L'aumento delle cure genera nuove patologie (di I. Illich): differenze tra le versioni

m
Sostituzione testo - "[à][\s][.]" con "à."
m (Sostituzione testo - "[à][\s][,]" con "à,")
m (Sostituzione testo - "[à][\s][.]" con "à.")
Riga 7: Riga 7:
Se si considera la nostra medicina quella del mondo occidentale nell'ottica dello storico, si pensa inevitabilmente a Bologna, dove l'ars medendi et curandi si separò, in quanto disciplina, dalla teologia, dalla filosofia e dal diritto. Fu qui che in base a una scelta riferita a una piccola parte degli scritti di Galieno <ref> Galieno. Medico greco (131-201), che esercitò soprattutto a Pergamo e a Roma. Attraverso la dissezione di animali, riuscì a compiere in campo anatomico importanti scoperte sul sistema nervoso e sul cuore. La sua influenza è stata considerevole fino al XVII secolo.</ref>, il corpo della medicina ha stabilito la propria sovranità  su un territorio distinto da quelli di Aristotele o di Cicerone. Ed è a Bologna che la disciplina che ha per tema il dolore, l'angoscia e la morte è stata reintegrata nell'ambito della saggezza, superando una frammentazione che non era mai stata operata nel mondo islamico, ove il titolo di Hakim designa a un tempo lo scienziato, il filosofo e il guaritore. Nel conferire l'autonomia universitaria al sapere medico, e nell'istituire inoltre l'autocritica della sua prassi grazie alla creazione del protomedicato, Bologna ha posto le basi di un'impresa sociale eminentemente ambigua, un'istituzione che ha fatto progressivamente dimenticare i limiti entro i quali la sofferenza dovrebbe essere affrontata piuttosto che eliminata, e la morte dovrebbe essere accolta anziché respinta.  
Se si considera la nostra medicina quella del mondo occidentale nell'ottica dello storico, si pensa inevitabilmente a Bologna, dove l'ars medendi et curandi si separò, in quanto disciplina, dalla teologia, dalla filosofia e dal diritto. Fu qui che in base a una scelta riferita a una piccola parte degli scritti di Galieno <ref> Galieno. Medico greco (131-201), che esercitò soprattutto a Pergamo e a Roma. Attraverso la dissezione di animali, riuscì a compiere in campo anatomico importanti scoperte sul sistema nervoso e sul cuore. La sua influenza è stata considerevole fino al XVII secolo.</ref>, il corpo della medicina ha stabilito la propria sovranità  su un territorio distinto da quelli di Aristotele o di Cicerone. Ed è a Bologna che la disciplina che ha per tema il dolore, l'angoscia e la morte è stata reintegrata nell'ambito della saggezza, superando una frammentazione che non era mai stata operata nel mondo islamico, ove il titolo di Hakim designa a un tempo lo scienziato, il filosofo e il guaritore. Nel conferire l'autonomia universitaria al sapere medico, e nell'istituire inoltre l'autocritica della sua prassi grazie alla creazione del protomedicato, Bologna ha posto le basi di un'impresa sociale eminentemente ambigua, un'istituzione che ha fatto progressivamente dimenticare i limiti entro i quali la sofferenza dovrebbe essere affrontata piuttosto che eliminata, e la morte dovrebbe essere accolta anziché respinta.  


Certo, la tentazione di Prometeo <ref>Prometeo. Eroe dell'antichità, cui è stato attribuito il merito di aver insegnato agli esseri umani l'intero scibile alla base di una civiltà . Ha rapito il fuoco agli dei per portarlo agli uomini.</ref> si è presentata fin dai primordi della medicina. Anche prima della fondazione dell'università  di Bologna, nel 1119, i medici ebrei, nell'Africa del Nord, contestavano l'eclissarsi dei medici arabi nell'ora fatale. E ci è voluto del tempo perché questa regola scomparisse. Ancora nel 1911, data della grande riforma delle scuole di medicina americane, si insegnava come riconoscere la "facies ippocratica", i segni grazie ai quali il medico comprende di non trovarsi più davanti un paziente ma un morente. Questo realismo appartiene al passato. Ma è ormai venuto il momento, a fronte dell'affollamento dei morti mancati grazie alle terapie, e della loro moderna disperazione, di rinunciare a voler guarire la vecchiaia. Servirebbe un'iniziativa per preparare il ritorno della medicina al realismo, e subordinare la tecnica all'arte di soffrire e di morire. Occorrerebbe suonare un campanello d'allarme, per far comprendere che l'arte di celebrare il presente è paralizzata da questa ricerca della [[salute]] perfetta.
Certo, la tentazione di Prometeo <ref>Prometeo. Eroe dell'antichità, cui è stato attribuito il merito di aver insegnato agli esseri umani l'intero scibile alla base di una civiltà. Ha rapito il fuoco agli dei per portarlo agli uomini.</ref> si è presentata fin dai primordi della medicina. Anche prima della fondazione dell'università  di Bologna, nel 1119, i medici ebrei, nell'Africa del Nord, contestavano l'eclissarsi dei medici arabi nell'ora fatale. E ci è voluto del tempo perché questa regola scomparisse. Ancora nel 1911, data della grande riforma delle scuole di medicina americane, si insegnava come riconoscere la "facies ippocratica", i segni grazie ai quali il medico comprende di non trovarsi più davanti un paziente ma un morente. Questo realismo appartiene al passato. Ma è ormai venuto il momento, a fronte dell'affollamento dei morti mancati grazie alle terapie, e della loro moderna disperazione, di rinunciare a voler guarire la vecchiaia. Servirebbe un'iniziativa per preparare il ritorno della medicina al realismo, e subordinare la tecnica all'arte di soffrire e di morire. Occorrerebbe suonare un campanello d'allarme, per far comprendere che l'arte di celebrare il presente è paralizzata da questa ricerca della [[salute]] perfetta.


== Dal corpo fisico al corpo fiscale ==
== Dal corpo fisico al corpo fiscale ==
Riga 25: Riga 25:
Sarebbe impossibile, all'approssimarsi del [[2000]], procedere all'analisi della [[salute]] e della malattia in quanto metafore sociali senza comprendere che questa autoastrazione immaginaria, con il suo rituale medico, appartiene anch'essa al passato. La diagnosi non dà  ormai più un'immagine con una qualche pretesa di realismo, bensì un intersecarsi di curve e di probabilità, organizzate per costituire un profilo. La diagnosi non è più rivolta al senso della vista, ma esige ormai dal paziente un freddo calcolo. In maggioranza, gli elementi della diagnosi non misurano più un dato [[individuo]] concreto. Ogni osservazione colloca il suo caso in una "popolazione" diversa, indicando un'eventualità  senza poter designare il soggetto. La medicina si è posta in condizione di non poter più scegliere il bene per un paziente concreto. Per decidere dei servizi che gli verranno resi, obbliga il diagnosticato a giocare la propria sorte al poker. Prendo come esempio la consultazione genetica prenatale, studiata a fondo da una collega, la ricercatrice Silja Samerski, dell'università  di Tfbingen. Neppure dopo aver studiato dozzine di protocolli avrei potuto credere a ciò che accade in quelle consultazioni, affidate a medici con alle spalle quattro anni di specializzazione in genetica, alle quali si sottopongono in [[Germania]] varie categorie di donne. I medici si astengono rigorosamente da qualsiasi opinione per non rischiare la sorte di un loro collega di Tfbingen, che nel [[1997]] è stato condannato dalla Corte Suprema a provvedere a vita al mantenimento di un bimbo malformato: aveva suggerito alla futura madre che le probabilità  di una malformazione del genere sarebbero state modeste, anziché limitarsi a indicare una percentuale di rischio.  
Sarebbe impossibile, all'approssimarsi del [[2000]], procedere all'analisi della [[salute]] e della malattia in quanto metafore sociali senza comprendere che questa autoastrazione immaginaria, con il suo rituale medico, appartiene anch'essa al passato. La diagnosi non dà  ormai più un'immagine con una qualche pretesa di realismo, bensì un intersecarsi di curve e di probabilità, organizzate per costituire un profilo. La diagnosi non è più rivolta al senso della vista, ma esige ormai dal paziente un freddo calcolo. In maggioranza, gli elementi della diagnosi non misurano più un dato [[individuo]] concreto. Ogni osservazione colloca il suo caso in una "popolazione" diversa, indicando un'eventualità  senza poter designare il soggetto. La medicina si è posta in condizione di non poter più scegliere il bene per un paziente concreto. Per decidere dei servizi che gli verranno resi, obbliga il diagnosticato a giocare la propria sorte al poker. Prendo come esempio la consultazione genetica prenatale, studiata a fondo da una collega, la ricercatrice Silja Samerski, dell'università  di Tfbingen. Neppure dopo aver studiato dozzine di protocolli avrei potuto credere a ciò che accade in quelle consultazioni, affidate a medici con alle spalle quattro anni di specializzazione in genetica, alle quali si sottopongono in [[Germania]] varie categorie di donne. I medici si astengono rigorosamente da qualsiasi opinione per non rischiare la sorte di un loro collega di Tfbingen, che nel [[1997]] è stato condannato dalla Corte Suprema a provvedere a vita al mantenimento di un bimbo malformato: aveva suggerito alla futura madre che le probabilità  di una malformazione del genere sarebbero state modeste, anziché limitarsi a indicare una percentuale di rischio.  


In questi colloqui, si passa dall'informazione sulla fecondazione e da un'esposizione riassuntiva delle leggi di Mendel <ref>Jan Rehor, detto Gregori Mendel (1822- 1884), botanico ceco, fondatore della genetica. Ha scoperto le leggi dell'ibridazione.</ref> alla definizione di un albero genetico-araldico, per arrivare all'inventario dei rischi e a una passeggiata attraverso un "giardino dei mostri". Ogni volta che la donna chiede se potrebbe accaderle una cosa del genere, il medico le risponde: «Signora, non possiamo escludere con sicurezza neppure questo». Quel che è certo comunque è che una risposta del genere lascia le sue tracce. La cerimonia ha un effetto simbolico ineluttabile: quello di costringere la donna incinta a prendere una "decisione", identificando se stessa e il suo futuro bambino con una configurazione di probabilità . Non sto parlando della decisione in favore o contro la continuazione del suo stato di gravidanza, bensì dell'obbligo della donna a identificare se stessa e il nascituro con una "probabilità ". Identificare la propria scelta con un biglietto della lotteria. La si costringe così a un ossimoro <ref>Come la metafora, l'ossimoro è una figura retorica che consiste nell'applicare a un nome un epiteto che sembra contraddirlo: ad esempio, chiarezza oscura, sole nero, forza tranquilla.</ref> di decisione, una scelta che si pretende umana, mentre corrisponde ad essere incastrati nell'inumano numerico. Eccoci così davanti non più a una disincarnazione dell'ego, bensì alla negazione dell'unicità  del soggetto, all'assurdità  di porsi a rischio come sistema, come modello attuario. Il consulente diviene psicopompo <ref>Psicopompi. Conduttori delle anime dei morti, come Hermes e Orfeo</ref>, in una liturgia di iniziazione al tutto-statistico. E tutto questo in nome del "perseguimento della salute".  
In questi colloqui, si passa dall'informazione sulla fecondazione e da un'esposizione riassuntiva delle leggi di Mendel <ref>Jan Rehor, detto Gregori Mendel (1822- 1884), botanico ceco, fondatore della genetica. Ha scoperto le leggi dell'ibridazione.</ref> alla definizione di un albero genetico-araldico, per arrivare all'inventario dei rischi e a una passeggiata attraverso un "giardino dei mostri". Ogni volta che la donna chiede se potrebbe accaderle una cosa del genere, il medico le risponde: «Signora, non possiamo escludere con sicurezza neppure questo». Quel che è certo comunque è che una risposta del genere lascia le sue tracce. La cerimonia ha un effetto simbolico ineluttabile: quello di costringere la donna incinta a prendere una "decisione", identificando se stessa e il suo futuro bambino con una configurazione di probabilità. Non sto parlando della decisione in favore o contro la continuazione del suo stato di gravidanza, bensì dell'obbligo della donna a identificare se stessa e il nascituro con una "probabilità ". Identificare la propria scelta con un biglietto della lotteria. La si costringe così a un ossimoro <ref>Come la metafora, l'ossimoro è una figura retorica che consiste nell'applicare a un nome un epiteto che sembra contraddirlo: ad esempio, chiarezza oscura, sole nero, forza tranquilla.</ref> di decisione, una scelta che si pretende umana, mentre corrisponde ad essere incastrati nell'inumano numerico. Eccoci così davanti non più a una disincarnazione dell'ego, bensì alla negazione dell'unicità  del soggetto, all'assurdità  di porsi a rischio come sistema, come modello attuario. Il consulente diviene psicopompo <ref>Psicopompi. Conduttori delle anime dei morti, come Hermes e Orfeo</ref>, in una liturgia di iniziazione al tutto-statistico. E tutto questo in nome del "perseguimento della salute".  


A questo punto diventa impossibile trattare della salute in quanto metafora. Le metafore sono tragitti da una riva semantica all'altra. E per natura zoppicano. Ma per la loro stessa essenza, gettano una luce sul punto di partenza della traversata: cosa che non può più avvenire quando la salute è concepita come l'ottimizzazione di un rischio. L'abisso che esiste tra il somatico e il matematico non lo ammette. Il punto di partenza non tollera né la carne, né l'ego. Il perseguimento della salute li dissolve entrambi. Come si può dare ancora corpo alla paura quando si è privati della carne? Come evitare di cadere in una deriva di decisioni suicide? Diciamo una preghiera: «Non lasciateci soccombere alla diagnosi ma liberateci dai mali della sanità .»
A questo punto diventa impossibile trattare della salute in quanto metafora. Le metafore sono tragitti da una riva semantica all'altra. E per natura zoppicano. Ma per la loro stessa essenza, gettano una luce sul punto di partenza della traversata: cosa che non può più avvenire quando la salute è concepita come l'ottimizzazione di un rischio. L'abisso che esiste tra il somatico e il matematico non lo ammette. Il punto di partenza non tollera né la carne, né l'ego. Il perseguimento della salute li dissolve entrambi. Come si può dare ancora corpo alla paura quando si è privati della carne? Come evitare di cadere in una deriva di decisioni suicide? Diciamo una preghiera: «Non lasciateci soccombere alla diagnosi ma liberateci dai mali della sanità.»


== Note ==
== Note ==
64 364

contributi