Che cos'è l'ecologia sociale (di Murray Bookchin): differenze tra le versioni

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In questo senso la società di mercato, non ponendo limiti allo sviluppo e all'egoismo, è unica. '''I suoi principi antisociali, per cui l'individualismo selvaggio è il principale motivo di avanzamento sociale e la competizione il motore del progresso, sono chiaramente in disaccordo con tutte le culture passate. Comunque queste attitudini fossero espresse sulla scena sociale, il disinteresse personale era infatti considerato tratto di autentica nobiltà umana e la disponibilità alla cooperazione la principale dimostrazione di virtù sociale.'''
In questo senso la società di mercato, non ponendo limiti allo sviluppo e all'egoismo, è unica. '''I suoi principi antisociali, per cui l'individualismo selvaggio è il principale motivo di avanzamento sociale e la competizione il motore del progresso, sono chiaramente in disaccordo con tutte le culture passate. Comunque queste attitudini fossero espresse sulla scena sociale, il disinteresse personale era infatti considerato tratto di autentica nobiltà umana e la disponibilità alla cooperazione la principale dimostrazione di virtù sociale.'''


La società di mercato ha fornito la peggiore interpretazione dei più consolidati valori del passato ed esibito, nelle guerre mondiali di questo secolo, un tale grado di brutalità da far sembrare, al confronto, miti le precedenti "crudeltà della Storia". Nei dibattiti sulla crisi ecologica e sociale moderna si è portati sempre più a non riconsiderare la fondamentale importanza di una latente mentalità di dominazione che da secoli giustifica il dominio dell'uomo sull'uomo e per conseguenza dell'uomo sulla natura. '''Mi riferisco ad un'immagine del mondo naturale per cui la natura stessa è vista come "cieca", "muta", "crudele", "corripetitiva e avara": un "regno della necessità" apparentemente dernoniaco che si oppone alla battaglia "dell'uomo" per la libertà e l'autodeterminazione.''' "L'uomo" sembra confrontarsi ad un'ostile alterità contro cui deve misurare la propria abilità e astuzia. La Storia è così presentata come un dramma prometeico in cui "l'uomo" afferma eroicamente se stesso sfidando la brutalità di un inflessibile mondo naturale. Il progresso viene visto come un mezzo per tirar fuori l'umanità dal letame di un insensato dominio, irragionevole e brutale, ciò che Jean Paul Sartre chiamava "la melma della Storia", per la benefica luce della ragione e della civilizzazione.
La società di mercato ha fornito la peggiore interpretazione dei più consolidati valori del passato ed esibito, nelle guerre mondiali di questo secolo, un tale grado di brutalità da far sembrare, al confronto, miti le precedenti "crudeltà della Storia". Nei dibattiti sulla crisi ecologica e sociale moderna si è portati sempre più a non riconsiderare la fondamentale importanza di una latente mentalità di dominazione che da secoli giustifica il dominio dell'uomo sull'uomo e per conseguenza dell'uomo sulla natura. '''Mi riferisco ad un'immagine del mondo naturale per cui la natura stessa è vista come "cieca", "muta", "crudele", "corripetitiva e avara": un "regno della necessità" apparentemente dernoniaco che si oppone alla battaglia "dell'uomo" per la libertà e l'autodeterminazione.''' "L'uomo" sembra confrontarsi ad un'ostile alterità contro cui deve misurare la propria abilità e astuzia. La Storia è così presentata come un dramma prometeico in cui "l'uomo" afferma eroicamente stesso sfidando la brutalità di un inflessibile mondo naturale. Il progresso viene visto come un mezzo per tirar fuori l'umanità dal letame di un insensato dominio, irragionevole e brutale, ciò che Jean Paul Sartre chiamava "la melma della Storia", per la benefica luce della ragione e della civilizzazione.


L'immagine di tale natura demoniaca e ostile risale al mondo greco e ancor prima all'epopea sumera di Gilgamesh. Arrivata al suo culmine nei due secoli scorsi, e particolarmente in epoca vittoriana, persiste ancor oggi nel nostro modo di pensare. Per paradosso è proprio l'idea di una natura cieca, muta, crudele e avara, che costituisce il fondamento di quelle scienze sociali, dei vari umanesimi che pretendono offrire un'alternativa di civiltà alla brutalità della natura e alla legge della giungla.''' Proprio come queste discipline accentuano l'"invalicabile abisso" tra natura e società nell'accezione classica del dualismo tra ciò che è fisico e ciò che è mentale, l'economia si definisce letteralmente come studio della "scarsità" delle risorse (leggi: "natura avara") e della "illimitatezza dei bisogni", sviluppandosi essenzialmente sull'interconnessione tra natura e umanità '''. '''Nello stesso modo la sociologia si considera una disciplina che analizza l'ascesa sociale dell'"uomo" dall'"animalità". La psicologia a sua volta, particolarmente nell'indirizzo freudiano, è focalizzata sul controllo della sregolata "natura interiore" dell'umanità ''' '''attraverso la razionalità, e i relativi imperativi imposti dalla "civilizzazione" - con il programma segreto di sublimare la potenza dell'uomo nel progetto di controllo della "natura esterna".
L'immagine di tale natura demoniaca e ostile risale al mondo greco e ancor prima all'epopea sumera di Gilgamesh. Arrivata al suo culmine nei due secoli scorsi, e particolarmente in epoca vittoriana, persiste ancor oggi nel nostro modo di pensare. Per paradosso è proprio l'idea di una natura cieca, muta, crudele e avara, che costituisce il fondamento di quelle scienze sociali, dei vari umanesimi che pretendono offrire un'alternativa di civiltà alla brutalità della natura e alla legge della giungla.''' Proprio come queste discipline accentuano l'"invalicabile abisso" tra natura e società nell'accezione classica del dualismo tra ciò che è fisico e ciò che è mentale, l'economia si definisce letteralmente come studio della "scarsità" delle risorse (leggi: "natura avara") e della "illimitatezza dei bisogni", sviluppandosi essenzialmente sull'interconnessione tra natura e umanità '''. '''Nello stesso modo la sociologia si considera una disciplina che analizza l'ascesa sociale dell'"uomo" dall'"animalità". La psicologia a sua volta, particolarmente nell'indirizzo freudiano, è focalizzata sul controllo della sregolata "natura interiore" dell'umanità ''' '''attraverso la razionalità, e i relativi imperativi imposti dalla "civilizzazione" - con il programma segreto di sublimare la potenza dell'uomo nel progetto di controllo della "natura esterna".
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Questa profonda divisione che sacerdoti e filosofi concepirono secoli fa secondo la visione di una natura senz'anima e di un'anima snaturata, è stata realizzata nella forma di una disastrosa frammentazione dell'umanità e della natura e, oggigiorno, della stessa psiche umana. La logica degli eventi scorre quasi senza modificazioni da un'immagine distorta del mondo naturale ai contorni deformati del mondo sociale, minacciando di seppellire la società in quella "melma della storia" che non appartiene all'operare della natura ma dell'uomo - parlo delle prime gerarchie da cui emersero le classi economiche; dei sistemi di dominio, all'inizio a spese delle donne da parte degli uomini, che hanno comportato poi sistemi di sfruttamento altamente razionalizzati; e in seguito legioni di guerrieri, preti, monarchi e burocrati emerse dalle articolazioni delle società tribali per diventare più tardi i tiranni istituzionali della società di mercato.
Questa profonda divisione che sacerdoti e filosofi concepirono secoli fa secondo la visione di una natura senz'anima e di un'anima snaturata, è stata realizzata nella forma di una disastrosa frammentazione dell'umanità e della natura e, oggigiorno, della stessa psiche umana. La logica degli eventi scorre quasi senza modificazioni da un'immagine distorta del mondo naturale ai contorni deformati del mondo sociale, minacciando di seppellire la società in quella "melma della storia" che non appartiene all'operare della natura ma dell'uomo - parlo delle prime gerarchie da cui emersero le classi economiche; dei sistemi di dominio, all'inizio a spese delle donne da parte degli uomini, che hanno comportato poi sistemi di sfruttamento altamente razionalizzati; e in seguito legioni di guerrieri, preti, monarchi e burocrati emerse dalle articolazioni delle società tribali per diventare più tardi i tiranni istituzionali della società di mercato.
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Non dovrebbe essere necessario ricordare ancora una volta l'equivoco per cui l'autentica giungla che chiamiamo "Libero mercato" è intesa come estensione della competizione umana "naturale": una fiction ideologica che si presenta sotto l'etichetta di darwinismo sociale e di sociobiologia. '''I leoni diventano "Re degli animali" solo per gli esseri umani, per chi comanda imperi e imprese; le formiche sono "umili" in natura solo in virtù di ideologie diffuse da templi, palazzi, manieri e castelli, e, oggigiorno, propagate dagli apologeti ossequiosi del potere esistente. La realtà ''',''' come vedremo, è diversa, una natura concepita come "gerarchica", per non parlare degli altri "bestiali" e borghesissimi caratteri che le si attribuiscono, riflette solamente una condizione umana in cui il dominio e la sottomissione sono fini a se stessi e mettono in questione la stessa esistenza della biosfera.'''Lungi da essere mero "oggetto" della cultura, la natura è sempre con noi, fa parte dell'immagine che ci facciamo di noi stessi, è la pietra angolare di quelle stesse discipline che le negano un posto nella nostra formazione sociale e personale, persino nel protrarsi dell'infanzia della nostra prole che rende la mente umana aperta allo sviluppo culturale e crea quei legami dai quali emerge una società organizzata.
Non dovrebbe essere necessario ricordare ancora una volta l'equivoco per cui l'autentica giungla che chiamiamo "Libero mercato" è intesa come estensione della competizione umana "naturale": una fiction ideologica che si presenta sotto l'etichetta di darwinismo sociale e di sociobiologia. '''I leoni diventano "Re degli animali" solo per gli esseri umani, per chi comanda imperi e imprese; le formiche sono "umili" in natura solo in virtù di ideologie diffuse da templi, palazzi, manieri e castelli, e, oggigiorno, propagate dagli apologeti ossequiosi del potere esistente. La realtà ''',''' come vedremo, è diversa, una natura concepita come "gerarchica", per non parlare degli altri "bestiali" e borghesissimi caratteri che le si attribuiscono, riflette solamente una condizione umana in cui il dominio e la sottomissione sono fini a stessi e mettono in questione la stessa esistenza della biosfera.'''Lungi da essere mero "oggetto" della cultura, la natura è sempre con noi, fa parte dell'immagine che ci facciamo di noi stessi, è la pietra angolare di quelle stesse discipline che le negano un posto nella nostra formazione sociale e personale, persino nel protrarsi dell'infanzia della nostra prole che rende la mente umana aperta allo sviluppo culturale e crea quei legami dai quali emerge una società organizzata.
E la natura è sempre con noi come coscienza delle trasgressioni che abbiamo visto all'opera sul pianeta-terra e terribile vendetta che ci aspetta per la violazione dell'equilibrio ecologico.
E la natura è sempre con noi come coscienza delle trasgressioni che abbiamo visto all'opera sul pianeta-terra e terribile vendetta che ci aspetta per la violazione dell'equilibrio ecologico.
Quello che distingue l'ecologia sociale è che essa smentisce la rozza rappresentazione che viene tradizionalmente data del mondo naturale e della sua evoluzione. E lo fa senza annullare il sociale nel naturale, come fa la sociobiologia, o attribuendo alla natura proprietà mistiche fuori della comprensione umana e dello sguardo razionale. In effetti l'ecologia sociale pone la mente umana e la stessa umanità in un contesto naturale che esplora in termini di storia naturale, così che le scissioni tra mente e corpo, sociale e naturale, sono superate e il tradizionale dualismo della cultura occidentale viene trasceso da una interpretazione evolutiva della coscienza naturalmente ricca di diversificazioni.
Quello che distingue l'ecologia sociale è che essa smentisce la rozza rappresentazione che viene tradizionalmente data del mondo naturale e della sua evoluzione. E lo fa senza annullare il sociale nel naturale, come fa la sociobiologia, o attribuendo alla natura proprietà mistiche fuori della comprensione umana e dello sguardo razionale. In effetti l'ecologia sociale pone la mente umana e la stessa umanità in un contesto naturale che esplora in termini di storia naturale, così che le scissioni tra mente e corpo, sociale e naturale, sono superate e il tradizionale dualismo della cultura occidentale viene trasceso da una interpretazione evolutiva della coscienza naturalmente ricca di diversificazioni.
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È allettante andare al di là di tale illuminante proposizione ed indagare una nozione ecologica dell'evoluzione naturale basata non solo sullo sviluppo delle specie particolari, ma su quello degli ecosistemi. È questo un concetto di evoluzione intesa come sviluppo dialettico dei molteplici, complessi, e sempre più fecondi contesti delle comunità animali-vegetali, distinto dalla tradizionale nozione di evoluzione biologica basata sullo sviluppo atomistico di ogni singola forma vivente, concetto caratteristico della logica d'impresa dell'"individuo" isolato, sia esso animale, pianta, o borghese - una creatura che provvede a se stessa e che "sopravvive" o "perisce" nella giungla del "mercato". Un ecosistema diventa più complesso e apre una più ricca varietà di direzioni evolutive grazie alla diversità e a sempre più flessibili forme di vita organica. Non è solo l'ambiente che "sceglie" quali specie sono "adatte" a sopravvivere, ma le specie stesse, in complessi mutualistici o singolarmente, introducono un certo elemento di "scelta", ma non "intersoggettivo" o "volontario" nel senso umano del termine.
È allettante andare al di là di tale illuminante proposizione ed indagare una nozione ecologica dell'evoluzione naturale basata non solo sullo sviluppo delle specie particolari, ma su quello degli ecosistemi. È questo un concetto di evoluzione intesa come sviluppo dialettico dei molteplici, complessi, e sempre più fecondi contesti delle comunità animali-vegetali, distinto dalla tradizionale nozione di evoluzione biologica basata sullo sviluppo atomistico di ogni singola forma vivente, concetto caratteristico della logica d'impresa dell'"individuo" isolato, sia esso animale, pianta, o borghese - una creatura che provvede a se stessa e che "sopravvive" o "perisce" nella giungla del "mercato". Un ecosistema diventa più complesso e apre una più ricca varietà di direzioni evolutive grazie alla diversità e a sempre più flessibili forme di vita organica. Non è solo l'ambiente che "sceglie" quali specie sono "adatte" a sopravvivere, ma le specie stesse, in complessi mutualistici o singolarmente, introducono un certo elemento di "scelta", ma non "intersoggettivo" o "volontario" nel senso umano del termine.


Questi insiemi di specie alterano l'ambiente di cui fanno parte, e contemporaneamente esercitano un ruolo sempre più attivo sulla loro stessa evoluzione. La vita, nella concezione ecologica dell'evoluzione, non è più passiva tabula rasa in cui forze eterne che chiamiamo approssimativamente "ambiente" - inscrivono il destino di "una specie", termine atomistico privo di senso fuori dal contesto di un ecosistema in cui una forma di vita è veramente definibile solo in rapporto alle altre specie.<ref name="uno">Il tradizionale accento su un ambiente "attivo" che determina la "sopravvivenza" di una specie passiva, alterata da mutazioni che intervengono a caso in un "gioco" cosmico di "occasioni", è forse un'altra ragione del perché l'"ambientalismo", come termine distinto dall'ecologia sociale, risulta estremamente insoddisfacente.</ref>  
Questi insiemi di specie alterano l'ambiente di cui fanno parte, e contemporaneamente esercitano un ruolo sempre più attivo sulla loro stessa evoluzione. La vita, nella concezione ecologica dell'evoluzione, non è più passiva tabula rasa in cui forze eterne che chiamiamo approssimativamente "ambiente" - inscrivono il destino di "una specie", termine atomistico privo di senso fuori dal contesto di un ecosistema in cui una forma di vita è veramente definibile solo in rapporto alle altre specie. <ref name="uno">Il tradizionale accento su un ambiente "attivo" che determina la "sopravvivenza" di una specie passiva, alterata da mutazioni che intervengono a caso in un "gioco" cosmico di "occasioni", è forse un'altra ragione del perché l'"ambientalismo", come termine distinto dall'ecologia sociale, risulta estremamente insoddisfacente.</ref>  


'''La vita è attiva, interattiva, procreativa, relazionale e contestuale. Non è un pezzo di "roba passiva", una forma di "materia" metabolica che attende l'azione di "forze" esterne ad essa che la "modellino" meccanicamente'''. Nel continuo sforzo di produrre nuove forme di vita, è insito un senso di auto determinazione dell'evoluzione vitale, non passivamente reattiva a un organico o inorganico mondo che incombe su di essa dall'esterno e "determina" il suo destino indipendentemente dall'ecosistema che essa stessa costituisce e di cui è parte.
'''La vita è attiva, interattiva, procreativa, relazionale e contestuale. Non è un pezzo di "roba passiva", una forma di "materia" metabolica che attende l'azione di "forze" esterne ad essa che la "modellino" meccanicamente'''. Nel continuo sforzo di produrre nuove forme di vita, è insito un senso di auto determinazione dell'evoluzione vitale, non passivamente reattiva a un organico o inorganico mondo che incombe su di essa dall'esterno e "determina" il suo destino indipendentemente dall'ecosistema che essa stessa costituisce e di cui è parte.
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'''Accentuando il continuum natura-società in tutte le sue gradazioni e "mediazioni", non vorrei dare l'impressione che le forme e i modi in cui la società emerge dalla natura e che ancora incorporano il mondo naturale in un''' '''processo di crescita cumulativa, seguano una logica "inesorabile" o "preordinata" da un telos che guida misticamente ogni forma nascente con un processo al di sopra del naturale e del sociale'''. Potenzialità non è necessità, la logica di un processo non è una "legge" inesorabile; la verità di uno sviluppo è ciò che è implicito in ogni forma nascente e definito da quella estensione del fenomeno che gli fa raggiungere stabilità, varietà, fecondità e allarga "il regno della libertà", per quanto fragile sia la libertà concepita.
'''Accentuando il continuum natura-società in tutte le sue gradazioni e "mediazioni", non vorrei dare l'impressione che le forme e i modi in cui la società emerge dalla natura e che ancora incorporano il mondo naturale in un''' '''processo di crescita cumulativa, seguano una logica "inesorabile" o "preordinata" da un telos che guida misticamente ogni forma nascente con un processo al di sopra del naturale e del sociale'''. Potenzialità non è necessità, la logica di un processo non è una "legge" inesorabile; la verità di uno sviluppo è ciò che è implicito in ogni forma nascente e definito da quella estensione del fenomeno che gli fa raggiungere stabilità, varietà, fecondità e allarga "il regno della libertà", per quanto fragile sia la libertà concepita.
Nessuno stadio specifico di un processo ne comporta necessariamente uno successivo o viene "presupposto" da uno antecedente, ma alcune condizioni, diverse tra loro, integrate o persino incompatibili, formano il terreno determinante per ulteriori condizioni che ci si può attendere emergano. La libertà, in definitiva un grado di soggettività che rende scelte e volontà ragionevolmente possibili, può far desiderare che il mondo naturale giochi un ruolo attivo, autonomo, nel conseguire i suoi risultati. Ma in alcun modo i desiderata sono predeterminate certezze che devono realizzarsi, né per alcuna forma nascente può escludersi la possibilità di regredire al massimo o di non raggiungere mai completezza e significatività. Che potenzialità di libertà e coscienza esistano in natura e società; che natura e società non siano meramente passive nello sviluppo verso libertà e coscienza, passività che renderebbe mistica la nozione di potenzialítà così come la nozione di necessità la renderebbe priva di senso per definizione; che la storia sociale e naturale diano testimonianza della potenzialità e dei processi che producono soggettività e coscienza nell'orizzonte, della stessa storia naturale della mente - tutto ciò non garantisce che latenti aspettative, i desiderata, diventino certezze o possano fornire sistematiche o teleologiche spiegazioni in alcun senso filosofico tradizionale. L'analisi delle esperienze organiche e sociali può indurci ad interpretare uno sviluppo, che sappiamo essere avvenuto, come ragione per presupporre che potenzialítà, totalità, evoluzione sono dopotutto realtà non meno reali delle nostre stesse esistenze e storie personali, ma esse rimangono, in effetti, presupposte.  
Nessuno stadio specifico di un processo ne comporta necessariamente uno successivo o viene "presupposto" da uno antecedente, ma alcune condizioni, diverse tra loro, integrate o persino incompatibili, formano il terreno determinante per ulteriori condizioni che ci si può attendere emergano. La libertà, in definitiva un grado di soggettività che rende scelte e volontà ragionevolmente possibili, può far desiderare che il mondo naturale giochi un ruolo attivo, autonomo, nel conseguire i suoi risultati. Ma in alcun modo i desiderata sono predeterminate certezze che devono realizzarsi, né per alcuna forma nascente può escludersi la possibilità di regredire al massimo o di non raggiungere mai completezza e significatività. Che potenzialità di libertà e coscienza esistano in natura e società; che natura e società non siano meramente passive nello sviluppo verso libertà e coscienza, passività che renderebbe mistica la nozione di potenzialítà così come la nozione di necessità la renderebbe priva di senso per definizione; che la storia sociale e naturale diano testimonianza della potenzialità e dei processi che producono soggettività e coscienza nell'orizzonte, della stessa storia naturale della mente - tutto ciò non garantisce che latenti aspettative, i desiderata, diventino certezze o possano fornire sistematiche o teleologiche spiegazioni in alcun senso filosofico tradizionale. L'analisi delle esperienze organiche e sociali può indurci ad interpretare uno sviluppo, che sappiamo essere avvenuto, come ragione per presupporre che potenzialítà, totalità, evoluzione sono dopotutto realtà non meno reali delle nostre stesse esistenze e storie personali, ma esse rimangono, in effetti, presupposte.  
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[[Image:Black flag waving.png|thumb|250px|[[Bandiera nera]] anarchica]]
Non c'è filosofia libera da presupposti, non più che speculazione libera da un qualche stimolo del mondo oggettivo. L'unica verità sulle premesse filosofiche, "prima", rispetto a generiche conseguenze, "poi", è che per "primo", in ogni visione filosofica, si intende l'insieme dei presupposti che emergono da un background di esperienze non formulate e la cui intuizione e coerenza devono essere confortate sia dalla realtà che dalla ragione speculativa.
Non c'è filosofia libera da presupposti, non più che speculazione libera da un qualche stimolo del mondo oggettivo. L'unica verità sulle premesse filosofiche, "prima", rispetto a generiche conseguenze, "poi", è che per "primo", in ogni visione filosofica, si intende l'insieme dei presupposti che emergono da un background di esperienze non formulate e la cui intuizione e coerenza devono essere confortate sia dalla realtà che dalla ragione speculativa.
Uno dei più stimolanti elementi di continuità tra natura e società è la relazione di tipo non gerarchico che esiste in un ecosistema, e l'importanza del riferimento che fornisce per una società non gerarchica.<ref name="tre">Le pretese della naturalità e della onnipresenza di gerarchie non possono essere ignorate, pena l'approfondimento del baratro tra natura e società, tra "necessità naturale" e "libertà culturale". Giustificare la gerarchia sociale in termini di gerarchia naturale è uno dei più ricorrenti attacchi portati in ogni epoca dalla religione e dalla filosofia a un egualitarismo sociale futuro. Recentemente emerso in sociobiologia, questo atteggiamento ha rinforzato l'istanza antinaturalistica che permea tante ideologie di liberazione. Dire che la cultura consiste proprio nell'"emancipazione dell'uomo dalla natura" è rivenire alla nozione di "melma della storia" di Sartre, nozione di un mondo naturale che non solo separa la società dalla natura, ma la mente dal corpo e la soggettività dall'oggettività.</ref>
Uno dei più stimolanti elementi di continuità tra natura e società è la relazione di tipo non gerarchico che esiste in un ecosistema, e l'importanza del riferimento che fornisce per una società non gerarchica. <ref name="tre">Le pretese della naturalità e della onnipresenza di gerarchie non possono essere ignorate, pena l'approfondimento del baratro tra natura e società, tra "necessità naturale" e "libertà culturale". Giustificare la gerarchia sociale in termini di gerarchia naturale è uno dei più ricorrenti attacchi portati in ogni epoca dalla religione e dalla filosofia a un egualitarismo sociale futuro. Recentemente emerso in sociobiologia, questo atteggiamento ha rinforzato l'istanza antinaturalistica che permea tante ideologie di liberazione. Dire che la cultura consiste proprio nell'"emancipazione dell'uomo dalla natura" è rivenire alla nozione di "melma della storia" di Sartre, nozione di un mondo naturale che non solo separa la società dalla natura, ma la mente dal corpo e la soggettività dall'oggettività.</ref>


'''Non ha senso parlare di "gerarchia" in un ecosistema e nella successione di ecosistemi che, in contrasto con uno sviluppo "monadico" di specie isolate l'un l'altra, formano la vera storia dell'evoluzione naturale'''. '''Non c'è alcun "Re degli anirnali" e alcun "umile servo" - il leone e la formica - nei rapporti di un ecosistema'''. '''Tali termini, inclusi quelli di "natura crudele", "natura perduta", "natura dominante" e persino "natura mutualistica" (preferisco usare la parola "complementare" in questo caso) sono proiezioni nel mondo naturale dei nostri rapporti sociali.''' '''Negli ecosistemi le formiche sono altrettanto importanti dei leoni e delle aquile; il riciclaggio di materiale organico che assicurano, dà loro un ruolo determinante al mantenimento della stabilità e dell'integrità di un'area.'''
'''Non ha senso parlare di "gerarchia" in un ecosistema e nella successione di ecosistemi che, in contrasto con uno sviluppo "monadico" di specie isolate l'un l'altra, formano la vera storia dell'evoluzione naturale'''. '''Non c'è alcun "Re degli anirnali" e alcun "umile servo" - il leone e la formica - nei rapporti di un ecosistema'''. '''Tali termini, inclusi quelli di "natura crudele", "natura perduta", "natura dominante" e persino "natura mutualistica" (preferisco usare la parola "complementare" in questo caso) sono proiezioni nel mondo naturale dei nostri rapporti sociali.''' '''Negli ecosistemi le formiche sono altrettanto importanti dei leoni e delle aquile; il riciclaggio di materiale organico che assicurano, dà loro un ruolo determinante al mantenimento della stabilità e dell'integrità di un'area.'''
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Inoltre la storia naturale del sistema nervoso e della mente, il cui passato si trova nel presente di ogni giorno, avviene per cumulo, non semplicemente per successione di avvenimenti. Non a caso uno dei più grandi fisiologi americani, Walter. B. Cannon, intitolò il suo importante testo sull'omeostasi "La saggezza del corpo" (The Winsdom of the Body). Non ci sono solo le categorie kantiane e la logica di Hegel che percorrono il nostro intero apparato esperienziale e ci organizzano l'esperienza, ma anche la storia naturale della sensibilità come esiste in noi a livello dell'eccitazione ormonale, dalla indifferenziata rete nervosa fino agli emisferi del cervello. Metabolizziamo con la natura nella produzione, così che i materiali che lavoriamo e gli strumenti che usiamo entrano nell'immaginazione tecnologica e nella forma, nella "matrice" sociale in cui le tecnologie esistono. Né possiamo dimenticarci, nonostante l'ideologia di classe e dell'interesse economico prevalenti, che socializziamo tra noi non solo come produttori e padroni, ma come genitori e figli, giovani e vecchi, femmine e maschi, con i corpi come con le menti, e secondo gli impulsi, vecchi e nuovi, di una sensibilità in naturale evoluzione.
Inoltre la storia naturale del sistema nervoso e della mente, il cui passato si trova nel presente di ogni giorno, avviene per cumulo, non semplicemente per successione di avvenimenti. Non a caso uno dei più grandi fisiologi americani, Walter. B. Cannon, intitolò il suo importante testo sull'omeostasi "La saggezza del corpo" (The Winsdom of the Body). Non ci sono solo le categorie kantiane e la logica di Hegel che percorrono il nostro intero apparato esperienziale e ci organizzano l'esperienza, ma anche la storia naturale della sensibilità come esiste in noi a livello dell'eccitazione ormonale, dalla indifferenziata rete nervosa fino agli emisferi del cervello. Metabolizziamo con la natura nella produzione, così che i materiali che lavoriamo e gli strumenti che usiamo entrano nell'immaginazione tecnologica e nella forma, nella "matrice" sociale in cui le tecnologie esistono. Né possiamo dimenticarci, nonostante l'ideologia di classe e dell'interesse economico prevalenti, che socializziamo tra noi non solo come produttori e padroni, ma come genitori e figli, giovani e vecchi, femmine e maschi, con i corpi come con le menti, e secondo gli impulsi, vecchi e nuovi, di una sensibilità in naturale evoluzione.
'''Diventare coscienti di come questa complessa storia naturale entri a far parte del nostro proprio essere, situarla nello svolgimento della storia sociale, riconoscere di dover sviluppare nuove sensibilità ''',''' tecnologie, istituzioni e forme di esperienza che esprimano la ricchezza della nostra crescita interiore e della complessità del nostro apparato bio-sociale, è assecondare un senso dell'evoluzione più profondo e dialettico di quello fornitoci dalle svolte "epistemologiche" e "linguistiche" della''' '''recente filosofia'''.<ref name="quattro">La nostra razionalizzata civiltà disastrosamente unilaterale ha trascurato la ricchezza dello sviluppo interiore e della complessità relegandoli a modi di vita preindustriali, che hanno informato fondamentalmente l'evoluzione sociale fino ad un secolo o due fa. Da un punto di vista sensoriale viviamo un'esistenza atrofizzata ed esangue in confronto a quella di cacciatori e coltivatori la cui capacità di esperire la realtà oscura, anche culturalmente, la nostra! Il XX secolo da solo testimonia di un terrificante offuscamento del nostro </ref>
'''Diventare coscienti di come questa complessa storia naturale entri a far parte del nostro proprio essere, situarla nello svolgimento della storia sociale, riconoscere di dover sviluppare nuove sensibilità ''',''' tecnologie, istituzioni e forme di esperienza che esprimano la ricchezza della nostra crescita interiore e della complessità del nostro apparato bio-sociale, è assecondare un senso dell'evoluzione più profondo e dialettico di quello fornitoci dalle svolte "epistemologiche" e "linguistiche" della''' '''recente filosofia'''. <ref name="quattro">La nostra razionalizzata civiltà disastrosamente unilaterale ha trascurato la ricchezza dello sviluppo interiore e della complessità relegandoli a modi di vita preindustriali, che hanno informato fondamentalmente l'evoluzione sociale fino ad un secolo o due fa. Da un punto di vista sensoriale viviamo un'esistenza atrofizzata ed esangue in confronto a quella di cacciatori e coltivatori la cui capacità di esperire la realtà oscura, anche culturalmente, la nostra! Il XX secolo da solo testimonia di un terrificante offuscamento del nostro </ref>


Su questo punto direi che la scienza è la storia della scienza, non solo il suo ultimo "stadio", e la tecnologia è la storia della tecnologia, non solo il suo ultimo progetto; così la ragione è la storia della ragione, non solo la sua presente dimensione analitica e comunicativa. La storia sociale comprende la storia naturale in una dialettica continua articolata da logiche di differenziazione e complementarità; e la include nello stesso processo di socializzazione, nella storia naturale e sociale dell'esperienza, negli imperativi di una relazione armonica tra umanità e natura che presuppone nuove eco-tecnologie ed eco-comunità, e nei desiderata, nelle aspettative suscitate da una società decentralizzata basata su valori di complementarità e di comunità.
Su questo punto direi che la scienza è la storia della scienza, non solo il suo ultimo "stadio", e la tecnologia è la storia della tecnologia, non solo il suo ultimo progetto; così la ragione è la storia della ragione, non solo la sua presente dimensione analitica e comunicativa. La storia sociale comprende la storia naturale in una dialettica continua articolata da logiche di differenziazione e complementarità; e la include nello stesso processo di socializzazione, nella storia naturale e sociale dell'esperienza, negli imperativi di una relazione armonica tra umanità e natura che presuppone nuove eco-tecnologie ed eco-comunità, e nei desiderata, nelle aspettative suscitate da una società decentralizzata basata su valori di complementarità e di comunità.
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Non ho bisogno di essere tendenzioso. È certo infatti che l'umanità dell'Occidente, spesso travolta da controrivoluzioni autoritarie, considererebbe comunque meno negativo adattarsi ad una visione sociale libertaria che ad una totalitaria. Che le mie parole possano sembrare tendenziose o no, si consideri l'intera logica del mio punto di vista: lo sguardo che portiamo al mondo naturale incide profondamente sull'immagine che sviluppiamo dei mondi sociali, perfino se asseriamo la "supremazia" e "l'autonomia" della cultura sulla natura.
Non ho bisogno di essere tendenzioso. È certo infatti che l'umanità dell'Occidente, spesso travolta da controrivoluzioni autoritarie, considererebbe comunque meno negativo adattarsi ad una visione sociale libertaria che ad una totalitaria. Che le mie parole possano sembrare tendenziose o no, si consideri l'intera logica del mio punto di vista: lo sguardo che portiamo al mondo naturale incide profondamente sull'immagine che sviluppiamo dei mondi sociali, perfino se asseriamo la "supremazia" e "l'autonomia" della cultura sulla natura.
In che senso l'ecologia sociale guarda la natura proprio come terreno per un'etica della libertà? Se la storia dell'evoluzione naturale non è comprensibile nella descrizione atomistica di Locke, relativa ad una specie particolare, se questa storia è fondamentalmente una descrizione dell'evoluzione dell'intero ecosistema verso direzioni evolutive sempre più complesse e flessibili, allora non può essere semplicemente vista come "governata" da "necessità" o "leggi inesorabili" e imperative. Ogni organismo si ostina in qualche modo a preservare se stesso cercando di mantenere la propria identità e di resistere a un tipo di entropia biologica che ne minaccia l'integrità e la complessità. Ma, anche se leggermente, ogni organismo trasforma comunque i requisiti che gli assicurano la condizione di forma vivente distinta, nella capacità di scegliere le alternative che gli assicurino sopravvivenza e benessere, non solo la capacità di reagire come semplice insieme psico-fisico.
In che senso l'ecologia sociale guarda la natura proprio come terreno per un'etica della libertà? Se la storia dell'evoluzione naturale non è comprensibile nella descrizione atomistica di Locke, relativa ad una specie particolare, se questa storia è fondamentalmente una descrizione dell'evoluzione dell'intero ecosistema verso direzioni evolutive sempre più complesse e flessibili, allora non può essere semplicemente vista come "governata" da "necessità" o "leggi inesorabili" e imperative. Ogni organismo si ostina in qualche modo a preservare stesso cercando di mantenere la propria identità e di resistere a un tipo di entropia biologica che ne minaccia l'integrità e la complessità. Ma, anche se leggermente, ogni organismo trasforma comunque i requisiti che gli assicurano la condizione di forma vivente distinta, nella capacità di scegliere le alternative che gli assicurino sopravvivenza e benessere, non solo la capacità di reagire come semplice insieme psico-fisico.


Questa embrionale libertà è rinforzata dalla ricchezza della complessità ecologica che mette la vita in sincronia con ecosistemi in evoluzione. L'elaborazione delle possibilità che deriva dall'elaborazione della diversità e dal crescente numero di alternative a cui è confrontata l'evoluzione della specie, apre sempre nuove e feconde vie di sviluppo organico. La vita non è passiva di fronte a queste possibilità d'evoluzione. Tende ad esse attivamente, in un processo di mutua stimolazione tra organismi e ambiente, così come attivamente crea e colonizza le nicchie che ospitano moltitudini di forme di vita diverse. Questa immagine di vita attiva e ingegnosa non richiede uno "spirito" hegeliano o un logos "eracliteo" per essere compresa. Infatti l'attività metabolica si estende alla nozione di attività come tale e fornisce identità e un "io" rudimentale ad ogni organismo. La diversità e la complessità, la nozione dell'evoluzione come storia che varia, aggiungono la possibilità di percorsi e alternative molteplici alla semplice scelta e ad una libertà ancora rudimentale. Poiché la libertà, nella sua forma embrionale, è anche una funzione della diversità e della complessità, di "un regno della necessità" che viene alleggerito dalla presenza di alternative e possibilità evolutive che la vita crea e al tempo stesso "riceve", sino a che la coscienza, dono della natura e della società all'umanità, renda questa ricerca intenzionale, autoriflessiva e coscientemente creativa.
Questa embrionale libertà è rinforzata dalla ricchezza della complessità ecologica che mette la vita in sincronia con ecosistemi in evoluzione. L'elaborazione delle possibilità che deriva dall'elaborazione della diversità e dal crescente numero di alternative a cui è confrontata l'evoluzione della specie, apre sempre nuove e feconde vie di sviluppo organico. La vita non è passiva di fronte a queste possibilità d'evoluzione. Tende ad esse attivamente, in un processo di mutua stimolazione tra organismi e ambiente, così come attivamente crea e colonizza le nicchie che ospitano moltitudini di forme di vita diverse. Questa immagine di vita attiva e ingegnosa non richiede uno "spirito" hegeliano o un logos "eracliteo" per essere compresa. Infatti l'attività metabolica si estende alla nozione di attività come tale e fornisce identità e un "io" rudimentale ad ogni organismo. La diversità e la complessità, la nozione dell'evoluzione come storia che varia, aggiungono la possibilità di percorsi e alternative molteplici alla semplice scelta e ad una libertà ancora rudimentale. Poiché la libertà, nella sua forma embrionale, è anche una funzione della diversità e della complessità, di "un regno della necessità" che viene alleggerito dalla presenza di alternative e possibilità evolutive che la vita crea e al tempo stesso "riceve", sino a che la coscienza, dono della natura e della società all'umanità, renda questa ricerca intenzionale, autoriflessiva e coscientemente creativa.
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<references/>
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[[Categoria: Anarchismo verde]]
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