Il Risveglio Anarchico: differenze tra le versioni

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È da ritenersi pertanto corretta e conforme a questa linea di pensiero (e non «purezza dottrinaria» o «coerenza di principi» per partito preso), la posizione assunta dal giornale nei confronti di quella corrente di [[anarchici]] « terzointernazionalisti » che sosteneva l'opportunità di un «fronte unico rivoluzionario» con le forze [[marxiste]] <ref>Crf. nel n. 528, del 20 dicembre 1919, la rubrica ''Manrovesci e battimani''.</ref>, per il pericolo insito in questo genere di coalizione, di dover abdicare ai criteri tattici e teorici dell'[[anarchismo]], «per diventare volta a volta zimmerwaldiani, kienthaliani, [[bolscevichi]], terzinternazionalisti, dittatoristi, e non sappiamo cos'altro ancora». <ref>''Unione non unità'', n. 553, del 28 febbraio 1920.</ref>
È da ritenersi pertanto corretta e conforme a questa linea di pensiero (e non «purezza dottrinaria» o «coerenza di principi» per partito preso), la posizione assunta dal giornale nei confronti di quella corrente di [[anarchici]] « terzointernazionalisti » che sosteneva l'opportunità di un «fronte unico rivoluzionario» con le forze [[marxiste]] <ref>Crf. nel n. 528, del 20 dicembre 1919, la rubrica ''Manrovesci e battimani''.</ref>, per il pericolo insito in questo genere di coalizione, di dover abdicare ai criteri tattici e teorici dell'[[anarchismo]], «per diventare volta a volta zimmerwaldiani, kienthaliani, [[bolscevichi]], terzinternazionalisti, dittatoristi, e non sappiamo cos'altro ancora». <ref>''Unione non unità'', n. 553, del 28 febbraio 1920.</ref>


=== Fascismo == =
=== Fascismo ===
Già con l'avvento al potere di Giolitti («voluto da quanti sperano in lui per soffocare le ribellioni popolari» <ref>Crf. P''ugno di ferro'', n. 542, del 3 luglio 1920.</ref>), l’organo [[anarchico]] non aveva nascosta la sua preoccupazione per l'involuzione reazionaria della politica italiana. In realtà, nell'arco di pochi mesi, la breve stagione rossa del proletariato italiano potè dirsi a tutti gli effetti conclusa, con la più completa sconfitta delle forze operaie e il deciso contrattacco della borghesia, reso più grave dalla complice acquiescenza del Partito Socialista, di cui ''Il Risveglio'' criticò, senza mezzi termini, l'atteggiamento «[[tolstoiano]]» e la politica di incertezze e di compromessi. Di fronte alla progressiva recrudescenza delle [[violenze]] squadriste, la redazione ginevrina del giornale non esitò, al contrario, a sollecitare un'energica risposta popolare alle provocazioni [[fasciste]], quale unica alternativa possibile, per stroncare sul nascere le mene reazionarie in atto; e invitò, al tempo stesso, a diffidare da eventuali interventi legali contro la criminalità [[fascista]], la quale «se non ufficiale e legale, è per lo meno ufficiosa e al servizio d'un potere». «Per conto nostro - scriveva la redazione, commentando i fatti di Sarzana del 21 luglio 1921 - diciamo apertamente che non solo ogni trattativa di pace coi [[fascisti]] ci ripugna, ma che non desideriamo affatto che sia la forza [[statale]] a farla finita col [[fascismo]]. È indispensabile che questo finisca per insurrezione e furore di popolo. Altrimenti è facile prevedere quel che accadrà». <ref>''Dopo Sarzana'', n. 570, del 6 agosto 1921. Si consultino anche gli scritti: ''La violenza'' (dal n. 566, dell'11 giugno 1921 al n. 569, del 23 luglio 1921) e ''L'Esplosione'', n. 561, del 2 aprile 1921 (in difesa degli attentatori del Diana).</ref>
Già con l'avvento al potere di Giolitti («voluto da quanti sperano in lui per soffocare le ribellioni popolari» <ref>Crf. P''ugno di ferro'', n. 542, del 3 luglio 1920.</ref>), l’organo [[anarchico]] non aveva nascosta la sua preoccupazione per l'involuzione reazionaria della politica italiana. In realtà, nell'arco di pochi mesi, la breve stagione rossa del proletariato italiano potè dirsi a tutti gli effetti conclusa, con la più completa sconfitta delle forze operaie e il deciso contrattacco della borghesia, reso più grave dalla complice acquiescenza del Partito Socialista, di cui ''Il Risveglio'' criticò, senza mezzi termini, l'atteggiamento «[[tolstoiano]]» e la politica di incertezze e di compromessi. Di fronte alla progressiva recrudescenza delle [[violenze]] squadriste, la redazione ginevrina del giornale non esitò, al contrario, a sollecitare un'energica risposta popolare alle provocazioni [[fasciste]], quale unica alternativa possibile, per stroncare sul nascere le mene reazionarie in atto; e invitò, al tempo stesso, a diffidare da eventuali interventi legali contro la criminalità [[fascista]], la quale «se non ufficiale e legale, è per lo meno ufficiosa e al servizio d'un potere». «Per conto nostro - scriveva la redazione, commentando i fatti di Sarzana del 21 luglio 1921 - diciamo apertamente che non solo ogni trattativa di pace coi [[fascisti]] ci ripugna, ma che non desideriamo affatto che sia la forza [[statale]] a farla finita col [[fascismo]]. È indispensabile che questo finisca per insurrezione e furore di popolo. Altrimenti è facile prevedere quel che accadrà». <ref>''Dopo Sarzana'', n. 570, del 6 agosto 1921. Si consultino anche gli scritti: ''La violenza'' (dal n. 566, dell'11 giugno 1921 al n. 569, del 23 luglio 1921) e ''L'Esplosione'', n. 561, del 2 aprile 1921 (in difesa degli attentatori del Diana).</ref>


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