Fabbrica, scuola di potere (di Murray Bookchin): differenze tra le versioni

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Dobbiamo presumere, poi, che questo regno disumanizzante dei bisogni - vagliato da un'"autorità imperiosa" - possa in qualche modo elevare e accrescere la coscienza di classe del lavoratore disumanizzato, trasformandola in una coscienza sociale universale; e che questo operaio, spogliato e privato di ogni individualità da una vita di quotidiano lavoro, possa in qualche modo recuperare l'impegno e la competenza sociali necessari ad un processo [[rivoluzionario]] su vasta scala e alla costruzione di una [[società]] veramente libera, fondata sull'autodeterminazione nel senso più vero del termine. Infine, dobbiamo pensare che questa [[società]] libera possa eliminare la [[gerarchia]] da una parte, mentre la conserva "imperiosa" da un'altra. Portato alla sua logica estrema, il paradosso assume proporzioni assurde. La [[gerarchia]], come una tuta da lavoro, diventa un indumento di cui ci si veste nel "regno della [[libertà]]" per tornare ad indossarlo nel "regno dei bisogni". Come un'altalena, la [[libertà]] oscilla nel punto in cui poniamo il fulcro sociale, magari al centro della tavola, in una determinata "fase" della storia, o più spostata verso l'una o l'altra estremità in un'altra "fase", ma sempre in modo che la misura sia sempre rapportabile alla "giornata lavorativa".
Dobbiamo presumere, poi, che questo regno disumanizzante dei bisogni - vagliato da un'"autorità imperiosa" - possa in qualche modo elevare e accrescere la coscienza di classe del lavoratore disumanizzato, trasformandola in una coscienza sociale universale; e che questo operaio, spogliato e privato di ogni individualità da una vita di quotidiano lavoro, possa in qualche modo recuperare l'impegno e la competenza sociali necessari ad un processo [[rivoluzionario]] su vasta scala e alla costruzione di una [[società]] veramente libera, fondata sull'autodeterminazione nel senso più vero del termine. Infine, dobbiamo pensare che questa [[società]] libera possa eliminare la [[gerarchia]] da una parte, mentre la conserva "imperiosa" da un'altra. Portato alla sua logica estrema, il paradosso assume proporzioni assurde. La [[gerarchia]], come una tuta da lavoro, diventa un indumento di cui ci si veste nel "regno della [[libertà]]" per tornare ad indossarlo nel "regno dei bisogni". Come un'altalena, la [[libertà]] oscilla nel punto in cui poniamo il fulcro sociale, magari al centro della tavola, in una determinata "fase" della storia, o più spostata verso l'una o l'altra estremità in un'altra "fase", ma sempre in modo che la misura sia sempre rapportabile alla "giornata lavorativa".


Questo fatale paradosso è comune al [[comunismo]] non meno che al [[sindacalismo]]. Ciò che redime quest'ultimo è l'implicita consapevolezza - assai esplicita, invece, nelle opere di [[Charles Fourier]] - della necessità di privare la tecnologia del suo carattere [[gerarchico]] e grigio, monotono, per poter creare una [[società]] libera. Nelle dottrine [[sindacaliste]], tuttavia, questa consapevolezza è spesso distorta dall'accettazione della fabbrica come infrastruttura della nuova società all'interno della vecchia, come paradigma dell'organizzazione della [[classe]] operaia e come scuola per l'umanizzazione del proletariato e per la sua mobilitazione come forza sociale rivoluzionaria. [...]
Questo fatale paradosso è comune al [[comunismo]] non meno che al [[sindacalismo]]. Ciò che redime quest'ultimo è l'implicita consapevolezza - assai esplicita, invece, nelle opere di [[Charles Fourier]] - della necessità di privare la tecnologia del suo carattere [[gerarchico]] e grigio, monotono, per poter creare una [[società]] libera. Nelle dottrine [[sindacaliste]], tuttavia, questa consapevolezza è spesso distorta dall'accettazione della fabbrica come infrastruttura della nuova società all'interno della vecchia, come paradigma dell'organizzazione della classe operaia e come scuola per l'umanizzazione del proletariato e per la sua mobilitazione come forza sociale rivoluzionaria. [...]


== Voci correlate ==
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