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La riflessione sulla posizione dell’individuo all’interno della [[società ]], ossia inteso come cittadino, costituisce il fondamento di qualunque teoria propriamente politica.
La riflessione sulla posizione dell’individuo all’interno della [[società ]], ossia inteso come cittadino, costituisce il fondamento di qualunque teoria propriamente politica.
Ogni teoria politica non può evitare di affrontare il problema della nascita del concetto stesso di “politico” e del suo stretto rapporto con le istanze che lo precedono e che costituiscono il criterio di orientamento dell’agire in società , che fondano gli scopi della stessa, che stabiliscono quindi i limiti, se ci sono, del potere sovraordinato nel suo rapporto con il cittadino.
Ogni teoria politica non può evitare di affrontare il problema della nascita del concetto stesso di “politico” e del suo stretto rapporto con le istanze che lo precedono e che costituiscono il criterio di orientamento dell’agire in società , che fondano gli scopi della stessa, che stabiliscono quindi i limiti, se ci sono, del potere sovraordinato nel suo rapporto con il cittadino.


===Nell'antica Grecia===
===Nell'antica Grecia===
Già  il pensiero greco aveva affrontato la difficoltà  fondamentale di trovare un termine oggettivo di distinzione tra il politico e il “prepolitico”, tra la norma ([[nòmos]]) e la natura ([[physis]]).
Già  il pensiero greco aveva affrontato la difficoltà  fondamentale di trovare un termine oggettivo di distinzione tra il politico e il “prepolitico”, tra la norma ([[nòmos]]) e la natura ([[physis]]).
Alcuni considerarono l’universo normativo, inteso come il mondo della convivenza civile come una struttura complessa, determinata arbitrariamente dall’[[uomo]], aleatoria nella sua essenza come l’opinione umana ([[doxa]]), frutto di convenzione e non imposta dalla [[natura]].
Alcuni considerarono l’universo normativo, inteso come il mondo della convivenza civile come una struttura complessa, determinata arbitrariamente dall’[[uomo]], aleatoria nella sua essenza come l’opinione umana ([[doxa]]), frutto di convenzione e non imposta dalla [[natura]].


Esempio paradigmatico della concezione dicotomica norma-natura, è la storia di [[Antigone]], come ci viene narrata dal tragediografo [[Sofocle]]: il re [[Creonte]] ordina che [[Polinice]], reo di avere attaccato militarmente la sua città , non abbia sepoltura. [[Antigone]], sorella di [[Polinice]], disobbedisce all’ordine del re, per adempiere ad un ordine superiore, quello divino, che impone agli umani di seppellire le spoglie dei parenti.
Esempio paradigmatico della concezione dicotomica norma-natura, è la storia di [[Antigone]], come ci viene narrata dal tragediografo [[Sofocle]]: il re [[Creonte]] ordina che [[Polinice]], reo di avere attaccato militarmente la sua città , non abbia sepoltura. [[Antigone]], sorella di [[Polinice]], disobbedisce all’ordine del re, per adempiere ad un ordine superiore, quello divino, che impone agli umani di seppellire le spoglie dei parenti.
Una concezione di questo tipo spinse alcuni [[sofisti]] ([[Trasimaco]], [[Protagora]]) ad elaborare una teoria della genesi dello [[Stato]] di matrice individualistica: lo stato è una condizione primitiva nella quale ciascun individuo è pienamente libero di perseguire i propri fini senza alcuna limitazione ed è dunque caratterizzato dallo scontro perenne delle singole [[volontà ]], risolvendosi in quello che [[Thomas Hobbes]] definì il “''[[bellum omnium contra omnes]]''”.
Una concezione di questo tipo spinse alcuni [[sofisti]] ([[Trasimaco]], [[Protagora]]) ad elaborare una teoria della genesi dello [[Stato]] di matrice individualistica: lo stato è una condizione primitiva nella quale ciascun individuo è pienamente libero di perseguire i propri fini senza alcuna limitazione ed è dunque caratterizzato dallo scontro perenne delle singole [[volontà ]], risolvendosi in quello che [[Thomas Hobbes]] definì il “''[[bellum omnium contra omnes]]''.
In tale situazione gli uomini, consci dell’aleatorietà  della loro condizione addivennero ad un accordo (synthèke, [[omologhìa]]) di astensione reciproca dalla [[violenza]].
In tale situazione gli uomini, consci dell’aleatorietà  della loro condizione addivennero ad un accordo (synthèke, [[omologhìa]]) di astensione reciproca dalla [[violenza]].


Questa concezione della [[società  civile]] come il prodotto di un accordo, il frutto di una convenzione tra gli uomini, trovò in [[Platone]] e in [[Aristotele]] due illustri avversari.
Questa concezione della [[società  civile]] come il prodotto di un accordo, il frutto di una convenzione tra gli uomini, trovò in [[Platone]] e in [[Aristotele]] due illustri avversari.
Il filosofo ateniese considerava la società  organizzata che assegnasse ad ognuno il suo posto e i suoi doveri, il solo luogo in cui la natura umana, con le attitudini e i valori diversi dei singoli, potesse trovare completa espressione.
Il filosofo ateniese considerava la società  organizzata che assegnasse ad ognuno il suo posto e i suoi doveri, il solo luogo in cui la natura umana, con le attitudini e i valori diversi dei singoli, potesse trovare completa espressione.
Sulla stessa linea di pensiero si attestava Aristotele che considerava lo Stato l’unico luogo in cui l’uomo, considerato “animale politico”, fosse in grado di manifestare la sua superiorità  rispetto al resto del [[mondo]] animale mediante la repressione della ferinità , l’unico luogo nel quale poteva svelare la sua natura morale con la scoperta del giusto e dell’ingiusto.
Sulla stessa linea di pensiero si attestava Aristotele che considerava lo Stato l’unico luogo in cui l’uomo, considerato “animale politico”, fosse in grado di manifestare la sua superiorità  rispetto al resto del [[mondo]] animale mediante la repressione della ferinità , l’unico luogo nel quale poteva svelare la sua natura morale con la scoperta del giusto e dell’ingiusto.
La creazione di uno Stato dunque, ossia la costituzione di una comunità  politica attraverso l’opera legislatrice di un nomothètes è sì la conseguenza di un atto cosciente, ma ciò non vuol dire che sia un prodotto innaturale, bensì la manifestazione più compiuta della natura umana.
La creazione di uno Stato dunque, ossia la costituzione di una comunità  politica attraverso l’opera legislatrice di un nomothètes è sì la conseguenza di un atto cosciente, ma ciò non vuol dire che sia un prodotto innaturale, bensì la manifestazione più compiuta della natura umana.


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Sia il diritto romano sia i precetti del Cristianesimo erano in grado di ispirare concezioni divergenti della sovranità  e dei suoi limiti. Nel primo caso, se da un lato vigeva (Digesto i, 4, I) il principio "quod principi placuit, legis habet vigorem", d’altra parte il potere del principe trovava origine nel consenso popolare espresso mediante la lex regia: "utpote, cum lege regia, quae de imperium eius lata est, populus ei et in eum omne suum imperium et potestatem conferat".
Sia il diritto romano sia i precetti del Cristianesimo erano in grado di ispirare concezioni divergenti della sovranità  e dei suoi limiti. Nel primo caso, se da un lato vigeva (Digesto i, 4, I) il principio "quod principi placuit, legis habet vigorem", d’altra parte il potere del principe trovava origine nel consenso popolare espresso mediante la lex regia: "utpote, cum lege regia, quae de imperium eius lata est, populus ei et in eum omne suum imperium et potestatem conferat".


Nella dottrina cristiana, al principio espresso con la formula “Date a Cesare quel che è di Cesare”, si contrapponeva la concezione agostiniana dell’origine dello Stato, per la quale l’affermazione del potere secolare era stata una necessaria conseguenza del peccato.
Nella dottrina cristiana, al principio espresso con la formula “Date a Cesare quel che è di Cesare”, si contrapponeva la concezione agostiniana dell’origine dello Stato, per la quale l’affermazione del potere secolare era stata una necessaria conseguenza del peccato.
[[Agostino da Ippona|S. Agostino]] certamente non parlò di contratto sociale né tantomeno di consenso popolare, tuttavia la sua teoria dell’origine peccaminosa dello Stato (in base alla quale dalla città  di Dio si scende alla città  dell’uomo) offrì alla Chiesa un potente argomento per giustificare la sua ingerenza nelle dinamiche del potere secolare.
[[Agostino da Ippona|S. Agostino]] certamente non parlò di contratto sociale né tantomeno di consenso popolare, tuttavia la sua teoria dell’origine peccaminosa dello Stato (in base alla quale dalla città  di Dio si scende alla città  dell’uomo) offrì alla Chiesa un potente argomento per giustificare la sua ingerenza nelle dinamiche del potere secolare.


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=== Pactum dei Franchi e Magna Charta degli anglosassoni ===
=== Pactum dei Franchi e Magna Charta degli anglosassoni ===
Il ''pactum'' diffuso tra i [[Franchi]] e gli altri popoli teutonici, non è certamente un contratto sociale, ossia non ha la funzione di giustificare l’origine del consorzio civile, ma risponde ad esigenze meramente pratiche di obiettiva definizione dei limiti della sovranità . Esso è un contratto di governo.
Il ''pactum'' diffuso tra i [[Franchi]] e gli altri popoli teutonici, non è certamente un contratto sociale, ossia non ha la funzione di giustificare l’origine del consorzio civile, ma risponde ad esigenze meramente pratiche di obiettiva definizione dei limiti della sovranità . Esso è un contratto di governo.
L’uso di tali accordi tra sovrano e sudditi, il cui primo esempio storico ci è dato dai [[Visigoti]] in [[Spagna]] negli Atti del Quarto concilio di Toledo del [[633]], per arrivare fino al [[XIII secolo]] con la ''[[Magna Charta]]'' di [[Giovanni Senzaterra]], ci consente di affermare che il concetto assolutistico (hobbesiano) della ''solutio legibus'' del sovrano è ancora di là  da venire e costituirà  una delle conseguenze di un cambiamento generale degli assetti della società , dovuto all’accentramento del potere da parte del principe mediante la conquista del monopolio degli eserciti, e la simultanea perdita di potere contrattuale della nobiltà  feudale, e con la conseguente affermazione del diritto pubblico come strumento regolativo dei rapporti tra i poteri: “l’assimilazione dei diritti pubblici a quelli privati, e la natura reciproca del vincolo fra governanti e governante, esistevano nel sistema feudale molto più chiaramente che in qualunque altro; e questi due elementi erano necessari alla teoria del contratto. Essa non avrebbe potuto sorgere se non in un’età  in cui i diritti pubblici erano concepiti induttivamente, cioè inferiti dai diritti particolari dei signori che comandavano, e in un’età  dominata dall’idea del diritto privato; infatti la teoria del contratto presume l’esistenza di diritti privati e obblighi giuridici privati anteriori a tutti i diritti pubblici e alla stessa esistenza dello Stato”.
L’uso di tali accordi tra sovrano e sudditi, il cui primo esempio storico ci è dato dai [[Visigoti]] in [[Spagna]] negli Atti del Quarto concilio di Toledo del [[633]], per arrivare fino al [[XIII secolo]] con la ''[[Magna Charta]]'' di [[Giovanni Senzaterra]], ci consente di affermare che il concetto assolutistico (hobbesiano) della ''solutio legibus'' del sovrano è ancora di là  da venire e costituirà  una delle conseguenze di un cambiamento generale degli assetti della società , dovuto all’accentramento del potere da parte del principe mediante la conquista del monopolio degli eserciti, e la simultanea perdita di potere contrattuale della nobiltà  feudale, e con la conseguente affermazione del diritto pubblico come strumento regolativo dei rapporti tra i poteri: “l’assimilazione dei diritti pubblici a quelli privati, e la natura reciproca del vincolo fra governanti e governante, esistevano nel sistema feudale molto più chiaramente che in qualunque altro; e questi due elementi erano necessari alla teoria del contratto. Essa non avrebbe potuto sorgere se non in un’età  in cui i diritti pubblici erano concepiti induttivamente, cioè inferiti dai diritti particolari dei signori che comandavano, e in un’età  dominata dall’idea del diritto privato; infatti la teoria del contratto presume l’esistenza di diritti privati e obblighi giuridici privati anteriori a tutti i diritti pubblici e alla stessa esistenza dello Stato”.


===Tardo medioevo e rinascimento===
===Tardo medioevo e rinascimento===
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L’accordo tra lo [[spontaneismo]] aristotelico e il volontarismo contrattualista fu trovato nella considerazione che la Natura, intesa anche come volontà  divina, fosse la causa impulsiva dell’aggregazione sociale ma che, per l’epifania dello Stato, fosse necessario l’accordo tra gli uomini: attraverso questo compromesso essi perdevano la loro libertà  ferina, resa tale dalle conseguenze del peccato originale, e stabilivano al di sopra di loro e per volontà  di Dio, un organo sovrano con plenitudo potestatis per stabilire l’ordine e al fine di garantire la sostenibilità  del consorzio.
L’accordo tra lo [[spontaneismo]] aristotelico e il volontarismo contrattualista fu trovato nella considerazione che la Natura, intesa anche come volontà  divina, fosse la causa impulsiva dell’aggregazione sociale ma che, per l’epifania dello Stato, fosse necessario l’accordo tra gli uomini: attraverso questo compromesso essi perdevano la loro libertà  ferina, resa tale dalle conseguenze del peccato originale, e stabilivano al di sopra di loro e per volontà  di Dio, un organo sovrano con plenitudo potestatis per stabilire l’ordine e al fine di garantire la sostenibilità  del consorzio.


Sia in [[Giovanni da Parigi]] (''Tractatus de potestate regia et papali''), sia in [[Guglielmo di Ockham]] (''Dialogus inter magistrum et discipulum''), sia in [[Nicolò Cusano]] (''De concordantia catholica'') troviamo l’elemento spontaneistico dell’aggregazione e quello volontaristico della sottomissione, rinveniamo inoltre il ruolo della Natura come limite al potere sovrano e l’inferenza per cui il soggetto costituito (il sovrano) non può assumere nei confronti del soggetto costituente (il popolo) poteri ulteriori rispetto a quelli trasmessi mediante accordo, senza con ciò corrompersi in tirannia, potendo dunque pretendere l’obbedienza solo per quelle cose “quae ad utilitatem communem proficiunt”.
Sia in [[Giovanni da Parigi]] (''Tractatus de potestate regia et papali''), sia in [[Guglielmo di Ockham]] (''Dialogus inter magistrum et discipulum''), sia in [[Nicolò Cusano]] (''De concordantia catholica'') troviamo l’elemento spontaneistico dell’aggregazione e quello volontaristico della sottomissione, rinveniamo inoltre il ruolo della Natura come limite al potere sovrano e l’inferenza per cui il soggetto costituito (il sovrano) non può assumere nei confronti del soggetto costituente (il popolo) poteri ulteriori rispetto a quelli trasmessi mediante accordo, senza con ciò corrompersi in tirannia, potendo dunque pretendere l’obbedienza solo per quelle cose “quae ad utilitatem communem proficiunt”.


===Età  Barocca===
===Età  Barocca===
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Il ritorno al tema di un documento fondamentale, di un accordo scritto che recepisse materialmente il consenso dei cittadini, come il ''The Agreement of the People'' del [[1647]], che doveva essere fatto circolare nelle campagne e doveva ottenere la firma del maggior numero di persone, rispondeva all’esigenza di ancorare ad un contenuto minimo il tema dei diritti naturali, con il fine di costituire un limite ultimo alla sfera di azione della sovranità , fosse anche questa passata nelle mani del Parlamento.
Il ritorno al tema di un documento fondamentale, di un accordo scritto che recepisse materialmente il consenso dei cittadini, come il ''The Agreement of the People'' del [[1647]], che doveva essere fatto circolare nelle campagne e doveva ottenere la firma del maggior numero di persone, rispondeva all’esigenza di ancorare ad un contenuto minimo il tema dei diritti naturali, con il fine di costituire un limite ultimo alla sfera di azione della sovranità , fosse anche questa passata nelle mani del Parlamento.


Tra i teorici del consenso popolare che si affermarono nel XVI secolo ebbe per un certo periodo seguito la teoria del rapporto popolo-sovrano fondata sull’istituto dell’amministrazione fiduciaria, una versione certamente più audace rispetto a quella tipicamente contrattualistica, in quanto prevedeva per i governati il diritto, esercitabile ''ad libitum'', di revocare la fiducia nei confronti dei governanti, per l’amministrazione della cosa pubblica. Questo punto di vista fu espresso chiaramente da [[Milton]], ministro degli esteri di [[Oliver Cromwell]], nella sua opera ''The Tenure of Kings and Magistrates'' dove egli sostiene che, dato che il potere del sovrano deriva direttamente dal popolo, questo “tutte le volte che lo giudicherà  come la cosa migliore, potrà  sceglierlo o rigettarlo, mantenerlo o deporlo anche quando non si tratti di un tiranno, semplicemente per la libertà  e il diritto di uomini liberi di essere governati come sembra loro meglio”.
Tra i teorici del consenso popolare che si affermarono nel XVI secolo ebbe per un certo periodo seguito la teoria del rapporto popolo-sovrano fondata sull’istituto dell’amministrazione fiduciaria, una versione certamente più audace rispetto a quella tipicamente contrattualistica, in quanto prevedeva per i governati il diritto, esercitabile ''ad libitum'', di revocare la fiducia nei confronti dei governanti, per l’amministrazione della cosa pubblica. Questo punto di vista fu espresso chiaramente da [[Milton]], ministro degli esteri di [[Oliver Cromwell]], nella sua opera ''The Tenure of Kings and Magistrates'' dove egli sostiene che, dato che il potere del sovrano deriva direttamente dal popolo, questo “tutte le volte che lo giudicherà  come la cosa migliore, potrà  sceglierlo o rigettarlo, mantenerlo o deporlo anche quando non si tratti di un tiranno, semplicemente per la libertà  e il diritto di uomini liberi di essere governati come sembra loro meglio”.


== Principali contrattualisti ==
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