Movimento comunalista: differenze tra le versioni

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== Nascita dei comuni ==
== Nascita dei comuni ==


Il movimento comunalista fu l'affermazione dell'individuo entro una società , come quella medioevale, organizzata in una fitta rete di libere associazioni (chiamate anche "fratellanze, corporazioni o gilde") tra loro federate. Il comune nacque nelle città  e si diffuse nelle campagne, negando, in entrambi i casi, lo spirito autoritario e accentratore dell'Impero Romano.  
Il movimento comunalista fu l'affermazione dell'individuo entro una società, come quella medioevale, organizzata in una fitta rete di libere associazioni (chiamate anche "fratellanze, corporazioni o gilde") tra loro federate. Il comune nacque nelle città  e si diffuse nelle campagne, negando, in entrambi i casi, lo spirito autoritario e accentratore dell'Impero Romano.  


Le sue origini risalgono al momento in cui alcuni cittadini cominciarono a “fare da sé”, associandosi ed esercitando pressioni, talvolta anche violente, sulle [[autorità ]] locali e giurando di sostenersi vicendevolmente. I termini “congiura”, “cospirazione” e “Comune”, comparvero fin dalla fine del X secolo, a rappresentare queste associazioni di cittadini che, seppur limitatamente, intendevano [[autogestione | autogestirsi]].
Le sue origini risalgono al momento in cui alcuni cittadini cominciarono a “fare da sé”, associandosi ed esercitando pressioni, talvolta anche violente, sulle [[autorità ]] locali e giurando di sostenersi vicendevolmente. I termini “congiura”, “cospirazione” e “Comune”, comparvero fin dalla fine del X secolo, a rappresentare queste associazioni di cittadini che, seppur limitatamente, intendevano [[autogestione | autogestirsi]].
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L'associazione, chiamata anche "fratellanza o corporazione o gilda", fu il cardine attorno al quale ruotava la vita politico-sociale della città  medioevale. Ci si associava, legandosi con un patto giurato detto ''Coniuratio'', per scopi religiosi, per difesa, per lavoro, tra artisti ecc... Era lo stesso vescovo a legittimare l'associazione privata e a farla entrare nell'ordinamento cittadino in maniera quasi “illegale” e comunque all'ombra dell'ordinamento vescovile.
L'associazione, chiamata anche "fratellanza o corporazione o gilda", fu il cardine attorno al quale ruotava la vita politico-sociale della città  medioevale. Ci si associava, legandosi con un patto giurato detto ''Coniuratio'', per scopi religiosi, per difesa, per lavoro, tra artisti ecc... Era lo stesso vescovo a legittimare l'associazione privata e a farla entrare nell'ordinamento cittadino in maniera quasi “illegale” e comunque all'ombra dell'ordinamento vescovile.


Inizialmente quindi il comune non fu una cosa sola con la città , rappresentandone solo un frammento (quello che aveva firmato il patto associativo). Il Comune vero e proprio, trasformato da associazione privata in associazione pubblica, si realizzò con l'estensione del patto di fedeltà  (''coniuratio'') a tutti gli abitanti della città  (nell'Alta Italia accadde alla fine dell'XI secolo), affermandosi talvolta in violento contrasto con l'[[autorità ]] dell'epoca (vescovo-conte o feudatario laico) e, altre volte, in sintonia con quelle stesse autorità .  
Inizialmente quindi il comune non fu una cosa sola con la città, rappresentandone solo un frammento (quello che aveva firmato il patto associativo). Il Comune vero e proprio, trasformato da associazione privata in associazione pubblica, si realizzò con l'estensione del patto di fedeltà  (''coniuratio'') a tutti gli abitanti della città  (nell'Alta Italia accadde alla fine dell'XI secolo), affermandosi talvolta in violento contrasto con l'[[autorità ]] dell'epoca (vescovo-conte o feudatario laico) e, altre volte, in sintonia con quelle stesse autorità .  


All'interno delle mura cittadine le fratellanze non furono strutture a se stanti, isolate e tese esclusivamente a difendere gli interessi di parte, al contrario spesso si federavano, sostenendosi vicendevolmente. Il [[federalismo| principio federalista]] permise lo sviluppo di strette relazioni di [[mutualismo| mutuo appoggio]] tra i cittadini, tra le fratellanze e anche tra i comuni.
All'interno delle mura cittadine le fratellanze non furono strutture a se stanti, isolate e tese esclusivamente a difendere gli interessi di parte, al contrario spesso si federavano, sostenendosi vicendevolmente. Il [[federalismo| principio federalista]] permise lo sviluppo di strette relazioni di [[mutualismo| mutuo appoggio]] tra i cittadini, tra le fratellanze e anche tra i comuni.
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Si andò in questo modo a delineare l'embrione di uno [[Stato]] nascente che non poteva tollerare un altro «[[Stato]] nello [[Stato]]», quali erano i liberi comuni, ritenendosi l'unica [[autorità ]], oltre alla [[Chiesa]], ad avere il diritto di servire da unione tra gli individui.  
Si andò in questo modo a delineare l'embrione di uno [[Stato]] nascente che non poteva tollerare un altro «[[Stato]] nello [[Stato]]», quali erano i liberi comuni, ritenendosi l'unica [[autorità ]], oltre alla [[Chiesa]], ad avere il diritto di servire da unione tra gli individui.  


Lo [[Stato]] nascente mediante assalti, saccheggi e devastazioni varie trasformò le città , oltre alle loro associazioni e federazioni, da luoghi prosperi e ricchi d'opere d'arte, di Università , scuole e ospedali, in luoghi desolati in cui l'industria e il commercio, posti sotto il rigido controllo burocratico dei funzionari istituzionali, divennero affari privati e non più pubblici come un tempo.  
Lo [[Stato]] nascente mediante assalti, saccheggi e devastazioni varie trasformò le città, oltre alle loro associazioni e federazioni, da luoghi prosperi e ricchi d'opere d'arte, di Università, scuole e ospedali, in luoghi desolati in cui l'industria e il commercio, posti sotto il rigido controllo burocratico dei funzionari istituzionali, divennero affari privati e non più pubblici come un tempo.  


La fine dell'epoca dei comuni determinò la nascita del moderno [[Stato]], caratterizzato dall'unificazione territoriale e dall'accentramento del potere nelle mani del re, reso possibile dall'alleanza tra borghesia e nobiltà .
La fine dell'epoca dei comuni determinò la nascita del moderno [[Stato]], caratterizzato dall'unificazione territoriale e dall'accentramento del potere nelle mani del re, reso possibile dall'alleanza tra borghesia e nobiltà .
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=== La nascita ===
=== La nascita ===
[[File:Kropotkin.jpg|right|thumb|[[Pëtr Kropotkin]]]]
[[File:Kropotkin.jpg|right|thumb|[[Pëtr Kropotkin]]]]
«Nessun periodo della storia può meglio mostrare il potere creatore delle masse popolari quanto il X e l'XI secolo, allorché i villaggi fortificati e le loro piazze del mercato, "oasi nella foresta feudale", hanno cominciato a liberarsi dal giogo dei signorotti, preparando lentamente la futura organizzazione delle città . Sfortunatamente, è un periodo sul quale le informazioni storiche sono particolarmente rare: conosciamo i risultati, ma sappiamo poco circa i mezzi con i quali sono stati ottenuti. Al riparo delle loro mura, le assemblee popolari delle città  – sia completamente indipendenti, sia rette dalle principali famiglie nobiliari o mercantili – conquistavano e conservavano il diritto di eleggere il defensor, il difensore militare della città , e il supremo magistrato, o quantomeno di scegliere tra quelli che aspiravano a tale carica. In Italia i giovani Comuni licenziavano continuamente i loro defensores o domini, combattendo quelli che rifiutavano di andarsene. La stessa cosa accadeva a Est: in Boemia, i ricchi e i poveri insieme (Bohemicae gentis magni et parvi, nobiles et ignobiles) prendevano parte all'elezione; nelle città  russe le assemblee popolari, le vyeches, eleggevano regolarmente i loro duchi – tutti regolarmente della famiglia Rurik – e stipulavano insieme le loro convenzioni, esautorandoli però se ne erano scontenti. Alla stessa epoca, nella maggior parte delle città  dell'Europa occidentale e meridionale la tendenza era di prendere per defensor un vescovo eletto dalla città  stessa; e molti vescovi si sono messi alla testa della resistenza per proteggere le «immunità » cittadine e difendere le loro libertà , tanto che, dopo la morte, molti sono stati santificati divenendo i patroni delle loro città , come san Uthelred di Winchester, san Ulrik di Asburgo, san Wolfgang di Ratisbona, san Heribert di Colonia, san Adalbert di Praga e così via. Anche molti abati e monaci sono diventati santi patroni delle città  per aver sostenuto i diritti del popolo. Con questi nuovi defensores – laici o ecclesiastici – i cittadini hanno conquistato la piena autorità  giuridica e amministrativa per le loro assemblee popolari. [...]»
«Nessun periodo della storia può meglio mostrare il potere creatore delle masse popolari quanto il X e l'XI secolo, allorché i villaggi fortificati e le loro piazze del mercato, "oasi nella foresta feudale", hanno cominciato a liberarsi dal giogo dei signorotti, preparando lentamente la futura organizzazione delle città . Sfortunatamente, è un periodo sul quale le informazioni storiche sono particolarmente rare: conosciamo i risultati, ma sappiamo poco circa i mezzi con i quali sono stati ottenuti. Al riparo delle loro mura, le assemblee popolari delle città  – sia completamente indipendenti, sia rette dalle principali famiglie nobiliari o mercantili – conquistavano e conservavano il diritto di eleggere il defensor, il difensore militare della città, e il supremo magistrato, o quantomeno di scegliere tra quelli che aspiravano a tale carica. In Italia i giovani Comuni licenziavano continuamente i loro defensores o domini, combattendo quelli che rifiutavano di andarsene. La stessa cosa accadeva a Est: in Boemia, i ricchi e i poveri insieme (Bohemicae gentis magni et parvi, nobiles et ignobiles) prendevano parte all'elezione; nelle città  russe le assemblee popolari, le vyeches, eleggevano regolarmente i loro duchi – tutti regolarmente della famiglia Rurik – e stipulavano insieme le loro convenzioni, esautorandoli però se ne erano scontenti. Alla stessa epoca, nella maggior parte delle città  dell'Europa occidentale e meridionale la tendenza era di prendere per defensor un vescovo eletto dalla città  stessa; e molti vescovi si sono messi alla testa della resistenza per proteggere le «immunità » cittadine e difendere le loro libertà, tanto che, dopo la morte, molti sono stati santificati divenendo i patroni delle loro città, come san Uthelred di Winchester, san Ulrik di Asburgo, san Wolfgang di Ratisbona, san Heribert di Colonia, san Adalbert di Praga e così via. Anche molti abati e monaci sono diventati santi patroni delle città  per aver sostenuto i diritti del popolo. Con questi nuovi defensores – laici o ecclesiastici – i cittadini hanno conquistato la piena autorità  giuridica e amministrativa per le loro assemblee popolari. [...]»
===Le associazioni===
===Le associazioni===
«Si sono scritte molte opere su queste associazioni che sotto il nome di corporazioni, gilde, fratellanze – o druzhestya, minne, artels in Russia, esnaifs in Serbia e in Turchia, amkari in Georgia, ecc. – si sono sviluppate in modo considerevole nel Medio evo tanto da rappresentare una parte sostanziale nell'emancipazione delle città . Ma ci sono voluti più di sessant'anni perché gli storici riconoscessero l'universalità  di questa istituzione e il suo vero carattere. [...]. Se la casa di un'' ''fratello è distrutta dal fuoco, o se egli ha perduto il suo bastimento, o ancora se ha sofferto durante un pellegrinaggio, tutti i fratelli devono venire in suo aiuto. Se un fratello cade gravemente ammalato, altri due fratelli devono vegliare presso il suo letto fino a che non sia fuori pericolo; se muore, devono sotterrarlo – faccenda non da poco in tempi di pestilenze – accompagnandolo in chiesa e alla tomba. Dopo la sua morte devono soccorrere i suoi figli se sono nel bisogno, mentre molto spesso'' ''la vedova diventa una «sorella» della gilda. Questi due caratteri fondamentali s'incontrano in tutte le fratellanze formate non importa a quale scopo. Sempre i membri devono trattarsi in modo fraterno, tanto da chiamarsi appunto fratelli e sorelle, e sono tutti uguali di fronte alla gilda. Essi possiedono in comune il cheptel (bestiame, terre, bastimenti, fondi agricoli). [...] Ma se qualcuno viene meno alla sua lealtà  verso i fratelli della gilda, o verso altri, viene escluso dalla fratellanza "con la fama di uomo da nulla" (tha scal han maeles af brödrescap met nidings nafn). [...] si conoscono gilde in tutte le professioni immaginabili: gilde di servi, gilde di uomini liberi e gilde miste di servi e uomini liberi; gilde formate per uno scopo specifico, quale la caccia, la pesca o un'impresa commerciale, e disciolte quando questo scopo specifico viene raggiunto; gilde che invece per certe professioni o certi mestieri durano secoli. Via via che le attività  si diversificano, il numero delle gilde cresce. [...]»
«Si sono scritte molte opere su queste associazioni che sotto il nome di corporazioni, gilde, fratellanze – o druzhestya, minne, artels in Russia, esnaifs in Serbia e in Turchia, amkari in Georgia, ecc. – si sono sviluppate in modo considerevole nel Medio evo tanto da rappresentare una parte sostanziale nell'emancipazione delle città . Ma ci sono voluti più di sessant'anni perché gli storici riconoscessero l'universalità  di questa istituzione e il suo vero carattere. [...]. Se la casa di un'' ''fratello è distrutta dal fuoco, o se egli ha perduto il suo bastimento, o ancora se ha sofferto durante un pellegrinaggio, tutti i fratelli devono venire in suo aiuto. Se un fratello cade gravemente ammalato, altri due fratelli devono vegliare presso il suo letto fino a che non sia fuori pericolo; se muore, devono sotterrarlo – faccenda non da poco in tempi di pestilenze – accompagnandolo in chiesa e alla tomba. Dopo la sua morte devono soccorrere i suoi figli se sono nel bisogno, mentre molto spesso'' ''la vedova diventa una «sorella» della gilda. Questi due caratteri fondamentali s'incontrano in tutte le fratellanze formate non importa a quale scopo. Sempre i membri devono trattarsi in modo fraterno, tanto da chiamarsi appunto fratelli e sorelle, e sono tutti uguali di fronte alla gilda. Essi possiedono in comune il cheptel (bestiame, terre, bastimenti, fondi agricoli). [...] Ma se qualcuno viene meno alla sua lealtà  verso i fratelli della gilda, o verso altri, viene escluso dalla fratellanza "con la fama di uomo da nulla" (tha scal han maeles af brödrescap met nidings nafn). [...] si conoscono gilde in tutte le professioni immaginabili: gilde di servi, gilde di uomini liberi e gilde miste di servi e uomini liberi; gilde formate per uno scopo specifico, quale la caccia, la pesca o un'impresa commerciale, e disciolte quando questo scopo specifico viene raggiunto; gilde che invece per certe professioni o certi mestieri durano secoli. Via via che le attività  si diversificano, il numero delle gilde cresce. [...]»
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=== Caratteristiche principali===
=== Caratteristiche principali===


«Ma il Comune non era semplicemente una parte «autonoma» dello Stato (queste parole ambigue non erano ancora state inventate): era esso stesso uno Stato. Aveva diritti di guerra e di pace, di federazione e di alleanza con i vicini; uno Stato e, cosa ancor più notevole, quando il potere della città  veniva usurpato da un'aristocrazia nobiliare o mercantile, la vita interna [...] La città  medievale ci appare così come una doppia federazione: innanzi tutto quella di tutte le unità  domestiche all'interno di territori delimitati – la strada, la parrocchia, il quartiere – e poi quella degli individui uniti da giuramento in gilde secondo le loro professioni. Mentre la prima era un prodotto della comunità  rurale, origine della città , la seconda era una creazione posteriore la cui esistenza derivava dalle mutate condizioni. Garantire la libertà , l'auto-amministrazione e la pace era lo scopo principale della città  medievale, e il lavoro, come vedremo tra poco parlando delle gilde di mestiere, ne era la base. Ma la «produzione» non assorbiva tutta l'attenzione degli economisti del Medio evo. Con il loro spirito pratico, essi compresero che il "consumo" doveva essere garantito al fine di ottenere la produzione; di conseguenza, il principio fondamentale di ogni città  era di provvedere alla sussistenza comune e all'alloggio tanto dei poveri quanto dei ricchi (gemeine notdurft und gemach armer und richer). L'acquisto di viveri e di altri beni di prima necessità  (carbone, legna, ecc.) prima che fossero passati per il mercato o in condizioni particolarmente favorevoli dalle quali altri fossero esclusi – in una parola la preemptio – era assolutamente vietata [...]. Insomma, più conosciamo la città  del Medio evo, più vediamo che non era una semplice organizzazione politica per la difesa di determinate libertà . Era un tentativo, su ben più vasta scala rispetto alla comunità  rurale, di organizzare una stretta unione di assistenza e appoggio mutuo per il consumo, per la produzione e per la vita sociale nel suo insieme, senza frapporre gli impedimenti dello Stato, ma lasciando piena libertà  di espressione al genio creatore di ciascun gruppo nelle arti, nei mestieri, nelle scienze, in commercio e in politica. Vedremo meglio fino a che punto questo tentativo ha avuto successo quando analizzeremo, nel capitolo seguente, l'organizzazione del lavoro nella città  medievale e le relazioni delle città  con la popolazione delle campagna circostanti. [...]»
«Ma il Comune non era semplicemente una parte «autonoma» dello Stato (queste parole ambigue non erano ancora state inventate): era esso stesso uno Stato. Aveva diritti di guerra e di pace, di federazione e di alleanza con i vicini; uno Stato e, cosa ancor più notevole, quando il potere della città  veniva usurpato da un'aristocrazia nobiliare o mercantile, la vita interna [...] La città  medievale ci appare così come una doppia federazione: innanzi tutto quella di tutte le unità  domestiche all'interno di territori delimitati – la strada, la parrocchia, il quartiere – e poi quella degli individui uniti da giuramento in gilde secondo le loro professioni. Mentre la prima era un prodotto della comunità  rurale, origine della città, la seconda era una creazione posteriore la cui esistenza derivava dalle mutate condizioni. Garantire la libertà, l'auto-amministrazione e la pace era lo scopo principale della città  medievale, e il lavoro, come vedremo tra poco parlando delle gilde di mestiere, ne era la base. Ma la «produzione» non assorbiva tutta l'attenzione degli economisti del Medio evo. Con il loro spirito pratico, essi compresero che il "consumo" doveva essere garantito al fine di ottenere la produzione; di conseguenza, il principio fondamentale di ogni città  era di provvedere alla sussistenza comune e all'alloggio tanto dei poveri quanto dei ricchi (gemeine notdurft und gemach armer und richer). L'acquisto di viveri e di altri beni di prima necessità  (carbone, legna, ecc.) prima che fossero passati per il mercato o in condizioni particolarmente favorevoli dalle quali altri fossero esclusi – in una parola la preemptio – era assolutamente vietata [...]. Insomma, più conosciamo la città  del Medio evo, più vediamo che non era una semplice organizzazione politica per la difesa di determinate libertà . Era un tentativo, su ben più vasta scala rispetto alla comunità  rurale, di organizzare una stretta unione di assistenza e appoggio mutuo per il consumo, per la produzione e per la vita sociale nel suo insieme, senza frapporre gli impedimenti dello Stato, ma lasciando piena libertà  di espressione al genio creatore di ciascun gruppo nelle arti, nei mestieri, nelle scienze, in commercio e in politica. Vedremo meglio fino a che punto questo tentativo ha avuto successo quando analizzeremo, nel capitolo seguente, l'organizzazione del lavoro nella città  medievale e le relazioni delle città  con la popolazione delle campagna circostanti. [...]»


===Arti e mestieri===
===Arti e mestieri===
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===Fine del movimento comunalista ===
===Fine del movimento comunalista ===
«Le città  del Medio evo hanno reso un immenso servizio alla civiltà  europea: le hanno impedito di avviarsi verso le teocrazie e gli Stati dispotici dell'antichità ; le hanno dato la diversità , la fiducia in se stessa, lo spirito d'iniziativa e le immense energie intellettuali e materiali che possiede ancor oggi e che sono la miglior garanzia della sua capacità  di'' ''resistere ad una nuova invasione che venga da Oriente. Ma perché dunque questi centri di civiltà , che avevano tentato di rispondere a bisogni così profondi della natura umana e che erano così pieni di vita, non sopravvissero più a lungo? [...] Verso la fine del XV secolo, vennero costituiti alcuni potenti Stati che si rifacevano al vecchio modello romano. In ogni regione, qualche signore feudale, più abile, più avido di ricchezze e spesso meno scrupoloso dei suoi vicini, era riuscito ad assicurarsi più ricchi possedimenti personali, un più alto numero di contadini per le sue terre e di cavalieri per il suo seguito, un più consistente tesoro nei suoi scrigni. Aveva scelto come sua residenza un gruppo di villaggi ben situati, dove non si era ancora sviluppata la libera vita municipale – Parigi, Madrid o Mosca – e con il lavoro dei suoi servi ne aveva fatto delle città  regie fortificate. Là  attirava compagni d'arme, cui concedeva villaggi con liberalità , e mercanti, cui offriva la sua protezione per il commercio. Si andava così formando il germe d'un futuro Stato, che gradatamente avrebbe'' ''cominciato ad assorbire altri centri simili. Trovavano ripugnante la forma stessa della comunità  rurale, che i loro codici ignoravano, e i princìpi federativi, che consideravano un'eredità  dei "barbari"; viceversa, appoggiavano un cesarismo, sostenuto dalla menzogna del consenso popolare e dalla forza delle armi, e lavoravano alacremente per quelli che'' ''promettevano di attuarlo. [...] La Chiesa consacrò questi primi dominatori, li incoronò come rappresentanti di Dio sulla Terra, e mise al loro servizio la scienza e lo spirito politico dei suoi ministri, le sue benedizioni e le sue maledizioni, le sue ricchezze [...] le invasioni dei Mongoli e dei Turchi, le guerre sante contro i Mori di Spagna, le terribili guerre che ben
«Le città  del Medio evo hanno reso un immenso servizio alla civiltà  europea: le hanno impedito di avviarsi verso le teocrazie e gli Stati dispotici dell'antichità ; le hanno dato la diversità, la fiducia in se stessa, lo spirito d'iniziativa e le immense energie intellettuali e materiali che possiede ancor oggi e che sono la miglior garanzia della sua capacità  di'' ''resistere ad una nuova invasione che venga da Oriente. Ma perché dunque questi centri di civiltà, che avevano tentato di rispondere a bisogni così profondi della natura umana e che erano così pieni di vita, non sopravvissero più a lungo? [...] Verso la fine del XV secolo, vennero costituiti alcuni potenti Stati che si rifacevano al vecchio modello romano. In ogni regione, qualche signore feudale, più abile, più avido di ricchezze e spesso meno scrupoloso dei suoi vicini, era riuscito ad assicurarsi più ricchi possedimenti personali, un più alto numero di contadini per le sue terre e di cavalieri per il suo seguito, un più consistente tesoro nei suoi scrigni. Aveva scelto come sua residenza un gruppo di villaggi ben situati, dove non si era ancora sviluppata la libera vita municipale – Parigi, Madrid o Mosca – e con il lavoro dei suoi servi ne aveva fatto delle città  regie fortificate. Là  attirava compagni d'arme, cui concedeva villaggi con liberalità, e mercanti, cui offriva la sua protezione per il commercio. Si andava così formando il germe d'un futuro Stato, che gradatamente avrebbe'' ''cominciato ad assorbire altri centri simili. Trovavano ripugnante la forma stessa della comunità  rurale, che i loro codici ignoravano, e i princìpi federativi, che consideravano un'eredità  dei "barbari"; viceversa, appoggiavano un cesarismo, sostenuto dalla menzogna del consenso popolare e dalla forza delle armi, e lavoravano alacremente per quelli che'' ''promettevano di attuarlo. [...] La Chiesa consacrò questi primi dominatori, li incoronò come rappresentanti di Dio sulla Terra, e mise al loro servizio la scienza e lo spirito politico dei suoi ministri, le sue benedizioni e le sue maledizioni, le sue ricchezze [...] le invasioni dei Mongoli e dei Turchi, le guerre sante contro i Mori di Spagna, le terribili guerre che ben
presto scoppiarono tra i centri della nascente sovranità  – tra Ile de France e Borgogna, Scozia e Inghilterra, Inghilterra e Francia, Lituania e Polonia, Mosca e Tver, ecc. – contribuirono tutte allo stesso risultato: vennero costituiti potenti Stati [...] Il peggio fu che queste autocrazie in ascesa trovarono appoggi grazie alle divisioni che si erano formate in seno alle città  stesse [...] La città  fu così divisa: da una parte i "borghesi" o "il Comune", e dall'altra «gli abitanti». Il commercio, che era dapprima comunale, diventò il privilegio di alcune famiglie di mercanti e di artigiani; non vi era ormai che un passo da fare perché divenisse un privilegio individuale o di un gruppo di oppressori, e questo inevitabile passo fu fatto [...]. Ogni città  aveva ora i suoi Colonna e i suoi Orsini, i suoi Overstolze e i suoi Wise. Grazie alle cospicue rendite delle terre che avevano conservate, si circondarono di numerosi clienti, feudalizzando i costumi e le abitudini della città  stessa. E quando i dissensi cominciarono a farsi sentire tra gli artigiani, offrirono le loro spade e le loro compagnie d'armi per risolvere le liti invece di lasciare che i dissensi trovassero soluzioni più pacifiche, come tradizionalmente accadeva nei tempi passati.  [...] Gli studiosi di diritto romano e i prelati della Chiesa, strettamente alleati dall'epoca di Innocenzo III, riuscirono a neutralizzare l'idea-che aveva presieduto alla fondazione della città . Durante due-trecento anni predicarono dall'alto del pulpito, insegnarono nelle Università , pronunciarono dal banco del tribunale, che occorreva cercare la salvezza in uno Stato fortemente centralizzato, posto sotto un'autorità  semi-divina. [...] Ben presto nessuna autorità  fu trovata eccessiva, nessuna esecuzione a fuoco lento parve troppo crudele se compiuta "per la sicurezza pubblica". E con questa nuova attitudine di spirito, e questa nuova fede nella potenza di un uomo, il vecchio principio federalista svanì e il genio creatore delle masse si estinse. L'idea romana trionfava e, in queste circostanze, lo Stato accentrato trovò nelle città  una facile preda [...] Per aver avuto troppa fiducia nel governo, i cittadini hanno cessato d'aver fiducia in se stessi, sono incapaci di trovare nuove vie. Allo Stato non resta che farsi avanti e schiacciare le ultime libertà . [...] Il flusso scorre ancora oggi alla ricerca di una nuova manifestazione, che non sarà  più lo Stato, né la città  del Medio evo, né la comunità  rurale dei barbari, né il clan dei selvaggi, ma che parteciperà  di tutte queste forme, pur superandole grazie a una concezione più ampia e profondamente umana.»
presto scoppiarono tra i centri della nascente sovranità  – tra Ile de France e Borgogna, Scozia e Inghilterra, Inghilterra e Francia, Lituania e Polonia, Mosca e Tver, ecc. – contribuirono tutte allo stesso risultato: vennero costituiti potenti Stati [...] Il peggio fu che queste autocrazie in ascesa trovarono appoggi grazie alle divisioni che si erano formate in seno alle città  stesse [...] La città  fu così divisa: da una parte i "borghesi" o "il Comune", e dall'altra «gli abitanti». Il commercio, che era dapprima comunale, diventò il privilegio di alcune famiglie di mercanti e di artigiani; non vi era ormai che un passo da fare perché divenisse un privilegio individuale o di un gruppo di oppressori, e questo inevitabile passo fu fatto [...]. Ogni città  aveva ora i suoi Colonna e i suoi Orsini, i suoi Overstolze e i suoi Wise. Grazie alle cospicue rendite delle terre che avevano conservate, si circondarono di numerosi clienti, feudalizzando i costumi e le abitudini della città  stessa. E quando i dissensi cominciarono a farsi sentire tra gli artigiani, offrirono le loro spade e le loro compagnie d'armi per risolvere le liti invece di lasciare che i dissensi trovassero soluzioni più pacifiche, come tradizionalmente accadeva nei tempi passati.  [...] Gli studiosi di diritto romano e i prelati della Chiesa, strettamente alleati dall'epoca di Innocenzo III, riuscirono a neutralizzare l'idea-che aveva presieduto alla fondazione della città . Durante due-trecento anni predicarono dall'alto del pulpito, insegnarono nelle Università, pronunciarono dal banco del tribunale, che occorreva cercare la salvezza in uno Stato fortemente centralizzato, posto sotto un'autorità  semi-divina. [...] Ben presto nessuna autorità  fu trovata eccessiva, nessuna esecuzione a fuoco lento parve troppo crudele se compiuta "per la sicurezza pubblica". E con questa nuova attitudine di spirito, e questa nuova fede nella potenza di un uomo, il vecchio principio federalista svanì e il genio creatore delle masse si estinse. L'idea romana trionfava e, in queste circostanze, lo Stato accentrato trovò nelle città  una facile preda [...] Per aver avuto troppa fiducia nel governo, i cittadini hanno cessato d'aver fiducia in se stessi, sono incapaci di trovare nuove vie. Allo Stato non resta che farsi avanti e schiacciare le ultime libertà . [...] Il flusso scorre ancora oggi alla ricerca di una nuova manifestazione, che non sarà  più lo Stato, né la città  del Medio evo, né la comunità  rurale dei barbari, né il clan dei selvaggi, ma che parteciperà  di tutte queste forme, pur superandole grazie a una concezione più ampia e profondamente umana.»


== Voci correlate ==
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