Attilio Sassi: differenze tra le versioni

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Tornato in [[Italia]] è in prima fila in tutte le agitazioni fra Castel Guelfo e Imola, schedato dalla prefettura come «ribelle, maleducato, molto intelligente e di discreta cultura». Sposatosi nel [[1905]] con Maria Lucia Coraluci, da cui avrà  cinque figli (tre moriranno in giovanissima età ), tra il [[1906]] e il [[1907]] emigra in [[Svizzera]], lavorando come muratore e guidandone il locale sindacato.  
Tornato in [[Italia]] è in prima fila in tutte le agitazioni fra Castel Guelfo e Imola, schedato dalla prefettura come «ribelle, maleducato, molto intelligente e di discreta cultura». Sposatosi nel [[1905]] con Maria Lucia Coraluci, da cui avrà  cinque figli (tre moriranno in giovanissima età ), tra il [[1906]] e il [[1907]] emigra in [[Svizzera]], lavorando come muratore e guidandone il locale sindacato.  


Tornato in [[Italia]], ha relazioni dirette con [[Luigi Fabbri]] ed [[Errico Malatesta]], militando inoltre nel gruppo "Amilcare Cipriani" di Imola; collaboratore alle [[stampa anarchica|riviste]] «Il Pungolo», «La Voce Proletaria» e «Agitatore», é denunziato e poi assolto per propaganda anticlericale. Partecipa al [[Comitato Nazionale dell'Azione Diretta]] e alla fondazione dell'[[Unione Sindacale Italiana]] nel [[1912]]. È conosciuto e stimato a livello nazionale, prosegue l'attività  sindacale: é attivo a Imola, Crevalcore e Piacenza, dove partecipa attivamente alla [[settimana rossa]] e al sostegno degli anarchici [[antimilitarismo|antimilitaristi]] [[Augusto Masetti]] e [[Attilio Moroni]].  
Tornato in [[Italia]], ha relazioni dirette con [[Luigi Fabbri]] ed [[Errico Malatesta]], militando inoltre nel gruppo "Amilcare Cipriani" di Imola; collaboratore alle [[stampa anarchica|riviste]] «Il Pungolo», «La Voce Proletaria» e «Agitatore», è denunziato e poi assolto per propaganda anticlericale. Partecipa al [[Comitato Nazionale dell'Azione Diretta]] e alla fondazione dell'[[Unione Sindacale Italiana]] nel [[1912]]. È conosciuto e stimato a livello nazionale, prosegue l'attività  sindacale: è attivo a Imola, Crevalcore e Piacenza, dove partecipa attivamente alla [[settimana rossa]] e al sostegno degli anarchici [[antimilitarismo|antimilitaristi]] [[Augusto Masetti]] e [[Attilio Moroni]].  


Allo scoppio della guerra si schiera con gli [[antimilitarismo|antimilitaristi]], scrivendo articoli per «La Voce Proletaria», «Guerra di Classe» e «Volontà » e scontrandosi in piazza con gli interventisti. Partecipa con grande energia all'attività  dell'[[USI]] negli anni del dopoguerra nonostante sia sottoposto a vigilanza e sia stato più volte diffidato e carcerato per brevi periodi, infatti la polizia pensa che Sassi faccia parte di un fantomatico "Comitato Segreto Rivoluzionario" con sede a Piacenza, ciò però non gli impedisce di proseguire il suo attivismo: appoggia la fuga dei disertori in [[Svizzera]] e nell'aprile [[1917]] partecipa a Firenze ad una riunione clandestina fra i dirigenti dell'[[USI]] (sono presenti anche [[Armando Borghi]], [[Pasquale Binazzi]], [[Temistocle Monticelli]], [[Virgilio Mazzoni]] e [[Torquato Gobbi]]) in cui si decide di stampare un manifesto «diretto al popolo russo in rivoluzione», di predisporre un piano insurrezionale e di aderire al Convegno Internazionale di Soccolma indetto dagli operai e dai soldati di Pietrogrado. Propagandatore instancabile, nell'agosto [[1917]] si trova a Roma con [[Armando Borghi|Borghi]] per incontrare due rappresentanti del soviet russo. Per sostituire [[Enrico Melandri]], il mese seguente é inviato a Valdarno per conto dell'[[USI]] a guidare e rappresentare 5000 tra minatori e operai.
Allo scoppio della guerra si schiera con gli [[antimilitarismo|antimilitaristi]], scrivendo articoli per «La Voce Proletaria», «Guerra di Classe» e «Volontà » e scontrandosi in piazza con gli interventisti. Partecipa con grande energia all'attività  dell'[[USI]] negli anni del dopoguerra nonostante sia sottoposto a vigilanza e sia stato più volte diffidato e carcerato per brevi periodi, infatti la polizia pensa che Sassi faccia parte di un fantomatico "Comitato Segreto Rivoluzionario" con sede a Piacenza, ciò però non gli impedisce di proseguire il suo attivismo: appoggia la fuga dei disertori in [[Svizzera]] e nell'aprile [[1917]] partecipa a Firenze ad una riunione clandestina fra i dirigenti dell'[[USI]] (sono presenti anche [[Armando Borghi]], [[Pasquale Binazzi]], [[Temistocle Monticelli]], [[Virgilio Mazzoni]] e [[Torquato Gobbi]]) in cui si decide di stampare un manifesto «diretto al popolo russo in rivoluzione», di predisporre un piano insurrezionale e di aderire al Convegno Internazionale di Soccolma indetto dagli operai e dai soldati di Pietrogrado. Propagandatore instancabile, nell'agosto [[1917]] si trova a Roma con [[Armando Borghi|Borghi]] per incontrare due rappresentanti del soviet russo. Per sostituire [[Enrico Melandri]], il mese seguente è inviato a Valdarno per conto dell'[[USI]] a guidare e rappresentare 5000 tra minatori e operai.


Nel [[1919]] sono proprio i minatori del Valdarno a conquistare la giornata di sei ore e mezza, primi al mondo insieme ai cavatori di Marmo di Carrara. Questo grande risultato Sassi lo ottiene guidando uno [[sciopero]] durato 11 settimane in cui i minatori, al grido di: ''Le miniere ai minatori!'', otterranno la [[solidarietà ]] di tutta la popolazione della zona. Durante il [[biennio rosso]] Sassi é molto attivo: a Valdarno partecipa ad un comizio insieme ad [[Errico Malatesta]] ed invia un telegramma lettera al Presidente del Consiglio Nitti in cui minaccia uno [[sciopero generale]] se il governo cercherà  di bloccare la fornitura di carta per il nuovo [[stampa anarchica|giornale anarchico]] «[[Umanità  Nova]]»: «Minatori Valdarno ammoniscono governo effettueranno sciopero appena Umanità  Nova sospende pubblicazione causa mancanza carta. Segretario Sassi».
Nel [[1919]] sono proprio i minatori del Valdarno a conquistare la giornata di sei ore e mezza, primi al mondo insieme ai cavatori di Marmo di Carrara. Questo grande risultato Sassi lo ottiene guidando uno [[sciopero]] durato 11 settimane in cui i minatori, al grido di: ''Le miniere ai minatori!'', otterranno la [[solidarietà ]] di tutta la popolazione della zona. Durante il [[biennio rosso]] Sassi è molto attivo: a Valdarno partecipa ad un comizio insieme ad [[Errico Malatesta]] ed invia un telegramma lettera al Presidente del Consiglio Nitti in cui minaccia uno [[sciopero generale]] se il governo cercherà  di bloccare la fornitura di carta per il nuovo [[stampa anarchica|giornale anarchico]] «[[Umanità  Nova]]»: «Minatori Valdarno ammoniscono governo effettueranno sciopero appena Umanità  Nova sospende pubblicazione causa mancanza carta. Segretario Sassi».


Il [[23 marzo]] [[1921]] i minatori di Valdarno si sollevano contro i [[Fascismo|fascisti]], rpovocando la morte di uno di loro e il ferimento di altri nove. Questi fatti saranno il detonatore di altre rivolte contro la classe padronele che porteranno all'assalto contro gli uffici della direzione mineraria, sino ad appiccare il fuoco alla direzione e a provocare la morte dell'ingegniere Longhi. Al processo Sassi è condannato a sedici anni di [[carcere]], così come altri cinquantacinque operai (tra cui molti anarchici come [[Otello Gaggi]] e [[Vittorio Curzi]]) che subiscono pene variabili sino a 30 anni.
Il [[23 marzo]] [[1921]] i minatori di Valdarno si sollevano contro i [[Fascismo|fascisti]], rpovocando la morte di uno di loro e il ferimento di altri nove. Questi fatti saranno il detonatore di altre rivolte contro la classe padronele che porteranno all'assalto contro gli uffici della direzione mineraria, sino ad appiccare il fuoco alla direzione e a provocare la morte dell'ingegniere Longhi. Al processo Sassi è condannato a sedici anni di [[carcere]], così come altri cinquantacinque operai (tra cui molti anarchici come [[Otello Gaggi]] e [[Vittorio Curzi]]) che subiscono pene variabili sino a 30 anni.


=== Il [[Fascismo]] e il periodo post-fascista ===
=== Il [[Fascismo]] e il periodo post-fascista ===
È costretto a scontare la pena in condizioni di [[carcere]] duro e subendo continui trasferimenti (Perugia, Spoleto e Portolongone). Nel [[1925]] é scarcerato per indulto, ma tre anni più tardi viene mandato al confino a Ponza, pena poi commutata in ammonizione. Rimane vigilato fino alla caduta del [[fascismo]] ma secondo le [[autorità ]] continuerebbe ad avere contatti con elementi dell'[[antifascismo]] francese.
È costretto a scontare la pena in condizioni di [[carcere]] duro e subendo continui trasferimenti (Perugia, Spoleto e Portolongone). Nel [[1925]] è scarcerato per indulto, ma tre anni più tardi viene mandato al confino a Ponza, pena poi commutata in ammonizione. Rimane vigilato fino alla caduta del [[fascismo]] ma secondo le [[autorità ]] continuerebbe ad avere contatti con elementi dell'[[antifascismo]] francese.


Nel [[1945]] contribuisce alla ricostruzione della [[CGIL]] e da segretario della [[Federazione Italiana Minatori e Cavatori]] (FIMEC) difende la pratica del [[anarco-sindacalismo|sindacalismo libertario]] e dell'[[azione diretta]], prodigandosi in favore dell'indipendenza dai meccanismi e dai partiti politici. Con [[Mario Mari]] promuove il comitato provvisorio delle Camere del Lavoro riunite di Arezzo e del Valdarno e nel dicembre del [[1945]] fa votare alla FIMEC una mozione per le 6 ore giornaliere per i minatori e il pensionamento dopo 25 anni di lavoro (comunque non oltre il 60° anno di età ). Chiamato a Roma nel [[1947]] da [[Giuseppe Di Vittorio]] che lo vuole al suo fianco, lancia un appello ai minatori: «Cercate di consolidare la Repubblica anche se non é quella che voi sognavate, per migliorarla e volgerla verso la [[libertà ]] e la [[giustizia sociale]]. Difendetela! Voi che sfidate la morte continuamente, entro le viscere della terra; voi che nel lavoro rappresentate l'aristocrazia del sacrificio, le vittime del dovere; difendetela dalla reazione da qualunque parte venga.»
Nel [[1945]] contribuisce alla ricostruzione della [[CGIL]] e da segretario della [[Federazione Italiana Minatori e Cavatori]] (FIMEC) difende la pratica del [[anarco-sindacalismo|sindacalismo libertario]] e dell'[[azione diretta]], prodigandosi in favore dell'indipendenza dai meccanismi e dai partiti politici. Con [[Mario Mari]] promuove il comitato provvisorio delle Camere del Lavoro riunite di Arezzo e del Valdarno e nel dicembre del [[1945]] fa votare alla FIMEC una mozione per le 6 ore giornaliere per i minatori e il pensionamento dopo 25 anni di lavoro (comunque non oltre il 60° anno di età ). Chiamato a Roma nel [[1947]] da [[Giuseppe Di Vittorio]] che lo vuole al suo fianco, lancia un appello ai minatori: «Cercate di consolidare la Repubblica anche se non è quella che voi sognavate, per migliorarla e volgerla verso la [[libertà ]] e la [[giustizia sociale]]. Difendetela! Voi che sfidate la morte continuamente, entro le viscere della terra; voi che nel lavoro rappresentate l'aristocrazia del sacrificio, le vittime del dovere; difendetela dalla reazione da qualunque parte venga.»


Nonostante le sue idee considerate "eretiche", Sassi è stimato e rispettato in seno alla CGIL ed oramai uno storico sindacalista dei minatori i cui interventi più importanti sono volti al «controllo dei lavoratori sulla produzione nel campo tecnico-amminsitrativo». Nell'ottobre [[1949]] a Genova al II Congresso della CGIL denuncia il vezzo di promuovere la formazione di commissioni tecniche e di studio con l'apporto di elementi vicini al padronato o al governo, esprimendosi per l'unità  dei [[sindacalismo|sindacati]] liberi dai vincoli dei partiti e per maggior potere decisionale degli operai\ie rispetto ai tentativi di influenza dei politici. Intanto, nel [[1950]], nel Valdarno esplodono gravi conflitti tra i minatori e il padronato e sassi dalle pagine di [[Umanità  Nova]] incita alla resistenza ad oltranza: «...i minatori lotteranno sino all'estremo delle loro forze e, se sarà  necessario, interverranno altre forze in aiuto per far sì che anche in questa lotta i minatori possano raggiungere la vittoria». Vittoria che arriverà  dopo 52 giorni di lotta nell'aprile [[1952]] e che affida la coltivazione delle miniere alla gestione operaia. Continua strenuamente a battersi contro l'idea del cottimo e gli “incentivi” volti a far aumentare il carico di lavoro sui proletari e al II congresso della CGIL ([[26 novembre]]-[[3 dicembre]] [[1952]]) la frazione [[anarco-sindacalismo|anarco-sindacalista]] interviene per criticare le interferenze dei partiti nei [[sindacalismo|sindacati]]. Amico intimo di Giuseppe Di Vittorio, nella CGIL dominata dai comunisti Sassi è molto rispettato nonostante la sua avversione all'URSS. A 80 anni fa il suo ultimo intervento al congresso della CGIL del febbraio-marzo [[1956]] e si scaglia contro la miseria della scala mobile, il regolamento per le commissioni interne, in favore di una radicalizzazione delle lotte e avanzando riserve su alcune nazionalizzazioni.  
Nonostante le sue idee considerate "eretiche", Sassi è stimato e rispettato in seno alla CGIL ed oramai uno storico sindacalista dei minatori i cui interventi più importanti sono volti al «controllo dei lavoratori sulla produzione nel campo tecnico-amminsitrativo». Nell'ottobre [[1949]] a Genova al II Congresso della CGIL denuncia il vezzo di promuovere la formazione di commissioni tecniche e di studio con l'apporto di elementi vicini al padronato o al governo, esprimendosi per l'unità  dei [[sindacalismo|sindacati]] liberi dai vincoli dei partiti e per maggior potere decisionale degli operai\ie rispetto ai tentativi di influenza dei politici. Intanto, nel [[1950]], nel Valdarno esplodono gravi conflitti tra i minatori e il padronato e sassi dalle pagine di [[Umanità  Nova]] incita alla resistenza ad oltranza: «...i minatori lotteranno sino all'estremo delle loro forze e, se sarà  necessario, interverranno altre forze in aiuto per far sì che anche in questa lotta i minatori possano raggiungere la vittoria». Vittoria che arriverà  dopo 52 giorni di lotta nell'aprile [[1952]] e che affida la coltivazione delle miniere alla gestione operaia. Continua strenuamente a battersi contro l'idea del cottimo e gli “incentivi” volti a far aumentare il carico di lavoro sui proletari e al II congresso della CGIL ([[26 novembre]]-[[3 dicembre]] [[1952]]) la frazione [[anarco-sindacalismo|anarco-sindacalista]] interviene per criticare le interferenze dei partiti nei [[sindacalismo|sindacati]]. Amico intimo di Giuseppe Di Vittorio, nella CGIL dominata dai comunisti Sassi è molto rispettato nonostante la sua avversione all'URSS. A 80 anni fa il suo ultimo intervento al congresso della CGIL del febbraio-marzo [[1956]] e si scaglia contro la miseria della scala mobile, il regolamento per le commissioni interne, in favore di una radicalizzazione delle lotte e avanzando riserve su alcune nazionalizzazioni.  
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