Gigi Damiani: differenze tra le versioni

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: «Un quotidiano - scrisse [[Ugo Fedeli]]- era importante per gli articoli di [[Malatesta]], del [[Luigi Fabbri|Fabbri]] e di molti altri ma veramente non si potrebbe concepire senza il Damiani [...]  Egli era il vero giornalista del gruppo, quello che con facilità  sapeva intrattenersi sulle questioni più diverse e di ognuna sapeva esporre il lato più caratteristico e interessante.»
: «Un quotidiano - scrisse [[Ugo Fedeli]]- era importante per gli articoli di [[Malatesta]], del [[Luigi Fabbri|Fabbri]] e di molti altri ma veramente non si potrebbe concepire senza il Damiani [...]  Egli era il vero giornalista del gruppo, quello che con facilità  sapeva intrattenersi sulle questioni più diverse e di ognuna sapeva esporre il lato più caratteristico e interessante.»


Damiani divenne fondamentale dall'ottobre del [[1920|'20]] dopo l'arresto in massa di [[Malatesta]] e compagni, e soprattutto dopo l'[[Teatro Diana|attentato del Teatro Diana]], con la distruzione della tipografia e il movimento in pieno scompiglio. Riuscendo a mantenersi latitante, con l'aiuto di [[Pasquale Binazzi]] ed [[Ettore Molinari]], riorganizzò il quotidiano e chiamò a raccolta il movimento che si rinfrancò giusto in tempo per battersi contro la montante marea [[Fascismo|fascista]]. Con Mussolini al potere e [[Umanità  Nova]] ormai distrutta, trovò assieme a [[Luigi Fabbri]], i fondi da donare a [[Malatesta]] per pubblicare ''[[Pensiero e Volontà ]]'' e trovò anche il mezzo di pubblicare un suo settimanale ''[[Fede!]]'' che mantenne coraggiosamente il collegamento tra i compagni dal [[1923|'23]] al [[1926|'26]] (13 mila copie vendute!). Dopo il fallimento dell'attentato a Mussolini da parte di [[Gino Lucetti]] decise di riparare in [[Francia]], cercando invano di convincere [[Malatesta]] a fare altrettanto.  
Damiani divenne fondamentale dall'ottobre del [[1920|'20]] dopo l'arresto in massa di [[Malatesta]] e compagni, e soprattutto dopo l'[[Teatro Diana|attentato del Teatro Diana]], con la distruzione della tipografia e il movimento in pieno scompiglio. Riuscendo a mantenersi latitante, con l'aiuto di [[Pasquale Binazzi]] ed [[Ettore Molinari]], riorganizzò il quotidiano e chiamò a raccolta il movimento che si rinfrancò giusto in tempo per battersi contro la montante marea [[Fascismo|fascista]]. Con Mussolini al potere e [[Umanità  Nova]] ormai distrutta, trovò assieme a [[Luigi Fabbri]], i fondi da donare a [[Malatesta]] per pubblicare ''[[Pensiero e Volontà ]]'' e trovò anche il mezzo di pubblicare un suo settimanale ''[[Fede!]]'' che mantenne coraggiosamente il collegamento tra i compagni dal [[1923|'23]] al [[1926|'26]] (13 mila copie vendute!). Dopo il fallimento dell'attentato a Mussolini da parte di [[Gino Lucetti]] decise di riparare in [[Francia]], cercando invano di convincere [[Malatesta]] a fare altrettanto.  


Impossibile qui seguire la sua attività  in esilio, per capirne l'atteggiamento basta il titolo del primo foglio che lanciò da Marsiglia: ''Non Molliamo'' ([[1927]]). Nel [[1931]] passò a Barcellona (in [[Spagna]] era caduta la monarchia) e da lì, con l'aiuto degli anarchici catalani organizzò tutto  per «trarre in salvo» [[Malatesta]], in motoscafo e poi in idrovolante. Fallita l'operazione per una soffiata, passò in nord Africa e si fermò a Tunisi dove, a due passi dalla Sicilia, viveva una piccola ma vivace colonia di libertari italiani. Lì rimase intrappolato: dopo la morte di [[Luigi Galleani]] ([[1931|'31]]) e di [[Malatesta]] ([[1932|'32]]) i servizi [[Fascismo|fascisti]] lo consideravano a capo del movimento anarchico e nessuna pressione sui francesi fu trascurata per bloccarlo. La situazione non migliorò con la guerra e nemmeno con l'arrivo degli angloamericani. Le [[autorità ]] inglesi gli negarono il visto anche a guerra finita: Damiani poté rientrare a Roma solo nel febbraio [[1946|'46]]!.
Impossibile qui seguire la sua attività  in esilio, per capirne l'atteggiamento basta il titolo del primo foglio che lanciò da Marsiglia: ''Non Molliamo'' ([[1927]]). Nel [[1931]] passò a Barcellona (in [[Spagna]] era caduta la monarchia) e da lì, con l'aiuto degli anarchici catalani organizzò tutto  per «trarre in salvo» [[Malatesta]], in motoscafo e poi in idrovolante. Fallita l'operazione per una soffiata, passò in nord Africa e si fermò a Tunisi dove, a due passi dalla Sicilia, viveva una piccola ma vivace colonia di libertari italiani. Lì rimase intrappolato: dopo la morte di [[Luigi Galleani]] ([[1931|'31]]) e di [[Malatesta]] ([[1932|'32]]) i servizi [[Fascismo|fascisti]] lo consideravano a capo del movimento anarchico e nessuna pressione sui francesi fu trascurata per bloccarlo. La situazione non migliorò con la guerra e nemmeno con l'arrivo degli angloamericani. Le [[autorità ]] inglesi gli negarono il visto anche a guerra finita: Damiani poté rientrare a Roma solo nel febbraio [[1946|'46]]!.
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