Antonio Cieri: differenze tra le versioni

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'''Antonio Cieri''' nacque a Vasto (Abruzzo) l'[[11 novembre]] [[1898]] e si avvicinò giovanissimo alle idee libertarie. Durante la prima guerra mondiale ebbe il grado di ufficiale e fu più volte decorato.
'''Antonio Cieri''' nacque a Vasto (Abruzzo) l'[[11 novembre]] [[1898]] e si avvicinò giovanissimo alle idee libertarie. Durante la prima guerra mondiale ebbe il grado di ufficiale e fu più volte decorato.


Dirigente del movimento anarchico di Ancona, in cui era impiegato presso le Ferrovie dello Stato come disegnatore tecnico (talvolta gli viene attribuito, a torto, il titolo di architetto), nel [[1921]], a causa della sua partecipazione alla [[Rivolta dei Bersaglieri]]<ref> Cieri era stato spostato a Parma perchè riconosciuto come un organizzatore della "Rivolta dei Bersaglieri" ma non vi furono prove sufficienti per metterlo in [[carcere]] (si legga Eros Francescangeli in ''Arditi del Popolo''): «La rivolta di Ancona del [[1920]] è meglio nota come "la rivolta dei bersaglieri" in quanto prese avvio dalla loro caserma di Ancona, quando i soldati si ribellarono all'ordine di imbarcarsi per andare in Albania. Il pronunciamento dei bersaglieri sfociò subito nelle strade di Ancona e fu prontamente appoggiato da una larga parte del popolo anconetano che per tre giorni, armi in pugno, combattendo nelle strade, tenne in scacco le forze di polizia e le guardie regie. Alla fine le forze dell'ordine ebbero la meglio solo grazie alla superiorità  numerica (giunsero rinforzi da varie città  del centro) ed al migliore armamento rispetto ai rivoltosi. Nei giorni successivi per "[[solidarietà ]]" ai militari si organizzano altre manifestazioni in varie città  d'Italia». ([http://digilander.libero.it/fiammecremisi/dopoguerra1/alba.htm da "digilander.libero.it"]) </ref>, fu trasferito a Parma. Qui, nell'agosto [[1922]] insieme a [[Guido Picelli]] - che dirigeva l'intera formazione - fu comandante degli [[Arditi del Popolo]] a difesa del Naviglio, rione popolare di Parma, durante gli assalti degli squadristi [[fascismo|fascisti]] di Italo Balbo.
Dirigente del movimento anarchico di Ancona, in cui era impiegato presso le Ferrovie dello Stato come disegnatore tecnico (talvolta gli viene attribuito, a torto, il titolo di architetto), nel [[1921]], a causa della sua partecipazione alla [[Rivolta dei Bersaglieri]]<ref> Cieri era stato spostato a Parma perchè riconosciuto come un organizzatore della "Rivolta dei Bersaglieri" ma non vi furono prove sufficienti per metterlo in [[carcere]] (si legga Eros Francescangeli in ''Arditi del Popolo''): «La rivolta di Ancona del [[1920]] è meglio nota come "la rivolta dei bersaglieri" in quanto prese avvio dalla loro caserma di Ancona, quando i soldati si ribellarono all'ordine di imbarcarsi per andare in Albania. Il pronunciamento dei bersaglieri sfociò subito nelle strade di Ancona e fu prontamente appoggiato da una larga parte del popolo anconetano che per tre giorni, armi in pugno, combattendo nelle strade, tenne in scacco le forze di polizia e le guardie regie. Alla fine le forze dell'ordine ebbero la meglio solo grazie alla superiorità  numerica (giunsero rinforzi da varie città  del centro) ed al migliore armamento rispetto ai rivoltosi. Nei giorni successivi per "[[solidarietà ]]" ai militari si organizzano altre manifestazioni in varie città  d'Italia». ([http://digilander.libero.it/fiammecremisi/dopoguerra1/alba.htm da "digilander.libero.it"]) </ref>, fu trasferito a Parma. Qui, nell'agosto [[1922]] insieme a [[Guido Picelli]] - che dirigeva l'intera formazione - fu comandante degli [[Arditi del Popolo]] a difesa del Naviglio, rione popolare di Parma, durante gli assalti degli squadristi [[fascismo|fascisti]] di Italo Balbo.


Andò in esilio nel [[1923]] quando fu licenziato dalle Ferrovie. A Parigi nel [[1925]] riprese la sua attività  di anarchico militante collaborando alla pubblicazione del numero unico di «Polemiche Nostre» (Parigi, [[22 agosto]] [[1925]]), fondando, insieme a [[Camillo Berneri]], il periodico «Umanità  Nova» (da non confondere con l'allora quotidiano dell'[[Unione Anarchica Italiana]] «[[Umanità  Nova]]»), «La Protesta» e collaborando ad un numero di «La Vecchia Umanita Nova» ([[15 aprile]] [[1933]]).  
Andò in esilio nel [[1923]] quando fu licenziato dalle Ferrovie. A Parigi nel [[1925]] riprese la sua attività  di anarchico militante collaborando alla pubblicazione del numero unico di «Polemiche Nostre» (Parigi, [[22 agosto]] [[1925]]), fondando, insieme a [[Camillo Berneri]], il periodico «Umanità  Nova» (da non confondere con l'allora quotidiano dell'[[Unione Anarchica Italiana]] «[[Umanità  Nova]]»), «La Protesta» e collaborando ad un numero di «La Vecchia Umanita Nova» ([[15 aprile]] [[1933]]).  
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