sostentamento della famiglia. [[Image:S1.png|thumb|right|400px|«'''Il Vespro anarchico'''», Quindicinale degli Anarchici Siciliani diretto da Paolo Schicchi.]]Il giorno dell'armistizio, l'[[11 novembre]] [[1918]], tiene a Palermo un violento discorso al popolo raccolto in piazza Pretoria. Inizia subito dopo un'attivissima propaganda fra i contadini, incitandoli all'occupazione delle terre incolte. Sarà egli stesso protagonista dell'epica stagione delle occupazioni delle terre nella Sicilia occidentale, girando a cavallo per le campagne e affrontando latifondisti e mafiosi in affollati comizi (rimarranno celebri la "cavalcata di Prizzi" del [[7 settembre]] [[1919]] e il comizio tenuto nella stessa località il [[1° maggio]] successivo). Ai contadini dedica un libro, «'''Il Contadino e la questione sociale'''» (Palermo [[1919]]); un inno di battaglia, «'''Il Canto dei Gladiatori'''» (musicato a New York, nel febbraio [[1921]], dal maestro Vittorio Sciacca) e parecchi degli articoli pubblicati con vari pseudonimi ("L'artigliere", "Il picconiere", "Il mietitore", "Il falciatore", "Il contadino", "Un ex-studente", "Il barbaro", "Il bandito delle Madonie", "Massar") nei 14 numeri unici anarchici che appaiono dal luglio [[1919]] al maggio [[1921]].  Nel [[1920]] (Palermo) Schicchi pubblica «'''Fra la putredine borghese'''», il primo volume, rimasto unico, di una serie che avrebbe dovuto raccogliere i suoi articoli più noti e ricorrenti di critica politica e culturale. Ridà intanto vita al progetto di riorganizzazione del movimento anarchico siciliano, interrotto dieci anni prima, che ora fa perno sul gruppo comunista anarchico «'''Spartaco'''», fondato a Palermo all'indomani dell'armistizio. I collegamenti con i centri più attivi della Sicilia occidentale vengono garantiti, oltre che da convegni periodici (di Palazzo Adriano il [[7 luglio]] [[1919]], di Cefalù nell'estate del [[1920]] e di Palermo nel novembre [[1921]], da incontri informali in occasione di pubblici comizi, da continui giri di propaganda effettuati da Cannone, Guarisco, Napolitano, Marcello Natoli, dallo stesso Schicchi, e soprattutto dalla massiccia diffusione di un nuovo quindicinale, «'''Il Vespro anarchico'''», apparso a Palermo il [[6 maggio]] [[1921]], dedito quasi interamente alla lotta al fascismo e al bolscevismo. Tutto ciò risponde a una complessa strategia di espansione del movimento, con obiettivi principali la costruzione di un «fronte unico» fra gli anarchici di ogni tendenza e di un «fronte unito proletario» articolato rigidamente dal basso. Il «fronte unico» fra anarchici, che in Sicilia regge più che altrove, sarà posto in crisi dall'atteggiamento assunto dll'[[Unione Anarchica Italiana|UAI]] nei confronti dell'attentato al ''Diana''. Schicchi e i suoi corrispondenti, in particolare [[Pietro Gualducci]] da Londra, sono fermamente convinti che la bomba del ''Diana'' sia stata "ammaestrata" dalla polizia, mentre l'[[Unione Anarchica Italiana|UAI]] non esita a incolparne gli individualisti, unendosi al coro di deplorazione di socialisti e comunisti. I dissidenti sul «fronte unito proletario» hanno origine invece nell'esigenza, particolarmente sentita dagli anarchici siciliani, di non farsi assorbire come più volte in passato dai "cugini" socialisti attraverso "amoreggiamenti" equivoci: «Noi soli contro tutti» recita il titolo di un famoso articolo di Schicchi, apparso su «'''La Zappa'''» del [[10 novembre]] [[1920]]. Il che non significa opporsi ad una politica di alleanze dal basso, come precisa «'''Il Vespro anarchico'''» del [[20 agosto]] [[1921]] a proposito della costituzione anche in Sicilia di sezioni degli Arditi del popolo: queste avrebbero dovuto sorgere solo là dove gli anarchici avessero avuto la forza necessaria per fare rispettare le proprie vedute. In questi anni Schicchi deve affrontare numerosi processi, talvota assistito da un vecchio amico, l'avvocato [[Francesco Saverio Merlino|F. S. Merlino]], conclusi con l'assoluzione o il proscioglimento in istruttoria. Il «'''Vespro anarchico'''» viene soppresso per ordine diretto di Mussolini il [[15 ottobre]] [[1923]]. Il giorno precedente Schicchi è arrestato a Collesano. Subisce due processi: il primo, per vilipendio alla religione, si tiene presso la Corte d'assise di Termini Imerese alla fine dell'anno e lo vede impegnato in una lezione di esegesi dantesca rivolta ai giurati; il secondo, alla Corte d'assise di Palermo, per incitamento alla disobbedienza alle leggi e all'odio di classe, si conclude il [[1° maggio]] [[1924]] con una clamorosa assoluzione. Uscito dal carcere, minacciato dai fascisti, Schicchi progetta la fuga e la ripresa delle pubblicazioni de «'''Il Vespro anarchico'''» a Malta o a Tunisi. Nell'attesa trasferisce la sua attività pubblicistica sui due maggiori settimanali anarchici nordamericani, «'''Il Martello'''» e «'''[[L'Adunata dei refrattari]]'''», ampiamente diffusi nell'isola. Il [[6 ottobre]], eludendo la continua sorveglianza dei carabinieri, abbandona Collesano per raggiungere clandestinamente Tunisi. [[Image:S3.png|thumb|left|400px|Poesia di [[Dino Roberto]] per Paolo Schicchi.]]Qui, dove c'è una folta colonia anarchica siciliana, attacca il fascismo e la monarchia stampando prima il n.u. «'''Il Vespro sociale'''» e riprendendo poi, col n. 47, le regolari pubblicazioni de «'''Il Vespro anarchico'''». Ma già al numero successivo, pressate dal governo fascista, le autorità francesi di Tunisi sopprimono il giornale e Schicchi, che intanto ha iniziato su «'''[[L'Adunata dei refrattari]]'''» una nuova polemica con gli anarchici organizzatori, è costretto a trasferirsi a Marsiglia. A partire dal [[1° maggio]] [[1925]] dà vita nella città francese a un nuovo quindicinale, «'''Il Picconiere'''», nei cui otto numeri pubblica, tra l'altro, i documenti relativi al coinvolgimento di una parte degli esuli anarchici nell'organizzazione armata fondata da Ricciotti Garibaldi, per condurre segretamente l'opposizione in esilio alla disfatta politica e militare, in combutta con i fascisti. Gli anarchici "garibaldini" gli rispondono con un n.u. violentissimo, «'''Polemiche nostre'''». Schicchi, solleticato nel suo elemento, controbatte con due numeri unici consecutivi altrettanto violenti: «'''Il Pozzo dei traditori'''» e «'''L'Unione dei padellai'''». Dopo di che, dissuaso dal proseguire la polemica, indirizzerà i suoi strali principalmente contro Mussolini pubblicando i numeri unici «'''La Iena'''», «'''Ganellone'''» e «'''L'Africa'''». Non rinuncia tuttavia, negli anni seguenti, a punzecchiare [[Malatesta]], [[Luigi Fabbri|Fabbri]] e gli anarchici organizzatori della [[Unione Anarchica Italiana|UAI]] che considera, per la loro precedente politica di alleanze, come i principali responsabili delle difficoltà in cui si dibatte il movimento. All'inizio del [[1926]], Schicchi lascia Marsiglia per stabilirsi a La Ciorat con la sua compagna Maria Liberti e la figlia adottiva Liliana. Ai conoscenti in [[Italia]] invia, in busta chiusa, migliaia di copie della circolare «'''Ammazzateli come cani idrofobi'''», in cui espone il suo programma di lotta al [[fascismo]]. Intanto compie due viaggi clandestini a Genova e Torino, riceve aiuti finanziari consistenti dall'America e visite continue dagli esuli anarchici, tanto che il console italiano a Marsiglia potrà affermare, il [[1° novembre]] [[1926]], che «Schicchi dirige e organizza tutto il movimento anarchico dei connazionali in Francia». Il [[26 giugno]] [[1926]] esce a Parigi «'''La Diana'''», il nuovo quindicinale di cui è direttore insieme a [[Renato Siglich]]. Nel marzo del [[1927]] (Buenos Aires) egli pubblica, grazie all'aiuto finanziario dell'anarchico espropriatore [[Severino Di Giovanni]], il primo volume di «'''Casa Savoia'''», "implacabile" requisitoria contro i reali d'Italia di cui ripercorre la storia, gli scandali, i vizi pubblici e privati. L'[[8 giugno]] partecipa alla riunione anarchica di Tolone nella quale viene votata la non adesione degli anarchici al fronte unico antifascista. Nel frattempo avvia i preparativi per un suo ritorno in Sicilia ad organizzarvi un moto insurrezionale. A ostacolare il progetto interviene la sua espulsione dal territorio francese, il [[28 giugno]] [[1928]], che lo porta a vagare per la [[Francia]], il [[Belgio]], la [[Germania]], l'[[Austria]] esercitando per copertura il commercio di concimi chimici per conto del fratello Sante, residente in Argentina. Nel luglio del [[1929]] anche «'''La Diana'''» è soppressa dal governo francese. Schicchi rientra clandestinamente a Marsiglia e pubblica «'''La Guerra civile'''», numero unico che incita a far fatti e non parole. Dello stesso tenore sono il manifesto insurrezionale ai ''Siciliani'' e gli articoli che invia a «'''L'Aurora'''» di Boston. Il gruppo de «'''L'Aurora'''» finanzia la pubblicazione del secondo volume di «'''Casa Savoia'''»  (East-Boston), apparso in novembre, mentre un circolo criminologico viennese stampa l'anno successivo la prima parte delle «'''Storie di Francia'''» (Vienna), in cui Schicchi stigmatizza le violazioni del diritto di asilo da parte del governo francese. Nell'estate del [[1930]], partendo per l'Algeria e la [[Tunisia]], porta con sé i manoscritti del terzo volume di «'''Casa Savoia'''» e della seconda parte delle «'''Storie di Francia'''» che, consegnati a compagni, verranno smarriti. Per sei mesi riesce a confondere le idee degli agenti segreti fascisti sguinzagliati per il mondo sulle sue tracce, facendo diffondere dagli amici più fidati lettere, cartoline ed ogni altro genere di notizie che lo danno di volta in volta a New York, Buenos Aires, Vienna, Egitto, perfino in Russia. Sarà Amleto Natoli, fratello di Marcello, e poi Giovanni Allegra, infiltrato della polizia tra gli anarchici di Tunisi, a rivelare la sua presenza in quella città. Nonostante la defezione di molti compagni e la penuria dei mezzi, Schicchi decide di affrettare il suo rientro nell'isola. Il [[20 agosto]], assieme a [[Salvatore Renda]] e [[Filippo Gramignano]], s'imbarca clandestinamente sul piroscafo ''Argentina''. Preavvertita, la polizia lo arresta subito dopo lo sbarco a Palermo, il giorno successivo. Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato lo condanna il [[16 aprile]] [[1931]] a 10 anni di reclusione e tre di vigilanza speciale. Per effetto di un'amnistia sconta poco più di sei anni nei reclusori di Roma e Turi di Bari (dove ha modo di polemizzare con A. Gramsci). Ammalatosi gravemente, si rifiuta di appoggiare la domanda di grazia avanzata dai parenti.
Espulso dalla Svizzera l'[[11 settembre]] [[1891]], riprende la polemica a Barcellona col giornale trilingue «'''El porvenir anarquista'''» (due numeri e un supplemento) finché il sostegno da lui offerto alla rivolta di Jerez non serve da pretesto al governo spagnolo per arrestarlo, il [[10 febbraio]] [[1892]]. Torturato e ridotto in fin di vita, riesce con l'aiuto di [[Maria Margaleff]], la sua compagna spagnola, e corrompendo guardie e impiegati carcerari, a uscire di prigione il [[10 settembre]] dello stesso anno. Dopo un breve soggiorno a Marsiglia, il [[3 ottobre]] [[1892]] Schicchi è a Genova dove fa esplodere una bomba al Consolato spagnolo per vendicarsi delle sezizie subite e protestare contro le persecuzioni ai danni dei suoi compagni in Spagna. La sera stessa raggiunge Pisa con un passaporto intestato all'anarchico pisano [[Di Ciolo]], ma alla stazione, riconosciuto, viene arrestato dopo aver opposto una strenua resistenza, assime a [[Virgilio S. Mazzoni]], accorso in aiuto. Viene processato dalla Corte d'assise di Viterbo dal [[16|16 maggio]] al [[19 maggio]] [[1893]]: nonostante le generose arringhe difensive di [[Pietro Gori]] e di [[Vito Grignani]], Schicchi è condannato, per gli attentati di Palermo e Genova e il mancato omicidio del delegato Tarantelli alla stazione di Pisa, a 11 anni, tre mesi e 15 giorni di reclusione (più tre anni di sorveglianza speciale). La pena si accresce di un altro anno perché, alla lettura della sentenza, egli indirizza ai giudici l'epiteto di "pecorai" («'''Pecorai, microcefali imbecilli, sono contento, orgoglioso, e vado superbo d'aver potuto sacrificare la mia libertà per i santi principii dell'Anarchia!!'''»), e di altri due mesi e 10 giorni inflittigli il [[12 dicembre]] [[1893]] dal Tribunale militare di Alessandria per il reato di diserzione. Nel frattempo, promossa da [[Pietro Gori]] e dal «'''Sempre avanti!'''» di Livorno con la pubblicazione del ''Resoconto del processo'', da [[Luigi Molinari]] con un opuscolo biografico e dagli anarchici di Marsala, si estende in tutta Italia la campagna per la sua liberazione, presto interrotta dalla repressione crispina. Schicchi sconta quasi per intero la sua pena, per volontà del re che tanto aveva oltraggiato, nelle carceri di Oneglia, Orbetello e Viterbo. Nell'ottobre del [[1894]] è protagonista a Oneglia dell'ammutinamento di quei detenuti contro le condizioni di vita e le angherie del direttore del carcere. Negli anni successivi alimenta la campagna per la liberazione dei prigionieri e dei coatti politici con lettere che fa pervenire clandestinamente agli amici e ai compagni. [[Image:S2.png|thumb|left|400px|«'''Il pozzo dei traditori'''», articolo di Paolo Schicchi pubblicato nel marzo del [[1921]] su «'''L'Etna''', Numero unico degli Anarchici Siciliani».]]I socialisti. suo malgrado, lo portano candidato alle elezioni del [[1897]] a Grosseto e Cefalù; nel [[1901]] viene incluso senza successo nella lista dell'on. Marinuzzi a Palermo e nel [[1902]] in quella di Noè a Messina. Nel marzo del [[1904]] rifiuta sdegnosamente la grazia reale che gli è stata concessa in luogo dell'ultima amnistia. Il [[27 maggio]] successivo riacquista la libertà e torna a Collesano, dov'è sottoposto a vigilanza speciale fino al [[31 maggio]] [[1907]]. Riprende a scrivere, ne «'''[[La Battaglia]]'''», settimanale [[socialista]] di Palermo, e nei giornali anarchici. Il [[1° giugno]] [[1908]] parte per Milano dove va a dirigere «'''[[La Protesta Umana]]'''» ma già a settembre è in rotta con [[Nella Giacomelli]] ed [[Ettore Molinari]], tra i maggiori sostenitori di quel giornale. Ha inizio una polemica con gli anarchici milanesi, in particolare con gli "individualisti bisognisti", che sfocia nella pubblicazione (La Spezia lug. [[1909]]), della prima parte de «'''Le degenerazioni dell'anarchismo'''», dal titolo «'''Mentecatti e delinquenti'''». Rinuncia a pubblicare la seconda parte, su invito dei compagni a lui più vicini, limitandosi a diffondere l'[[8 gennaio]] [[1910]] una «'''Appendice alla parte prima de ''Le degenerazioni dell'anarchismo'''''» in cui risponde alle calunnie che la coppia "Epifane"-"Ieros" (pseudonimi di Molinari e della Giacomelli) hanno nel frattempo sparso sul suo conto. Reiscrittosi all'univeristà, prima a Bologna, poi a Pavia, infine a Pisa, con l'intento di laurearsi ed inserirsi in quegli ambienti letterari, attraversati da forti venature libertarie, [[scientismo|scientiste]] e [anticlericalismo|anticlericali]], se ne congederà definitivamente il [[19 luglio]] [[1910]]. Dopo la fucilazione di [[Francisco Ferrer y Guardia|Francisco Ferrer]], tiene numerose conferenze e comizi in Toscana e Liguria, specialmente di carattere anticlericale. All'attività oratoria affianca la fondazione, a Pisa, della Libreria Editrice Sociale e della Cooperativa tipografica «'''Germinal'''», dove stampa vari opuscoli e cartoline di propaganda, il «'''Satana'''», mensile dell'Associazione razionalista, e dal [[1° maggio]] [[1910]] «'''L'Avvenire anarchico'''», settimanale ch'egli stesso dirige per alcuni mesi. L'[[8 agosto]] [[1910]] è a Marsala dove, inviato dagli anarchici locali, tiene una conferenza su ''Scienza e religione''. Il Circolo di studi sociali, fondato per l'occasione, ha uno sviluppo talmente impetuoso da convincere Schicchi, già alle prese con difficoltà economiche e familiari (il padre muore l'anno dopo), a restare in Sicilia e ad assumere la direzione de «'''Il Proletario anarchico'''», un nuovo settimanale che vede la luce a Marsala il [[23 ottobre]] e che svolge fino al giugno [[1911]] una preziosa opera di orientamento e raccordo dell'intero movimento isolano. Ai temi usuali della propaganda degli [[antiorganizzatori]], che costituiscono in Sicilia l'ossatura del movimento, si aggiungono ora quelli della polemica "sicilianista", ch'egli conduce con una connotazione libertaria, di classe e federalista, risalente alla [[I Internazionale]] (ma parlerà anche di "passione del popolo siciliano" che rimonta all'epoca araba). Entrato in crisi il progetto di ricompattamento dell'anarchismo siciliano, Schicchi si ritira a coltivare la terra nei suoi poderi di Collesano. Non rinuncia di tanto in tanto a tenere comizi e conferenze in varie località dell'isola, grazie alle sottoscrizioni degli anarchici siciliani emigrati in America, specialmente dopo l'assassinio di Lorenzo Panepinto, Capolega di Santo Stefano Quisquina. Esercita in questo periodo particolare attrazione anche su di lui, come su un gran numero di militanti anarchici siciliani, il sindacalismo rivoluzionario radicato tra i contadini e i minatori della Sicilia "interna". Nelle estati del [[1911]] e del [[1914]], torna nell'Italia continentale per due ampi e fruttuosi giri di propaganda. Collabora intanto diffusamente alla stampa del movimento («'''La Rivolta'''» di Milano, «'''Rompete le file!'''» di Ravenna, «'''Il '94'''» e «'''Il Cavatore'''» di Carrara, «'''Libera tribuna'''» de Il Cairo, «'''La Comune'''» di Philadelphia, «'''Cronaca sovversiva'''» di Barre-Vermont ecc.) e compone saggi e lavori letterari d'incerto valore (a proposito dei quali si parlerà oggi di "scapigliatura meridionale"), in parte sequestratigli, manoscritti, nel [[1917]] e non ritrovati. Si salvano i due drammi «'''La morte dell'aquila'''» e «'''Tutto per l'amore'''» (Milano [[1917]]) in unico volume, preceduti da un denso saggio su «'''La guerra e la civiltà '''», di accorata denuncia dell'imperialismo e della guerra libica, e in difesa della civiltà araba. Nei mesi precedenti l'entrata dell'Italia in guerra, Schicchi svolge una febbrile e coraggiosa propaganda antibellica (che gli frutta alcuni processi) per le piazze dell'isola. Scoppiata la guerra, rientra a Collesano dove, agli articoli sulla stampa internazionale (ha un ruolo di rilievo nella compilazione del numero speciale della «'''Cronaca sovversiva'''», in data 18 marzo [[1916]], che passa in rassegna le posizioni degli [[antiorganizzatori]] «contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione!»), alterna il lavoro diretto nei campi, necessario per il sostentamento della famiglia. [[Image:S1.png|thumb|right|400px|«'''Il Vespro Anarchico''', Quindicinale degli Anarchici Siciliani» diretto da Paolo Schicchi.]]Il giorno dell'armistizio, l'[[11 novembre]] [[1918]], tiene a Palermo un violento discorso al popolo raccolto in piazza Pretoria. Inizia subito dopo un'attivissima propaganda fra i contadini, incitandoli all'occupazione delle terre incolte. Sarà egli stesso protagonista dell'epica stagione delle occupazioni delle terre nella Sicilia occidentale, girando a cavallo per le campagne e affrontando latifondisti e mafiosi in affollati comizi (rimarranno celebri la "cavalcata di Prizzi" del [[7 settembre]] [[1919]] e il comizio tenuto nella stessa località il [[1° maggio]] successivo). Ai contadini dedica un libro, «'''Il Contadino e la questione sociale'''» (Palermo [[1919]]); un inno di battaglia, «'''Il Canto dei Gladiatori'''» (musicato a New York, nel febbraio [[1921]], dal maestro Vittorio Sciacca) e parecchi degli articoli pubblicati con vari pseudonimi ("L'artigliere", "Il picconiere", "Il mietitore", "Il falciatore", "Il contadino", "Un ex-studente", "Il barbaro", "Il bandito delle Madonie", "Massar") nei 14 numeri unici anarchici che appaiono dal luglio [[1919]] al maggio [[1921]].  Nel [[1920]] (Palermo) Schicchi pubblica «'''Fra la putredine borghese'''», il primo volume, rimasto unico, di una serie che avrebbe dovuto raccogliere i suoi articoli più noti e ricorrenti di critica politica e culturale. Ridà intanto vita al progetto di riorganizzazione del movimento anarchico siciliano, interrotto dieci anni prima, che ora fa perno sul gruppo comunista anarchico «'''Spartaco'''», fondato a Palermo all'indomani dell'armistizio. I collegamenti con i centri più attivi della Sicilia occidentale vengono garantiti, oltre che da convegni periodici (di Palazzo Adriano il [[7 luglio]] [[1919]], di Cefalù nell'estate del [[1920]] e di Palermo nel novembre [[1921]], da incontri informali in occasione di pubblici comizi, da continui giri di propaganda effettuati da Cannone, Guarisco, Napolitano, Marcello Natoli, dallo stesso Schicchi, e soprattutto dalla massiccia diffusione di un nuovo quindicinale, «'''Il Vespro anarchico'''», apparso a Palermo il [[6 maggio]] [[1921]], dedito quasi interamente alla lotta al fascismo e al bolscevismo. Tutto ciò risponde a una complessa strategia di espansione del movimento, con obiettivi principali la costruzione di un «fronte unico» fra gli anarchici di ogni tendenza e di un «fronte unito proletario» articolato rigidamente dal basso. Il «fronte unico» fra anarchici, che in Sicilia regge più che altrove, sarà posto in crisi dall'atteggiamento assunto dll'[[Unione Anarchica Italiana|UAI]] nei confronti dell'attentato al ''Diana''. Schicchi e i suoi corrispondenti, in particolare [[Pietro Gualducci]] da Londra, sono fermamente convinti che la bomba del ''Diana'' sia stata "ammaestrata" dalla polizia, mentre l'[[Unione Anarchica Italiana|UAI]] non esita a incolparne gli individualisti, unendosi al coro di deplorazione di socialisti e comunisti. I dissidenti sul «fronte unito proletario» hanno origine invece nell'esigenza, particolarmente sentita dagli anarchici siciliani, di non farsi assorbire come più volte in passato dai "cugini" socialisti attraverso "amoreggiamenti" equivoci: «Noi soli contro tutti» recita il titolo di un famoso articolo di Schicchi, apparso su «'''La Zappa'''» del [[10 novembre]] [[1920]]. Il che non significa opporsi ad una politica di alleanze dal basso, come precisa «'''Il Vespro anarchico'''» del [[20 agosto]] [[1921]] a proposito della costituzione anche in Sicilia di sezioni degli Arditi del popolo: queste avrebbero dovuto sorgere solo là dove gli anarchici avessero avuto la forza necessaria per fare rispettare le proprie vedute. In questi anni Schicchi deve affrontare numerosi processi, talvota assistito da un vecchio amico, l'avvocato [[Francesco Saverio Merlino|F. S. Merlino]], conclusi con l'assoluzione o il proscioglimento in istruttoria. Il «'''Vespro anarchico'''» viene soppresso per ordine diretto di Mussolini il [[15 ottobre]] [[1923]]. Il giorno precedente Schicchi è arrestato a Collesano. Subisce due processi: il primo, per vilipendio alla religione, si tiene presso la Corte d'assise di Termini Imerese alla fine dell'anno e lo vede impegnato in una lezione di esegesi dantesca rivolta ai giurati; il secondo, alla Corte d'assise di Palermo, per incitamento alla disobbedienza alle leggi e all'odio di classe, si conclude il [[1° maggio]] [[1924]] con una clamorosa assoluzione. Uscito dal carcere, minacciato dai fascisti, Schicchi progetta la fuga e la ripresa delle pubblicazioni de «'''Il Vespro anarchico'''» a Malta o a Tunisi. Nell'attesa trasferisce la sua attività pubblicistica sui due maggiori settimanali anarchici nordamericani, «'''[[Il Martello (New York)|Il Martello]]'''» e «'''[[L'Adunata dei refrattari]]'''», ampiamente diffusi nell'isola. Il [[6 ottobre]], eludendo la continua sorveglianza dei carabinieri, abbandona Collesano per raggiungere clandestinamente Tunisi. [[Image:S3.png|thumb|left|400px|Poesia di [[Dino Roberto]] per Paolo Schicchi.]]Qui, dove c'è una folta colonia anarchica siciliana, attacca il fascismo e la monarchia stampando prima il n.u. «'''Il Vespro sociale'''» e riprendendo poi, col n. 47, le regolari pubblicazioni de «'''Il Vespro anarchico'''». Ma già al numero successivo, pressate dal governo fascista, le autorità francesi di Tunisi sopprimono il giornale e Schicchi, che intanto ha iniziato su «'''[[L'Adunata dei refrattari]]'''» una nuova polemica con gli anarchici organizzatori, è costretto a trasferirsi a Marsiglia. A partire dal [[1° maggio]] [[1925]] dà vita nella città francese a un nuovo quindicinale, «'''Il Picconiere'''», nei cui otto numeri pubblica, tra l'altro, i documenti relativi al coinvolgimento di una parte degli esuli anarchici nell'organizzazione armata fondata da Ricciotti Garibaldi, per condurre segretamente l'opposizione in esilio alla disfatta politica e militare, in combutta con i fascisti. Gli anarchici "garibaldini" gli rispondono con un n.u. violentissimo, «'''Polemiche nostre'''». Schicchi, solleticato nel suo elemento, controbatte con due numeri unici consecutivi altrettanto violenti: «'''Il Pozzo dei traditori'''» e «'''L'Unione dei padellai'''». Dopo di che, dissuaso dal proseguire la polemica, indirizzerà i suoi strali principalmente contro Mussolini pubblicando i numeri unici «'''La Iena'''», «'''Ganellone'''» e «'''L'Africa'''». Non rinuncia tuttavia, negli anni seguenti, a punzecchiare [[Malatesta]], [[Luigi Fabbri|Fabbri]] e gli anarchici organizzatori della [[Unione Anarchica Italiana|UAI]] che considera, per la loro precedente politica di alleanze, come i principali responsabili delle difficoltà in cui si dibatte il movimento. All'inizio del [[1926]], Schicchi lascia Marsiglia per stabilirsi a La Ciorat con la sua compagna Maria Liberti e la figlia adottiva Liliana. Ai conoscenti in [[Italia]] invia, in busta chiusa, migliaia di copie della circolare «'''Ammazzateli come cani idrofobi'''», in cui espone il suo programma di lotta al [[fascismo]]. Intanto compie due viaggi clandestini a Genova e Torino, riceve aiuti finanziari consistenti dall'America e visite continue dagli esuli anarchici, tanto che il console italiano a Marsiglia potrà affermare, il [[1° novembre]] [[1926]], che «Schicchi dirige e organizza tutto il movimento anarchico dei connazionali in Francia». Il [[26 giugno]] [[1926]] esce a Parigi «'''La Diana'''», il nuovo quindicinale di cui è direttore insieme a [[Renato Siglich]]. Nel marzo del [[1927]] (Buenos Aires) egli pubblica, grazie all'aiuto finanziario dell'anarchico espropriatore [[Severino Di Giovanni]], il primo volume di «'''Casa Savoia'''», "implacabile" requisitoria contro i reali d'Italia di cui ripercorre la storia, gli scandali, i vizi pubblici e privati. L'[[8 giugno]] partecipa alla riunione anarchica di Tolone nella quale viene votata la non adesione degli anarchici al fronte unico antifascista. Nel frattempo avvia i preparativi per un suo ritorno in Sicilia ad organizzarvi un moto insurrezionale. A ostacolare il progetto interviene la sua espulsione dal territorio francese, il [[28 giugno]] [[1928]], che lo porta a vagare per la [[Francia]], il [[Belgio]], la [[Germania]], l'[[Austria]] esercitando per copertura il commercio di concimi chimici per conto del fratello Sante, residente in Argentina. Nel luglio del [[1929]] anche «'''La Diana'''» è soppressa dal governo francese. Schicchi rientra clandestinamente a Marsiglia e pubblica «'''La Guerra civile'''», numero unico che incita a far fatti e non parole. Dello stesso tenore sono il manifesto insurrezionale ai ''Siciliani'' e gli articoli che invia a «'''[[L'Aurora]]'''» di Boston. Il gruppo de «'''[[L'Aurora]]'''» finanzia la pubblicazione del secondo volume di «'''Casa Savoia'''»  (East-Boston), apparso in novembre, mentre un circolo criminologico viennese stampa l'anno successivo la prima parte delle «'''Storie di Francia'''» (Vienna), in cui Schicchi stigmatizza le violazioni del diritto di asilo da parte del governo francese. Nell'estate del [[1930]], partendo per l'Algeria e la [[Tunisia]], porta con sé i manoscritti del terzo volume di «'''Casa Savoia'''» e della seconda parte delle «'''Storie di Francia'''» che, consegnati a compagni, verranno smarriti. Per sei mesi riesce a confondere le idee degli agenti segreti fascisti sguinzagliati per il mondo sulle sue tracce, facendo diffondere dagli amici più fidati lettere, cartoline ed ogni altro genere di notizie che lo danno di volta in volta a New York, Buenos Aires, Vienna, Egitto, perfino in Russia. Sarà Amleto Natoli, fratello di Marcello, e poi Giovanni Allegra, infiltrato della polizia tra gli anarchici di Tunisi, a rivelare la sua presenza in quella città. Nonostante la defezione di molti compagni e la penuria dei mezzi, Schicchi decide di affrettare il suo rientro nell'isola. Il [[20 agosto]], assieme a [[Salvatore Renda]] e [[Filippo Gramignano]], s'imbarca clandestinamente sul piroscafo ''Argentina''. Preavvertita, la polizia lo arresta subito dopo lo sbarco a Palermo, il giorno successivo. Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato lo condanna il [[16 aprile]] [[1931]] a 10 anni di reclusione e tre di vigilanza speciale. Per effetto di un'amnistia sconta poco più di sei anni nei reclusori di Roma e Turi di Bari (dove ha modo di polemizzare con A. Gramsci). Ammalatosi gravemente, si rifiuta di appoggiare la domanda di grazia avanzata dai parenti.


=== Ultimi ruggiti del Leone di Collesano ===
=== Ultimi ruggiti del Leone di Collesano ===
Anziché venir liberato, il [[28 gennaio]] [[1937]] è tradotto nelle carceri di Palermo. Ha 72 anni e soffre di idropisia, arteriosclerosi, palpitazione cardiaca, asma bronchiale, sciatica, catarro, cecità incipiente e rovina di tutti i denti. Nel frattempo la Questura di Palermo saccheggia la sua casa natale, sequestrando gran parte della biblioteca di famiglia, centinaia di giornali e di opuscoli e persino i quaderni compilati in carcere alla fine dell'Ottocento e muniti del visto della censura. Questo materiale servirà da pretesto per il suo invio al confino prima di Ponza, il [[9 marzo]] [[1937]], poi di Ventotene, il [[13 luglio]] [[1939]], dove viene circondato dalle premure e dall'affetto di tutti i confinati, al di là di ogni colore politico. Per le peggiorate condizioni di salute, l'[[8 ottobre]] [[1940]] il confino gli viene commutato in ammonizione ed egli può tornare a Collesano. Nel giugno [[1941]] riceve l'autorizzazione ad operarsi di ernia inguinale nella clinica ''Noto'' di Palermo, dove rimane convalescente fino alla fine della guerra, protetto dal primario dottor Pasqualino e soprattutto da Aurelio Drago, ex [[socialista]] e amico di gioventù, ora senatore del Regno, che gli evita la traduzione al nuovo confino di Ustica. Il [[10 settembre]] [[1943]] inizia a Palermo, d'intesa con giovani libertari, repubblicani, socialisti e comunisti, la pubblicazione di una serie di manifesti contro il vecchio e il risorgente fascismo («'''Siciliani!'''», «'''L'Impero di Ganellone'''», ecc.), riuniti sotto le comuni testate del «'''Fronte unico della liberazione'''» (due numeri) e de «'''La Diana del fronte unico della liberazione'''» (due numeri), tramutatesi col [[1944]] nel «'''Fronte unico del vespro sociale'''» (due numeri), e in un opuscolo di propaganda, «'''La Società Futura'''». Nel settembre [[1944]] Schicchi dà vita alla prima serie delle «'''Conversazioni sociali'''» (Palermo), a cui seguono l'anno dopo altre tre serie. Vi raccoglie ricordi, suoi scritti e pensieri antichi e recenti, anticipando quanto farà dal marzo [[1946]] con una nuova rivista mensile di cultura sociale, «'''L'Era nuova'''». Fanno scalpore in questo periodo le sue "avances" interlocutorie verso il separatismo siciliano e la bassa mafia. Nonostante l'età avanzata, partecipa attivamente alla rinascita del movimento anarchico nell'isola, promovendone un primo Convegno a Palermo il [[3 settembre|3]] e [[4 settembre]] [[1944]]. [[Image:S6.png|thumb|right|400px|Versi di [[Sandro Pertini]] per Paolo Schicchi.]]La sua posizione, favorevole all'unione «di tutte le sante forze proletarie rivoluzionarie, per opporla occorrendo a qualsiasi attacco della reazione», ma «senza alleanze ibride e senza deformazioni di nessuna specie», viene equivocata dai compagni dell'«Alleanza libertaria», riuniti in Congresso una settimana dopo a Napoli, che temono una sua adesione al fronte unico con i comunisti. Ne nasce una penosa con [[Giovanna Berneri]] e [[Cesare Zaccaria]] mai pienamente sopita. Così, nonostante approvi tacitamente la fondazione della Federazione anarchica siciliana, avvenuta a Palermo il [[2 marzo]] [[1947]], Schicci si ritrova l'anno dopo a fianco dell'anarchico napoletano [[Giuseppe Grillo]] nel suo attacco a Masini e gli "accentratori" della [[FAI]]. «'''L'Era nuova'''» interrompe intanto le pubblicazioni col numero doppio dell'aprile-maggio [[1948]] perché egli si rifiuta di ottemperare alle formalità richieste dalla nuova legge sulla stampa. Appaiono perciò una serie di numeri unici (11 e un supplemento), l'ultimo dei quali, «'''Il Vespro della nuova civiltà '''», esce nel maggio-giugno [[1950]], alla vigilia di una nuova operazione di ernia che gli sarà fatale. Schicchi cessa di vivere a Palermo il [[12 dicembre]] [[1950]]. I parenti che lo assistono in punto di morte, distintisi per il loro passato [[fascista]] e bigotto, spargono seduta stante la leggenda della sua conversione al cattolicesimo. È il primo tentativo di profanazione della sua memoria, presto smascherato, al quale non mancheranno di seguirne altri da parte dei suoi detrattori politici, numerosi nello stesso movimento anarchico. Tuttavia ancor oggi, in molti luoghi della Sicilia occidentale continuano a circolare leggende e aneddoti fantastici sul "leone di Collesano", sulla sua vita avventurosa e il suo carattere di lottatore indomito e ribelle.
Anziché venir liberato, il [[28 gennaio]] [[1937]] è tradotto nelle carceri di Palermo. Ha 72 anni e soffre di idropisia, arteriosclerosi, palpitazione cardiaca, asma bronchiale, sciatica, catarro, cecità incipiente e rovina di tutti i denti. Nel frattempo la Questura di Palermo saccheggia la sua casa natale, sequestrando gran parte della biblioteca di famiglia, centinaia di giornali e di opuscoli e persino i quaderni compilati in carcere alla fine dell'Ottocento e muniti del visto della censura. Questo materiale servirà da pretesto per il suo invio al confino prima di Ponza, il [[9 marzo]] [[1937]], poi di Ventotene, il [[13 luglio]] [[1939]], dove viene circondato dalle premure e dall'affetto di tutti i confinati, al di là di ogni colore politico. Per le peggiorate condizioni di salute, l'[[8 ottobre]] [[1940]] il confino gli viene commutato in ammonizione ed egli può tornare a Collesano. Nel giugno [[1941]] riceve l'autorizzazione ad operarsi di ernia inguinale nella clinica ''Noto'' di Palermo, dove rimane convalescente fino alla fine della guerra, protetto dal primario dottor Pasqualino e soprattutto da Aurelio Drago, ex [[socialista]] e amico di gioventù, ora senatore del Regno, che gli evita la traduzione al nuovo confino di Ustica. Il [[10 settembre]] [[1943]] inizia a Palermo, d'intesa con giovani libertari, repubblicani, socialisti e comunisti, la pubblicazione di una serie di manifesti contro il vecchio e il risorgente fascismo («'''Siciliani!'''», «'''L'Impero di Ganellone'''»ecc.), riuniti sotto le comuni testate del «'''Fronte unico della liberazione'''» (due numeri) e de «'''La Diana del fronte unico della liberazione'''» (due numeri), tramutatesi col [[1944]] nel «'''Fronte unico del vespro sociale'''» (due numeri), e in un opuscolo di propaganda, «'''La Società Futura'''». Nel settembre [[1944]] Schicchi dà vita alla prima serie delle «'''Conversazioni sociali'''» (Palermo), a cui seguono l'anno dopo altre tre serie. Vi raccoglie ricordi, suoi scritti e pensieri antichi e recenti, anticipando quanto farà dal marzo [[1946]] con una nuova rivista mensile di cultura sociale, «'''L'Era nuova'''». Fanno scalpore in questo periodo le sue "avances" interlocutorie verso il separatismo siciliano e la bassa mafia. Nonostante l'età avanzata, partecipa attivamente alla rinascita del movimento anarchico nell'isola, promovendone un primo Convegno a Palermo il [[3 settembre|3]] e [[4 settembre]] [[1944]]. [[Image:S6.png|thumb|right|400px|Versi di [[Sandro Pertini]] per Paolo Schicchi.]]La sua posizione, favorevole all'unione «di tutte le sante forze proletarie rivoluzionarie, per opporla occorrendo a qualsiasi attacco della reazione», ma «senza alleanze ibride e senza deformazioni di nessuna specie», viene equivocata dai compagni dell'«Alleanza libertaria», riuniti in Congresso una settimana dopo a Napoli, che temono una sua adesione al fronte unico con i comunisti. Ne nasce una penosa con [[Giovanna Berneri]] e [[Cesare Zaccaria]] mai pienamente sopita. Così, nonostante approvi tacitamente la fondazione della Federazione anarchica siciliana, avvenuta a Palermo il [[2 marzo]] [[1947]], Schicci si ritrova l'anno dopo a fianco dell'anarchico napoletano [[Giuseppe Grillo]] nel suo attacco a Masini e gli "accentratori" della [[FAI]]. «'''L'Era nuova'''» interrompe intanto le pubblicazioni col numero doppio dell'aprile-maggio [[1948]] perché egli si rifiuta di ottemperare alle formalità richieste dalla nuova legge sulla stampa. Appaiono perciò una serie di numeri unici (11 e un supplemento), l'ultimo dei quali, «'''Il Vespro della nuova civiltà '''», esce nel maggio-giugno [[1950]], alla vigilia di una nuova operazione di ernia che gli sarà fatale. Schicchi cessa di vivere a Palermo il [[12 dicembre]] [[1950]]. I parenti che lo assistono in punto di morte, distintisi per il loro passato [[fascista]] e bigotto, spargono seduta stante la leggenda della sua conversione al cattolicesimo. È il primo tentativo di profanazione della sua memoria, presto smascherato, al quale non mancheranno di seguirne altri da parte dei suoi detrattori politici, numerosi nello stesso movimento anarchico. Tuttavia ancor oggi, in molti luoghi della Sicilia occidentale continuano a circolare leggende e aneddoti fantastici sul "leone di Collesano", sulla sua vita avventurosa e il suo carattere di lottatore indomito e ribelle.


== La tendenza [[antiorganizzatrice]] ==
== La tendenza [[antiorganizzatrice]] ==
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== Collegamenti esterni ==
== Collegamenti esterni ==
*''[http://anarcopedia.altervista.org/PS_Il_contadino.pdf Il Contadino e la questione sociale]'', di Paolo Schicchi
*''[http://anarcopedia.altervista.org/PS_Il_contadino.pdf Il contadino e La questione sociale]'', di Paolo Schicchi
*''[http://anarcopedia.altervista.org/PS_Noi_soli.pdf Noi soli contro tutti!]'', di Paolo Schicchi
*''[http://anarcopedia.altervista.org/PS_Noi_soli.pdf Noi soli contro tutti!]'', di Paolo Schicchi
*''[https://lemaquis.noblogs.org/post/2023/08/15/schicchi-paolo-la-guerra-e-la-civilta-mondo-arabo-e-aggressione-occidentale/ La guerra e la civiltà. Mondo arabo e aggressione occidentale]'', di Paolo Schicchi
*''[https://lemaquis.noblogs.org/post/2023/08/19/schicchi-paolo-storie-di-francia-prima-parte/ Storie di Francia. Parte I]'', di Paolo Schicchi
*''[https://lemaquis.noblogs.org/post/2023/08/19/schicchi-paolo-casa-savoia-voll-1-e-2/ Casa Savoia]'' (volumi I e II), di Paolo Schicchi
*''[https://lemaquis.noblogs.org/post/2023/08/19/schicchi-paolo-conversazioni-sociali/ Conversazioni Sociali]'' (quattro serie), di Paolo Schicchi
*''[https://lemaquis.noblogs.org/post/2021/05/01/pensiero-e-dinamite-numero-unico-degli-anarchici-siciliani/ Pensiero e Dinamite. Numero unico degli Anarchici Siciliani]'', numero unico pubblicato a Palermo il [[1° maggio]] [[1920]] e gestito da Paolo Schicchi
*''[https://lemaquis.noblogs.org/post/2023/08/31/corsentino-michele-il-processo-paolo-schicchi-davanti-alla-corte-dassise-di-palermo-nel-1924/ Il processo Paolo Schicchi davanti alla Corte d'Assise di Palermo nel 1924]'', di Michele Corsentino
*''[https://lemaquis.noblogs.org/post/2023/08/31/gramignano-filippo-il-tentativo-rivoluzionario-di-paolo-schicchi-del-1930/ Il tentativo rivoluzionario di Paolo Schicchi del 1930]'', di Filippo Gramignano


[[Categoria:Anarchici|Schicchi, Paolo]]
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