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:«Quella del Diana è stata una storia terribile. Noi eravamo in cella a San Vittore e un bel giorno [[Malatesta]] dice di fare lo sciopero della fame. E poi scoppia la bomba del Diana. «[[Umanità Nova]]» faceva una campagna: [[Malatesta]] muore, e hanno perso la testa. Quei tre, che io conoscevo perfettamente, [[Giuseppe Mariani|Mariani]], [[Giuseppe Boldrini|Boldrini]] e [[Ettore Aguggini|Aguggini]], hanno messo questa bomba al Diana. È stata una carneficina. [[Malatesta]] ci aveva detto: "Badate che se facciamo lo sciopero della fame bisogna andare fino in fondo". Fino in fondo voleva dire morire. Allora io avevo 24 anni e la fame la sentivo! Poi una mattina viene la guardia carceraria e mi butta lì il giornale, il ''Corriere della Sera''... allora ci siamo radunati tutti e tre e [[Malatesta]] dice: "Ormai non c'è più niente da fare". Il Diana è stata una cosa riprovevole, una cosa che nessuno sa spiegare. Con [[Malatesta]] e [[Armando Borghi|Borghi]] ci siamo detti: "Bisogna finirlo" [''lo sciopero della fame – ndr'']. Io glielo ho detto a [[Malatesta]]: "Guarda che chi ha fatto questo sono questi qui". È impallidito. Comunque al processo siamo stati assolti, perché [[Malatesta]] era un ragionatore, spiegava le cose. Infatti nei comizi – allora non c'era l'altoparlante – ragionava, lui ragionava. Aveva degli occhi... gli occhi meridionali, lampeggianti... il suo pizzo... il vero rivoluzionario. Era un uomo onesto, poi era buono... era buono. [[Malatesta]] ha parlato, ha fatto un'autodifesa magnifica. Siamo stati assolti».  
:«Quella del Diana è stata una storia terribile. Noi eravamo in cella a San Vittore e un bel giorno [[Malatesta]] dice di fare lo sciopero della fame. E poi scoppia la bomba del Diana. «[[Umanità Nova]]» faceva una campagna: [[Malatesta]] muore, e hanno perso la testa. Quei tre, che io conoscevo perfettamente, [[Giuseppe Mariani|Mariani]], [[Giuseppe Boldrini|Boldrini]] e [[Ettore Aguggini|Aguggini]], hanno messo questa bomba al Diana. È stata una carneficina. [[Malatesta]] ci aveva detto: "Badate che se facciamo lo sciopero della fame bisogna andare fino in fondo". Fino in fondo voleva dire morire. Allora io avevo 24 anni e la fame la sentivo! Poi una mattina viene la guardia carceraria e mi butta lì il giornale, il ''Corriere della Sera''... allora ci siamo radunati tutti e tre e [[Malatesta]] dice: "Ormai non c'è più niente da fare". Il Diana è stata una cosa riprovevole, una cosa che nessuno sa spiegare. Con [[Malatesta]] e [[Armando Borghi|Borghi]] ci siamo detti: "Bisogna finirlo" [''lo sciopero della fame – ndr'']. Io glielo ho detto a [[Malatesta]]: "Guarda che chi ha fatto questo sono questi qui". È impallidito. Comunque al processo siamo stati assolti, perché [[Malatesta]] era un ragionatore, spiegava le cose. Infatti nei comizi – allora non c'era l'altoparlante – ragionava, lui ragionava. Aveva degli occhi... gli occhi meridionali, lampeggianti... il suo pizzo... il vero rivoluzionario. Era un uomo onesto, poi era buono... era buono. [[Malatesta]] ha parlato, ha fatto un'autodifesa magnifica. Siamo stati assolti».  


'''La redazione di [[Umanità Nova]]'''  
'''La redazione di «[[Umanità Nova]]»'''  
:«Facevo una rubrica su «[[Umanità Nova]]», ''Sotto il tallone del militarismo''. Avevo rapporti con i soldati, venivano giù e mi riempivano una borsa di pelle sgangherata... me la riempivano di pallottole. Io la prendevo sotto il braccio e andavo alla redazione di «[[Umanità Nova]]» a piedi. Poi un altro mi portava il moschetto avviluppato nel giornale che sembrava una scopa. Io lo prendevo e lo portavo lì. La situazione era [[rivoluzionaria]], ma mancava l'intellighentzia, mancavano gli uomini. [[Malatesta]] era l'uomo, ma era vecchio. [[Malatesta]] si illudeva... non voleva la [[violenza]]. La redazione a Milano era in uno sgabuzzino, in una casa abitata, al primo piano. Dopo è venuta la crisi, c'erano pochi soldi. A Milano avevamo la linotype mandata dai compagni di Boston. Era l'America che teneva su il giornale. Avevamo come amministratrice una donna di grande valore, [[Nella Giacomelli]], una maestra, era tirata. Facevamo sulle 50.000 copie, e si mandavano in Emilia, in Toscana... A Milano eravamo in cinque [[Malatesta]], [[Gigi Damiani|Damiani]], [[Carlo Frigerio|Frigerio]], [[Francesco Porcelli|Porcelli]] e Quaglino, cinque. Io ero capocronista. A Roma, poi, soldi non ce ne avevamo più [''«Umanità Nova» esce come quotidiano dal febbraio del [[1920]] a metà agosto del [[1922]]; dal [[19 agosto]] del [[1922]] diventa settimanale, ma chiude il [[2 dicembre]] dello stesso anno. Fondata a Milano, dal [[3 luglio]] [[1921]] viene stampata a Roma – ndr'']. Si trattava di trasformarlo in settimanale... c'ero io, c'era [[Carlo Frigerio|Frigerio]], [[Francesco Porcelli|Porcelli]] e c'era  [[Cesare Agostinelli|Agostinelli]] che era un caro uomo, un anconetano. Il settimanale poi è finito ed è uscito «[[Pensiero e Volontà]]», che lo faceva [[Malatesta]]. [[Malatesta]] ha sempre avuto il pallino della [[volontà]], diceva che per fare la [[rivoluzione]] ci voleva la [[volontà]]».
:«Facevo una rubrica su «[[Umanità Nova]]», ''Sotto il tallone del militarismo''. Avevo rapporti con i soldati, venivano giù e mi riempivano una borsa di pelle sgangherata... me la riempivano di pallottole. Io la prendevo sotto il braccio e andavo alla redazione di «[[Umanità Nova]]» a piedi. Poi un altro mi portava il moschetto avviluppato nel giornale che sembrava una scopa. Io lo prendevo e lo portavo lì. La situazione era [[rivoluzionaria]], ma mancava l'intellighentzia, mancavano gli uomini. [[Malatesta]] era l'uomo, ma era vecchio. [[Malatesta]] si illudeva... non voleva la [[violenza]]. La redazione a Milano era in uno sgabuzzino, in una casa abitata, al primo piano. Dopo è venuta la crisi, c'erano pochi soldi. A Milano avevamo la linotype mandata dai compagni di Boston. Era l'America che teneva su il giornale. Avevamo come amministratrice una donna di grande valore, [[Nella Giacomelli]], una maestra, era tirata. Facevamo sulle 50.000 copie, e si mandavano in Emilia, in Toscana... A Milano eravamo in cinque [[Malatesta]], [[Gigi Damiani|Damiani]], [[Carlo Frigerio|Frigerio]], [[Francesco Porcelli|Porcelli]] e Quaglino, cinque. Io ero capocronista. A Roma, poi, soldi non ce ne avevamo più [''«Umanità Nova» esce come quotidiano dal febbraio del [[1920]] a metà agosto del [[1922]]; dal [[19 agosto]] del [[1922]] diventa settimanale, ma chiude il [[2 dicembre]] dello stesso anno. Fondata a Milano, dal [[3 luglio]] [[1921]] viene stampata a Roma – ndr'']. Si trattava di trasformarlo in settimanale... c'ero io, c'era [[Carlo Frigerio|Frigerio]], [[Francesco Porcelli|Porcelli]] e c'era  [[Cesare Agostinelli|Agostinelli]] che era un caro uomo, un anconetano. Il settimanale poi è finito ed è uscito «[[Pensiero e Volontà]]», che lo faceva [[Malatesta]]. [[Malatesta]] ha sempre avuto il pallino della [[volontà]], diceva che per fare la [[rivoluzione]] ci voleva la [[volontà]]».


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