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:«...Non v'è possibilità di scelta. Per essere liberi bisogna abbattere la tirannia. Per costruire domani un nuovo ordine in cui tutti possano godere i frutti del loro lavoro e liberamente esprimere il proprio pensiero, bisogna distruggere oggi tutte le ingiustizie che lo rendono impossibile». | :«...Non v'è possibilità di scelta. Per essere liberi bisogna abbattere la tirannia. Per costruire domani un nuovo ordine in cui tutti possano godere i frutti del loro lavoro e liberamente esprimere il proprio pensiero, bisogna distruggere oggi tutte le ingiustizie che lo rendono impossibile». | ||
Subito dilaga la solita e infame campagna di stampa. | Subito dilaga la solita e infame campagna di stampa. Sbardellotto è definito «ceffo criminale», «assassino prezzolato», «sciagurato sicario», «uomo divenuto straniero in patria», uomo dallo «sguardo bieco e sinistro», inventandosi pure, secondo l'"idiozia lombrosiana", che aveva pure la fronte bassa. | ||
Dopo la confessione o presunta tale (da cui risulterebbero, anche se non si hanno le prove che ciò sia vero, altri due tentativi di compiere il tirannicidio: il [[21 aprile]] [[1932]] e il [[2 giugno|2]]-[[3 giugno]] [[1932]]), si svolge una rapida istruttoria di due soli giorni ([[11 giugno|11]]-[[13 giugno]] [[1932]]), condotta dal procuratore generale Vincenzo Balzamo, l'udienza davanti al "Tribunale Speciale" si dimostrò una macabra formalità: la mattina del [[16 giugno]] (dalle 9.00 alle 11.15) nella famosa aula della IV sezione del palazzo di giustizia di Roma, Sbardellotto è rapidamente e sommariamente giudicato colpevole dei reati ascrittigli dal "Tribunale Speciale" presieduto da Guido Cristini e condannato a morte. Nelle ore successive alla lettura della sentenza evita di presentare la domanda di grazia. '''All'alba del giorno seguente, alle ore 5.45 del [[17 giugno]], dopo aver rifiutato il prete, Sbardellotto è fucilato a Forte Bravetta da un drappello di militi capitanati da Armando Giuia. Aveva 25 anni.''' <ref>Pochi istanti prima era toccato al repubblicano [[Domenico Bovone]], anch'egli condannato a morte per aver compiuto alcuni attentati contro il regime.</ref> | Dopo la confessione o presunta tale (da cui risulterebbero, anche se non si hanno le prove che ciò sia vero, altri due tentativi di compiere il tirannicidio: il [[21 aprile]] [[1932]] e il [[2 giugno|2]]-[[3 giugno]] [[1932]]), si svolge una rapida istruttoria di due soli giorni ([[11 giugno|11]]-[[13 giugno]] [[1932]]), condotta dal procuratore generale Vincenzo Balzamo, l'udienza davanti al "Tribunale Speciale" si dimostrò una macabra formalità: la mattina del [[16 giugno]] (dalle 9.00 alle 11.15) nella famosa aula della IV sezione del palazzo di giustizia di Roma, Sbardellotto è rapidamente e sommariamente giudicato colpevole dei reati ascrittigli dal "Tribunale Speciale" presieduto da Guido Cristini e condannato a morte. Nelle ore successive alla lettura della sentenza evita di presentare la domanda di grazia. '''All'alba del giorno seguente, alle ore 5.45 del [[17 giugno]], dopo aver rifiutato il prete, Sbardellotto è fucilato a Forte Bravetta da un drappello di militi capitanati da Armando Giuia. Aveva 25 anni.''' <ref>Pochi istanti prima era toccato al repubblicano [[Domenico Bovone]], anch'egli condannato a morte per aver compiuto alcuni attentati contro il regime.</ref> |