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Gli economisti classici come [[Adam Smith]] e [[David Ricardo]], scrive [[Lenin]], gettarono le basi della teoria secondo cui '''il valore  delle merci deriva dal lavoro''' ('''valore di scambio'''). Dal punto di vista economico il lavoro è una merce ('''forza-lavoro''') che il proletario vende al [[capitalismo|capitalista]]. La forza-lavoro non è soltanto un valore, ma produce altri valori e questo implica che essa abbia un valore superiore al salario percepito: è questo il '''plusvalore''' intascato dal [[capitalismo|capitalista]] e che sta alla base dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Gli economisti classici come [[Adam Smith]] e [[David Ricardo]], scrive [[Lenin]], gettarono le basi della teoria secondo cui '''il valore  delle merci deriva dal lavoro''' ('''valore di scambio'''). Dal punto di vista economico il lavoro è una merce ('''forza-lavoro''') che il proletario vende al [[capitalismo|capitalista]]. La forza-lavoro non è soltanto un valore, ma produce altri valori e questo implica che essa abbia un valore superiore al salario percepito: è questo il '''plusvalore''' intascato dal [[capitalismo|capitalista]] e che sta alla base dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.


Il “padrone”, costretto dal "mercato" a competere strenuamente con gli altri "padroni", deve trovare le condizioni per far lavorare di più i propri operai oppure migliorarne il rendimento. In quest’ultimo caso si tratta di organizzare diversamente la produzione: da qui la divisione del lavoro e la sottomissione del proletario alle macchine industriali ('''lavoro alienato''').  
Il “padrone”, costretto dal "mercato" a competere strenuamente con gli altri "padroni", deve trovare le condizioni per far lavorare di più i propri operai oppure migliorarne il rendimento. In quest’ultimo caso si tratta di organizzare diversamente la produzione: da qui la divisione del lavoro e la sottomissione del proletario alle macchine industriali ('''lavoro alienato''').  


Il [[capitalismo|capitalista]] è quindi in qualche modo costretto ad investire i profitti nell’accumulazione del capitale e in nuove macchine ('''capitale fisso''') <ref name="capitale"> Marx individua il '''capitale variabile''', destinato all'acquisto della forza-lavoro, e il '''capitale fisso o costante''', destinato ai mezzi di produzione. Definisce poi il processo di produzione capitalistico con la formula «'''D-M-D'''», dove '''D''' è il denaro speso per acquistare la merce '''M''' (intendendo con merce sia la forza lavoro e sia i mezzi di produzione) e dove '''D''' è il denaro guadagnato, che dev'essere ovviamente maggiore del denaro speso.</ref>, i piccoli proprietari vengono assorbiti dai grandi e ciò determina la concentrazione capitalistica in poche mani e l’acuirsi della principale contraddizione del [[capitalismo]], che é indipendente dalla volontà  dei soggetti, dimostrabile dalla caduta costante del '''saggio di profitto''': per Marx l’accumulo di '''capitale fisso''' è inevitabile perché l'imprenditore  è inserito in un mercato competitivo, ciò determina la diminuzione del profitto (rapporto tra  plusvalore e sommatoria di capitale fisso e variabile) e la ricerca obbligata, da parte del [[capitalismo|capitalista]], di misure per correggere questa tendenza e creare così un nuovo plusvalore <ref name="Plusvalore"> Marx individua due tipi di plusvalore, il '''Plusvalore assoluto''' e il '''Plusvalore relativo'''. Il primo è possibile ottenerlo mediante il prolungamento della giornata lavorativa, ammettendo che siano costanti le ore di lavoro necessarie alla riproduzione della forza-lavoro (lavoro necessario), attraverso l'estensione dei soggetti sottomessi allo sfruttamento ecc.  Tale metodo ha però dei limiti poiché non si può aumentare all’infinito la giornata lavorativa dell'operaio. Il '''Plusvalore relativo''' può essere ottenuto mediante la riduzione delle ore di lavoro necessario (cioè del capitale variabile), ammettendo come fissa la durata della giornata lavorativa, che determina di conseguenza l’aumento della produttività  del lavoro. In ogni singola merce viene così inglobata una quantità  minore sia di '''capitale costante''' sia di '''capitale variabile''' e così andrà  sul mercato ad un prezzo più basso. In questo modo il costo della vita dell'operaio diminuisce, diminuisce il salario e conseguentemente aumenta il plusvalore relativo. </ref>. Quindi l'incremento del '''capitale costante''' ('''fisso''') investito rispetto a quello '''variabile''' è progressivo e inevitabile nello sviluppo capitalistico, determinando la nascita della sua principale contraddizione: il [[capitalismo]] per svilupparsi abbisogna dei proletari, cioè della classe antagonista della borghesia, i quali però, secondo Marx, sono la classe destinata ad abbatterne il potere.
Il [[capitalismo|capitalista]] è quindi in qualche modo costretto ad investire i profitti nell’accumulazione del capitale e in nuove macchine ('''capitale fisso''') <ref name="capitale"> Marx individua il '''capitale variabile''', destinato all'acquisto della forza-lavoro, e il '''capitale fisso o costante''', destinato ai mezzi di produzione. Definisce poi il processo di produzione capitalistico con la formula «'''D-M-D'''», dove '''D''' è il denaro speso per acquistare la merce '''M''' (intendendo con merce sia la forza lavoro e sia i mezzi di produzione) e dove '''D''' è il denaro guadagnato, che dev'essere ovviamente maggiore del denaro speso.</ref>, i piccoli proprietari vengono assorbiti dai grandi e ciò determina la concentrazione capitalistica in poche mani e l’acuirsi della principale contraddizione del [[capitalismo]], che é indipendente dalla volontà  dei soggetti, dimostrabile dalla caduta costante del '''saggio di profitto''': per Marx l’accumulo di '''capitale fisso''' è inevitabile perché l'imprenditore  è inserito in un mercato competitivo, ciò determina la diminuzione del profitto (rapporto tra  plusvalore e sommatoria di capitale fisso e variabile) e la ricerca obbligata, da parte del [[capitalismo|capitalista]], di misure per correggere questa tendenza e creare così un nuovo plusvalore <ref name="Plusvalore"> Marx individua due tipi di plusvalore, il '''Plusvalore assoluto''' e il '''Plusvalore relativo'''. Il primo è possibile ottenerlo mediante il prolungamento della giornata lavorativa, ammettendo che siano costanti le ore di lavoro necessarie alla riproduzione della forza-lavoro (lavoro necessario), attraverso l'estensione dei soggetti sottomessi allo sfruttamento ecc.  Tale metodo ha però dei limiti poiché non si può aumentare all’infinito la giornata lavorativa dell'operaio. Il '''Plusvalore relativo''' può essere ottenuto mediante la riduzione delle ore di lavoro necessario (cioè del capitale variabile), ammettendo come fissa la durata della giornata lavorativa, che determina di conseguenza l’aumento della produttività  del lavoro. In ogni singola merce viene così inglobata una quantità  minore sia di '''capitale costante''' sia di '''capitale variabile''' e così andrà  sul mercato ad un prezzo più basso. In questo modo il costo della vita dell'operaio diminuisce, diminuisce il salario e conseguentemente aumenta il plusvalore relativo. </ref>. Quindi l'incremento del '''capitale costante''' ('''fisso''') investito rispetto a quello '''variabile''' è progressivo e inevitabile nello sviluppo capitalistico, determinando la nascita della sua principale contraddizione: il [[capitalismo]] per svilupparsi abbisogna dei proletari, cioè della classe antagonista della borghesia, i quali però, secondo Marx, sono la classe destinata ad abbatterne il potere.
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Per Marx il [[materialismo storico]] è «la concezione materialista della storia» ed è un metodo di analisi reale delle condizioni materiali (cioè economiche) dello sviluppo sociale e quindi uno strumento pratico atto a modificarle rivoluzionariamente. Invece il [[materialismo dialettico]], che Karl Marx "abbraccia" in una fase successiva all’elaborazione del materialismo storico, reinterpreta la dialettica hegeliana, considerando l’evoluzione della materia e non dell’Idea (come faceva [[Hegel]]). Il materialismo dialettico non solo reinterpreta la realtà , ma ha la pretesa di offrire una visione scientifica e [[determinismo|deterministica]] degli avvenimenti storici, prevedendo la crisi del [[capitalismo]] e il conseguente arrivo del [[comunismo]].
Per Marx il [[materialismo storico]] è «la concezione materialista della storia» ed è un metodo di analisi reale delle condizioni materiali (cioè economiche) dello sviluppo sociale e quindi uno strumento pratico atto a modificarle rivoluzionariamente. Invece il [[materialismo dialettico]], che Karl Marx "abbraccia" in una fase successiva all’elaborazione del materialismo storico, reinterpreta la dialettica hegeliana, considerando l’evoluzione della materia e non dell’Idea (come faceva [[Hegel]]). Il materialismo dialettico non solo reinterpreta la realtà , ma ha la pretesa di offrire una visione scientifica e [[determinismo|deterministica]] degli avvenimenti storici, prevedendo la crisi del [[capitalismo]] e il conseguente arrivo del [[comunismo]].


La concezione materialista della storia porta Marx a sostenere che la storia dell’umanità  è [[lotta di classe]] e quella che attualmente vede contrapposte borghesia e proletariato è il risultato della contraddizione [[capitalismo|capitalista]]. La schiavitù dell’uomo non è quindi data dalle loro rappresentazioni bensì dalle condizioni materiali (“''non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza''”), quindi solo la ''praxis umana'' (teoria e pratica rivoluzionaria) può modificare le strutture sociali e quindi anche il modo il modo di pensare degli esseri umani. Poiché le idee delle classi dominanti sono le idee dominanti, è quindi necessario modificare i rapporti di produzione materiale ('''struttura''') per cambiare le idee politiche religiose, culturali, filosofiche, morali ecc. ('''sovrastruttura''').  
La concezione materialista della storia porta Marx a sostenere che la storia dell’umanità  è [[lotta di classe]] e quella che attualmente vede contrapposte borghesia e proletariato è il risultato della contraddizione [[capitalismo|capitalista]]. La schiavitù dell’uomo non è quindi data dalle loro rappresentazioni bensì dalle condizioni materiali (“''non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza''), quindi solo la ''praxis umana'' (teoria e pratica rivoluzionaria) può modificare le strutture sociali e quindi anche il modo il modo di pensare degli esseri umani. Poiché le idee delle classi dominanti sono le idee dominanti, è quindi necessario modificare i rapporti di produzione materiale ('''struttura''') per cambiare le idee politiche religiose, culturali, filosofiche, morali ecc. ('''sovrastruttura''').  


La concezione materialista della storia non può essere interpretata in maniera eccessivamente meccanicista, nonostante esistano correnti del [[marxismo]] di questo genere, perché Marx non nega l'importanza delle idee, proprio perché possono trasformarsi in prassi. Da queste considerazione ne deriva che è compito storico del [[proletariato]] maturare la coscienza di classe che lo porti alla [[rivoluzione]], ad  impadronirsi dello [[Stato]] ([[dittatura del proletariato]]) e ad educare le masse sino alla «scomparsa dello stato nel significato politico attuale».
La concezione materialista della storia non può essere interpretata in maniera eccessivamente meccanicista, nonostante esistano correnti del [[marxismo]] di questo genere, perché Marx non nega l'importanza delle idee, proprio perché possono trasformarsi in prassi. Da queste considerazione ne deriva che è compito storico del [[proletariato]] maturare la coscienza di classe che lo porti alla [[rivoluzione]], ad  impadronirsi dello [[Stato]] ([[dittatura del proletariato]]) e ad educare le masse sino alla «scomparsa dello stato nel significato politico attuale».
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L'operaio alienato dal suo prossimo, ha perso la proprietà  del suo lavoro, che è ormai del capitalista, il quale lo tratta come un mezzo da sfruttare per incrementare il profitto e ciò determina un rapporto conflittuale. Da un punto di vista più ampio, l'[[economia]] capitalistica traduce il rapporto tra le persone in modi di sfruttamento.
L'operaio alienato dal suo prossimo, ha perso la proprietà  del suo lavoro, che è ormai del capitalista, il quale lo tratta come un mezzo da sfruttare per incrementare il profitto e ciò determina un rapporto conflittuale. Da un punto di vista più ampio, l'[[economia]] capitalistica traduce il rapporto tra le persone in modi di sfruttamento.


L'alienazione del lavoro comporta quindi una tale “disumanizzazione” che diventa meno importante la questione degli aumenti salariali e il miglioramento delle condizioni di vita, giacché, come scrive ne ''Il Capitale'' «Come il vestiario, l'alimentazione, il trattamento migliore e un maggiore peculio non aboliscono il rapporto di dipendenza e lo sfruttamento dello schiavo, così non aboliscono quello del salariato».  
L'alienazione del lavoro comporta quindi una tale “disumanizzazione” che diventa meno importante la questione degli aumenti salariali e il miglioramento delle condizioni di vita, giacché, come scrive ne ''Il Capitale'' «Come il vestiario, l'alimentazione, il trattamento migliore e un maggiore peculio non aboliscono il rapporto di dipendenza e lo sfruttamento dello schiavo, così non aboliscono quello del salariato».  


=== Marx contro l'anarchismo ===
=== Marx contro l'anarchismo ===
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