Ipazia: differenze tra le versioni

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=== La distruzione del Serapeo ===
=== La distruzione del Serapeo ===
[[File:Theophilo di Alessandria.jpg|thumb|left|150px|Il « trionfo » di Teofilo]]
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Dalla tolleranza religiosa di Costantino si passò all'intolleranza di Teodosio. Con tre decreti emanati nel febbraio 391, nel giugno 391 e nel novembre 392 <ref>''Codex Theodosianus'', XVI, 10, 10-12.</ref> venne interdetto l'accesso ai templi e proibiti i culti pagani, pena la morte. Il vescovo di Alessandria Teofilo, « perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e malvagio, le cui mani furono alternativamente macchiate dal sangue e dall'oro »,<ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', III, pp. 123-124.</ref> approfittò immediatamente della situazione. Dapprima chiese e gli fu concesso di convertire in chiesa il tempio di Dioniso,<ref>Socrate Scolastico, ''Historia Ecclesiastica'', VII, 15.</ref> così come era stato fatto quattro anni prima con il tempio di Augusto o Cesareo,<ref>S. Ronchey, ''Ipazia. La vera storia'', p. 203.</ref> poi sollecitò e ottenne da Teodosio l'ordine di distruzione di tutti gli antichi templi della città. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., V, 16.</ref>
Dalla tolleranza religiosa di Costantino si passò all'intolleranza di Teodosio. Con tre decreti emanati nel febbraio 391, nel giugno 391 e nel novembre 392 <ref>''Codex Theodosianus'', XVI, 10, 10-12.</ref> venne interdetto l'accesso ai templi e proibiti i culti pagani, pena la morte. Il vescovo di Alessandria Teofilo, « perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e malvagio, le cui mani furono alternativamente macchiate dal sangue e dall'oro », <ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', III, pp. 123-124.</ref> approfittò immediatamente della situazione. Dapprima chiese e gli fu concesso di convertire in chiesa il tempio di Dioniso, <ref>Socrate Scolastico, ''Historia Ecclesiastica'', VII, 15.</ref> così come era stato fatto quattro anni prima con il tempio di Augusto o Cesareo, <ref>S. Ronchey, ''Ipazia. La vera storia'', p. 203.</ref> poi sollecitò e ottenne da Teodosio l'ordine di distruzione di tutti gli antichi templi della città. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., V, 16.</ref>


È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ». <ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano <ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità  di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità  superiore a quella dello stesso prefetto augustale. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref>
È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta », <ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ». <ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano <ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità  di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità  superiore a quella dello stesso prefetto augustale. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref>


La politica del vescovo Teofilo fu continuata con brutale determinazione dal nipote Cirillo, suo successore nel 412 alla cattedra vescovile. Questi, ambizioso e senza scrupoli, « manovrando la piazza e facendo leva sul rozzo fanatismo degli ambienti monastici, non rifuggì dal sopruso e dalla violenza ». Ipazia fu una delle sue vittime. <ref>G. Visonà, ''Cirillo di Alessandria'', in « Enciclopedia Filosofica Bompiani », II, p. 1945.</ref>
La politica del vescovo Teofilo fu continuata con brutale determinazione dal nipote Cirillo, suo successore nel 412 alla cattedra vescovile. Questi, ambizioso e senza scrupoli, « manovrando la piazza e facendo leva sul rozzo fanatismo degli ambienti monastici, non rifuggì dal sopruso e dalla violenza ». Ipazia fu una delle sue vittime. <ref>G. Visonà, ''Cirillo di Alessandria'', in « Enciclopedia Filosofica Bompiani », II, p. 1945.</ref>
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[[File:Teone e Ipazia.JPG|thumb|240px|Ipazia e il padre Teone. <ref>Dal film ''Agora'', di Alejandro Amenábar.</ref>]]
[[File:Teone e Ipazia.JPG|thumb|240px|Ipazia e il padre Teone. <ref>Dal film ''Agora'', di Alejandro Amenábar.</ref>]]
A questi eventi assistette anche Ipazia, che ad Alessandria era nata in un anno imprecisato della seconda metà  del IV secolo. <ref>''Ipazia'', in ''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 3. L'anno di nascita si pone dal 355 al 370.</ref> Il suo nome deriva dalla preposizione greca ''hyper'', « iper », da cui il femminile ''hypate'', l'« altissima », che designa altresì la più alta delle tre corde sulle quali si formava l'antica scala musicale. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 121-122. Ne scrive anche Platone, ''Repubblica'', 443 d.</ref> Naturalmente, lo sapeva bene suo padre Teotecno,<ref>Teotecno significa « figlio di dio »: cfr. D. Roques, ''Theoteknos, « Fils de Dieu »'', pp. 735-756.</ref> più noto col diminutivo di Teone,<ref>G. Bigoni, ''Ipazia Alessandrina'', p. 50.</ref> studioso di geometria e filosofo, particolarmente dedito alla matematica e all'astronomia,<ref>Così la voce ''Teone'' in ''Suidae Lexikon'', II, p. 702, 10-16.</ref> dandole un nome che unisce nel suo significato l'eminenza della persona alla grazia della musica.  
A questi eventi assistette anche Ipazia, che ad Alessandria era nata in un anno imprecisato della seconda metà  del IV secolo. <ref>''Ipazia'', in ''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 3. L'anno di nascita si pone dal 355 al 370.</ref> Il suo nome deriva dalla preposizione greca ''hyper'', « iper », da cui il femminile ''hypate'', l'« altissima », che designa altresì la più alta delle tre corde sulle quali si formava l'antica scala musicale. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 121-122. Ne scrive anche Platone, ''Repubblica'', 443 d.</ref> Naturalmente, lo sapeva bene suo padre Teotecno, <ref>Teotecno significa « figlio di dio »: cfr. D. Roques, ''Theoteknos, « Fils de Dieu »'', pp. 735-756.</ref> più noto col diminutivo di Teone, <ref>G. Bigoni, ''Ipazia Alessandrina'', p. 50.</ref> studioso di geometria e filosofo, particolarmente dedito alla matematica e all'astronomia, <ref>Così la voce ''Teone'' in ''Suidae Lexikon'', II, p. 702, 10-16.</ref> dandole un nome che unisce nel suo significato l'eminenza della persona alla grazia della musica.  


Teone, che sarebbe morto alla fine del IV secolo o all'inizio del V,<ref>''Teone'' in ''Suidae Lexikon'', cit.</ref> fu insegnante nel glorioso Museo di Alessandria e fu maestro anche d'Ipazia, la quale collaborò alle sue ricerche e curò l'edizione dei tredici libri del ''Sistema matematico'' di Tolomeo, nonché i commenti paterni al testo di Tolomeo a partire del III libro, dove Teone scrive che l'edizione « è stata controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia ». <ref>G. Seaton, ''Ancient Science and Modern Civilization'', p. 83. Dei ''Commentaria in Ptolomaei syntaxin mathematicam'' di Teone sono perduti gran parte del V libro e tutto l'XI. Del ruolo di Ipazia nell'opera paterna si sono occupati W. R. Knorr, ''Textual Studies in Ancient and Mediaeval Geometry'', e A. Cameron, ''Isidore of Myletus and Hypatia: on the Editing of mathematical Texts''.</ref> Teone osservò le eclissi solari e lunari avvenute nel 364,<ref>Rispettivamente il 15 giugno e il 26 novembre.</ref> pubblicò un commento ai ''Fenomeni'' di Arato <ref>''Commentariorum in Aratum reliquiae'', pp. 146-151.</ref> e uno studio su Sirio, ed ebbe interessi di magia e di divinazione, scrivendo sui presagi, su Ermete Trismegisto e su Orfeo,<ref>Giovanni Malala, ''Cronographia'', p. 265.</ref> e componendo inni religiosi in celebrazione degli astri. <ref>M. Dzielska, ''Ipazia e la sua cerchia intellettuale'', pp. 74-77; S. Ronchey, op. cit., p. 161.</ref>  
Teone, che sarebbe morto alla fine del IV secolo o all'inizio del V, <ref>''Teone'' in ''Suidae Lexikon'', cit.</ref> fu insegnante nel glorioso Museo di Alessandria e fu maestro anche d'Ipazia, la quale collaborò alle sue ricerche e curò l'edizione dei tredici libri del ''Sistema matematico'' di Tolomeo, nonché i commenti paterni al testo di Tolomeo a partire del III libro, dove Teone scrive che l'edizione « è stata controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia ». <ref>G. Seaton, ''Ancient Science and Modern Civilization'', p. 83. Dei ''Commentaria in Ptolomaei syntaxin mathematicam'' di Teone sono perduti gran parte del V libro e tutto l'XI. Del ruolo di Ipazia nell'opera paterna si sono occupati W. R. Knorr, ''Textual Studies in Ancient and Mediaeval Geometry'', e A. Cameron, ''Isidore of Myletus and Hypatia: on the Editing of mathematical Texts''.</ref> Teone osservò le eclissi solari e lunari avvenute nel 364, <ref>Rispettivamente il 15 giugno e il 26 novembre.</ref> pubblicò un commento ai ''Fenomeni'' di Arato <ref>''Commentariorum in Aratum reliquiae'', pp. 146-151.</ref> e uno studio su Sirio, ed ebbe interessi di magia e di divinazione, scrivendo sui presagi, su Ermete Trismegisto e su Orfeo, <ref>Giovanni Malala, ''Cronographia'', p. 265.</ref> e componendo inni religiosi in celebrazione degli astri. <ref>M. Dzielska, ''Ipazia e la sua cerchia intellettuale'', pp. 74-77; S. Ronchey, op. cit., p. 161.</ref>  


Della madre di Ipazia niente si sa. Conosciamo il nome di un fratello, quell'Epifanio cui il padre dedicò il suo ''Piccolo commentario alle Tavole facili di Tolomeo'' e il IV libro dei ''Commentaria in Ptolomaei''. Non avrebbe invece fondamento la tesi dell'esistenza di un altro fratello di nome Atanasio, che invece sarebbe stato un allievo di Ipazia,<ref>M. Dzielska, op. cit., pp. 50-51.</ref> così come è frutto di un errore la notizia che sia mai stata sposata. <ref>Con il filosofo Isidoro, in ''Suidae Lexikon'', p. 644, 2-3, ma si tratta di un fraintendimento: cfr. S. Ronchey, op. cit., p. 203.</ref>   
Della madre di Ipazia niente si sa. Conosciamo il nome di un fratello, quell'Epifanio cui il padre dedicò il suo ''Piccolo commentario alle Tavole facili di Tolomeo'' e il IV libro dei ''Commentaria in Ptolomaei''. Non avrebbe invece fondamento la tesi dell'esistenza di un altro fratello di nome Atanasio, che invece sarebbe stato un allievo di Ipazia, <ref>M. Dzielska, op. cit., pp. 50-51.</ref> così come è frutto di un errore la notizia che sia mai stata sposata. <ref>Con il filosofo Isidoro, in ''Suidae Lexikon'', p. 644, 2-3, ma si tratta di un fraintendimento: cfr. S. Ronchey, op. cit., p. 203.</ref>   


Le fonti antiche concordano nel giudicare Ipazia ancora « più dotata del padre », come scrive Suida, che trae le notizie da Esichio di Mileto e da Damascio, aggiungendo che lei « non si fermò agli insegnamenti tecnico-matematici del padre, ma si diede alla filosofia vera e propria, e con valore ». <ref>Dell'<nowiki></nowiki>''Onomatologos'' di Esichio di Mileto, una raccolta di biografie, e della ''Vita di Isidoro'' di Damascio ci sono pervenuti solo frammenti.</ref> Lo confermano due storici contemporanei d'Ipazia, Filostorgio e Socrate Scolastico: per il primo, « Ipazia divenne molto migliore del maestro, particolarmente nell'astronomia, e introdusse molti nelle scienze matematiche »,<ref>Filostorgio, ''Historia Ecclesiastica'', p. 111.</ref> e il secondo aggiunge che Ipazia « era arrivata a un tale vertice di sapienza da superare di gran lunga tutti i filosofi della sua cerchia ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit. VII, 15.</ref>
Le fonti antiche concordano nel giudicare Ipazia ancora « più dotata del padre », come scrive Suida, che trae le notizie da Esichio di Mileto e da Damascio, aggiungendo che lei « non si fermò agli insegnamenti tecnico-matematici del padre, ma si diede alla filosofia vera e propria, e con valore ». <ref>Dell'<nowiki></nowiki>''Onomatologos'' di Esichio di Mileto, una raccolta di biografie, e della ''Vita di Isidoro'' di Damascio ci sono pervenuti solo frammenti.</ref> Lo confermano due storici contemporanei d'Ipazia, Filostorgio e Socrate Scolastico: per il primo, « Ipazia divenne molto migliore del maestro, particolarmente nell'astronomia, e introdusse molti nelle scienze matematiche », <ref>Filostorgio, ''Historia Ecclesiastica'', p. 111.</ref> e il secondo aggiunge che Ipazia « era arrivata a un tale vertice di sapienza da superare di gran lunga tutti i filosofi della sua cerchia ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit. VII, 15.</ref>


[[File:Astrolabio XV secolo.jpg|thumb|150px|Astrolabio del XV secolo]]
[[File:Astrolabio XV secolo.jpg|thumb|150px|Astrolabio del XV secolo]]
Come il padre, anche Ipazia insegnò, sia pubblicamente che privatamente. Non ci restano però i suoi scritti, andati distrutti — si è ipotizzato — a causa della ''damnatio memoriae'' decretata dal fondamentalismo cristiano. Oltre al contributo all'opera paterna, aveva composto un commento all'<nowiki></nowiki>''Arithmetica'' di Diofanto, un altro commento alle ''Coniche'' di Apollonio, e un ''Canone astronomico''. <ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 3-5.</ref> La natura di quest'ultimo scritto è variamente discussa. Mentre i più lo ritengono un commento a un'opera di Tolomeo, lo stesso ''Sistema matematico'' o le ''Tavole facili'',<ref>M. A. B. Deakin, ''Hypatia of Alexandria, mathematician and martyr'', pp. 95-101; P. Tannery, ''L'article de Suidas sur Hypatie'', p. 199.</ref> vi è chi crede che potesse essere un nuovo trattato sull'astronomia alternativo al sistema tolemaico, giustificando l'ipotesi con gli interessi dimostrati da Ipazia verso i trattati di Apollonio e di Diofanto. Da loro ella avrebbe tratto gli strumenti matematici necessari alla formulazione di un'originale interpretazione del movimento degli astri. <ref>G. Beretta, op. cit., pp. 48-55.</ref>
Come il padre, anche Ipazia insegnò, sia pubblicamente che privatamente. Non ci restano però i suoi scritti, andati distrutti — si è ipotizzato — a causa della ''damnatio memoriae'' decretata dal fondamentalismo cristiano. Oltre al contributo all'opera paterna, aveva composto un commento all'<nowiki></nowiki>''Arithmetica'' di Diofanto, un altro commento alle ''Coniche'' di Apollonio, e un ''Canone astronomico''. <ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 3-5.</ref> La natura di quest'ultimo scritto è variamente discussa. Mentre i più lo ritengono un commento a un'opera di Tolomeo, lo stesso ''Sistema matematico'' o le ''Tavole facili'', <ref>M. A. B. Deakin, ''Hypatia of Alexandria, mathematician and martyr'', pp. 95-101; P. Tannery, ''L'article de Suidas sur Hypatie'', p. 199.</ref> vi è chi crede che potesse essere un nuovo trattato sull'astronomia alternativo al sistema tolemaico, giustificando l'ipotesi con gli interessi dimostrati da Ipazia verso i trattati di Apollonio e di Diofanto. Da loro ella avrebbe tratto gli strumenti matematici necessari alla formulazione di un'originale interpretazione del movimento degli astri. <ref>G. Beretta, op. cit., pp. 48-55.</ref>


A conforto di questa ipotesi si cita Sinesio, un allievo d'Ipazia, il quale nel 399 scriveva, a proposito degli astronomi del passato, che « essi lavorarono su mere ipotesi » e « le più importanti questioni non erano state ancora risolte e la geometria era ancora ai suoi primi vagiti ». Ora era possibile andare oltre, verso la « perfezione ». Dei perfezionamenti moderni Sinesio cita l'astrolabio da lui costruito « sulla base di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra » Ipazia. <ref>Sinesio, ''A Peonio sul dono'', in ''Opere di Sinesio di Cirene'', p. 547.</ref> Utilizzato per calcolare il tempo e definire la posizione dei pianeti, del sole e delle altre stelle, era formato da due dischi metallici forati e sovrapposti, congiunti con un perno in modo da ruotare uno sull'altro. Un altro strumento costruito su indicazioni di Ipazia e citato da Sinesio, fu un aerometro, un misuratore della densità  dei liquidi: « un tubo cilindrico avente la forma e la misura di un flauto. In linea perpendicolare reca degli intagli, a mezzo dei quali misuriamo il peso dei liquidi ». <ref>Sinesio, ''Epistola 15'', op. cit., pp. 100-102.</ref> Munito di un peso a un'estremità, il tubo s'immergeva nel liquido e al livello d'immersione si leggeva sulla scala graduata il peso specifico risultante.
A conforto di questa ipotesi si cita Sinesio, un allievo d'Ipazia, il quale nel 399 scriveva, a proposito degli astronomi del passato, che « essi lavorarono su mere ipotesi » e « le più importanti questioni non erano state ancora risolte e la geometria era ancora ai suoi primi vagiti ». Ora era possibile andare oltre, verso la « perfezione ». Dei perfezionamenti moderni Sinesio cita l'astrolabio da lui costruito « sulla base di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra » Ipazia. <ref>Sinesio, ''A Peonio sul dono'', in ''Opere di Sinesio di Cirene'', p. 547.</ref> Utilizzato per calcolare il tempo e definire la posizione dei pianeti, del sole e delle altre stelle, era formato da due dischi metallici forati e sovrapposti, congiunti con un perno in modo da ruotare uno sull'altro. Un altro strumento costruito su indicazioni di Ipazia e citato da Sinesio, fu un aerometro, un misuratore della densità  dei liquidi: « un tubo cilindrico avente la forma e la misura di un flauto. In linea perpendicolare reca degli intagli, a mezzo dei quali misuriamo il peso dei liquidi ». <ref>Sinesio, ''Epistola 15'', op. cit., pp. 100-102.</ref> Munito di un peso a un'estremità, il tubo s'immergeva nel liquido e al livello d'immersione si leggeva sulla scala graduata il peso specifico risultante.
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Sinesio, ricco proprietario terriero della Cirenaica, notabile di Cirene, sua città  natale, conobbe Ipazia, sua coetanea, nel 393 ad Alessandria, dove si era recato a studiare filosofia, e fu suo allievo per un paio d'anni, rimanendo con lei in contatto epistolare fino alla morte, avvenuta nel 413. Pagano di nascita, passò al cristianesimo fino a diventare vescovo di Tolemaide, benché fosse sposato e avesse tre figli. Non rinnegò mai la cultura ellenica, tanto da adattare il cristianesimo, del quale rifiutò i dogmi, alla propria filosofia neo-platonica. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 155-157.</ref>
Sinesio, ricco proprietario terriero della Cirenaica, notabile di Cirene, sua città  natale, conobbe Ipazia, sua coetanea, nel 393 ad Alessandria, dove si era recato a studiare filosofia, e fu suo allievo per un paio d'anni, rimanendo con lei in contatto epistolare fino alla morte, avvenuta nel 413. Pagano di nascita, passò al cristianesimo fino a diventare vescovo di Tolemaide, benché fosse sposato e avesse tre figli. Non rinnegò mai la cultura ellenica, tanto da adattare il cristianesimo, del quale rifiutò i dogmi, alla propria filosofia neo-platonica. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 155-157.</ref>


Per Sinesio è Ipazia la « vera iniziatrice ai misteri e alle orge della filosofia »,<ref>Sinesio, ''Lettera 137'', op. cit., p. 330.</ref> « la veneratissima filosofa prediletta da Dio » e beati sono coloro che ascoltano « la voce mirabile »<ref>Sinesio, ''Lettera 5'', op. cit., p. 90.</ref> di qualla « adorata maestra » dall'« anima divinissima »,<ref>Sinesio, ''Lettera 10'', op. cit., p. 96.</ref> che è anche « madre e sorella »,<ref>Sinesio, ''Lettera 16'', op. cit., p. 102.</ref> suo « unico bene »,<ref>Sinesio, ''Lettera 81'', op. cit., p. 230.</ref> quell'« amata Ipazia » che Sinesio ricorderà  anche nell'Ade. <ref>Sinesio, ''Lettera 124'', op. cit., p. 302.</ref> Tali espressioni tratte dall'epistolario di Sinesio testimoniano l'ininterrotto legame « sacro » intercorso tra l'allievo e la maestra e individuano in Ipazia la figura di una maestra di filosofia che era anche un'« alta sacerdotessa » del neo-platonismo alessandrino. <ref>J. Bregman, ''Synesius of Cyrene. Philosopher Bishop'', p. 20.</ref>
Per Sinesio è Ipazia la « vera iniziatrice ai misteri e alle orge della filosofia », <ref>Sinesio, ''Lettera 137'', op. cit., p. 330.</ref> « la veneratissima filosofa prediletta da Dio » e beati sono coloro che ascoltano « la voce mirabile »<ref>Sinesio, ''Lettera 5'', op. cit., p. 90.</ref> di qualla « adorata maestra » dall'« anima divinissima », <ref>Sinesio, ''Lettera 10'', op. cit., p. 96.</ref> che è anche « madre e sorella », <ref>Sinesio, ''Lettera 16'', op. cit., p. 102.</ref> suo « unico bene », <ref>Sinesio, ''Lettera 81'', op. cit., p. 230.</ref> quell'« amata Ipazia » che Sinesio ricorderà  anche nell'Ade. <ref>Sinesio, ''Lettera 124'', op. cit., p. 302.</ref> Tali espressioni tratte dall'epistolario di Sinesio testimoniano l'ininterrotto legame « sacro » intercorso tra l'allievo e la maestra e individuano in Ipazia la figura di una maestra di filosofia che era anche un'« alta sacerdotessa » del neo-platonismo alessandrino. <ref>J. Bregman, ''Synesius of Cyrene. Philosopher Bishop'', p. 20.</ref>


Sinesio sembra « aver sperimentato alla scuola d'Ipazia un'autentica "conversione" alla filosofia. Nei suoi ''Inni'' egli si rivela poeta metafisico di intuito religioso di notevole profondità. Inoltre egli, come dimostrano le sue lettere a Ipazia e ad altri, fece parte per tutta la vita di un circolo di iniziati alessandrini, con i quali condivise i misteri della filosofia ». <ref>J. Bregman, op. cit., p. 19.</ref> Tale circolo formante una tetrattide,<ref>La ''tetraktys'', o « gruppo di quattro », è il simbolo numerico che per i pitagorici rappresenta l'universo.</ref> comprendeva, con lui, Erculiano, Isidoro Pelusiota e Olimpio, tutti allievi d'Ipazia. <ref>Sinesio, ''Epistola 143'', op. cit., pp. 346-348.</ref>
Sinesio sembra « aver sperimentato alla scuola d'Ipazia un'autentica "conversione" alla filosofia. Nei suoi ''Inni'' egli si rivela poeta metafisico di intuito religioso di notevole profondità. Inoltre egli, come dimostrano le sue lettere a Ipazia e ad altri, fece parte per tutta la vita di un circolo di iniziati alessandrini, con i quali condivise i misteri della filosofia ». <ref>J. Bregman, op. cit., p. 19.</ref> Tale circolo formante una tetrattide, <ref>La ''tetraktys'', o « gruppo di quattro », è il simbolo numerico che per i pitagorici rappresenta l'universo.</ref> comprendeva, con lui, Erculiano, Isidoro Pelusiota e Olimpio, tutti allievi d'Ipazia. <ref>Sinesio, ''Epistola 143'', op. cit., pp. 346-348.</ref>


[[File:Raffaello Plotino.jpg|thumb|160px|<center>Raffaello</center><center>''Il filosofo Plotino''</center>]]
[[File:Raffaello Plotino.jpg|thumb|160px|<center>Raffaello</center><center>''Il filosofo Plotino''</center>]]
La concezione che egli ha dell'astronomia è quella stessa d'Ipazia. Scrive infatti Sinesio, offrendo all'amico Peonio un libro scritto « sulla base di quanto m'insegnò la mia veneratissima maestra », che l'astronomia « è già  di per sé una scienza di alta dignità, ma può servire da ascesa a qualcosa di ancora più alto, può essere l'adatto tramite, io credo, ai misteri della teologia, perché il corpo perfetto del cielo ha la materia sotto di sé e il suo moto è stato equiparato dai maggiori filosofi all'attività  dell'intelletto. Questa scienza procede alle sue dimostrazioni in maniera incontrovertibile e si serve dell'aiuto della geometria e dell'aritmetica, che non ritengo disdicevole chiamare retto canone di verità  ». <ref>Sinesio, ''Discorso sul dono'', op. cit., p. 544.</ref>
La concezione che egli ha dell'astronomia è quella stessa d'Ipazia. Scrive infatti Sinesio, offrendo all'amico Peonio un libro scritto « sulla base di quanto m'insegnò la mia veneratissima maestra », che l'astronomia « è già  di per sé una scienza di alta dignità, ma può servire da ascesa a qualcosa di ancora più alto, può essere l'adatto tramite, io credo, ai misteri della teologia, perché il corpo perfetto del cielo ha la materia sotto di sé e il suo moto è stato equiparato dai maggiori filosofi all'attività  dell'intelletto. Questa scienza procede alle sue dimostrazioni in maniera incontrovertibile e si serve dell'aiuto della geometria e dell'aritmetica, che non ritengo disdicevole chiamare retto canone di verità  ». <ref>Sinesio, ''Discorso sul dono'', op. cit., p. 544.</ref>


Si sa del legame dell'astronomia con l'astrologia, e il ''Dione'' dedicato a Ipazia, alla quale Sinesio chiede se sia il caso di pubblicarlo, « rivela non poche dottrine inviolabili che restano celate ai profani »,<ref>Sinesio, ''Epistola 154'', op. cit., p. 374.</ref> mentre il suo trattato ''Sui sogni'' contiene numerose citazioni degli oracoli caldei, ormai proibiti nell'Impero cristianizzato. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 160.</ref>
Si sa del legame dell'astronomia con l'astrologia, e il ''Dione'' dedicato a Ipazia, alla quale Sinesio chiede se sia il caso di pubblicarlo, « rivela non poche dottrine inviolabili che restano celate ai profani », <ref>Sinesio, ''Epistola 154'', op. cit., p. 374.</ref> mentre il suo trattato ''Sui sogni'' contiene numerose citazioni degli oracoli caldei, ormai proibiti nell'Impero cristianizzato. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 160.</ref>


Quale fosse la precisa natura del neo-platonismo professato e insegnato da Ipazia resta comunque difficile da definire. Indubbiamente aveva interessi religiosi e « insegnò materie quali l'astronomia e la geometria nel contesto di una visione neo-platonica dell'universo », e nel neo-platonismo « anche le questioni più razionali sono radicate in una realtà  totalmente mistica ». <ref>J. Bregman, op. cit., p. 20.</ref> Se il suo neo-platonismo fosse più vicino all'interpretazione di Plotino <ref>Plotino è il maggior esponente del neo-platonismo.</ref> anziché a quella di Porfirio o di Giamblico,<ref>Ch. Lacombrade, ''Synésios de Cyrène, hellène et chrétien'', p. 50.</ref> o se fosse il contrario,<ref>A. Cameron, J. Long, ''Barbarians and Politics at the court of Arcadius'', pp. 50-51.</ref> se, come Sinesio, si opponesse all'« inclinazione orientaleggiante del neo-platonismo » e mantenesse « una certa neutralità  nei confronti del cristianesimo »,<ref>A. Garzya, ''Introduzione alle Opere di Sinesio di Cirene'', p. 32.</ref> se e in che misura ella ammettesse pratiche teurgiche nel suo insegnamento,<ref>P. Chuvin, M. Tardieu, ''Le « cynisme » d'Hypatie. Historiographie et sources anciennes'', p. 67.</ref> è impossibile da determinare.
Quale fosse la precisa natura del neo-platonismo professato e insegnato da Ipazia resta comunque difficile da definire. Indubbiamente aveva interessi religiosi e « insegnò materie quali l'astronomia e la geometria nel contesto di una visione neo-platonica dell'universo », e nel neo-platonismo « anche le questioni più razionali sono radicate in una realtà  totalmente mistica ». <ref>J. Bregman, op. cit., p. 20.</ref> Se il suo neo-platonismo fosse più vicino all'interpretazione di Plotino <ref>Plotino è il maggior esponente del neo-platonismo.</ref> anziché a quella di Porfirio o di Giamblico, <ref>Ch. Lacombrade, ''Synésios de Cyrène, hellène et chrétien'', p. 50.</ref> o se fosse il contrario, <ref>A. Cameron, J. Long, ''Barbarians and Politics at the court of Arcadius'', pp. 50-51.</ref> se, come Sinesio, si opponesse all'« inclinazione orientaleggiante del neo-platonismo » e mantenesse « una certa neutralità  nei confronti del cristianesimo », <ref>A. Garzya, ''Introduzione alle Opere di Sinesio di Cirene'', p. 32.</ref> se e in che misura ella ammettesse pratiche teurgiche nel suo insegnamento, <ref>P. Chuvin, M. Tardieu, ''Le « cynisme » d'Hypatie. Historiographie et sources anciennes'', p. 67.</ref> è impossibile da determinare.


[[File:Lee W Zeigler Hypatia.jpg|thumb|left|190px|<center>Lee W. Zeigler</center><center>''Ipazia celebra un rito pagano''</center>]]  
[[File:Lee W Zeigler Hypatia.jpg|thumb|left|190px|<center>Lee W. Zeigler</center><center>''Ipazia celebra un rito pagano''</center>]]  
Certamente Ipazia era un'esponente dell'ellenismo pagano. <ref>Ch. Lacombrade, ''Hypatie, Synésios de Cyrène et le patriarcat aléxandrin'', p. 421.</ref> Certamente insegnava ad Alessandria, oltre le canoniche discipline del quadrivio — aritmetica, geometria, astronomia e teoria musicale — anche la filosofia, e aveva raggiunto un « livello eccelso » nel suo esporre « in modo eloquente e dialettico »,<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 18-19; Damascio, ''Vita Isidori'', p. 79, 15.</ref> così che la sua fama aveva superato i limiti della città  e « da ogni parte accorrevano a sentirla ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 15.</ref>  
Certamente Ipazia era un'esponente dell'ellenismo pagano. <ref>Ch. Lacombrade, ''Hypatie, Synésios de Cyrène et le patriarcat aléxandrin'', p. 421.</ref> Certamente insegnava ad Alessandria, oltre le canoniche discipline del quadrivio — aritmetica, geometria, astronomia e teoria musicale — anche la filosofia, e aveva raggiunto un « livello eccelso » nel suo esporre « in modo eloquente e dialettico », <ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 18-19; Damascio, ''Vita Isidori'', p. 79, 15.</ref> così che la sua fama aveva superato i limiti della città  e « da ogni parte accorrevano a sentirla ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 15.</ref>  


Come dimostra l'esperienza culturale ed esistenziale di Sinesio, ai suoi studenti, giovani benestanti formati nei valori della tradizione classica ma destinati ad assumere incarichi pubblici importanti in una società  che si costituiva ormai su valori e dogmi cristiani, probabilmente Ipazia offrì il modo di riconciliare la loro cultura pagana con l'obbligo di essere o apparire cristiani. Insegnò loro che il cristianesimo era, platonicamente, una « nobile menzogna », buona per il popolino ignorante, e che la « verità  » stava soltanto nella filosofia. <ref>J. Thorp, ''In Search of Hypatia'', conferenza tenuta alla Canadian Philosophical Association, 2004.</ref> La ricerca e l'esposizione delle verità  che si trovano solo nel pensiero di « venerati maestri », tale doveva essere la sostanza esoterica, non pubblica, del suo insegnamento filosofico, riservato all'« élite dei suoi discepoli ». <ref>Ch. Lacombrade, ''Synésios de Cyrène'', op. cit., p. 50.</ref>
Come dimostra l'esperienza culturale ed esistenziale di Sinesio, ai suoi studenti, giovani benestanti formati nei valori della tradizione classica ma destinati ad assumere incarichi pubblici importanti in una società  che si costituiva ormai su valori e dogmi cristiani, probabilmente Ipazia offrì il modo di riconciliare la loro cultura pagana con l'obbligo di essere o apparire cristiani. Insegnò loro che il cristianesimo era, platonicamente, una « nobile menzogna », buona per il popolino ignorante, e che la « verità  » stava soltanto nella filosofia. <ref>J. Thorp, ''In Search of Hypatia'', conferenza tenuta alla Canadian Philosophical Association, 2004.</ref> La ricerca e l'esposizione delle verità  che si trovano solo nel pensiero di « venerati maestri », tale doveva essere la sostanza esoterica, non pubblica, del suo insegnamento filosofico, riservato all'« élite dei suoi discepoli ». <ref>Ch. Lacombrade, ''Synésios de Cyrène'', op. cit., p. 50.</ref>
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==== Il pogrom antiebraico ====
==== Il pogrom antiebraico ====
[[File:Cirillo d'Alessandria.jpg|thumb|140px|Cirillo d'Alessandria]]
[[File:Cirillo d'Alessandria.jpg|thumb|140px|Cirillo d'Alessandria]]
Il passo di Giovanni di Nikiu illumina, a modo suo, il conflitto che era allora in atto ad Alessandria tra l'autorità  imperiale, impersonata dal prefetto Oreste e appoggiata dall'intellettualità  ellenica, con in testa Ipazia, e il vescovo Cirillo. Da lui, dalla sua politica e dai suoi seguaci il cristiano Oreste si era allontanato — non certamente dalla fede cristiana — per difendere « quella che oggi chiameremmo la laicità  dello stato »,<ref>G. Giorello, ''Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo'', p. 104.</ref> contrastando il violento tentativo di Cirillo di imporre la sua visione fondamentalistica della società.
Il passo di Giovanni di Nikiu illumina, a modo suo, il conflitto che era allora in atto ad Alessandria tra l'autorità  imperiale, impersonata dal prefetto Oreste e appoggiata dall'intellettualità  ellenica, con in testa Ipazia, e il vescovo Cirillo. Da lui, dalla sua politica e dai suoi seguaci il cristiano Oreste si era allontanato — non certamente dalla fede cristiana — per difendere « quella che oggi chiameremmo la laicità  dello stato », <ref>G. Giorello, ''Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo'', p. 104.</ref> contrastando il violento tentativo di Cirillo di imporre la sua visione fondamentalistica della società.


Come scrive Socrate Scolastico, Cirillo « si accinse a rendere l'episcopato ancora più simile a un principato di quanto non fosse stato al tempo di Teofilo », prendendo a dominare « la cosa pubblica oltre il limite consentito all'ordine episcopale ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 7.</ref> Cirillo aveva una concezione teocratica dello Stato, intendendo la funzione del vescovo, sul modello romano, non solo come un'autorità  indiscussa sul piano dottrinale ma anche quale diretto gestore della cosa pubblica, anche se egli, come i suoi sostenitori, tentò di occultare la vera natura del suo piano politico e pose « la questione nei termini di una lotta religiosa riproponendo lo spettro del conflitto tra paganesimo e cristianesimo ». <ref>G. Beretta, op. cit., p. 13.</ref>
Come scrive Socrate Scolastico, Cirillo « si accinse a rendere l'episcopato ancora più simile a un principato di quanto non fosse stato al tempo di Teofilo », prendendo a dominare « la cosa pubblica oltre il limite consentito all'ordine episcopale ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 7.</ref> Cirillo aveva una concezione teocratica dello Stato, intendendo la funzione del vescovo, sul modello romano, non solo come un'autorità  indiscussa sul piano dottrinale ma anche quale diretto gestore della cosa pubblica, anche se egli, come i suoi sostenitori, tentò di occultare la vera natura del suo piano politico e pose « la questione nei termini di una lotta religiosa riproponendo lo spettro del conflitto tra paganesimo e cristianesimo ». <ref>G. Beretta, op. cit., p. 13.</ref>
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Il conflitto tra il vescovo e il prefetto esplose alla fine del 414 quando Ierace, un predicatore, « il più attivo nel suscitare gli applausi nelle adunanze in cui il vescovo insegnava », insieme con altri suoi sostenitori andò a provocare gli ebrei nel corso di una pubblica assemblea. A seguito della loro denuncia, Ierace fu fatto arrestare e torturare dal prefetto Oreste, provocando la reazione di Cirillo che convocò i capi della comunità  ebraica, minacciandoli di dure sanzioni e suscitando l'odio degli ebrei che una notte compirono ad Alessandria una strage di cristiani. A quel punto Cirillo scatenò il pogrom: rase al suolo le sinagoghe, saccheggiate le loro case, confiscati i beni, tutti gli ebrei di Alessandria furono cacciati dalla città. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref>  
Il conflitto tra il vescovo e il prefetto esplose alla fine del 414 quando Ierace, un predicatore, « il più attivo nel suscitare gli applausi nelle adunanze in cui il vescovo insegnava », insieme con altri suoi sostenitori andò a provocare gli ebrei nel corso di una pubblica assemblea. A seguito della loro denuncia, Ierace fu fatto arrestare e torturare dal prefetto Oreste, provocando la reazione di Cirillo che convocò i capi della comunità  ebraica, minacciandoli di dure sanzioni e suscitando l'odio degli ebrei che una notte compirono ad Alessandria una strage di cristiani. A quel punto Cirillo scatenò il pogrom: rase al suolo le sinagoghe, saccheggiate le loro case, confiscati i beni, tutti gli ebrei di Alessandria furono cacciati dalla città. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref>  


Oreste « s'indignò molto per l'accaduto e provò un gran dolore perché una città  tanto importante era stata completamente svuotata di esseri umani »,<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref> ma non poté prendere alcun provvedimento contro Cirillo, perché dal 384 una costituzione stabiliva che il clero non fosse soggetto al tribunale civile: gli ecclesiastici « hanno i loro propri giudici e nulla in comune con le leggi pubbliche ». <ref>Citato in J. Rougé, ''Les débuts de l'épiscopat de Cyrille d'Alexandrie e le Code Théodosien'', in AA. VV., ''Alexandrina: héllénisme, judaïsme et christianisme à  Alexandrie'', p. 348.</ref> Oreste dovette accontentarsi d'inviare una relazione all'imperatore, come fece anche Cirillo, il quale offrì al prefetto una singolare riconciliazione: mostrandogli il libro dei vangeli come una minaccia, cercò d'imporgli un accordo pacificatore « in nome del rispetto per la religione », come se il vangelo potesse giustificare i suoi crimini. Giustamente, Oreste rifiutò. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref>
Oreste « s'indignò molto per l'accaduto e provò un gran dolore perché una città  tanto importante era stata completamente svuotata di esseri umani », <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref> ma non poté prendere alcun provvedimento contro Cirillo, perché dal 384 una costituzione stabiliva che il clero non fosse soggetto al tribunale civile: gli ecclesiastici « hanno i loro propri giudici e nulla in comune con le leggi pubbliche ». <ref>Citato in J. Rougé, ''Les débuts de l'épiscopat de Cyrille d'Alexandrie e le Code Théodosien'', in AA. VV., ''Alexandrina: héllénisme, judaïsme et christianisme à  Alexandrie'', p. 348.</ref> Oreste dovette accontentarsi d'inviare una relazione all'imperatore, come fece anche Cirillo, il quale offrì al prefetto una singolare riconciliazione: mostrandogli il libro dei vangeli come una minaccia, cercò d'imporgli un accordo pacificatore « in nome del rispetto per la religione », come se il vangelo potesse giustificare i suoi crimini. Giustamente, Oreste rifiutò. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref>


==== I parabalani ====
==== I parabalani ====
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[[File:Ipazia parabalani.jpg|thumb|200px|Ipazia catturata dai parabalani. <ref>Dal film ''Agora'' di Alejandro Amenábar.</ref>]]
[[File:Ipazia parabalani.jpg|thumb|200px|Ipazia catturata dai parabalani. <ref>Dal film ''Agora'' di Alejandro Amenábar.</ref>]]
Fallita la riconciliazione pacifica col prefetto, Cirillo ricorse alle maniere forti. Dai monti della Nitria, a pochi chilometri da Alessandria, fece intervenire cinquecento monaci, i cosiddetti parabalani, « esseri abominevoli, vere bestie » secondo le fonti antiche,<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 645, 13-14.</ref> che avevano generalmente funzioni di infermieri,<ref>Così citati nel ''Codex Theodosianus'', 16, 2, 42, del 416 e negli atti del Concilio di Calcedonia del 451, ''Acta conciliorum oecomenicorum'', II, 1, 1. La diffusa dizione ''parabolani'' è erronea.</ref> ma « di fatto costituivano un vero e proprio corpo di polizia che i vescovi di Alessandria usavano per mantenere nella città  il loro ordine ». <ref>G. Beretta, op. cit., p. 11.</ref> Alla loro opera aveva infatti già  fatto ricorso Teofilo, lo zio di Cirillo, per sbarazzarsi di Dioscoro, il vescovo di Ermopoli, e dei suoi fratelli. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14; AA. VV., ''Biografia universale antica e moderna'', XVI, ''Dioscoro'', p. 46.</ref>
Fallita la riconciliazione pacifica col prefetto, Cirillo ricorse alle maniere forti. Dai monti della Nitria, a pochi chilometri da Alessandria, fece intervenire cinquecento monaci, i cosiddetti parabalani, « esseri abominevoli, vere bestie » secondo le fonti antiche, <ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 645, 13-14.</ref> che avevano generalmente funzioni di infermieri, <ref>Così citati nel ''Codex Theodosianus'', 16, 2, 42, del 416 e negli atti del Concilio di Calcedonia del 451, ''Acta conciliorum oecomenicorum'', II, 1, 1. La diffusa dizione ''parabolani'' è erronea.</ref> ma « di fatto costituivano un vero e proprio corpo di polizia che i vescovi di Alessandria usavano per mantenere nella città  il loro ordine ». <ref>G. Beretta, op. cit., p. 11.</ref> Alla loro opera aveva infatti già  fatto ricorso Teofilo, lo zio di Cirillo, per sbarazzarsi di Dioscoro, il vescovo di Ermopoli, e dei suoi fratelli. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14; AA. VV., ''Biografia universale antica e moderna'', XVI, ''Dioscoro'', p. 46.</ref>


I parabalani, giunti in città, « si appostarono per sorprendere il prefetto mentre passava col carro. Avvicinatisi, lo chiamavano sacrificatore ed elleno, e gli gridavano molti altri insulti. Egli allora, sospettando un'insidia di Cirillo, proclamò di essere cristiano e di essere stato battezzato dal vescovo Attico. Ma i monaci non badavano a quel che diceva e uno di loro, di nome Ammonio, colpì Oreste alla testa con una pietra ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14.</ref> Ammonio fu arrestato e morì sotto tortura. Nuovi rapporti furono inviati a Costantinopoli da Oreste e da Cirillo, il quale intanto fece pubblicamente del parabalano Ammonio un martire, in modo da far passare Oreste per persecutore dei cristiani. « Ma chi aveva senno, anche se cristiano, non approvò l'intrigo di Cirillo. Sapeva, infatti, che Ammonio era stato punito per la sua temerarietà  e non era morto sotto le torture per costringerlo a negare Cristo », tanto che Cirillo, di fronte alla riprovazione di una parte dei suoi stessi fedeli, « si adoperò per far dimenticare al più presto l'accaduto con il silenzio ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14.</ref>
I parabalani, giunti in città, « si appostarono per sorprendere il prefetto mentre passava col carro. Avvicinatisi, lo chiamavano sacrificatore ed elleno, e gli gridavano molti altri insulti. Egli allora, sospettando un'insidia di Cirillo, proclamò di essere cristiano e di essere stato battezzato dal vescovo Attico. Ma i monaci non badavano a quel che diceva e uno di loro, di nome Ammonio, colpì Oreste alla testa con una pietra ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14.</ref> Ammonio fu arrestato e morì sotto tortura. Nuovi rapporti furono inviati a Costantinopoli da Oreste e da Cirillo, il quale intanto fece pubblicamente del parabalano Ammonio un martire, in modo da far passare Oreste per persecutore dei cristiani. « Ma chi aveva senno, anche se cristiano, non approvò l'intrigo di Cirillo. Sapeva, infatti, che Ammonio era stato punito per la sua temerarietà  e non era morto sotto le torture per costringerlo a negare Cristo », tanto che Cirillo, di fronte alla riprovazione di una parte dei suoi stessi fedeli, « si adoperò per far dimenticare al più presto l'accaduto con il silenzio ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14.</ref>
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[[File:Astronomia.jpg|thumb|130px|<center>''L'astronoma''</center>]]
[[File:Astronomia.jpg|thumb|130px|<center>''L'astronoma''</center>]]
Ë stato sostenuto che non sarebbe credibile che Cirillo venisse a sapere solo allora dell'ubicazione della casa di Ipazia e di quanto vi avveniva,<ref>M. Dzielska, op. cit., p. 98.</ref> osservazione peraltro contestata, in quanto Ipazia avrebbe abitato in un luogo poco frequentato dell'estrema periferia della città. <ref>Così P. Chuvin, M. Tardieu, op. cit., pp. 61-62.</ref> Inoltre Damascio, secondo un ''topos'' presente nelle antiche biografie, poteva anche proponrsi di « catturare il gesto che rivelava l'anima ». <ref>P. Cox, ''Biography in Late Antiquity, a Quest for the Holy Man'', p. XI.</ref> La finzione letteraria della rappresentazione di Cirillo davanti alla casa di Ipazia — se di finzione si tratta — serve a mettere in risalto due realtà: la personalità  meschina e violenta del vescovo da una parte, e il prestigio e la popolarità  di Ipazia dall'altra. <ref>G. Beretta, op. cit., p. 137.</ref>  
Ë stato sostenuto che non sarebbe credibile che Cirillo venisse a sapere solo allora dell'ubicazione della casa di Ipazia e di quanto vi avveniva, <ref>M. Dzielska, op. cit., p. 98.</ref> osservazione peraltro contestata, in quanto Ipazia avrebbe abitato in un luogo poco frequentato dell'estrema periferia della città. <ref>Così P. Chuvin, M. Tardieu, op. cit., pp. 61-62.</ref> Inoltre Damascio, secondo un ''topos'' presente nelle antiche biografie, poteva anche proponrsi di « catturare il gesto che rivelava l'anima ». <ref>P. Cox, ''Biography in Late Antiquity, a Quest for the Holy Man'', p. XI.</ref> La finzione letteraria della rappresentazione di Cirillo davanti alla casa di Ipazia — se di finzione si tratta — serve a mettere in risalto due realtà: la personalità  meschina e violenta del vescovo da una parte, e il prestigio e la popolarità  di Ipazia dall'altra. <ref>G. Beretta, op. cit., p. 137.</ref>  


Un'invidia complessa, quella di Cirillo: invidia per la sapienza di Ipazia, per il favore goduto presso Oreste, e anche per « la naturale gelosia del chierico per la donna di mondo ». <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 57.</ref> Infine, uccidendo Ipazia, Cirillo raggiungeva due obiettivi: toglieva al prefetto Oreste un importante appoggio di contrasto alla sua trama politica e soddisfaceva il suo personale rancore contro una persona che egli sapeva essergli superiore.
Un'invidia complessa, quella di Cirillo: invidia per la sapienza di Ipazia, per il favore goduto presso Oreste, e anche per « la naturale gelosia del chierico per la donna di mondo ». <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 57.</ref> Infine, uccidendo Ipazia, Cirillo raggiungeva due obiettivi: toglieva al prefetto Oreste un importante appoggio di contrasto alla sua trama politica e soddisfaceva il suo personale rancore contro una persona che egli sapeva essergli superiore.
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[[File:Morte Ipazia.jpg|thumb|left|180px|Ipazia viene condotta a morire]]
[[File:Morte Ipazia.jpg|thumb|left|180px|Ipazia viene condotta a morire]]
Raccontano le fonti antiche che in un giorno di marzo del 415 un folto gruppo di monaci e di parabalani guidati da un chierico di nome Pietro,<ref>La sua condizione ecclesiastica gli deriva dall'appellativo di « lettore » (''anagnostes'').</ref> si appostarono presso la casa di Ipazia, in attesa del suo ritorno. Aggredita di sorpresa, fu tirata giù dalla carrozza e trascinata fino alla chiesa del Cesareo, dove la spogliarono, le cavarono gli occhi <ref>Il particolare è di Damascio, op. cit., p. 81.</ref> e la uccisero usando dei cocci aguzzi [''ostraka'']. Fatto a pezzi il cadavere, trasportarono i resti in un luogo detto Cinaron e qui li bruciarono. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 15.</ref>
Raccontano le fonti antiche che in un giorno di marzo del 415 un folto gruppo di monaci e di parabalani guidati da un chierico di nome Pietro, <ref>La sua condizione ecclesiastica gli deriva dall'appellativo di « lettore » (''anagnostes'').</ref> si appostarono presso la casa di Ipazia, in attesa del suo ritorno. Aggredita di sorpresa, fu tirata giù dalla carrozza e trascinata fino alla chiesa del Cesareo, dove la spogliarono, le cavarono gli occhi <ref>Il particolare è di Damascio, op. cit., p. 81.</ref> e la uccisero usando dei cocci aguzzi [''ostraka'']. Fatto a pezzi il cadavere, trasportarono i resti in un luogo detto Cinaron e qui li bruciarono. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 15.</ref>


L'ariano Filostorgio tiene a sottolineare che Ipazia « fu fatta a pezzi da quanti professavano la consustanzialità  », ossia non da comuni, per quanto fanatici cittadini di Alessandria, ma proprio da elementi del clero cirilliano, seguace della teoria teologica dell'eguale sostanza delle cosiddette tre persone divine, un omicidio che, secondo Filostorgio, avrebbe avuto l'avallo dello stesso giovane imperatore Teodosio II. <ref>Filostorgio, op. cit., p. 111.</ref>
L'ariano Filostorgio tiene a sottolineare che Ipazia « fu fatta a pezzi da quanti professavano la consustanzialità  », ossia non da comuni, per quanto fanatici cittadini di Alessandria, ma proprio da elementi del clero cirilliano, seguace della teoria teologica dell'eguale sostanza delle cosiddette tre persone divine, un omicidio che, secondo Filostorgio, avrebbe avuto l'avallo dello stesso giovane imperatore Teodosio II. <ref>Filostorgio, op. cit., p. 111.</ref>
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[[File:Caravaggio Caterina Alessandria.jpg|thumb|150px|<center>Caravaggio</center><center>''Caterina d'Alessandria''</center>]]
[[File:Caravaggio Caterina Alessandria.jpg|thumb|150px|<center>Caravaggio</center><center>''Caterina d'Alessandria''</center>]]
Il poeta Pallada, nel celebrato epigramma già  ricordato,<ref>Nella sezione « L'autorità  di Ipazia ».</ref> volle probabilmente dettare l'iscrizione funebre di Ipazia, collocata forse in una scuola di Alessandria. Si può immaginare che un mosaico rappresentasse la volta celeste che nella costellazione della Vergine accogliesse la martire Ipazia in quanto filosofa e astronoma, e dunque cultrice del cielo. Vari tentativi d'interpretare quei versi in senso cristiano sono tutti risultati privi di fondamento. <ref>E. Livrea, ''A. P. 9.400: iscrizione funeraria di Ipazia?'', pp. 99-101. Tra i tentativi, quello di A. Cameron, ''The Greek Anthology from Meleager to Planudes'', pp., 323-325, che non teme il ridicolo inventandosi l'esistenza di una dotta suora di nome Ipazia cui i versi sarebbero dedicati.</ref>
Il poeta Pallada, nel celebrato epigramma già  ricordato, <ref>Nella sezione « L'autorità  di Ipazia ».</ref> volle probabilmente dettare l'iscrizione funebre di Ipazia, collocata forse in una scuola di Alessandria. Si può immaginare che un mosaico rappresentasse la volta celeste che nella costellazione della Vergine accogliesse la martire Ipazia in quanto filosofa e astronoma, e dunque cultrice del cielo. Vari tentativi d'interpretare quei versi in senso cristiano sono tutti risultati privi di fondamento. <ref>E. Livrea, ''A. P. 9.400: iscrizione funeraria di Ipazia?'', pp. 99-101. Tra i tentativi, quello di A. Cameron, ''The Greek Anthology from Meleager to Planudes'', pp., 323-325, che non teme il ridicolo inventandosi l'esistenza di una dotta suora di nome Ipazia cui i versi sarebbero dedicati.</ref>


Tuttavia, la tragica vicenda di Ipazia rimase impressa nella memoria popolare e diede origine al mito di Caterina d'Alessandria che si affermò definitivamente nel IX secolo. <ref>Sul tema, G. Beretta, op. cit., pp. 232-233; S. Ronchey, op. ct., pp. 106-110.</ref> Infatti, questa giovane cristiana, aristocratica, colta e intraprendente, che osa sfidare i potenti, non è mai esistita e non è altro che la trasfigurazione in senso cristiano di Ipazia. Il suo persecutore, l'imperatore Massimino Daia, rappresenta Cirillo, il « vescovo faraone »<ref>La definizione di « faraone » gli fu attribuita elogiativamente dalla chiesa cristiana copta, che vede in Cirillo il proprio maestro: cfr. J. Maspero, A. Fortescue, G. Wiet, ''Histoire des patriarches d'Alexandrie'', p. 83.</ref> — entrambi sono usurpatori, o tentarono di usurpare un potere che a loro non doveva appartenere — i suoi carnefici pagani sono i monaci che l'assassinarono, mentre lo strumento del suo supplizio, una ruota munita di chiodi per dilaniare le carni, ricorda bene i cocci aguzzi dei parabalani.
Tuttavia, la tragica vicenda di Ipazia rimase impressa nella memoria popolare e diede origine al mito di Caterina d'Alessandria che si affermò definitivamente nel IX secolo. <ref>Sul tema, G. Beretta, op. cit., pp. 232-233; S. Ronchey, op. ct., pp. 106-110.</ref> Infatti, questa giovane cristiana, aristocratica, colta e intraprendente, che osa sfidare i potenti, non è mai esistita e non è altro che la trasfigurazione in senso cristiano di Ipazia. Il suo persecutore, l'imperatore Massimino Daia, rappresenta Cirillo, il « vescovo faraone »<ref>La definizione di « faraone » gli fu attribuita elogiativamente dalla chiesa cristiana copta, che vede in Cirillo il proprio maestro: cfr. J. Maspero, A. Fortescue, G. Wiet, ''Histoire des patriarches d'Alexandrie'', p. 83.</ref> — entrambi sono usurpatori, o tentarono di usurpare un potere che a loro non doveva appartenere — i suoi carnefici pagani sono i monaci che l'assassinarono, mentre lo strumento del suo supplizio, una ruota munita di chiodi per dilaniare le carni, ricorda bene i cocci aguzzi dei parabalani.
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I dubbi sulla storicità  di Caterina erano già  stati avanzati nel Settecento, ma il merito della convincente identificazione della sua figura con quella di Ipazia va alla scrittrice femminista irlandese Anna Jameson (1796-1860), che nella sua ''Sacred and legendary Art'', pubblicata per la prima volta nel 1848, scrisse, tra l'altro: « Vi è un curioso fatto legato alla storia di santa Caterina, ed è che la vera martire, l'unica della quale esistano alcuni dati certi, non era cristiana, ma pagana, e che i suoi oppressori non furono dei pagani tirannici, ma dei cristiani fanatici ». <ref>A. Jameson, ''Sacred and Legendary Art'', II, p. 467.</ref> Una conferma della sovrapposizione delle due figure sta nella scoperta dell'esistenza, un tempo, di una chiesa a Laodicea, in Asia Minore, dedicata a una santa Ipazia martirizzata il 25 novembre, lo stesso giorno in cui veniva commemorata la leggendaria Caterina. <ref>La notizia fu riportata nel 1926 da Basileios Myrsilides, ora in B. A. Myrsilides, ''Biographie der hellenischen Philosophin Hypatia'', 2002.</ref>   
I dubbi sulla storicità  di Caterina erano già  stati avanzati nel Settecento, ma il merito della convincente identificazione della sua figura con quella di Ipazia va alla scrittrice femminista irlandese Anna Jameson (1796-1860), che nella sua ''Sacred and legendary Art'', pubblicata per la prima volta nel 1848, scrisse, tra l'altro: « Vi è un curioso fatto legato alla storia di santa Caterina, ed è che la vera martire, l'unica della quale esistano alcuni dati certi, non era cristiana, ma pagana, e che i suoi oppressori non furono dei pagani tirannici, ma dei cristiani fanatici ». <ref>A. Jameson, ''Sacred and Legendary Art'', II, p. 467.</ref> Una conferma della sovrapposizione delle due figure sta nella scoperta dell'esistenza, un tempo, di una chiesa a Laodicea, in Asia Minore, dedicata a una santa Ipazia martirizzata il 25 novembre, lo stesso giorno in cui veniva commemorata la leggendaria Caterina. <ref>La notizia fu riportata nel 1926 da Basileios Myrsilides, ora in B. A. Myrsilides, ''Biographie der hellenischen Philosophin Hypatia'', 2002.</ref>   


La stessa chiesa cattolica, dopo il Concilio Vaticano II, riconobbe il carattere mitico di Caterina d'Alessandria, depennando nel 1969 il suo nome dal Martirologio. Ma nel 2002 il culto di Caterina d'Alessandria fu ripristinato da Benedetto XVI,<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 242.</ref> che ricordò Cirillo nel 2007, affermando che « governò l'influente chiesa di Alessandria con grande energia ». Effettivamente Cirillo fu un vescovo « molto energico ». Nessuna parola fu allora spesa dal papa su Ipazia, e ''pour cause''. <ref>[http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20071003_it.html Udienza generale del 3 ottobre 2007].</ref>   
La stessa chiesa cattolica, dopo il Concilio Vaticano II, riconobbe il carattere mitico di Caterina d'Alessandria, depennando nel 1969 il suo nome dal Martirologio. Ma nel 2002 il culto di Caterina d'Alessandria fu ripristinato da Benedetto XVI, <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 242.</ref> che ricordò Cirillo nel 2007, affermando che « governò l'influente chiesa di Alessandria con grande energia ». Effettivamente Cirillo fu un vescovo « molto energico ». Nessuna parola fu allora spesa dal papa su Ipazia, e ''pour cause''. <ref>[http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20071003_it.html Udienza generale del 3 ottobre 2007].</ref>   


[[File:Raffaello Ipazia.jpg|thumb|left|140px|<center>Raffaello</center><center>''La Scuola d'Atene''</center><center>particolare</center>]]
[[File:Raffaello Ipazia.jpg|thumb|left|140px|<center>Raffaello</center><center>''La Scuola d'Atene''</center><center>particolare</center>]]
In Sinesio, Socrate, Pallada, Filostorgio, Damascio, Esichio, Malala, Giovanni di Nikiu, dal V al VII secolo, sta il nome e la figura di Ipazia, che resterebbe pressoché sconosciuta in Occidente per quasi un millennio se non fosse per la traduzione di Epifanio della ''Historia'' di Socrate. <ref>La ''Historia ecclesiastica tripartita'' di Epifanio, traduzione latina delle storie di Socrate, Sozomeno e Teodoreto, è del VI secolo.</ref> Nell'Oriente bizantino il nome e la vicenda di Ipazia si conserva anche nella raccolta di Suida, e si arricchisce con Teofane e Xanthopulo,<ref>Rispettivamente, nel IX e XIV secolo.</ref> oltre agli accenni alla « filosofa Egizia » di Michele Psello nell'XI secolo,<ref>M. Psello, ''Autobiografia (Encomio per la madre)'', p. 151.</ref> e all'appellativo di « altra Ipazia », con il quale lo storico bizantino Niceforo Gregora, nel XIV secolo, intese onorare l'imperatrice Eudocia Paleologina. <ref>N. Gregora, ''Byzantina Historia'', I, p. 294.</ref>  
In Sinesio, Socrate, Pallada, Filostorgio, Damascio, Esichio, Malala, Giovanni di Nikiu, dal V al VII secolo, sta il nome e la figura di Ipazia, che resterebbe pressoché sconosciuta in Occidente per quasi un millennio se non fosse per la traduzione di Epifanio della ''Historia'' di Socrate. <ref>La ''Historia ecclesiastica tripartita'' di Epifanio, traduzione latina delle storie di Socrate, Sozomeno e Teodoreto, è del VI secolo.</ref> Nell'Oriente bizantino il nome e la vicenda di Ipazia si conserva anche nella raccolta di Suida, e si arricchisce con Teofane e Xanthopulo, <ref>Rispettivamente, nel IX e XIV secolo.</ref> oltre agli accenni alla « filosofa Egizia » di Michele Psello nell'XI secolo, <ref>M. Psello, ''Autobiografia (Encomio per la madre)'', p. 151.</ref> e all'appellativo di « altra Ipazia », con il quale lo storico bizantino Niceforo Gregora, nel XIV secolo, intese onorare l'imperatrice Eudocia Paleologina. <ref>N. Gregora, ''Byzantina Historia'', I, p. 294.</ref>  


Si capisce come l'ipotesi che Raffaello sapesse d'Ipazia e la rappresentasse nel 1510 nel celebre affresco vaticano della ''Scuola d'Atene'' sia piuttosto remota,<ref>Le ipotesi correnti sull'androgino vestito di bianco vanno dal ritratto di Francesco Maria della Rovere, un amico del pittore, a una figura ideale.</ref> per quanto nel 1499 fosse stata stampata a Milano l'enciclopedia di Suida, alla quale seguirà  la pubblicazione a Parigi nel 1544 della ''Historia'' di Socrate Scolastico. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 227-228.</ref> Su queste basi l'erudito e teologo luterano Mattia Flacio Illirico, un istriano trasferitosi in Germania, poteva riferire nel 1562 dell'omicidio, « di un genere atrocissimo, dell'eccellentissima Ipazia », commesso dal clero alessandrino. <ref>M. Flacio Illirico, ''Ecclesiastica historia'', V, pp. 1088-1089.</ref>   
Si capisce come l'ipotesi che Raffaello sapesse d'Ipazia e la rappresentasse nel 1510 nel celebre affresco vaticano della ''Scuola d'Atene'' sia piuttosto remota, <ref>Le ipotesi correnti sull'androgino vestito di bianco vanno dal ritratto di Francesco Maria della Rovere, un amico del pittore, a una figura ideale.</ref> per quanto nel 1499 fosse stata stampata a Milano l'enciclopedia di Suida, alla quale seguirà  la pubblicazione a Parigi nel 1544 della ''Historia'' di Socrate Scolastico. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 227-228.</ref> Su queste basi l'erudito e teologo luterano Mattia Flacio Illirico, un istriano trasferitosi in Germania, poteva riferire nel 1562 dell'omicidio, « di un genere atrocissimo, dell'eccellentissima Ipazia », commesso dal clero alessandrino. <ref>M. Flacio Illirico, ''Ecclesiastica historia'', V, pp. 1088-1089.</ref>   


La replica del cardinale Baronio all'Illirico consistette nello screditare la fonte storica: « Socrate, che racconta questa storia, fu a lungo novaziano, tanto che egli non scrive con obiettività  di san Cirillo, il quale aveva cacciato i novaziani da Alessandria [...] di modo che non bisogna stupirsi se egli accusa spesso san Cirillo d'orgoglio, di troppo grande presunzione e qualche volta di delitto ». <ref>C. Baronio, ''Annales ecclesiastici'', V, p. 380.</ref> La tattica di denigrare o falsificare le fonti scomode, inaugurata dal Baronio, sarà  una costante di tutta la storiografia cattolica.  
La replica del cardinale Baronio all'Illirico consistette nello screditare la fonte storica: « Socrate, che racconta questa storia, fu a lungo novaziano, tanto che egli non scrive con obiettività  di san Cirillo, il quale aveva cacciato i novaziani da Alessandria [...] di modo che non bisogna stupirsi se egli accusa spesso san Cirillo d'orgoglio, di troppo grande presunzione e qualche volta di delitto ». <ref>C. Baronio, ''Annales ecclesiastici'', V, p. 380.</ref> La tattica di denigrare o falsificare le fonti scomode, inaugurata dal Baronio, sarà  una costante di tutta la storiografia cattolica.  
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Dalla seconda metà  del Seicento si ravviva la vicenda di Ipazia. Lo storico Henri de Valois, pubblicando nel 1668 la ''Storia ecclesiastica'' di Socrate Scolastico, riporta in nota anche il passo di Damascio che accusa Cirillo della morte di Ipazia, come a confermare la responsabilità  del vescovo alessandrino. Sembrò quasi volergli rispondere nel 1688 il giansenista Ellies du Pin, con la sua ''Vita di Cirillo'', nella quale negò ogni valore alla testimonianza di Damascio.  
Dalla seconda metà  del Seicento si ravviva la vicenda di Ipazia. Lo storico Henri de Valois, pubblicando nel 1668 la ''Storia ecclesiastica'' di Socrate Scolastico, riporta in nota anche il passo di Damascio che accusa Cirillo della morte di Ipazia, come a confermare la responsabilità  del vescovo alessandrino. Sembrò quasi volergli rispondere nel 1688 il giansenista Ellies du Pin, con la sua ''Vita di Cirillo'', nella quale negò ogni valore alla testimonianza di Damascio.  


È ancora un francese, Gilles Ménage, a pubblicare nel 1690 una ''Storia delle donne filosofe'', riportando le fonti antiche su Ipazia, mentre il giansenista Tillemont attribuisce ai nemici del cristianesimo le accuse rivolte a Cirillo e concede che Pietro il Lettore, « un uomo che aveva bisogno di forti rimedi per guarire le piaghe della sua anima », possa essere ritenuto « autore del massacro d'Ipazia ». <ref>L. S. Le Nain de Tillemont, ''Mémoires pour servir à  l'histoire ecclesiastiques des six premiers siècles'', pp. 274-276.</ref> Tutto l'<nowiki></nowiki>''affaire'' Ipazia è dunque, per il dotto prete, soltanto il frutto dell'azione irresponsabile di un povero malato di mente. Nel 1694 l'anglicano William Cave si provò a scagionare Cirillo dall'omicidio d'Ipazia, da lui attribuito genericamente alla plebe d'Alessandria, perché Damascio, in quanto non cristiano, non sarebbe credibile e poi perché il vescovo era di « sperimentata probità  »,<ref>W. Cave, ''Scriptorum ecclesiasticorum historia literaria'', p. 215. L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 102, definisce « quasi comica » la giustificazione di Cave.</ref> mentre attacchi a Cirillo vennero ai primi del Settecento anche dalla protestante Germania, portati da Gottfried Arnold, da Johann Albert Fabricius e soprattutto dal bibliotecario di Federico I, il francese Veyssière La Croze, per il quale Cirillo « andrebbe guardato con orrore ». <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 236. Su La Croze, E. Gajeri, ''Ipazia: un mito letterario'', pp. 49-50.</ref>   
È ancora un francese, Gilles Ménage, a pubblicare nel 1690 una ''Storia delle donne filosofe'', riportando le fonti antiche su Ipazia, mentre il giansenista Tillemont attribuisce ai nemici del cristianesimo le accuse rivolte a Cirillo e concede che Pietro il Lettore, « un uomo che aveva bisogno di forti rimedi per guarire le piaghe della sua anima », possa essere ritenuto « autore del massacro d'Ipazia ». <ref>L. S. Le Nain de Tillemont, ''Mémoires pour servir à  l'histoire ecclesiastiques des six premiers siècles'', pp. 274-276.</ref> Tutto l'<nowiki></nowiki>''affaire'' Ipazia è dunque, per il dotto prete, soltanto il frutto dell'azione irresponsabile di un povero malato di mente. Nel 1694 l'anglicano William Cave si provò a scagionare Cirillo dall'omicidio d'Ipazia, da lui attribuito genericamente alla plebe d'Alessandria, perché Damascio, in quanto non cristiano, non sarebbe credibile e poi perché il vescovo era di « sperimentata probità  », <ref>W. Cave, ''Scriptorum ecclesiasticorum historia literaria'', p. 215. L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 102, definisce « quasi comica » la giustificazione di Cave.</ref> mentre attacchi a Cirillo vennero ai primi del Settecento anche dalla protestante Germania, portati da Gottfried Arnold, da Johann Albert Fabricius e soprattutto dal bibliotecario di Federico I, il francese Veyssière La Croze, per il quale Cirillo « andrebbe guardato con orrore ». <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 236. Su La Croze, E. Gajeri, ''Ipazia: un mito letterario'', pp. 49-50.</ref>   
   
   
=== L'Illuminismo ===
=== L'Illuminismo ===
[[File:Hypatia Toland 1753.jpg|thumb|130px|<center>Ipazia</center>]]
[[File:Hypatia Toland 1753.jpg|thumb|130px|<center>Ipazia</center>]]
Fin qui, si era trattato di pochi accenni alla vicenda. Il primo a dedicare un saggio a Ipazia fu l'irlandese John Toland, autore nel 1720 di ''Ipazia, o la storia di una signora molto bella, molto virtuosa e perfetta sotto ogni riguardo, che venne fatta a pezzi dal clero di Alessandria per gratificare l'orgoglio, l'emulazione e la crudeltà  del loro vescovo, comunemente ma immeritatamente denominato San Cirillo''. <ref>Anche in traduzione italiana col titolo ''Ipazia. Donna colta e bellissima fatta a pezzi dal clero'', 2010, o nelle ''Opere di John Toland'', 2011.</ref> Toland ricostruisce correttamente, sulla base delle fonti, la vicenda di Ipazia, nella quale Cirillo è « il mandante di una così orrenda azione e il clero è l'esecutore della sua implacabile furia »,<ref>J. Toland, ''Hypatia'', p. 3.</ref> e risponde, a chi si chieda come sia stato possibile che dei cristiani e un « santo » come Cirillo si macchiassero di un tale delitto, che già  a quel tempo i cristiani non erano più quelli delle origini.  
Fin qui, si era trattato di pochi accenni alla vicenda. Il primo a dedicare un saggio a Ipazia fu l'irlandese John Toland, autore nel 1720 di ''Ipazia, o la storia di una signora molto bella, molto virtuosa e perfetta sotto ogni riguardo, che venne fatta a pezzi dal clero di Alessandria per gratificare l'orgoglio, l'emulazione e la crudeltà  del loro vescovo, comunemente ma immeritatamente denominato San Cirillo''. <ref>Anche in traduzione italiana col titolo ''Ipazia. Donna colta e bellissima fatta a pezzi dal clero'', 2010, o nelle ''Opere di John Toland'', 2011.</ref> Toland ricostruisce correttamente, sulla base delle fonti, la vicenda di Ipazia, nella quale Cirillo è « il mandante di una così orrenda azione e il clero è l'esecutore della sua implacabile furia », <ref>J. Toland, ''Hypatia'', p. 3.</ref> e risponde, a chi si chieda come sia stato possibile che dei cristiani e un « santo » come Cirillo si macchiassero di un tale delitto, che già  a quel tempo i cristiani non erano più quelli delle origini.  


Travisato completamente l'insegnamento di Gesù, ormai la gerarchia ecclesiastica non proclama santi gli uomini di specchiata virtù, ma coloro che con i loro scritti hanno reso falsamente grande la chiesa « magnificandone l'autorità  spirituale » ma degradando e rendendo schiavi gli spiriti dei loro concittadini. Egualmente santi furono considerati i principi, i potenti e i ricchi, ma « viziosi e tirannici », che donarono alla chiesa grandi possedimenti e oppressero col patibolo, con la spada e con la proscrizione chi osasse mettere in discussione i suoi decreti. Infine, quei « visionari » che con mortificazioni formali acquisirono agli occhi degli ignoranti una falsa fama di devozione furono ricompensati con « il premio immaginario della santità  » proprio da chi in realtà  « disprezzava la loro austerità  ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 35.</ref>
Travisato completamente l'insegnamento di Gesù, ormai la gerarchia ecclesiastica non proclama santi gli uomini di specchiata virtù, ma coloro che con i loro scritti hanno reso falsamente grande la chiesa « magnificandone l'autorità  spirituale » ma degradando e rendendo schiavi gli spiriti dei loro concittadini. Egualmente santi furono considerati i principi, i potenti e i ricchi, ma « viziosi e tirannici », che donarono alla chiesa grandi possedimenti e oppressero col patibolo, con la spada e con la proscrizione chi osasse mettere in discussione i suoi decreti. Infine, quei « visionari » che con mortificazioni formali acquisirono agli occhi degli ignoranti una falsa fama di devozione furono ricompensati con « il premio immaginario della santità  » proprio da chi in realtà  « disprezzava la loro austerità  ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 35.</ref>
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La sua conclusione è che, infuriando le persecuzioni contro chi volesse « restaurare la virtù e la cultura », Ipazia cadde sotto i colpi degli ecclesiastici del suo tempo, « che non poterono perdonarle di essere bella, casta e tanto più colta di loro ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 36.</ref> Una lettura perfino femminista — è stato rilevato <ref>E. Gajeri, op. cit., pp. 56-57.</ref> — quella fatta da Toland, che non casualmente definisce Ipazia « gloria del suo sesso e vergogna del nostro ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 3.</ref>
La sua conclusione è che, infuriando le persecuzioni contro chi volesse « restaurare la virtù e la cultura », Ipazia cadde sotto i colpi degli ecclesiastici del suo tempo, « che non poterono perdonarle di essere bella, casta e tanto più colta di loro ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 36.</ref> Una lettura perfino femminista — è stato rilevato <ref>E. Gajeri, op. cit., pp. 56-57.</ref> — quella fatta da Toland, che non casualmente definisce Ipazia « gloria del suo sesso e vergogna del nostro ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 3.</ref>


L'immediata risposta dell'anglicano Thomas Lewis fu semplicistica: lo storico Damascio mente, Socrate Scolastico è un puritano, Ipazia un'impudente, Cirillo e il suo clero sono candidi come gigli e Toland è un calunniatore che col pretesto della storia d'Ipazia vuol colpire in realtà  il reverendo Henry Sacheverell, uno zelante predicatore che per il suo fanatismo era stato processato e condannato dieci anni prima per diffamazione. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 80-81.</ref> In questo torno anche il giansenista Claude Pierre Goujet si preoccupò non solo di difendere Cirillo, ma di farne un'esaltazione con una sua ''Dissertazione su Ipazia'',<ref>''Dissertation sur Hypatie, où l'on justifie Saint Cyrille sur la mort de cette Sçavante'', in P. N. Desmolets, ''Continuation des Mémoires de littérature et d'histoire'', V, pp. 138-187. Lo scritto di Goujet è del 1727.</ref> mentre quattro sono le ''Dissertationes'' del protestante tedesco Wernsdorf in difesa di Cirillo pubblicate nel 1747 e 1748 anche contro Arnold e Toland.     
L'immediata risposta dell'anglicano Thomas Lewis fu semplicistica: lo storico Damascio mente, Socrate Scolastico è un puritano, Ipazia un'impudente, Cirillo e il suo clero sono candidi come gigli e Toland è un calunniatore che col pretesto della storia d'Ipazia vuol colpire in realtà  il reverendo Henry Sacheverell, uno zelante predicatore che per il suo fanatismo era stato processato e condannato dieci anni prima per diffamazione. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 80-81.</ref> In questo torno anche il giansenista Claude Pierre Goujet si preoccupò non solo di difendere Cirillo, ma di farne un'esaltazione con una sua ''Dissertazione su Ipazia'', <ref>''Dissertation sur Hypatie, où l'on justifie Saint Cyrille sur la mort de cette Sçavante'', in P. N. Desmolets, ''Continuation des Mémoires de littérature et d'histoire'', V, pp. 138-187. Lo scritto di Goujet è del 1727.</ref> mentre quattro sono le ''Dissertationes'' del protestante tedesco Wernsdorf in difesa di Cirillo pubblicate nel 1747 e 1748 anche contro Arnold e Toland.     
    
    
Un accenno alla sorte di Ipazia si trova nel romanzo satirico di Henry Fielding, ''A Journey from this World to the Next'', scritto nel 1743, nel quale s'immagina che Giuliano, l'imperatore pagano chiamato ''Apostata'' dai cristiani, si sia reincarnato in un ebreo di Alessandria. Fidanzatosi con Ipazia, « figlia di un filosofo, una giovane signora della massima bellezza e di grandi qualità  », avvenne che « quei cani di cristiani » — racconta Giuliano — la uccisero e « quel ch'è peggio, poi bruciarono il suo corpo: peggio, dico, perché così persi un gioiello di un certo valore », l'anello di fidanzamento. <ref>H. Fielding, ''A Journey from this World to the Next'', c. XI.</ref>  
Un accenno alla sorte di Ipazia si trova nel romanzo satirico di Henry Fielding, ''A Journey from this World to the Next'', scritto nel 1743, nel quale s'immagina che Giuliano, l'imperatore pagano chiamato ''Apostata'' dai cristiani, si sia reincarnato in un ebreo di Alessandria. Fidanzatosi con Ipazia, « figlia di un filosofo, una giovane signora della massima bellezza e di grandi qualità  », avvenne che « quei cani di cristiani » — racconta Giuliano — la uccisero e « quel ch'è peggio, poi bruciarono il suo corpo: peggio, dico, perché così persi un gioiello di un certo valore », l'anello di fidanzamento. <ref>H. Fielding, ''A Journey from this World to the Next'', c. XI.</ref>  
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Nel 1755 fu pubblicato il quinto volume dell'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia'' di Diderot e D'Alambert. Vi è presente l'articolo ''Eclettismo'' — eclettici erano definiti allora tutti i filosofi dopo Aristotele — scritto da Diderot, che dedica ampio spazio a Ipazia, « l'onore del suo sesso e lo stupore del nostro ». La sua è una fedele ricostruzione, sulla base delle fonti antiche, della vicenda di Ipazia. Cirillo è un « uomo imperioso e violento, trascinato da un malinteso zelo per la propria religione, o piuttosto geloso d'aumentare la sua autorità  su Alessandria ».  
Nel 1755 fu pubblicato il quinto volume dell'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia'' di Diderot e D'Alambert. Vi è presente l'articolo ''Eclettismo'' — eclettici erano definiti allora tutti i filosofi dopo Aristotele — scritto da Diderot, che dedica ampio spazio a Ipazia, « l'onore del suo sesso e lo stupore del nostro ». La sua è una fedele ricostruzione, sulla base delle fonti antiche, della vicenda di Ipazia. Cirillo è un « uomo imperioso e violento, trascinato da un malinteso zelo per la propria religione, o piuttosto geloso d'aumentare la sua autorità  su Alessandria ».  


Già  protagonista del pogrom anti-ebraico, sulla sua responsabilità  dell'assassinio di Ipazia Diderot si limita a citare l'opinione di Brucker, espressa nel 1742 nella sua ''Historia critica philosophiae'': « ci sono storici che hanno preferito rigettarla su un popolaccio sfrenato. Ma coloro che conoscono bene l'alterigia dell'impetuoso patriarca, penseranno di trattarlo piuttosto favorevolmente convenendo che, se non inzuppò le mani nel sangue innocente d'Ipazia, non ignorò del tutto il disegno formato per spargerlo ». I sospetti sulla sua colpevolezza sono molto forti: « la voce pubblica, il carattere violento dell'uomo, il ruolo turbolento avuto al suo tempo, la canonizzazione del monaco della Nitria,<ref>L'aggressore del prefetto Oreste.</ref> l'impunità  assicurata al lettore Pietro », il capo degli assassini. <ref>D. Diderot, ''Éclectisme'', in ''Encyclopédie'', V, pp. 282-283.</ref>
Già  protagonista del pogrom anti-ebraico, sulla sua responsabilità  dell'assassinio di Ipazia Diderot si limita a citare l'opinione di Brucker, espressa nel 1742 nella sua ''Historia critica philosophiae'': « ci sono storici che hanno preferito rigettarla su un popolaccio sfrenato. Ma coloro che conoscono bene l'alterigia dell'impetuoso patriarca, penseranno di trattarlo piuttosto favorevolmente convenendo che, se non inzuppò le mani nel sangue innocente d'Ipazia, non ignorò del tutto il disegno formato per spargerlo ». I sospetti sulla sua colpevolezza sono molto forti: « la voce pubblica, il carattere violento dell'uomo, il ruolo turbolento avuto al suo tempo, la canonizzazione del monaco della Nitria, <ref>L'aggressore del prefetto Oreste.</ref> l'impunità  assicurata al lettore Pietro », il capo degli assassini. <ref>D. Diderot, ''Éclectisme'', in ''Encyclopédie'', V, pp. 282-283.</ref>


Alla voce ''Hypacie'' del ''Grand Dictionnaire Historique'' del teologo Louis Moréri, pubblicato nel 1759 come nuova edizione dalla prima risalente al 1674, è scritto che autori dell'assassino di Ipazia, « impegnata nelle tenebre del paganesimo », furono « alcuni sediziosi », che questo prete francese evita d'identificare meglio. Mentendo, Moréri sostiene che Socrate Scolastico « non pone in nessun modo a carico di San Cirillo » quest'omicidio, e quanto a Damascio, essendo pagano e scrivendo cinquant'anni dopo i fatti, « non è degno di fede ». Questa stravagante giustificazione — gli storici scrivono sempre molti anni, secoli e persino millenni dopo i fatti, e non per questo non sono credibili — viene ripetuta ancora oggi in ambito cattolico. Del resto, la conclusione del Moréri, ripetendo il Baronio, è che « la probità  e la pietà  » di Cirillo lo rendono ''a fortiori'' innocente. <ref>L. Moréri, ''Le Grand Dictionnaire Historique'', VI, p. 152.</ref>  
Alla voce ''Hypacie'' del ''Grand Dictionnaire Historique'' del teologo Louis Moréri, pubblicato nel 1759 come nuova edizione dalla prima risalente al 1674, è scritto che autori dell'assassino di Ipazia, « impegnata nelle tenebre del paganesimo », furono « alcuni sediziosi », che questo prete francese evita d'identificare meglio. Mentendo, Moréri sostiene che Socrate Scolastico « non pone in nessun modo a carico di San Cirillo » quest'omicidio, e quanto a Damascio, essendo pagano e scrivendo cinquant'anni dopo i fatti, « non è degno di fede ». Questa stravagante giustificazione — gli storici scrivono sempre molti anni, secoli e persino millenni dopo i fatti, e non per questo non sono credibili — viene ripetuta ancora oggi in ambito cattolico. Del resto, la conclusione del Moréri, ripetendo il Baronio, è che « la probità  e la pietà  » di Cirillo lo rendono ''a fortiori'' innocente. <ref>L. Moréri, ''Le Grand Dictionnaire Historique'', VI, p. 152.</ref>  
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Un altro, e ben più grande scrittore cattolico, Chateaubriand, si occupò di Ipazia. Nel suo ''Terzo discorso sulla caduta dell'Impero romano'', del [[1834]], ricordò che « il sangue cristiano sparso dalle mani filosofiche dell'Ellade fu espiato molti anni dopo da quello d'Ipazia ». Per lui, all'origine della sua morte per mano della « plebaglia cristiana » sta l'« invidia di Cirillo » per quella « creatura celeste che viveva nella società  degli astri, ch'ella eguagliava in bellezza e di cui aveva colto gl'influssi più sublimi ». <ref>F. R. de Chateaubriand, ''Troisième discours sur la chute de l'Empire romain'', in ''Oeuvres complètes'', V, 2, pp. 51-53.</ref>   
Un altro, e ben più grande scrittore cattolico, Chateaubriand, si occupò di Ipazia. Nel suo ''Terzo discorso sulla caduta dell'Impero romano'', del [[1834]], ricordò che « il sangue cristiano sparso dalle mani filosofiche dell'Ellade fu espiato molti anni dopo da quello d'Ipazia ». Per lui, all'origine della sua morte per mano della « plebaglia cristiana » sta l'« invidia di Cirillo » per quella « creatura celeste che viveva nella società  degli astri, ch'ella eguagliava in bellezza e di cui aveva colto gl'influssi più sublimi ». <ref>F. R. de Chateaubriand, ''Troisième discours sur la chute de l'Empire romain'', in ''Oeuvres complètes'', V, 2, pp. 51-53.</ref>   


Nel [[1853]] fu pubblicato il romanzo ''Hypatia, or New Foes with an Old Face'',<ref>''Ipazia, o nuovi nemici con una vecchia faccia'': l'edizione del 1899, New York, J. F. Taylor and Co., comprende le illustrazioni di Lee W. Zeigler.</ref> del pastore anglicano Charles Kingsley. Vaghi i riferimenti alla realtà: nel romanzo il prefetto Oreste mira a diventare il padrone della provincia africana e utilizza Ipazia per i suoi scopi. Il personaggio principale è il monaco Filemone, che vorrebbe convertire Ipazia al cristianesimo. Gli intrighi di alcuni ebrei provocano tra il vescovo Oreste e il vescovo Cirillo un grave conflitto, di cui è resa responsabile Ipazia, che viene uccisa in una chiesa da una folla di cristiani proprio quando aveva deciso di convertirsi al cristianesimo.   
Nel [[1853]] fu pubblicato il romanzo ''Hypatia, or New Foes with an Old Face'', <ref>''Ipazia, o nuovi nemici con una vecchia faccia'': l'edizione del 1899, New York, J. F. Taylor and Co., comprende le illustrazioni di Lee W. Zeigler.</ref> del pastore anglicano Charles Kingsley. Vaghi i riferimenti alla realtà: nel romanzo il prefetto Oreste mira a diventare il padrone della provincia africana e utilizza Ipazia per i suoi scopi. Il personaggio principale è il monaco Filemone, che vorrebbe convertire Ipazia al cristianesimo. Gli intrighi di alcuni ebrei provocano tra il vescovo Oreste e il vescovo Cirillo un grave conflitto, di cui è resa responsabile Ipazia, che viene uccisa in una chiesa da una folla di cristiani proprio quando aveva deciso di convertirsi al cristianesimo.   


Due anni dopo, ispirandosi alla scena descritta da Kingsley, il pittore preraffaellita Charles Mitchell raffigurò Ipazia in un quadro divenuto famoso. E a proposito di dipinti riguardanti Ipazia, nei primi anni del Novecento Vincenzo La Bella (1872-1954)<ref>Cfr. P. Pietrini, ''Vincenzo La Bella'', nel « Dizionario Biografico degli Italiani ».</ref> dipinse nel primo piano del nuovo palazzo dell'Università  di Napoli <ref>A. Agabiti, ''Ipazia. La prima martire della libertà  di pensiero'', p. 8. La prima edizione del libro risale al 1914.</ref> un affresco rappresentante la morte di Ipazia, avvenuta in una chiesa per mano di una folla di assassini, armati di bastoni e pugnali, benedetti dal vescovo Cirillo. L'affresco è andato perduto ed è facile immaginarne il motivo.  
Due anni dopo, ispirandosi alla scena descritta da Kingsley, il pittore preraffaellita Charles Mitchell raffigurò Ipazia in un quadro divenuto famoso. E a proposito di dipinti riguardanti Ipazia, nei primi anni del Novecento Vincenzo La Bella (1872-1954)<ref>Cfr. P. Pietrini, ''Vincenzo La Bella'', nel « Dizionario Biografico degli Italiani ».</ref> dipinse nel primo piano del nuovo palazzo dell'Università  di Napoli <ref>A. Agabiti, ''Ipazia. La prima martire della libertà  di pensiero'', p. 8. La prima edizione del libro risale al 1914.</ref> un affresco rappresentante la morte di Ipazia, avvenuta in una chiesa per mano di una folla di assassini, armati di bastoni e pugnali, benedetti dal vescovo Cirillo. L'affresco è andato perduto ed è facile immaginarne il motivo.  
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In una nota, l'<nowiki></nowiki>''abbé'' Duchesne aggiunge che la vicenda è narrata da Socrate Scolastico il quale « riporta le voci che correvano allora a Costantinopoli, e comprendono così una certa dose di esagerazione. ma l'impressione che se ne trae non può essere trascurata, perché concorda bene con quello che altri documenti, e dei meno discutibili, ci insegnano sul carattere e sui modi di agire del terribile arcivescovo » Cirillo. <ref>L. Duchesne, op. cit., p. 301.</ref> Duchesne, pubblicando sotto ''imprimatur'' ecclesiastico — ma l'opera fu messa ugualmente all'<nowiki></nowiki>''Indice'' due anni dopo — non poteva essere più chiaro: « una certa dose di esagerazione », se mai c'è, riguarda i dettagli, non le motivazioni e le origini dell'omicidio, individuate da Duchesne nel comportamento del « terribile arcivescovo ».  
In una nota, l'<nowiki></nowiki>''abbé'' Duchesne aggiunge che la vicenda è narrata da Socrate Scolastico il quale « riporta le voci che correvano allora a Costantinopoli, e comprendono così una certa dose di esagerazione. ma l'impressione che se ne trae non può essere trascurata, perché concorda bene con quello che altri documenti, e dei meno discutibili, ci insegnano sul carattere e sui modi di agire del terribile arcivescovo » Cirillo. <ref>L. Duchesne, op. cit., p. 301.</ref> Duchesne, pubblicando sotto ''imprimatur'' ecclesiastico — ma l'opera fu messa ugualmente all'<nowiki></nowiki>''Indice'' due anni dopo — non poteva essere più chiaro: « una certa dose di esagerazione », se mai c'è, riguarda i dettagli, non le motivazioni e le origini dell'omicidio, individuate da Duchesne nel comportamento del « terribile arcivescovo ».  


Per questo motivo, come segnalato da Luciano Canfora,<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', pp. 96-98.</ref> l'<nowiki></nowiki>''Histoire de l'Église'' ([[1948]]) di Fliche e Martin,<ref>J.-R. Palanque, F. De Labriolle, G. Bardy, L. Bréhier, G. De Plinval, ''Histoire de l'Église'', diretta da A. Fliche e V. Martin, IV, p. 157.</ref> dopo aver liquidato l'assassinio di Ipazia come « solo un episodio particolarmente doloroso di una lotta [condotta da Cirillo contro i pagani] ricca d'incidenti », riporta in una nota l'osservazione del Duchesne limitatamente alla « certa dose di esagerazione », censurando tutto il resto e perciò falsificando il senso delle sue parole. Sulla stessa linea è il cattolico Bardy, che alla voce ''Cyrille d'Alexandrie'' del ''Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques'', ripete la versione dell'assassinio di Ipazia come un « incidente » nel conflitto tra Cirillo e il prefetto Oreste. <ref>''Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques'', XIII, c. 1169.</ref>  
Per questo motivo, come segnalato da Luciano Canfora, <ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', pp. 96-98.</ref> l'<nowiki></nowiki>''Histoire de l'Église'' ([[1948]]) di Fliche e Martin, <ref>J.-R. Palanque, F. De Labriolle, G. Bardy, L. Bréhier, G. De Plinval, ''Histoire de l'Église'', diretta da A. Fliche e V. Martin, IV, p. 157.</ref> dopo aver liquidato l'assassinio di Ipazia come « solo un episodio particolarmente doloroso di una lotta [condotta da Cirillo contro i pagani] ricca d'incidenti », riporta in una nota l'osservazione del Duchesne limitatamente alla « certa dose di esagerazione », censurando tutto il resto e perciò falsificando il senso delle sue parole. Sulla stessa linea è il cattolico Bardy, che alla voce ''Cyrille d'Alexandrie'' del ''Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques'', ripete la versione dell'assassinio di Ipazia come un « incidente » nel conflitto tra Cirillo e il prefetto Oreste. <ref>''Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques'', XIII, c. 1169.</ref>  


[[File:Ipazia Rachel Weisz.jpg|thumb|140px|Ipazia. <ref>Dal film di Alejandro Amenábar.</ref>]]
[[File:Ipazia Rachel Weisz.jpg|thumb|140px|Ipazia. <ref>Dal film di Alejandro Amenábar.</ref>]]
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Sia l'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'' ([[1950]]) che il ''Dizionario ecclesiastico'' ([[1953]]) ammettono comunque che Socrate Scolastico accusa Cirillo della morte di Ipazia. Si arrampica invece sugli specchi il tedesco ''Lexikon für Theologie und Kirche'' ([[1961]]) per negare che l'antico storico faccia Cirillo responsabile dell'omicidio di Ipazia. Scrive infatti alla voce dedicata a Cirillo: « Accaddero eventi oscuri: la battaglia di una banda di monaci contro il prefetto Oreste, la crudele uccisione della filosofa Ipazia da parte di una folla cristiana, organizzata dal lettore Pietro. Socrate parla della "vergogna" per Cirillo e per la Chiesa di Alessandria, ma non di una colpa di Cirillo ». <ref>''Kyrillos'', in AA. VV., ''Lexikon für Theologie und Kirche'', VI, c. 707.</ref> Forse non è un caso che la terza edizione del ''Lexikon'' ([[1994]]) eviti del tutto ogni riferimento all'omicidio di Ipazia: « una ben curiosa autocensura ». <ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 96.</ref>   
Sia l'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'' ([[1950]]) che il ''Dizionario ecclesiastico'' ([[1953]]) ammettono comunque che Socrate Scolastico accusa Cirillo della morte di Ipazia. Si arrampica invece sugli specchi il tedesco ''Lexikon für Theologie und Kirche'' ([[1961]]) per negare che l'antico storico faccia Cirillo responsabile dell'omicidio di Ipazia. Scrive infatti alla voce dedicata a Cirillo: « Accaddero eventi oscuri: la battaglia di una banda di monaci contro il prefetto Oreste, la crudele uccisione della filosofa Ipazia da parte di una folla cristiana, organizzata dal lettore Pietro. Socrate parla della "vergogna" per Cirillo e per la Chiesa di Alessandria, ma non di una colpa di Cirillo ». <ref>''Kyrillos'', in AA. VV., ''Lexikon für Theologie und Kirche'', VI, c. 707.</ref> Forse non è un caso che la terza edizione del ''Lexikon'' ([[1994]]) eviti del tutto ogni riferimento all'omicidio di Ipazia: « una ben curiosa autocensura ». <ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 96.</ref>   


A partire dall'affermarsi del [[femminismo]], Ipazia diviene oggetto di studi e protagonista di romanzi, oltre a dare il nome a diverse riviste,<ref>Tra le prime, ''Hypatia. A Journal of Feminist Philosophy'' (1983) e ''Hypatia. Feminist Studies'' (1984).</ref> e a essere compresa dall'artista americana Judy Chicago nel suo imponente ''Dinner Party'' ([[1979]]) al Brooklyn Museum di New York: una tavolata triangolare di 16 metri di lato per accogliere idealmente 39 convitate, personaggi storici — ma anche alcune divinità  mitologiche — che hanno illustrato la storia dell'umanità. Sul pavimento sono iscritti 999 nomi femminili. <ref>[http://3.bp.blogspot.com/_ctzkBkZJxzE/TQe9f8COnRI/AAAAAAAAACY/mLId33UXRGs/s1600/Judy-Chicago-The-Dinner-Party-01.jpg Il ''Dinner Party''] di Judy Chicago.</ref>
A partire dall'affermarsi del [[femminismo]], Ipazia diviene oggetto di studi e protagonista di romanzi, oltre a dare il nome a diverse riviste, <ref>Tra le prime, ''Hypatia. A Journal of Feminist Philosophy'' (1983) e ''Hypatia. Feminist Studies'' (1984).</ref> e a essere compresa dall'artista americana Judy Chicago nel suo imponente ''Dinner Party'' ([[1979]]) al Brooklyn Museum di New York: una tavolata triangolare di 16 metri di lato per accogliere idealmente 39 convitate, personaggi storici — ma anche alcune divinità  mitologiche — che hanno illustrato la storia dell'umanità. Sul pavimento sono iscritti 999 nomi femminili. <ref>[http://3.bp.blogspot.com/_ctzkBkZJxzE/TQe9f8COnRI/AAAAAAAAACY/mLId33UXRGs/s1600/Judy-Chicago-The-Dinner-Party-01.jpg Il ''Dinner Party''] di Judy Chicago.</ref>


In ''Renaissance en Paganie'' di Andrée Ferretti, donna attiva politicamente per l'indipendenza del Québec, Ipazia rappresenta « l'ultima resistenza all'instaurazione di un primo potere assoluto fondato su una visione egemonica del mondo », mentre per Ursule Molinaro « il sordido assassinio » di Ipazia « segna la fine di un'epoca in cui le donne erano ancora apprezzate per il loro cervello sotto la loro capigliatura », ma anche l'ultima donna sessualmente liberata grazie alla sua cultura, prima che il cristianesimo fattosi potere imponesse la sua visione sessuofobica e misogina. <ref>U. Molinaro, ''A Christian Martyr in Reverse: Hypatia 370-415'', in « Hypatia. Feminist Studies », 1989.</ref>
In ''Renaissance en Paganie'' di Andrée Ferretti, donna attiva politicamente per l'indipendenza del Québec, Ipazia rappresenta « l'ultima resistenza all'instaurazione di un primo potere assoluto fondato su una visione egemonica del mondo », mentre per Ursule Molinaro « il sordido assassinio » di Ipazia « segna la fine di un'epoca in cui le donne erano ancora apprezzate per il loro cervello sotto la loro capigliatura », ma anche l'ultima donna sessualmente liberata grazie alla sua cultura, prima che il cristianesimo fattosi potere imponesse la sua visione sessuofobica e misogina. <ref>U. Molinaro, ''A Christian Martyr in Reverse: Hypatia 370-415'', in « Hypatia. Feminist Studies », 1989.</ref>
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