Narodnaja Volja: differenze tra le versioni

nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 51: Riga 51:


=== Gli agenti ===
=== Gli agenti ===
Secondo N. Ochanina, «gli agenti sono nominati dal Comitato esecutivo e non hanno alcun diritto, essi non hanno che obbligazioni» <ref>M. Ochanina, citato da [[Edvard Radzinsky]], in ''Alexandre II'', pag. 384.</ref>. Sono catalogati in due categorie: quelli di « primo grado » sono quelli che beneficiano della fiducia totale del Comitato esecutivo; tutti gli altri sono considerati appartenenti al « secondo grado ».
Secondo N. Ochanina, «gli agenti sono nominati dal Comitato esecutivo e non hanno alcun diritto, essi non hanno che obbligazioni». <ref>M. Ochanina, citato da [[Edvard Radzinsky]], in ''Alexandre II'', pag. 384.</ref> Sono catalogati in due categorie: quelli di « primo grado » sono quelli che beneficiano della fiducia totale del Comitato esecutivo; tutti gli altri sono considerati appartenenti al « secondo grado ».


=== La sezione esecutiva ===
=== La sezione esecutiva ===
Riga 58: Riga 58:


== Il programma==
== Il programma==
Il programma del movimento è semplice e si riduceva ad un unico obiettivo: «Sostituire la volontà dispotica di uno solo con la volontà del popolo» <ref> René Cannac in ''Nechaev'', pag. 150.</ref>La loro parola d'ordine fu «Morte all'autorità», il desiderio più grande la creazione di una società di liberi ed uguali ed il loro motto «Terra e libertà» sarà ampiamente ripreso da anarchici di mezzo mondo (soprattutto messicani e spagnoli con il loro: «''[[Tierra y Libertad]]''»).  
Il programma del movimento è semplice e si riduceva ad un unico obiettivo: «Sostituire la volontà dispotica di uno solo con la volontà del popolo». <ref>René Cannac in ''Nechaev'', pag. 150.</ref> La loro parola d'ordine fu «Morte all'autorità», il desiderio più grande la creazione di una società di liberi ed uguali ed il loro motto «Terra e libertà» sarà ampiamente ripreso da anarchici di mezzo mondo (soprattutto messicani e spagnoli con il loro: «''[[Tierra y Libertad]]''»).  


I '''''narodniki''''' (''narodnicestvo'', da ''narod'', popolo) vengono talvolta definiti anche nichilisti, ma ciò non deve confonderli con il [[nichilismo]] filosofico di [[Nietzsche]] e d'altri pensatori simili, poiché il loro programma si fondava sulla fiducia estrema verso il [[positivismo]] e il [[materialismo]].  
I '''''narodniki''''' (''narodnicestvo'', da ''narod'', popolo) vengono talvolta definiti anche nichilisti, ma ciò non deve confonderli con il [[nichilismo]] filosofico di [[Nietzsche]] e d'altri pensatori simili, poiché il loro programma si fondava sulla fiducia estrema verso il [[positivismo]] e il [[materialismo]].  


L'accordo tra i militanti era completo sulla necessità di ricorso al terrorismo, ma i membri del Comitato Esecutivo sembrerebbe che talvolta abbiano nutrito scrupoli morali legittimità delle loro azioni <ref> Citato da René Cannac in ''Nechaev'', pag. 150.</ref>. Il movimento non considerava di dover prendere il potere una volta caduto il regime zarista. Auspicava la formazione di un governo provvisorio e l'elezione di una Costituente. Per diffondere il proprio programma e le proprie azioni, Narodnaja Volja si dotò di un omonimo giornale clandestino.
L'accordo tra i militanti era completo sulla necessità di ricorso al terrorismo, ma i membri del Comitato Esecutivo sembrerebbe che talvolta abbiano nutrito scrupoli morali legittimità delle loro azioni. <ref>Citato da René Cannac in ''Nechaev'', pag. 150.</ref> Il movimento non considerava di dover prendere il potere una volta caduto il regime zarista. Auspicava la formazione di un governo provvisorio e l'elezione di una Costituente. Per diffondere il proprio programma e le proprie azioni, Narodnaja Volja si dotò di un omonimo giornale clandestino.


==La lotta anti-zarista: i precedenti==
==La lotta anti-zarista: i precedenti==
Riga 74: Riga 74:
Dopo la nascita ufficiale del [[26 agosto]] [[1879]], Narodnaja Volja decise di fare dell'assassinio di Alessandro II il suo obiettivo primario. Il Comitato Esecutivo decise l'utilizzo di esplosivi anziché pistola o coltello, perché questi erano ritenuti troppo imprecisi. Non appena il [[12 settembre]] il Comitato Esecutivo si proclamò «società segreta completamente autonoma nelle sue azioni» <ref>Franco Venturi, pag. 1048.</ref>, simultaneamente cominciarono i violenti attacchi alla vita dello Zar.  
Dopo la nascita ufficiale del [[26 agosto]] [[1879]], Narodnaja Volja decise di fare dell'assassinio di Alessandro II il suo obiettivo primario. Il Comitato Esecutivo decise l'utilizzo di esplosivi anziché pistola o coltello, perché questi erano ritenuti troppo imprecisi. Non appena il [[12 settembre]] il Comitato Esecutivo si proclamò «società segreta completamente autonoma nelle sue azioni» <ref>Franco Venturi, pag. 1048.</ref>, simultaneamente cominciarono i violenti attacchi alla vita dello Zar.  


Il '''primo''' fu preparato da [[Vera Figner]], [[Aleksandr Kviatkovskij]] e [[Nikolaj Kibal'čič]] <ref>Nikolaj Kibal'čič è stato un lontano parente di [[Victor Serge]], l'anarchico russo che poi passò dalla parte dei bolscevichi pur mantenendo posizioni critiche nei confronti dello [[stalinismo]].</ref>. L'intenzione era colpire lo zar durante il suo soggiorno a Livadia, in Crimea. Spacciandosi per una giovane coppia, Figner e Kibal'čič affittarono un appartamento nella regione di Odessa, dove intendevano confezionare le cariche esplosive. La dinamite fu acquistata e importata clandestinamente dalla [[Svizzera]] <ref>[[Edvard Radzinsky]], ''Alexandre II'', pag. 388.</ref>. Alcuni complici, Nikolaj Frolenko e sua moglie Tatiana Lebedeva, avrebbero dovuto piazzare gli esplosivi sulla ferrovia Odessa-Mosca. L'arresto di un militante non fermò però i preparativi, ma l'attentato fu sospeso perché il treno imperiale non sarebbe più passato da lì.
Il '''primo''' fu preparato da [[Vera Figner]], [[Aleksandr Kviatkovskij]] e [[Nikolaj Kibal'čič]]. <ref>Nikolaj Kibal'čič è stato un lontano parente di [[Victor Serge]], l'anarchico russo che poi passò dalla parte dei bolscevichi pur mantenendo posizioni critiche nei confronti dello [[stalinismo]].</ref> L'intenzione era colpire lo zar durante il suo soggiorno a Livadia, in Crimea. Spacciandosi per una giovane coppia, Figner e Kibal'čič affittarono un appartamento nella regione di Odessa, dove intendevano confezionare le cariche esplosive. La dinamite fu acquistata e importata clandestinamente dalla [[Svizzera]]. <ref>[[Edvard Radzinsky]], ''Alexandre II'', pag. 388.</ref> Alcuni complici, Nikolaj Frolenko e sua moglie Tatiana Lebedeva, avrebbero dovuto piazzare gli esplosivi sulla ferrovia Odessa-Mosca. L'arresto di un militante non fermò però i preparativi, ma l'attentato fu sospeso perché il treno imperiale non sarebbe più passato da lì.


Il '''secondo''' tentativo fu organizzato da [[Andrej Želiabov]] ed intendeva colpire la linea ferroviaria che collegava la Crimea con Charkov. In quella linea, il [[18 novembre]], sarebbe dovuto passare il treno imperiale. I militanti di Volontà del Popolo riuscirono, attraverso documenti falsi, ad aprire una conceria, dove figurava che vi lavoravano Jakov Tichonov e Ivan Okladskij, due militanti dell'organizzazione. Furono scavate delle buche sotto la linea ferroviaria e quindi collocate cariche esplosive, ma qualcosa andò male e l'esplosione, prevista per il [[18 novembre]] [[1879]], non si concretizzò. Probabilmente la causa era ascrivibile ad un malfunzionamento del detonatore elettrico.
Il '''secondo''' tentativo fu organizzato da [[Andrej Želiabov]] ed intendeva colpire la linea ferroviaria che collegava la Crimea con Charkov. In quella linea, il [[18 novembre]], sarebbe dovuto passare il treno imperiale. I militanti di Volontà del Popolo riuscirono, attraverso documenti falsi, ad aprire una conceria, dove figurava che vi lavoravano Jakov Tichonov e Ivan Okladskij, due militanti dell'organizzazione. Furono scavate delle buche sotto la linea ferroviaria e quindi collocate cariche esplosive, ma qualcosa andò male e l'esplosione, prevista per il [[18 novembre]] [[1879]], non si concretizzò. Probabilmente la causa era ascrivibile ad un malfunzionamento del detonatore elettrico.
Riga 82: Riga 82:
Il [[5 febbraio]] [[1880]] «Volontà del Popolo» attaccò il Palazzo d'Inverno approfittando di un suo militante, Stepan Chalturin, che nel settembre [[1879]] era riuscito a farsi assumere come ebanista sotto falsa identità di Batičkov. Questo fu il '''quarto''' tentativo messo in piedi dai populisti. Inizialmente Chalturin pensava di uccidere lo Zar a colpi d'ascia non appena ne fosse capitata l'occasione, però il Comitato esecutivo rifiutò la proposta e optò per il "solito" attentato dinamitardo. Probabilmente Chalturin non riuscì a procurarsi una quantità di esplosivo sufficiente, per questo la carica che piazzò nella stanza da pranzo creò abbastanza danni ma senza riuscire ad uccidere alcun famigliare dello zar. Inoltre, al momento dell'esplosione, lo zar non era nemmeno presente a pranzo in quanto in leggero ritardo. Nel panico che ne seguì gli autori materiali dell'attentato fuggirono.  
Il [[5 febbraio]] [[1880]] «Volontà del Popolo» attaccò il Palazzo d'Inverno approfittando di un suo militante, Stepan Chalturin, che nel settembre [[1879]] era riuscito a farsi assumere come ebanista sotto falsa identità di Batičkov. Questo fu il '''quarto''' tentativo messo in piedi dai populisti. Inizialmente Chalturin pensava di uccidere lo Zar a colpi d'ascia non appena ne fosse capitata l'occasione, però il Comitato esecutivo rifiutò la proposta e optò per il "solito" attentato dinamitardo. Probabilmente Chalturin non riuscì a procurarsi una quantità di esplosivo sufficiente, per questo la carica che piazzò nella stanza da pranzo creò abbastanza danni ma senza riuscire ad uccidere alcun famigliare dello zar. Inoltre, al momento dell'esplosione, lo zar non era nemmeno presente a pranzo in quanto in leggero ritardo. Nel panico che ne seguì gli autori materiali dell'attentato fuggirono.  


Due giorni dopo l'ultimo attacco fallito, Narodnaja Volja pubblicò una dichiarazione che esprimeva il proprio rammarico: «Avvertiamo ancora una volta l'imperatore che proseguiremo la lotta fino a che non si dimette dal suo potere a beneficio del popolo. Fino a quando non affiderà il compito di riorganizzare le istituzioni ad una Assemblea costituente» <ref>Hélène Carrère d'Encausse, ''Alexandre II'', pag. 424.</ref>. L'attacco rivelò anche l'insicurezza perenne in cui viveva la famiglia imperiale e qualcuno pensò che dietro potesse esserci un complotto ordito dai nobili (alcuni arrivarono al punto di includere tra i mandanti Konstantin Nikolaevič, il fratello dello Zar). Ovviamente Narodnaja Volja negò fortemente l'idea complottista e rivendicò la paternità dell'azione compiuta da Khalturine. Il [[19 febbraio]], alcuni giornali stranieri riportano che la notizia che Alessandro II avrebbe l'intenzione di elaborare una nuova costituzione per celebrare il 25° anniversario della sua ascesa al trono. I flebili entusiasmi si ruppero quando fu eletto come ministro dell'interno il militare Michail Loris-Melikov, che annunciò l'inizio della «dittatura del cuore e dello spirito».  
Due giorni dopo l'ultimo attacco fallito, Narodnaja Volja pubblicò una dichiarazione che esprimeva il proprio rammarico: «Avvertiamo ancora una volta l'imperatore che proseguiremo la lotta fino a che non si dimette dal suo potere a beneficio del popolo. Fino a quando non affiderà il compito di riorganizzare le istituzioni ad una Assemblea costituente». <ref>Hélène Carrère d'Encausse, ''Alexandre II'', pag. 424.</ref> L'attacco rivelò anche l'insicurezza perenne in cui viveva la famiglia imperiale e qualcuno pensò che dietro potesse esserci un complotto ordito dai nobili (alcuni arrivarono al punto di includere tra i mandanti Konstantin Nikolaevič, il fratello dello Zar). Ovviamente Narodnaja Volja negò fortemente l'idea complottista e rivendicò la paternità dell'azione compiuta da Khalturine. Il [[19 febbraio]], alcuni giornali stranieri riportano che la notizia che Alessandro II avrebbe l'intenzione di elaborare una nuova costituzione per celebrare il 25° anniversario della sua ascesa al trono. I flebili entusiasmi si ruppero quando fu eletto come ministro dell'interno il militare Michail Loris-Melikov, che annunciò l'inizio della «dittatura del cuore e dello spirito».  


Un '''quinto''' attentato fu organizzato da [[Andrej Želiabov]] per il [[16 agosto]] [[1880]] a San Pietroburgo, sul ponte Kamenny, lungo il tragitto che dal Palazzo d'Inverno conduceva alla stazione ferroviaria di Tsarskoe Selo. L'attentato fallì per mancata sincronizzazione tra i militanti; parte dell'esplosivo fu perso nelle acque del fiume e ritrovato un anno più tardi.
Un '''quinto''' attentato fu organizzato da [[Andrej Želiabov]] per il [[16 agosto]] [[1880]] a San Pietroburgo, sul ponte Kamenny, lungo il tragitto che dal Palazzo d'Inverno conduceva alla stazione ferroviaria di Tsarskoe Selo. L'attentato fallì per mancata sincronizzazione tra i militanti; parte dell'esplosivo fu perso nelle acque del fiume e ritrovato un anno più tardi.
Riga 89: Riga 89:


===I preparativi===
===I preparativi===
Per nulla scoraggiati dai precedenti fallimenti, Narodnaja Volja organizzò un nuovo attentato contro lo zar Alessandro II. Per prima cosa furono esaminate con attenzione le abitudini dell'imperatore, si scoprì che egli la domenica aveva l'abitudine di recarsi al maneggio Mikhaïlovski (San Pietroburgo), dopo il quale si recava con la moglie Ekaterina Mikhaïlovna Dolgoroukova a fare una passeggiata lungo il canale Griboïedov. Furono individuati due punti di passaggio obbligati (la via ''Malaïa Sadovaïa'' e il canale Griboïedov) e si prese la decisione di minarli entrambi. Se per caso lo zar non fosse passato da lì, oppure se qualcosa fosse andato storto, sarebbero intervenuti quattro lanciatori di bombe. Nel caso anche questi interventi non avessero raggiunto l'obiettivo preposto (cioè la morte dello zar), sarebbe intervenuto in prima persona [[Andrei Jeliabov]] armato di pugnale e coltello. <ref name="ref-9">Franco Venturi, pag. 1119.</ref> Secondo Franco Venturi, quello organizzato dai ''narodnki'' (militanti populisti) «non era più un attentato, ma un'azione di guerra partigiana, organizzata con la volontà di riuscire a tutti i costi» <ref name="ref-9">Franco Venturi, pag. 1119.</ref>.
Per nulla scoraggiati dai precedenti fallimenti, Narodnaja Volja organizzò un nuovo attentato contro lo zar Alessandro II. Per prima cosa furono esaminate con attenzione le abitudini dell'imperatore, si scoprì che egli la domenica aveva l'abitudine di recarsi al maneggio Mikhaïlovski (San Pietroburgo), dopo il quale si recava con la moglie Ekaterina Mikhaïlovna Dolgoroukova a fare una passeggiata lungo il canale Griboïedov. Furono individuati due punti di passaggio obbligati (la via ''Malaïa Sadovaïa'' e il canale Griboïedov) e si prese la decisione di minarli entrambi. Se per caso lo zar non fosse passato da lì, oppure se qualcosa fosse andato storto, sarebbero intervenuti quattro lanciatori di bombe. Nel caso anche questi interventi non avessero raggiunto l'obiettivo preposto (cioè la morte dello zar), sarebbe intervenuto in prima persona [[Andrei Jeliabov]] armato di pugnale e coltello. <ref name="ref-9">Franco Venturi, pag. 1119.</ref> Secondo Franco Venturi, quello organizzato dai ''narodnki'' (militanti populisti) «non era più un attentato, ma un'azione di guerra partigiana, organizzata con la volontà di riuscire a tutti i costi». <ref name="ref-9">Franco Venturi, pag. 1119.</ref>


A questo punto, facendosi passare come commercianti di formaggi, Ju. Bogdanovitch e A. V. Jakimov si stabilizzarono al n° 56 della ''Malaïa sadovaïa'' e cominciarono il lavoro di minamento delle zone prescelte, avvalendosi dell'aiuto di Sukhanov, Jeliabov, Frolenko e altri. Con i loro atteggiamenti destarono i sospetti dei vicini, arrivò la polizia a fare dei controlli ma non trovò nulla di anomalo nel loro comportamento. Due giorni prima dell'attentato, Jeliabov, che guidava le operazioni, fu arrestato e riconosciuto come attivista anti-zarista (era stato coinvolto nel "processo dei 193" <ref>Hélène Carrère d'Encausse, ''Alexandre II'', pag. 456.</ref> <ref>Il processo dei 193 designa un processo a 193 attivisti populisti e antizaristi, svoltosi nell'autunno del 1877 a San Pietroburgo.</ref>. Il comando delle operazioni passò allora in mano a [[Sofia Perovskaya]]. La data era stata fissata: [[13 marzo]] (corrispondente al 1° marzo del calendario giuliano). Kibaltchitch avrebbe dovuto preparare gli esplosivi e consegnarli ai 4 “lanciatori”: il n°1 era [[Nikolaï Ivanov Ryssakov]], propagandista nelle fabbriche di San Pietroburgo; il n°2 era [[Ignati Joakimovitch Grineviski]], studente universitario completamente devoto alla causa rivoluzionaria; il n° 3 era [[Timofeï Mikhaïlovitch Mikhaïlov]]; il n°4 era [[Ivan Panteleïmonovitch Emelianov]], studente e simpatizzante del movimento dal 1879 <ref name="ref-10">Franco Venturi, pag. 1122.</ref>. Tutti e quattro erano volontari e consapevoli che sarebbero andati incontro alla morte o all'arresto (che avrebbe significato interrogatorio, tortura e condanna a morte).
A questo punto, facendosi passare come commercianti di formaggi, Ju. Bogdanovitch e A. V. Jakimov si stabilizzarono al n° 56 della ''Malaïa sadovaïa'' e cominciarono il lavoro di minamento delle zone prescelte, avvalendosi dell'aiuto di Sukhanov, Jeliabov, Frolenko e altri. Con i loro atteggiamenti destarono i sospetti dei vicini, arrivò la polizia a fare dei controlli ma non trovò nulla di anomalo nel loro comportamento. Due giorni prima dell'attentato, Jeliabov, che guidava le operazioni, fu arrestato e riconosciuto come attivista anti-zarista (era stato coinvolto nel "processo dei 193". <ref>Hélène Carrère d'Encausse, ''Alexandre II'', pag. 456.</ref> <ref>Il processo dei 193 designa un processo a 193 attivisti populisti e antizaristi, svoltosi nell'autunno del 1877 a San Pietroburgo.</ref> Il comando delle operazioni passò allora in mano a [[Sofia Perovskaya]]. La data era stata fissata: [[13 marzo]] (corrispondente al 1° marzo del calendario giuliano). Kibaltchitch avrebbe dovuto preparare gli esplosivi e consegnarli ai 4 “lanciatori”: il n°1 era [[Nikolaï Ivanov Ryssakov]], propagandista nelle fabbriche di San Pietroburgo; il n°2 era [[Ignati Joakimovitch Grineviski]], studente universitario completamente devoto alla causa rivoluzionaria; il n° 3 era [[Timofeï Mikhaïlovitch Mikhaïlov]]; il n°4 era [[Ivan Panteleïmonovitch Emelianov]], studente e simpatizzante del movimento dal [[1879]]. <ref name="ref-10">Franco Venturi, pag. 1122.</ref> Tutti e quattro erano volontari e consapevoli che sarebbero andati incontro alla morte o all'arresto (che avrebbe significato interrogatorio, tortura e condanna a morte).


Le bombe furono preparate un paio di giorni prima della data prescelta ([[13 marzo]]) nell'appartamento di [[Vera Figner]] e di Isaev. In seguito sarebbero state consegnate ai "lanciatori", che avrebbero dovuto dar inizio all'azione su preciso segnale di [[Sofia Perovskaya]].
Le bombe furono preparate un paio di giorni prima della data prescelta ([[13 marzo]]) nell'appartamento di [[Vera Figner]] e di Isaev. In seguito sarebbero state consegnate ai "lanciatori", che avrebbero dovuto dar inizio all'azione su preciso segnale di [[Sofia Perovskaya]].
Riga 98: Riga 98:
Domenica [[13 marzo]] [[1881]], poco dopo le 14:00, Alessandro II aveva appena concluso la sua visita al maneggio Mikhailovsky e si diresse verso il canale Caterina. Al segnale di [[Sofia Perovskaya]], tre militanti addetti al lancio degli ordigni presero il loro posto. Secondo Hélène Carrère d'Encausse, Ryssakov, il lanciatore n° 1, avrebbe disertato in extremis <ref>Hélène Carrère d'Encausse, ''Alexandre II'', pag. 458.</ref>, ma questa interpretazione viene respinta da Franco Venturi <ref>Franco Venturi diede un'altra versione e ipotizza che Ryssakov scagliò contro lo zar il proprio ordigno.</ref> e dalla stessa [[Vera Figner]] <ref>Vera Figner, ''Memoirs of a Revolutionist'', pag. 99.</ref>: secondo loro, fu proprio Rysakov a lanciare la prima bomba.
Domenica [[13 marzo]] [[1881]], poco dopo le 14:00, Alessandro II aveva appena concluso la sua visita al maneggio Mikhailovsky e si diresse verso il canale Caterina. Al segnale di [[Sofia Perovskaya]], tre militanti addetti al lancio degli ordigni presero il loro posto. Secondo Hélène Carrère d'Encausse, Ryssakov, il lanciatore n° 1, avrebbe disertato in extremis <ref>Hélène Carrère d'Encausse, ''Alexandre II'', pag. 458.</ref>, ma questa interpretazione viene respinta da Franco Venturi <ref>Franco Venturi diede un'altra versione e ipotizza che Ryssakov scagliò contro lo zar il proprio ordigno.</ref> e dalla stessa [[Vera Figner]] <ref>Vera Figner, ''Memoirs of a Revolutionist'', pag. 99.</ref>: secondo loro, fu proprio Rysakov a lanciare la prima bomba.


La prima bomba colpì la carrozza imperiale, lasciando però l'imperatore indenne. Secondo la versione ufficiale, invece di fuggire, lo zar volle assistere i feriti. Ryssakov fu arrestato, diede un falso nome alle forze dell'ordine e minacciò lo zar che aveva appena ringraziato Dio per essersi salvato: «Forse è un pò presto per ringraziare Dio», disse il militante di Narodnaja Volja <ref name="ref-11">Franco Venturi, pag. 1124.</ref> <ref> Henri Troyat, ''Alexandre III'', pag. 77.</ref>. A quel punto lo Zar si mosse per risalire sulla propria carrozza, quando una seconda esplosione lo centrò in pieno, Alessandro II fu ritrovato sanguinante, appoggiato ad una ringhiera del canale. Accanto a lui Grineviski, il lanciatore n° 2, morto pur'egli nell'esplosione. Alessandro II venne portato al palazzo. Perdeva molto sangue, soprattutto dagli arti inferiori. Dopo circa un'ora dall'attentato lo zar spirò. Le due esplosioni uccisero in totale tre persone e ne ferirono venti.
La prima bomba colpì la carrozza imperiale, lasciando però l'imperatore indenne. Secondo la versione ufficiale, invece di fuggire, lo zar volle assistere i feriti. Ryssakov fu arrestato, diede un falso nome alle forze dell'ordine e minacciò lo zar che aveva appena ringraziato Dio per essersi salvato: «Forse è un pò presto per ringraziare Dio», disse il militante di Narodnaja Volja. <ref name="ref-11">Franco Venturi, pag. 1124.</ref> <ref> Henri Troyat, ''Alexandre III'', pag. 77.</ref> A quel punto lo Zar si mosse per risalire sulla propria carrozza, quando una seconda esplosione lo centrò in pieno, Alessandro II fu ritrovato sanguinante, appoggiato ad una ringhiera del canale. Accanto a lui Grineviski, il lanciatore n° 2, morto pur'egli nell'esplosione. Alessandro II venne portato al palazzo. Perdeva molto sangue, soprattutto dagli arti inferiori. Dopo circa un'ora dall'attentato lo zar spirò. Le due esplosioni uccisero in totale tre persone e ne ferirono venti.


== Immediate conseguenze ==
== Immediate conseguenze ==
Secondo alcune testimonianze dell'epoca, l'attentato lasciò « la popolazione nello stupore e nel silenzio agonizzante» <ref>Riportato da Franco Venturi.</ref> ma « senza manifestazione visibile di disperazione » <ref>Carrère d'Encausse, pag. 459</ref>. Alcuni intellettuali o operai manifestarono addirittura una sommessa [[solidarietà]] con gli esecutori dello zar. A Mosca alcuni studenti, il [[14 marzo]], manifestarono per « celebrare la scomparsa dello zar».
Secondo alcune testimonianze dell'epoca, l'attentato lasciò « la popolazione nello stupore e nel silenzio agonizzante» <ref>Riportato da Franco Venturi.</ref> ma «senza manifestazione visibile di disperazione». <ref>Carrère d'Encausse, pag. 459</ref> Alcuni intellettuali o operai manifestarono addirittura una sommessa [[solidarietà]] con gli esecutori dello zar. A Mosca alcuni studenti, il [[14 marzo]], manifestarono per « celebrare la scomparsa dello zar».


Il [[19 marzo]] si svolsero i funerali nella cattedrale Pietro e Paolo di San Pietroburgo. Il lutto nazionale fu proclamato dal suo successore, Alessandro III.
Il [[19 marzo]] si svolsero i funerali nella cattedrale Pietro e Paolo di San Pietroburgo. Il lutto nazionale fu proclamato dal suo successore, Alessandro III.
64 364

contributi