Giovanni Dettori: differenze tra le versioni

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'''Giovanni Dettori''' nasce il [[29 gennaio]] [[1899]] ad Orgosolo (Nuoro), nel cuore della Sardegna: la Barbagia. Giovanni Dettori questa un'epoca in cui le istituzioni vogliono a tutti i costi il banditismo con la cieca violenza delle armi dei carabinieri  <ref name="bechi">Il [[10 giugno]] [[1899]], tra Orgosolo e Oliena, 3 banditi e 2 carabinieri muoiono durante un agguato teso dai carabinieri ad alcuni banditi che bivaccavano nelle montagne. In seguito, soprattutto con l'accusa di favoreggiamento, furono processate ben 682 persone, che però andranno nella maggior parte dei casi assolti. Per approfondimenti si legga ''Caccia grossa'' di Giulio Bechi, tenente dei carabinieri spedito in Sardegna nel [[1899]] per reprimere e letteralmente sopprimere il fenomeno</ref>. Talvolta (ma non sempre) il banditismo è una vera e propria forma istintiva di ribellione alle ingiustizie sociali <ref name="banditi">I banditi in alcuni casi arrivarono ad affiggere dei veri e propri bandi: i fratelli Elia e Giacamo Serra autorizzarono la popolazione a raccogliere le olive nei campi di alcuni possidenti; G. Serrittu proibì a Gavoi di pagare le imposte ai fratelli esattori Daddi ecc. (''Il cammino dei sardi'', Natale Sanna pag 415, 416)</ref> e forse per questo Giovanni Dettori sin da ragazzo manifesta una chiara e intransigente ostilità  verso l'[[autorità |autoritarismo]] dello [[Stato]]. Chiamato giovanissimo sotto le armi, partecipa alla [[I guerra mondiale|Prima guerra mondiale]] ma nel [[1921]] viene condannato a quindici giorni di prigione per «oltraggio». L'anno seguente emigra clandestinamente a Marsiglia dove intrattiene relazioni con l'anarchico siciliano [[Paolo Schicchi]]. Si ferma a Saint Cassin (Savoia), dove viene assunto in un'azienda adibita alla lavorazione delle pietre. È proprio per colpa di questo lavoro che perderà  una mano in seguito all'esplosione di una cartuccia di dinamite.  
'''Giovanni Dettori''' nasce il [[29 gennaio]] [[1899]] ad Orgosolo (Nuoro), nel cuore della Sardegna: la Barbagia. Giovanni Dettori questa un'epoca in cui le istituzioni vogliono a tutti i costi il banditismo con la cieca violenza delle armi dei carabinieri  <ref name="bechi">Il [[10 giugno]] [[1899]], tra Orgosolo e Oliena, 3 banditi e 2 carabinieri muoiono durante un agguato teso dai carabinieri ad alcuni banditi che bivaccavano nelle montagne. In seguito, soprattutto con l'accusa di favoreggiamento, furono processate ben 682 persone, che però andranno nella maggior parte dei casi assolti. Per approfondimenti si legga ''Caccia grossa'' di Giulio Bechi, tenente dei carabinieri spedito in Sardegna nel [[1899]] per reprimere e letteralmente sopprimere il fenomeno</ref>. Talvolta (ma non sempre) il banditismo è una vera e propria forma istintiva di ribellione alle ingiustizie sociali <ref name="banditi">I banditi in alcuni casi arrivarono ad affiggere dei veri e propri bandi: i fratelli Elia e Giacamo Serra autorizzarono la popolazione a raccogliere le olive nei campi di alcuni possidenti; G. Serrittu proibì a Gavoi di pagare le imposte ai fratelli esattori Daddi ecc. (''Il cammino dei sardi'', Natale Sanna pag 415, 416)</ref> e forse per questo Giovanni Dettori sin da ragazzo manifesta una chiara e intransigente ostilità  verso l'[[autorità |autoritarismo]] dello [[Stato]]. Chiamato giovanissimo sotto le armi, partecipa alla [[I guerra mondiale|Prima guerra mondiale]] ma nel [[1921]] viene condannato a quindici giorni di prigione per «oltraggio». L'anno seguente emigra clandestinamente a Marsiglia dove intrattiene relazioni con l'anarchico siciliano [[Paolo Schicchi]]. Si ferma a Saint Cassin (Savoia), dove viene assunto in un'azienda adibita alla lavorazione delle pietre. È proprio per colpa di questo lavoro che perderà  una mano in seguito all'esplosione di una cartuccia di dinamite.  


Perseguitato dal [[Fascismo|fascismo]], nel novembre [[1926]] emigra in [[Tunisia]], mantenendosi sempre in contatto con Schicchi e trovando appoggio nel gruppo libertario italiano di Tunisi, di cui facevano parte anche i sardi [[Emilio Atzori]], [[Raimondo Mereu]], [[Francesco Piras|Francesco]] e [[Antonio Piras]]. Le [[autorità ]] fasciste italiane sospettano che egli abbia partecipato con Atzori, [[Giovanni Curti]] e [[Alberto Tarchiani]] agli attentati contro il consolato italiano di Tunisi (il [[28 dicembre]] [[1928]]) e contro il giornale [[Fascismo|fascista]] «Unione» ([[18 aprile]] [[1929]]).
Perseguitato dal [[Fascismo|fascismo]], nel novembre [[1926]] emigra in [[Tunisia]], mantenendosi sempre in contatto con Schicchi e trovando appoggio nel gruppo libertario italiano di Tunisi, di cui facevano parte anche i sardi [[Emilio Atzori]], [[Raimondo Mereu]], [[Francesco Piras|Francesco]] e [[Antonio Piras]]. Le [[autorità]] fasciste italiane sospettano che egli abbia partecipato con Atzori, [[Giovanni Curti]] e [[Alberto Tarchiani]] agli attentati contro il consolato italiano di Tunisi (il [[28 dicembre]] [[1928]]) e contro il giornale [[Fascismo|fascista]] «Unione» ([[18 aprile]] [[1929]]).


Dettori, sentendosi braccato, lascia la Tunisia e nel luglio [[1931]] viene fermato a Ventimiglia e condannato ad un mese e mezzo di [[carcere|prigione]] per «porto illegale d'arma». In seguito gli viene assegnato il domicilio e la deportazione a Ponza, dove nel giugno [[1933]] riceve una nuova condanna a cinque mesi per avere partecipato ad un movimento di protesta dei deportati.  
Dettori, sentendosi braccato, lascia la Tunisia e nel luglio [[1931]] viene fermato a Ventimiglia e condannato ad un mese e mezzo di [[carcere|prigione]] per «porto illegale d'arma». In seguito gli viene assegnato il domicilio e la deportazione a Ponza, dove nel giugno [[1933]] riceve una nuova condanna a cinque mesi per avere partecipato ad un movimento di protesta dei deportati.  
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