Gian Pietro Lucini: differenze tra le versioni

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{{citazione|Noi li asociali disinteressati fomentiamo questo intimo vulcano, cooperiamo a questa disgregazione: sopprimere l'attuale [[gerarchia]], sostituire delle altre e razionali [[autorità]]. Non si creda con questo ad un mio [[socialismo]]: ma ad un mio anarcheggiare. Lo stato di natura, di questa natura oggi saputa colle scienze, oggi allettata colle arti, oggi raffinata colla serie evolutiva delli esseri, compresa coll'amore e colla solidarietà umana, a questo stato di natura, come [[Gian Giacomo Rousseau]] anela il mio pensiero etico-politico. È sempre una [[Utopia]]. Ho un concetto tutto mio e tutto vago di uno [[Stato]] futuro. Lo [[Stato]] dovrebbe essere quella opera pia le leggi della quale dovrebbero essere meno evidenti e meno interruttive delle energie [[individuali]]. Pochissime leggi di carattere generale, che possano, pure stabilendo dei principii di massima, seguire lo sviluppo della umanità ed evolversi come la vita stessa si evolve. Oggi il codice arresta i movimenti. Domani il [[socialismo]] livellerà tutto al minimo comun denominatore della mediocrità operaja. Vi sono due tirannie: quella delle perversità ricche e raffinate (la presente), l'altra delle ignoranze barbare, presuntuose e brutali, della sciocca onestà umana (la futura [[socialista]]). Noi usciremo dall'una per ripiombare nell'altra, e forse senza il conforto di una rivoluzione che farebbe tanto bene alla nostra arte paurosa e vile, ma per crepuscoli d'anime, di istituti, di lustri sempre più grigi, soffocanti ed annojati. Credo che la funzione dello [[Stato]] sia semplicemente di amministrazione. Promuovere e conservare alla nazione una continua atmosfera di [[libertà]] in cui si possano compartire: cibo alla mente ed alla pancia; amore e sicurezza. Il Demo futuro deve essere maestro, nutrice, proxeneta, nel buon senso della parola. Nessuna legge che imponga una eguaglianza, né un privilegio: non preferire, né disprezzare. Perché eguaglianza non v'è in natura, e tutto si bilancia con equilibrio istabile sopra la equivalenza. I cittadini del mio Demo saranno certamente equivalenti in faccia alla comunità, non mai eguali, perché le qualità ed i difetti di natura non si possono mai né togliere né colmare. Certo io non sono Antinoo: posso essere Esopo: ora codeste due forze umane si equivalgono filosofìcamente, perché sono due bellezze.|Gian Pietro Lucini (da ''Prose e canzoni amare'')}}</center>
{{citazione|Noi li asociali disinteressati fomentiamo questo intimo vulcano, cooperiamo a questa disgregazione: sopprimere l'attuale [[gerarchia]], sostituire delle altre e razionali [[autorità]]. Non si creda con questo ad un mio [[socialismo]]: ma ad un mio anarcheggiare. Lo stato di natura, di questa natura oggi saputa colle scienze, oggi allettata colle arti, oggi raffinata colla serie evolutiva delli esseri, compresa coll'amore e colla solidarietà umana, a questo stato di natura, come [[Gian Giacomo Rousseau]] anela il mio pensiero etico-politico. È sempre una [[Utopia]]. Ho un concetto tutto mio e tutto vago di uno [[Stato]] futuro. Lo [[Stato]] dovrebbe essere quella opera pia le leggi della quale dovrebbero essere meno evidenti e meno interruttive delle energie [[individuali]]. Pochissime leggi di carattere generale, che possano, pure stabilendo dei principii di massima, seguire lo sviluppo della umanità ed evolversi come la vita stessa si evolve. Oggi il codice arresta i movimenti. Domani il [[socialismo]] livellerà tutto al minimo comun denominatore della mediocrità operaja. Vi sono due tirannie: quella delle perversità ricche e raffinate (la presente), l'altra delle ignoranze barbare, presuntuose e brutali, della sciocca onestà umana (la futura [[socialista]]). Noi usciremo dall'una per ripiombare nell'altra, e forse senza il conforto di una rivoluzione che farebbe tanto bene alla nostra arte paurosa e vile, ma per crepuscoli d'anime, di istituti, di lustri sempre più grigi, soffocanti ed annojati. Credo che la funzione dello [[Stato]] sia semplicemente di amministrazione. Promuovere e conservare alla nazione una continua atmosfera di [[libertà]] in cui si possano compartire: cibo alla mente ed alla pancia; amore e sicurezza. Il Demo futuro deve essere maestro, nutrice, proxeneta, nel buon senso della parola. Nessuna legge che imponga una eguaglianza, né un privilegio: non preferire, né disprezzare. Perché eguaglianza non v'è in natura, e tutto si bilancia con equilibrio istabile sopra la equivalenza. I cittadini del mio Demo saranno certamente equivalenti in faccia alla comunità, non mai eguali, perché le qualità ed i difetti di natura non si possono mai né togliere né colmare. Certo io non sono Antinoo: posso essere Esopo: ora codeste due forze umane si equivalgono filosofìcamente, perché sono due bellezze.|Gian Pietro Lucini (da ''Prose e canzoni amare'')}}</center>
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{{citazione|Nella lingua comune dunque si dice democratico quanto è veramente e semplicemente aristocratico: l'[[anarchismo]] latente del partito repubblicano attuale è l'indice più evidente di quanto dico: in quel partito si rifugiarono tutte le intelligenze più alacri e più personali italiane: dal Bovio a Rapisardi — da Arcangelo Ghisleri al papa Leone XIII, dal Fratti al Bosdari: tutto il resto è socialista: il Re, Sonnino, il Cardinal Ferrari, Giolitti, la prostituta da cinque soldi, il contadino, l'operajo, il cenciajolo: tutto ciò è passivo, ha bisogno del dio, del padrone, della ruffiana, dell'imprenditore, delle banche, del vizio e della prostituzione: tutto ciò è l'uomo comune, moderno: li altri sono delli eroi: perciò sono asociali: distruggono perché sanno che sono capaci di rifabricare, con miglior ordine e con maggior profitto.|Gian Pietro Lucini (da ''Prose e canzoni amare'')}}</center>


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