La Battaglia: differenze tra le versioni

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Fondata nel giugno del [[1904]] e diretta da [[Oreste Ristori]] - un livornese emigrato a Buenos Aires ma riparato, successivamente, in [[Brasile]] per sfuggire le repressioni messe in atto dal governo argentino dopo l'approvazione della cosidetta «ley de residencia» - ''La Battaglia'' può, a buon diritto, ritenersi '''il massimo organo di propaganda e d'intervento degli [[anarchici]] italo-brasiliani'''. L'autorevole e ininterrotta collaborazione di noti esponenti libertari, quali [[Gigi Damiani]], [[Alessandro Cerchiai]] e [[Angelo Bandoni]], contribuì, d'altronde, a garantire al periodico un livello qualitativamente elevato e quel tono estremamente vivace e combattivo che ne fecero ben presto uno dei fogli più apprezzati fra quelli prodotti dall'emigrazione [[anarchica]] italiana nell'America Latina. «Il nuovo settimanale anarchico - scriveva poco dopo la cessazione delle pubblicazioni un cronista del movimento sovversivo italo-brasiliano - ebbe una schietta e simpatica accoglienza in tutti i centri dello [[Stato]] e per i suoi propositi e per le sue audacie ben presto si fece largo nel campo proletario. L'apparire de ''La Battaglia'' segna veramente l'inizio a un'opera di propaganda metodica e costante, cosa che per il passato non era stato possibile». <ref>«Martino Stanga» (forse [[Flavio Venanzi]]), ''Il movimento sociale al Brasile. Rassegna cronologica'', in ''La Propaganda Libertaria'' (San Paolo), a. I, n. 6, del 17 dicembre 1913.</ref>
Fondata nel giugno del [[1904]] e diretta da [[Oreste Ristori]] - un livornese emigrato a Buenos Aires ma riparato, successivamente, in [[Brasile]] per sfuggire le repressioni messe in atto dal governo argentino dopo l'approvazione della cosidetta «ley de residencia» - ''La Battaglia'' può, a buon diritto, ritenersi '''il massimo organo di propaganda e d'intervento degli [[anarchici]] italo-brasiliani'''. L'autorevole e ininterrotta collaborazione di noti esponenti libertari, quali [[Gigi Damiani]], [[Alessandro Cerchiai]] e [[Angelo Bandoni]], contribuì, d'altronde, a garantire al periodico un livello qualitativamente elevato e quel tono estremamente vivace e combattivo che ne fecero ben presto uno dei fogli più apprezzati fra quelli prodotti dall'emigrazione [[anarchica]] italiana nell'America Latina. «Il nuovo settimanale anarchico - scriveva poco dopo la cessazione delle pubblicazioni un cronista del movimento sovversivo italo-brasiliano - ebbe una schietta e simpatica accoglienza in tutti i centri dello [[Stato]] e per i suoi propositi e per le sue audacie ben presto si fece largo nel campo proletario. L'apparire de ''La Battaglia'' segna veramente l'inizio a un'opera di propaganda metodica e costante, cosa che per il passato non era stato possibile». <ref>«Martino Stanga» (forse [[Flavio Venanzi]]), ''Il movimento sociale al Brasile. Rassegna cronologica'', in ''La Propaganda Libertaria'' (San Paolo), a. I, n. 6, del 17 dicembre 1913.</ref>


=== Sull'organizzazione ===
Contrario a tutte le tendenze «esclusiviste» dell'[[anarchismo]] ([[anticlericalismo]], [[sindacalismo]], [[neomalthusianesimo]], [[antimilitarismo]] ecc.), che frenano - affermava - e limitano l'azione [[rivoluzionaria]], lasciando «nella più beata tranquillità il nemico comune: lo [[Stato]] [[capitalista]]» <ref>Crf. [[Alessandro Cerchiai]], ''Dosimetria sovversiva. La rivoluzione in pillole'', n. 212, del 21 aprile 1909.</ref>, il foglio di [[Oreste Ristori|Ristori]], pur richiamandosi ad una linea d'intransigente «ortodossia», evitò sempre di definirsi sulla base di schemi ideologici e tattici precostituiti. Così, sul terreno [[organizzativo]], non espresse mai posizioni precise o proposte concrete, pur essendo come linea di tendenza, favorevole ad un genere d'intervento politico organizzato e coordinato:
Contrario a tutte le tendenze «esclusiviste» dell'[[anarchismo]] ([[anticlericalismo]], [[sindacalismo]], [[neomalthusianesimo]], [[antimilitarismo]] ecc.), che frenano - affermava - e limitano l'azione [[rivoluzionaria]], lasciando «nella più beata tranquillità il nemico comune: lo [[Stato]] [[capitalista]]» <ref>Crf. [[Alessandro Cerchiai]], ''Dosimetria sovversiva. La rivoluzione in pillole'', n. 212, del 21 aprile 1909.</ref>, il foglio di [[Oreste Ristori|Ristori]], pur richiamandosi ad una linea d'intransigente «ortodossia», evitò sempre di definirsi sulla base di schemi ideologici e tattici precostituiti. Così, sul terreno [[organizzativo]], non espresse mai posizioni precise o proposte concrete, pur essendo come linea di tendenza, favorevole ad un genere d'intervento politico organizzato e coordinato:
:«L'incoerenza, per l'[[anarchico]] - si legge in ''Una risposta all'«Avanti!»'' <ref name="RA">Sul n. 77, del 29 aprile 1906.</ref> - [...] non è nell'organizzazione in sé stessa (compatibilissima al certo con tutti i principii dell'[[anarchia]]) ma nello spirito autoritario che anima questa organizzazione. Ora, se l'organizzazione che l'[[anarchico]] accetta e nella quale svolge la sua attività è libertaria per eccellenza, se non stabilisce delle rinunzie forzose e delle discipline, se nessun potere di maggioranze verrà a soffocare le iniziative individuali, se ciascuno vi potrà agire liberamente, accettare o non accettare un dato principio, un dato metodo di lotta, una data idea, l'[[anarchico]], servendosene, è coerente con sé stesso e con le proprie idealità [...]. Resta a sapersi, ora, se è possibile una organizzazione [[anarchica]], vale a dire anti-autoritaria, in regime borghese. A me pare di sì. Anzi, non pare, è certo. Migliaia di aggruppamenti [[anarchici]], di circoli libertarii, circoli di studi sociali, senza presidenti, senza statuti, senza Commissioni Esecutive, senza plenipotenziari, sono là a dimostrarlo».
:«L'incoerenza, per l'[[anarchico]] - si legge in ''Una risposta all'«Avanti!»'' <ref name="RA">Sul n. 77, del 29 aprile 1906.</ref> - [...] non è nell'organizzazione in sé stessa (compatibilissima al certo con tutti i principii dell'[[anarchia]]) ma nello spirito autoritario che anima questa organizzazione. Ora, se l'organizzazione che l'[[anarchico]] accetta e nella quale svolge la sua attività è libertaria per eccellenza, se non stabilisce delle rinunzie forzose e delle discipline, se nessun potere di maggioranze verrà a soffocare le iniziative individuali, se ciascuno vi potrà agire liberamente, accettare o non accettare un dato principio, un dato metodo di lotta, una data idea, l'[[anarchico]], servendosene, è coerente con sé stesso e con le proprie idealità [...]. Resta a sapersi, ora, se è possibile una organizzazione [[anarchica]], vale a dire anti-autoritaria, in regime borghese. A me pare di sì. Anzi, non pare, è certo. Migliaia di aggruppamenti [[anarchici]], di circoli libertarii, circoli di studi sociali, senza presidenti, senza statuti, senza Commissioni Esecutive, senza plenipotenziari, sono là a dimostrarlo».
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Estrema diffidenza mostrò invece il periodico nei confronti dell'organizzazione [[sindacale]] e, in genere, della corrente [[anarco-sindacalista]] - rappresentata, in [[Brasile]], principalmente da [[Luigi Magrassi]] e [[Giulio Sorelli]], segretario, quest'ultimo, della «Federazione Operaia» di San Paolo - contro la quale ebbero modo di pronunziarsi a turno, in epoche e circostanze diverse e con scritti di diverso valore e intonazione, tutti i principali redattori e collaboratori del giornale. Così, ad esempio, [[Alessandro Cerchiai]] (''Anarchismo o opportunismo?'' <ref>Sul n. 69, del 25 febbraio 1906.</ref>), per il quale il [[sindacalismo]], «la nuova e rancida rincarnazione del corporativismo, è il nuovo verbo pel quale si sdoppiano le coscienze dei novelli [[anarchici]] del [[socialismo]], schiere ridicole di ombre vagolanti nell'assurdo, d'impotenti catechizzatori di una prudenza ipocrita, di apostati vigliacchi che preferiscono mistificare un ideale che confessarsi candidamente, senza eufemismi, tali e quali essi sono» (lo scritto provocò varie reazioni, fra cui quella di [[Aristide Ceccarelli]], che da Buenos Aires rispose con una secca protesta, ''Anarchismo o confusionismo?'' <ref>Sul n. 74, del 1 aprile 1906.</ref>); [[Gigi Damiani]] (''Un assioma sbagliato'' <ref>Sul n. 170, del 31 maggio 1908.</ref>): «Il [[sindacalismo]] è una fatalità storica, ne convengo. Senza i [[socialisti]] anarcoidi e gli [[anarchici]] socialistoidi, ci sarebbe stato lo stesso: risponde ad una necessità sociale ed umana. Le pecore lo praticavano anche prima del diluvio universale. All'approssimarsi dei lupi si serravano in bando e cantavano: forti siamo!! E chi ci guadagnava era il lupo». <ref>A. Bandoni, ''Criteri di lotta'', n. 136 e 137, dell'8 e 15 settembre 1907.</ref> Estremamente indicativo della scarsa considerazione in cui era tenuta la corrente [[sindacalista]] è, d'altronde, il sarcastico commento con cui venne liquidato il 1° Congresso Operaio Brasiliano (Rio de Janeiro, [[15 aprile|15]]-[[22 aprile]] [[1905]]). <ref>Sul n. 76, del 22 aprile 1906, sotto il titolo ''Un Congresso Inter, di batraci a Rio''.</ref>
Estrema diffidenza mostrò invece il periodico nei confronti dell'organizzazione [[sindacale]] e, in genere, della corrente [[anarco-sindacalista]] - rappresentata, in [[Brasile]], principalmente da [[Luigi Magrassi]] e [[Giulio Sorelli]], segretario, quest'ultimo, della «Federazione Operaia» di San Paolo - contro la quale ebbero modo di pronunziarsi a turno, in epoche e circostanze diverse e con scritti di diverso valore e intonazione, tutti i principali redattori e collaboratori del giornale. Così, ad esempio, [[Alessandro Cerchiai]] (''Anarchismo o opportunismo?'' <ref>Sul n. 69, del 25 febbraio 1906.</ref>), per il quale il [[sindacalismo]], «la nuova e rancida rincarnazione del corporativismo, è il nuovo verbo pel quale si sdoppiano le coscienze dei novelli [[anarchici]] del [[socialismo]], schiere ridicole di ombre vagolanti nell'assurdo, d'impotenti catechizzatori di una prudenza ipocrita, di apostati vigliacchi che preferiscono mistificare un ideale che confessarsi candidamente, senza eufemismi, tali e quali essi sono» (lo scritto provocò varie reazioni, fra cui quella di [[Aristide Ceccarelli]], che da Buenos Aires rispose con una secca protesta, ''Anarchismo o confusionismo?'' <ref>Sul n. 74, del 1 aprile 1906.</ref>); [[Gigi Damiani]] (''Un assioma sbagliato'' <ref>Sul n. 170, del 31 maggio 1908.</ref>): «Il [[sindacalismo]] è una fatalità storica, ne convengo. Senza i [[socialisti]] anarcoidi e gli [[anarchici]] socialistoidi, ci sarebbe stato lo stesso: risponde ad una necessità sociale ed umana. Le pecore lo praticavano anche prima del diluvio universale. All'approssimarsi dei lupi si serravano in bando e cantavano: forti siamo!! E chi ci guadagnava era il lupo». <ref>A. Bandoni, ''Criteri di lotta'', n. 136 e 137, dell'8 e 15 settembre 1907.</ref> Estremamente indicativo della scarsa considerazione in cui era tenuta la corrente [[sindacalista]] è, d'altronde, il sarcastico commento con cui venne liquidato il 1° Congresso Operaio Brasiliano (Rio de Janeiro, [[15 aprile|15]]-[[22 aprile]] [[1905]]). <ref>Sul n. 76, del 22 aprile 1906, sotto il titolo ''Un Congresso Inter, di batraci a Rio''.</ref>


Altrettanto netta fu, comunque, la presa di posizione contro le dottrine degli [[anarco-individualisti|individualisti]] [[neostirneriani]]. Parole durissime si ritrovano qua e là, sulle colonne del giornale, a stigmatizzare «quella aberrazione della mente» che è il «concetto erroneo dell'[[anarchico individualista]], distruttore della [[società]], nemico di tutte le organizzazioni, isolato da tutto, cospirante da solo contro i fati del cielo e della terra» (''Una risposta all'«Avanti!»'' <ref name="RA"></ref>). Vedi, ad esempio, i duri attacchi polemici di [[Alessandro Cerchiai|Cerchiai]] contro gli organi [[anarco-individualisti|individualisti]] ''Vir'' di Firenze e ''L'Agitatore'' di Buenos Aires, rispettivamente negli scritti ''Utopia e realtà'' <ref>Sul n. 134, del 25 agosto 1907.</ref> e ''L'anarchismo enimmatico''. <ref>Sul n. 203, del 14 febbraio 1909.</ref>
=== Sull'individualismo ===
Netta fu la presa di posizione contro le dottrine degli [[anarco-individualisti|individualisti]] [[neostirneriani]]. Parole durissime si ritrovano qua e là, sulle colonne del giornale, a stigmatizzare «quella aberrazione della mente» che è il «concetto erroneo dell'[[anarchico individualista]], distruttore della [[società]], nemico di tutte le organizzazioni, isolato da tutto, cospirante da solo contro i fati del cielo e della terra» (''Una risposta all'«Avanti!»'' <ref name="RA"></ref>). Vedi, ad esempio, i duri attacchi polemici di [[Alessandro Cerchiai|Cerchiai]] contro gli organi [[anarco-individualisti|individualisti]] ''Vir'' di Firenze e ''L'Agitatore'' di Buenos Aires, rispettivamente negli scritti ''Utopia e realtà'' <ref>Sul n. 134, del 25 agosto 1907.</ref> e ''L'anarchismo enimmatico''. <ref>Sul n. 203, del 14 febbraio 1909.</ref>


=== Su politica e società brasiliane ===
Sul terreno dell'intervento, ''La Battaglia'' affrontò tutti i maggiori problemi politici e sociali del Paese, attaccando coraggiosamente le oligarchie dei proprietari terrieri, denunciando la rapacità padronale, gli abusi ed i crimini polizieschi e le porcherie del [[clero]], intervenendo contro il vergognoso sfruttamento della mano d'opera straniera e del lavoro minorile <ref>Crf. ''La strage degli innocenti'', n. 3, del 10 febbraio 1907.</ref> e portando avanti, infine, una lodevole opera di educazione e di sensibilizzazione su molti problemi sociali (fra cui l'alcoolismo, che costituiva, purtroppo, una delle maggiori piaghe del [[Brasile]]. <ref>Vedi, per esempio, l'appello ''Operai, non bevete!'', n. 191, dell'8 novembre 1908.</ref> Nel corso della seconda annata, il giornale s'impegnò, in particolare, in una violenta campagna contro la massoneria, una delle componenti (col [[clero]] e gli organi di [[polizia]]) di quella «triplice alleanza» che l'organo [[anarchico]] additava quale responsabile della grave crisi economica e politica in cui era piombato il [[Brasile]]:
Sul terreno dell'intervento, ''La Battaglia'' affrontò tutti i maggiori problemi politici e sociali del Paese, attaccando coraggiosamente le oligarchie dei proprietari terrieri, denunciando la rapacità padronale, gli abusi ed i crimini polizieschi e le porcherie del [[clero]], intervenendo contro il vergognoso sfruttamento della mano d'opera straniera e del lavoro minorile <ref>Crf. ''La strage degli innocenti'', n. 3, del 10 febbraio 1907.</ref> e portando avanti, infine, una lodevole opera di educazione e di sensibilizzazione su molti problemi sociali (fra cui l'alcoolismo, che costituiva, purtroppo, una delle maggiori piaghe del [[Brasile]]. <ref>Vedi, per esempio, l'appello ''Operai, non bevete!'', n. 191, dell'8 novembre 1908.</ref> Nel corso della seconda annata, il giornale s'impegnò, in particolare, in una violenta campagna contro la massoneria, una delle componenti (col [[clero]] e gli organi di [[polizia]]) di quella «triplice alleanza» che l'organo [[anarchico]] additava quale responsabile della grave crisi economica e politica in cui era piombato il [[Brasile]]:
:«L'architetto di questo sporco edificio - scriveva [[Alessandro Cerchiai|Cerchiai]], in ''Preti, poliziotti e massoni'' <ref>Sul n. 72, del 18 marzo 1906.</ref> - l'ha dato la massoneria e lo sostiene il gesuitismo; la [[polizia]] ha l'incarico di castigare i recalcitranti». <ref>Vedi, fra gli altri, gli articoli: ''Le pagliacciate della massoneria svelate al popolo'', n. 52, del 16 settembre 1905; ''La Massoneria all'apogeo del ridicolo'', n. 53, del 30 settembre 1905; ''La Massoneria è la più maccheronica e chiercuta istituzione borghese'', n. 54, del 15 ottobre 1905; ''La Massoneria sotto processo'', n. 60, del 17 dicembre 1905.</ref> Da segnalare è ancora lo scritto, di qualche anno più tardi, di [[Gigi Damiani]], ''Un'altra canaglia della Massoneria'' <ref> Sul n. 228, del 5 settembre 1909.</ref>, diretto a smascherare le mene eversive messe in atto, in quell'anno, dalla coalizione massonica, e l'articolo ''La massoneria e il movimento operaio'' <ref>Sul n. 394 (de ''La Barricata'') del 20 aprile 1913.</ref>, con cui si metteva in guardia che «come riflesso di un'azione identica svoltasi in Europa e specialmente in [[Francia]], avremo, o forse abbiamo, anche qui un tentativo d'inquinazione [...] massonica nelle organizzazioni di resistenza proletarie».
:«L'architetto di questo sporco edificio - scriveva [[Alessandro Cerchiai|Cerchiai]], in ''Preti, poliziotti e massoni'' <ref>Sul n. 72, del 18 marzo 1906.</ref> - l'ha dato la massoneria e lo sostiene il gesuitismo; la [[polizia]] ha l'incarico di castigare i recalcitranti». <ref>Vedi, fra gli altri, gli articoli: ''Le pagliacciate della massoneria svelate al popolo'', n. 52, del 16 settembre 1905; ''La Massoneria all'apogeo del ridicolo'', n. 53, del 30 settembre 1905; ''La Massoneria è la più maccheronica e chiercuta istituzione borghese'', n. 54, del 15 ottobre 1905; ''La Massoneria sotto processo'', n. 60, del 17 dicembre 1905.</ref> Da segnalare è ancora lo scritto, di qualche anno più tardi, di [[Gigi Damiani]], ''Un'altra canaglia della Massoneria'' <ref> Sul n. 228, del 5 settembre 1909.</ref>, diretto a smascherare le mene eversive messe in atto, in quell'anno, dalla coalizione massonica, e l'articolo ''La massoneria e il movimento operaio'' <ref>Sul n. 394 (de ''La Barricata'') del 20 aprile 1913.</ref>, con cui si metteva in guardia che «come riflesso di un'azione identica svoltasi in Europa e specialmente in [[Francia]], avremo, o forse abbiamo, anche qui un tentativo d'inquinazione [...] massonica nelle organizzazioni di resistenza proletarie».


=== Su lavoratori e schiavismo ===
Dove massimamente si rivela la combattività dell'organo [[anarchico]], è tuttavia nell'intervento in favore dei lavoratori agricoli delle zone caffeifere e nella denuncia del regime feudale e schiavista, di fatto vigente nelle fazendas brasiliane. Su questi due temi, ''La Battaglia'' impostò una coraggiosa campagna, portata avanti ininterrottamente per tutta la durata delle pubblicazioni, particolarmente attraverso le rubriche fisse '''''Dalla fazenda maledetta''''', '''''Dalle Caienne Brasiliane''''' e '''''Dall'interno dello Stato'''''. Valgano, a titolo di esempio di questa appassionata difesa dei diritti dei coloni, gli scritti di [[Oreste Ristori|Ristori]], ''Retrocessione verso l'animalità primitiva'' <ref>Sui n. 85 e 87, dell'8 e 22 luglio 1906.</ref>, oltre quelli apparsi sotto il titolo generico ''Gli orrori delle ‘fazendas’'' <ref>Sui n. 98 e 100, del 21 ottobre e 11 novembre 1906.</ref>, destinati a designare una nuova rubrica, rimasta, invece, senza seguito.
Dove massimamente si rivela la combattività dell'organo [[anarchico]], è tuttavia nell'intervento in favore dei lavoratori agricoli delle zone caffeifere e nella denuncia del regime feudale e schiavista, di fatto vigente nelle fazendas brasiliane. Su questi due temi, ''La Battaglia'' impostò una coraggiosa campagna, portata avanti ininterrottamente per tutta la durata delle pubblicazioni, particolarmente attraverso le rubriche fisse '''''Dalla fazenda maledetta''''', '''''Dalle Caienne Brasiliane''''' e '''''Dall'interno dello Stato'''''. Valgano, a titolo di esempio di questa appassionata difesa dei diritti dei coloni, gli scritti di [[Oreste Ristori|Ristori]], ''Retrocessione verso l'animalità primitiva'' <ref>Sui n. 85 e 87, dell'8 e 22 luglio 1906.</ref>, oltre quelli apparsi sotto il titolo generico ''Gli orrori delle ‘fazendas’'' <ref>Sui n. 98 e 100, del 21 ottobre e 11 novembre 1906.</ref>, destinati a designare una nuova rubrica, rimasta, invece, senza seguito.
[[File:Gigi Damiani.jpg|thumb|250px|[[Gigi Damiani]], direttore de ''La Battaglia'' dal [[7 gennaio]] [[1912]] al maggio del [[1913]].]]
[[File:Gigi Damiani.jpg|thumb|250px|[[Gigi Damiani]], direttore de ''La Battaglia'' dal [[7 gennaio]] [[1912]] al maggio del [[1913]].]]
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Di fronte a tale stato di cose ed alla constatata difficoltà di porvi in qualche modo rimedio, ''La Battaglia'' si adoperò per impedire almeno l'importazione di nuovi contingenti di lavoratori da destinare alle aziende agricole, sia svolgendo un intenso lavoro di [[controinformazione]] fra i connazionali della madrepatria sia e soprattutto opponendosi energicamente alle manovre che il governo brasiliano metteva periodicamente in atto per ottenere la revoca del «decreto Prinetti» ([[26 marzo]] [[1902]]), con cui era stata vietata la continuazione delle operazioni d'imbarco gratuito verso il [[Brasile]]. <ref>Fra i molti scritti destinati a sostenere questa campagna antiemigratoria si citano: ''Schiavi per le ‘fazendas’'', n. 69, del 25 febbraio 1906; ''Lavoratori, non venite in Brasile!'', n. 70, del 4 marzo 1906; ''Contro l'immigrazione. Appello alla solidarietà degli amici e dei compagni'', n. 72, del 18 marzo 1906 (dove viene annunciato che «a cura de ''La Battaglia'' sarà pubblicato fra breve un opuscolo, in italiano, in ispagnuolo e in portoghese, in cui saranno condensate le delizie di questa vita felice, agonizzante sotto il bel cielo della Repubblica»); «Mastri Antonio», ''L'immigrazione'', n. 184, del 13 settembre 1908; [[Gigi Damiani]], ''La parola del ciarlatano'', n. 223, del 18 luglio 1909 (a proposito di un tendenzioso intervento di E. Ferri alla Camera, mirante a riproporre l'avvio di una politica emigratoria verso il [[Brasile]]).</ref>
Di fronte a tale stato di cose ed alla constatata difficoltà di porvi in qualche modo rimedio, ''La Battaglia'' si adoperò per impedire almeno l'importazione di nuovi contingenti di lavoratori da destinare alle aziende agricole, sia svolgendo un intenso lavoro di [[controinformazione]] fra i connazionali della madrepatria sia e soprattutto opponendosi energicamente alle manovre che il governo brasiliano metteva periodicamente in atto per ottenere la revoca del «decreto Prinetti» ([[26 marzo]] [[1902]]), con cui era stata vietata la continuazione delle operazioni d'imbarco gratuito verso il [[Brasile]]. <ref>Fra i molti scritti destinati a sostenere questa campagna antiemigratoria si citano: ''Schiavi per le ‘fazendas’'', n. 69, del 25 febbraio 1906; ''Lavoratori, non venite in Brasile!'', n. 70, del 4 marzo 1906; ''Contro l'immigrazione. Appello alla solidarietà degli amici e dei compagni'', n. 72, del 18 marzo 1906 (dove viene annunciato che «a cura de ''La Battaglia'' sarà pubblicato fra breve un opuscolo, in italiano, in ispagnuolo e in portoghese, in cui saranno condensate le delizie di questa vita felice, agonizzante sotto il bel cielo della Repubblica»); «Mastri Antonio», ''L'immigrazione'', n. 184, del 13 settembre 1908; [[Gigi Damiani]], ''La parola del ciarlatano'', n. 223, del 18 luglio 1909 (a proposito di un tendenzioso intervento di E. Ferri alla Camera, mirante a riproporre l'avvio di una politica emigratoria verso il [[Brasile]]).</ref>


=== L'addio di Ristori ===
Alla fine del [[1911]] [[Oreste Ristori|Ristori]], con decisione «che per la sua irrevocabilità, ci ha lasciato tutti dolorosamente sorpresi», lasciava la redazione de ''La Battaglia'', che dal [[7 gennaio]] del [[1912]] venne assunta da [[Gigi Damiani]]. <ref> Cfr. sul n. 336, del 7 gennaio 1912, il trafiletto ''Poche parole...''</ref> Alcuni mesi più tardi verrà precisato che [[Oreste Ristori|Ristori]] abbandonò l'impegno redazionale «dichiarando di non credere più nella redenzione del popolo e l'ideale considerando come concezione permessa a pochi». <ref>Cfr. ''Ai compagni ed agli abbonati'', n. 367, del 1 settembre 1912.</ref>
Alla fine del [[1911]] [[Oreste Ristori|Ristori]], con decisione «che per la sua irrevocabilità, ci ha lasciato tutti dolorosamente sorpresi», lasciava la redazione de ''La Battaglia'', che dal [[7 gennaio]] del [[1912]] venne assunta da [[Gigi Damiani]]. <ref> Cfr. sul n. 336, del 7 gennaio 1912, il trafiletto ''Poche parole...''</ref> Alcuni mesi più tardi verrà precisato che [[Oreste Ristori|Ristori]] abbandonò l'impegno redazionale «dichiarando di non credere più nella redenzione del popolo e l'ideale considerando come concezione permessa a pochi». <ref>Cfr. ''Ai compagni ed agli abbonati'', n. 367, del 1 settembre 1912.</ref>


=== La complicata direzione di Damiani e la chiusura ===
Coadiuvato da [[Alessandro Cerchiai|Cerchiai]], [[Gigi Damiani|Damiani]] tenne la direzione del periodico per poco più di un anno: un arco di tempo relativamente breve ma senza dubbio fra i più tormentati per la vita del giornale, divenuto bersaglio di attacchi ingiuriosi e provocatori e oggetto di critiche e dicerie sotto il profilo, particolarmente, della sua conduzione amministrativa. Nel maggio del [[1912]] l'organo [[anarchico]] ''Tierra y Libertad'' di Barcelona era anzi giunto ad accogliere una corrispondenza di certo J. Fernandez Monteiro, nella quale si accusava la vecchia redazione de ''La Battaglia'' di essersi appropriata dei fondi di una sottscrizione aperta «pro [[rivoluzione]] messicana». Alle «fantastiche e sporche accuse» ospitate sulle colonne del foglio barcellonese, [[Gigi Damiani|Damiani]] e [[Alessandro Cerchiai|Cerchiai]] avevano risposto con una fiera smentita, in cui si chiedeva altresì una riparazione «al male fattoci sia pure inconsciamente, ma con molta leggerezza». <ref>Cfr. ''Contro un'infamia'', in ''Il Risveglio Socialista-Anarchico'' (Ginevra), n. 339, del 17 agosto 1912; ed anche [[Ugo Fedeli]], ''Gigi Damiani. Note biografiche, il suo posto nell'anarchismo'', Cesena, 1954, pp. 22-23.</ref> Ma essendosi dovuto constatare il persistere di una marcata diffidenza nei confronti del giornale, venne presa alla fine una serie di provvedimenti, fra cui quello di mutarne il titolo. Il numero 367 del [[1° settembre]] [[1912]] uscì recando in manchette l'avvertenza che «a cominciare dal prossimo numero ''La Battaglia'' cambierà nome e si chiamerà ''La Barricata''»: una decisione - confermava il già citato redazionale ''Ai compagni ed agli abbonati'' - presa anche in considerazione del fatto «che intorno a ''La Battaglia'' si sono accumulati sospetti e dicerie ed in molti è la certezza che essa sia fonte di tanti guadagni».
Coadiuvato da [[Alessandro Cerchiai|Cerchiai]], [[Gigi Damiani|Damiani]] tenne la direzione del periodico per poco più di un anno: un arco di tempo relativamente breve ma senza dubbio fra i più tormentati per la vita del giornale, divenuto bersaglio di attacchi ingiuriosi e provocatori e oggetto di critiche e dicerie sotto il profilo, particolarmente, della sua conduzione amministrativa. Nel maggio del [[1912]] l'organo [[anarchico]] ''Tierra y Libertad'' di Barcelona era anzi giunto ad accogliere una corrispondenza di certo J. Fernandez Monteiro, nella quale si accusava la vecchia redazione de ''La Battaglia'' di essersi appropriata dei fondi di una sottscrizione aperta «pro [[rivoluzione]] messicana». Alle «fantastiche e sporche accuse» ospitate sulle colonne del foglio barcellonese, [[Gigi Damiani|Damiani]] e [[Alessandro Cerchiai|Cerchiai]] avevano risposto con una fiera smentita, in cui si chiedeva altresì una riparazione «al male fattoci sia pure inconsciamente, ma con molta leggerezza». <ref>Cfr. ''Contro un'infamia'', in ''Il Risveglio Socialista-Anarchico'' (Ginevra), n. 339, del 17 agosto 1912; ed anche [[Ugo Fedeli]], ''Gigi Damiani. Note biografiche, il suo posto nell'anarchismo'', Cesena, 1954, pp. 22-23.</ref> Ma essendosi dovuto constatare il persistere di una marcata diffidenza nei confronti del giornale, venne presa alla fine una serie di provvedimenti, fra cui quello di mutarne il titolo. Il numero 367 del [[1° settembre]] [[1912]] uscì recando in manchette l'avvertenza che «a cominciare dal prossimo numero ''La Battaglia'' cambierà nome e si chiamerà ''La Barricata''»: una decisione - confermava il già citato redazionale ''Ai compagni ed agli abbonati'' - presa anche in considerazione del fatto «che intorno a ''La Battaglia'' si sono accumulati sospetti e dicerie ed in molti è la certezza che essa sia fonte di tanti guadagni».


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