Difesa di Parma del 1922: differenze tra le versioni

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Tutta la popolazione partecipa attivamente agli scontri, comprese le donne che danno un apporto fondamentale oltre che come combattenti sul campo per l'organizzazione delle retrovie, organizzazione "lodata" da Balbo: vengono superate divisioni politiche anche profonde e radicate e che in certe situazioni precedenti portarono anche allo scontro fisico:  [[Arditi del Popolo]], sindacalisti corridoniani, confederali, anarchici come ([[Antonio Cieri]], [[comunismo|comunisti]], popolari, repubblicani e [[socialismo|socialisti]] delle varie tendenze, combattono fianco a fianco contro gli [[Fascismo|squadristi]].
Tutta la popolazione partecipa attivamente agli scontri, comprese le donne che danno un apporto fondamentale oltre che come combattenti sul campo per l'organizzazione delle retrovie, organizzazione "lodata" da Balbo: vengono superate divisioni politiche anche profonde e radicate e che in certe situazioni precedenti portarono anche allo scontro fisico:  [[Arditi del Popolo]], sindacalisti corridoniani, confederali, anarchici come ([[Antonio Cieri]], [[comunismo|comunisti]], popolari, repubblicani e [[socialismo|socialisti]] delle varie tendenze, combattono fianco a fianco contro gli [[Fascismo|squadristi]].


Gli squadristi tentano di superare le barricate, devastano, nelle zone centrali della città, meno difendibili e difese,il circolo dei ferrovieri, uffici di numerosi professionisti democratici, le sedi del giornale «Il Piccolo», dell'Unione del Lavoro e del Partito Popolare. A questo punto iniziano le trattative, vista la situazione, per la fine dei combattimenti tra il comando di Balbo, le autorità militari e la Prefettura e Lodomez fa il discorso a Balbo di cui poco sopra: "non può garantire l'incolumita' dei fascisti". La notte tra il [[5 agosto|5]] e il [[6 agosto]] le squadre fasciste smobilitano e lasciano velocemente la città: Parma proletaria ha resistito ed ha salvato, in gran parte, l'intera città dalle devastazioni. Due [[Arditi del Popolo]] "salutano" Balbo, che abbandona Parma in automobile, scaricandogli addosso i loro revolvers. Molti anni dopo Balbo torna a Parma, con il [[fascismo]] ormai ben stabilizzato, e lo attende un grosso cartello con la scritta in [[dialetto parmigiano]]: «Balbo, hai attraversato l'oceano ma non il Torrente Parma.»
Gli squadristi tentano di superare le barricate, devastano, nelle zone centrali della città, meno difendibili e difese,il circolo dei ferrovieri, uffici di numerosi professionisti democratici, le sedi del giornale «Il Piccolo», dell'Unione del Lavoro e del Partito Popolare. A questo punto iniziano le trattative, vista la situazione, per la fine dei combattimenti tra il comando di Balbo, le autorità militari e la Prefettura e Lodomez fa il discorso a Balbo di cui poco sopra: "non può garantire l'incolumità dei fascisti". La notte tra il [[5 agosto|5]] e il [[6 agosto]] le squadre fasciste smobilitano e lasciano velocemente la città: Parma proletaria ha resistito ed ha salvato, in gran parte, l'intera città dalle devastazioni. Due [[Arditi del Popolo]] "salutano" Balbo, che abbandona Parma in automobile, scaricandogli addosso i loro revolvers. Molti anni dopo Balbo torna a Parma, con il [[fascismo]] ormai ben stabilizzato, e lo attende un grosso cartello con la scritta in [[dialetto parmigiano]]: «Balbo, hai attraversato l'oceano ma non il Torrente Parma.»
Il [[6 Agosto]] [[1922]], Lodomez, comandante militare della piazza, assume pieni poteri e proclama lo stato di assedio.
Il [[6 Agosto]] [[1922]], Lodomez, comandante militare della piazza, assume pieni poteri e proclama lo stato di assedio.
Nella mattinata i soldati, festosamente accolti dalla popolazione, con cui fraternizzano, entrano nei rioni dell'Oltretorrente e del Naviglio e, in poco tempo, la situazione torna alla normalità .
Nella mattinata i soldati, festosamente accolti dalla popolazione, con cui fraternizzano, entrano nei rioni dell'Oltretorrente e del Naviglio e, in poco tempo, la situazione torna alla normalità .
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*'''[[Tullio Masotti]]''' (Falerone, Ascoli Piceno, [[1886]] - Milano, [[1949]]), si stabilì a Parma nel 1907 come collaboratore di [[Alceste De Ambris]], al momento dei fatti di Parma del 1922 era direttore de "Il Piccolo". A Parma, in breve divenne  segretario della Federazione giovanile e vicesegretario della Camera del Lavoro [[sindacalista rivoluzionaria]], dopo il 20 giugno [[1908]], data del grande sciopero agrario, si scatenò la represione della polizia e dovette rifigiarsi prima a [[Nizza]] poi a [[Lugano]]: la Corte d'Assise di Lucca pronunciò sentenza assolutiva per i sindacalisti rivoluzionari promotori dello sciopero, accusati di insurrezione armata contro il potere dello stato e Masotti rientrò a Parma nel maggio [[1909]], immediatamente si mise a ricostruire le fila del sindacalismo rivoluzionrio, indisse azioni contro la Guerra di Libia e iniziative di appoggio al proletariato in lotta in altre parti d'Italia. Tutto ciò aumentò sensibilmente il peso della Camera del Lavoro sindacalista rivoluzionaria di Parma sulla cui scia e, dietro iniziativa di Masotti, nacque l'Unione Sindacale Italiana di Modena nel [[1912]], ne divenne segretario fino alla crisi dovuta la problema dell'interventismo. Masotti, volontario, combatté col grado di ufficiale nella prima guerra mondiale Volontario e combattente con il grado di ufficiale partecipò alla Grande guerra. Dopo la guerra nuovamente a Parma si mise a dirigere un nuovo quotidiano: "Il Piccolo" di indirizzo democratico combattentistico, attirato dal primo fascismo come frange dei sindacalisti, ne divenne oppositore quando il fascismo, immediatamente dopo, rivelò la sua indole antiproletaria: gli squadristi, durante i fatti di Parma devastarono sia la casa di Masotti che la sede del "Piccolo". Molti anni dopo, nel 1940 Masotti si avvicinò alla formazione antifascista di [[Giustizia e Libertà]] diventando redattore di "Italia Libera". Dopo lo scioglimento di [[Giustizia e Libertà]] aderì al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani,  nel  quale si occupò di "Battaglie sindacali", organo di stampa del partito.
*'''[[Tullio Masotti]]''' (Falerone, Ascoli Piceno, [[1886]] - Milano, [[1949]]), si stabilì a Parma nel 1907 come collaboratore di [[Alceste De Ambris]], al momento dei fatti di Parma del 1922 era direttore de "Il Piccolo". A Parma, in breve divenne  segretario della Federazione giovanile e vicesegretario della Camera del Lavoro [[sindacalista rivoluzionaria]], dopo il 20 giugno [[1908]], data del grande sciopero agrario, si scatenò la represione della polizia e dovette rifigiarsi prima a [[Nizza]] poi a [[Lugano]]: la Corte d'Assise di Lucca pronunciò sentenza assolutiva per i sindacalisti rivoluzionari promotori dello sciopero, accusati di insurrezione armata contro il potere dello stato e Masotti rientrò a Parma nel maggio [[1909]], immediatamente si mise a ricostruire le fila del sindacalismo rivoluzionrio, indisse azioni contro la Guerra di Libia e iniziative di appoggio al proletariato in lotta in altre parti d'Italia. Tutto ciò aumentò sensibilmente il peso della Camera del Lavoro sindacalista rivoluzionaria di Parma sulla cui scia e, dietro iniziativa di Masotti, nacque l'Unione Sindacale Italiana di Modena nel [[1912]], ne divenne segretario fino alla crisi dovuta la problema dell'interventismo. Masotti, volontario, combatté col grado di ufficiale nella prima guerra mondiale Volontario e combattente con il grado di ufficiale partecipò alla Grande guerra. Dopo la guerra nuovamente a Parma si mise a dirigere un nuovo quotidiano: "Il Piccolo" di indirizzo democratico combattentistico, attirato dal primo fascismo come frange dei sindacalisti, ne divenne oppositore quando il fascismo, immediatamente dopo, rivelò la sua indole antiproletaria: gli squadristi, durante i fatti di Parma devastarono sia la casa di Masotti che la sede del "Piccolo". Molti anni dopo, nel 1940 Masotti si avvicinò alla formazione antifascista di [[Giustizia e Libertà]] diventando redattore di "Italia Libera". Dopo lo scioglimento di [[Giustizia e Libertà]] aderì al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani,  nel  quale si occupò di "Battaglie sindacali", organo di stampa del partito.
*'''[[Gaetano Perillo]]''', [[comunismo|comunista]], capo degli [[Arditi del Popolo]] di [[Genova]], partigiano, storico, Genova gli ha destinato un fondo per lo studio del movimento operaio genovese; alcuni storiografi che si sono occupati del riordino della vicenda  degli [[Arditi del Popolo]] lo danno presente anche a Parma in quel periodo.  
*'''[[Gaetano Perillo]]''', [[comunismo|comunista]], capo degli [[Arditi del Popolo]] di [[Genova]], partigiano, storico, Genova gli ha destinato un fondo per lo studio del movimento operaio genovese; alcuni storiografi che si sono occupati del riordino della vicenda  degli [[Arditi del Popolo]] lo danno presente anche a Parma in quel periodo.  
*'''[[Vittorio Picelli]]''' (Parma, [[1893]] - Roma, [[1979]]), fattorino postale, promosse l'organizzazione sindacale della categoria sino a divenire dirigente sindacalista rivoluzionario. Fu fondatore, con altri, del Fascio anticlericale “[[Francisco Ferrer y Guardia|Francesco Ferrer]]” nel [[1909]] ed a causa di questa attività venne trasferito a Brescia, dove continuò la sua opera. Nell'agosto del [[1914]] a [[Parma]] si impegnò nella campagna interventista con molti dirigenti sindacalisti rivoluzionari, sul fronte francese fu decorato con medaglia di Bronzo. Assunse, dopo la prima guerra mondiale, incarichi direttivi alla Camera del Lavoro di [[Parma]] e nell'Unione Italiana del Lavoro, fu fra i difensori di Parma assieme al fratello [[Guido Picelli]], a fascismo affermato partecipò all'associazione antifascista “Italia Libera” andando, poi, esule in [[Francia]] nel [[1924]], dove a Parigi fu attivista nel gruppo sindacalista “[[Filippo Corridoni]]” con [[Giuseppe Donati]] ed altri fuoriusciti curò la pubblicazione del “Corriere degli Italiani”, situazione in cui fu anche coinvolto [[Vittorio Ambrosini]] e [[Giuseppe Mingrino]] con le loro attivita' di rottura all'interno del fronte antifascista. Fu fra gli aderenti alla Lega Italiana dei Diritti e della Concentrazione antifascista, si avvicinò a [[Giustizia e Liberta']] nel [[1934]], a causa della miseria,  nella primavera del 1935 si spostò in Belgio, e chiese, tramite lettera a [[Benito Mussolini]] l'arruolamento Africa Orientale, rientrando dall'Etiopia alla fine del [[1936]]. Con la famiglia si stabilì a Roma con incarichi nei sindacati fascisti, scrisse il libro "Il fante nella guerra nell'Africa Orientale"
*'''[[Vittorio Picelli]]''' (Parma, [[1893]] - Roma, [[1979]]), fattorino postale, promosse l'organizzazione sindacale della categoria sino a divenire dirigente sindacalista rivoluzionario. Fu fondatore, con altri, del Fascio anticlericale “[[Francisco Ferrer y Guardia|Francesco Ferrer]]” nel [[1909]] ed a causa di questa attività venne trasferito a Brescia, dove continuò la sua opera. Nell'agosto del [[1914]] a [[Parma]] si impegnò nella campagna interventista con molti dirigenti sindacalisti rivoluzionari, sul fronte francese fu decorato con medaglia di Bronzo. Assunse, dopo la prima guerra mondiale, incarichi direttivi alla Camera del Lavoro di [[Parma]] e nell'Unione Italiana del Lavoro, fu fra i difensori di Parma assieme al fratello [[Guido Picelli]], a fascismo affermato partecipò all'associazione antifascista “Italia Libera” andando, poi, esule in [[Francia]] nel [[1924]], dove a Parigi fu attivista nel gruppo sindacalista “[[Filippo Corridoni]]” con [[Giuseppe Donati]] ed altri fuoriusciti curò la pubblicazione del “Corriere degli Italiani”, situazione in cui fu anche coinvolto [[Vittorio Ambrosini]] e [[Giuseppe Mingrino]] con le loro attività di rottura all'interno del fronte antifascista. Fu fra gli aderenti alla Lega Italiana dei Diritti e della Concentrazione antifascista, si avvicinò a [[Giustizia e Liberta']] nel [[1934]], a causa della miseria,  nella primavera del 1935 si spostò in Belgio, e chiese, tramite lettera a [[Benito Mussolini]] l'arruolamento Africa Orientale, rientrando dall'Etiopia alla fine del [[1936]]. Con la famiglia si stabilì a Roma con incarichi nei sindacati fascisti, scrisse il libro "Il fante nella guerra nell'Africa Orientale"


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