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{{Biblioteca/Titolo 2|nome=«Anarchia sociale nell’arte» (di [[Antonin Artaud]])|autore=Antonin Artaud|altro=da stradebianchelibri.com}}
{{Biblioteca/Titolo 2|nome=«Intorno alla critica anarchica dello Stato» (di Marco Cossutta)|autore=Marco Cossutta|altro=da openstarts.units.it}}
[[File:Marco Cossutta.jpg|thumb|right|miniatura|250px|Marco Cossutta.]]
L'[[anarchismo]] appare quale l'unica corrente di pensiero politico (ad eccezione della prospettiva tradizionalistica), che, in epoca moderna, quindi post [[1648]], rifiuta in modo radicale la gestione dei rapporti politici attraverso lo [[Stato]], tanto da richiederne l'immediata abolizione come condizione imprescindibile per la piena realizzazione della persona umana. L'emancipazione materiale e spirituale dell'essere umano, per l'[[anarchismo]], non può prescindere dalla abolizione dello [[Stato]]. «In una parola, noi respingiamo ogni legislazione, ogni autorità ed ogni influenza privilegiata, patentata, ufficiale e legale, anche uscita dal suffragio universale, convinti che essa non potrebbe che ridondare a profitto di una minoranza dominante e governante, contro gl'interessi dell'immensa maggioranza asservita. Ecco in qual senso noi siamo realmente [[anarchici]]» ([[Bakunin]]). Anche in assenza di rapporti politici di natura [[statuale]], l'emancipazione non si realizza in modo automatico – vedi la società per censi o quella feudale –, ma è certo per l'[[anarchismo]] che in presenza dello [[Stato]] questa emancipazione non può né svilupparsi, né, tanto meno, affermarsi. Al di là di tali perentorie affermazioni, è d'uopo soffermarsi brevemente su una questione per così dire terminologica; ovvero cosa intendiamo e cosa intende l'[[anarchismo]], con il termine [[Stato]]. Il termine [[stato]] è termine ambiguo; allo stesso infatti può essere ascritta, sempre nel linguaggio politico-giuridico, una definizione di natura generale (più che lessicale) per la quale lo [[stato]] (da ''status'') è la condizione di un paese nei suoi dati sociali e politici, nella sua costituzione materiale e, quindi, nel suo ordinamento; lo [[stato]] è perciò tutto ciò che riguarda la vita umana organizzata e non direttamente rivolta ad un fine spirituale. In questo primo senso, lo stato descrive la struttura politica, quindi mondana, di una comunità. Alla luce di quanto rilevato, qualsivoglia organizzazione dei rapporti politici può venire designata con il termine [[stato]].
Accanto a questa definizione generale si colloca una seconda definizione, che qui definiamo – forse impropriamente – stipulativa, ai sensi della quale lo [[Stato]] (qui sinonimo di ''potestas'' – potere su – e non di ''auctoritas'' – potere di) non appare, per così dire, un concetto universale, onnicomprensivo di qualsiasi forma di organizzazione politica, ma indica e descrive unicamente una particolare forma di ordinamento politico sorto in Europa da un processo che affonda le proprie radici nel Tredicesimo secolo e giunge a compimento nel Diciannovesimo secolo. Questa particolare forma di [[stato]], che diventerà nel lessico comune lo [[Stato]] ''tout court'', è quella criticata aspramente dall'[[anarchismo]] e si caratterizza, al suo concreto sorgere agli albori del secolo Diciannovesimo, attraverso tre momenti che fanno sì che lo [[Stato]] sia, per usare la nota espressione di Max Weber, il monopolizzatore delle forza legittima.
 
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{{Biblioteca/Titolo 2|nome=«Anarchia sociale nell'arte» (di [[Antonin Artaud]])|autore=Antonin Artaud|altro=da stradebianchelibri.com}}
[[File:Artaud Ray.jpg|miniatura|250px|[[Antonin Artaud]] ritratto da Man Ray.]]
[[File:Artaud Ray.jpg|miniatura|250px|[[Antonin Artaud]] ritratto da Man Ray.]]
[...] L'[[arte]] ha il dovere sociale di dare sfogo alle angosce della propria epoca. Un'artista che non ha accolto nel fondo del suo cuore il cuore della propria epoca, l'artista che ignora d'essere un capro espiatorio, e che il suo dovere è di calamitare, di attirare, di far ricadere su di sé le collere erranti dell'epoca per scaricarla dei suo malessere psicologico, non è un artista. Lo sprezzo dei valori intellettuali è alla radice dei mondo moderno. In realtà, questo disprezzo dissimula una profonda ignoranza della natura di questi valori. Ma non possiamo perdere le forze nel tentativo di farlo capire ad un'epoca che, tra gli intellettuali e gli artisti, ha prodotto traditori in gran numero, e, nel popolo, ha generato una collettività, una massa che non vuole capire che lo spirito, cioè l’intelligenza, deve guidare il corso dei tempo. [...]
[...] «L'[[arte]] ha il dovere sociale di dare sfogo alle angosce della propria epoca. Un'artista che non ha accolto nel fondo del suo cuore il cuore della propria epoca, l'artista che ignora d'essere un capro espiatorio, e che il suo dovere è di calamitare, di attirare, di far ricadere su di sé le collere erranti dell'epoca per scaricarla dei suo malessere psicologico, non è un artista. Lo sprezzo dei valori intellettuali è alla radice dei mondo moderno. In realtà, questo disprezzo dissimula una profonda ignoranza della natura di questi valori. Ma non possiamo perdere le forze nel tentativo di farlo capire ad un'epoca che, tra gli intellettuali e gli artisti, ha prodotto traditori in gran numero, e, nel popolo, ha generato una collettività, una massa che non vuole capire che lo spirito, cioè l’intelligenza, deve guidare il corso dei tempo». [...]


[...] Il [[liberalismo]] [[capitalista]] dei tempi moderni ha relegato all'ultimo posto i valori dell'intelligenza, e l'uomo moderno, di fronte a queste poche verità elementari che ho elencato, si muove come una bestia o come l'uomo spaventato dei tempi primitivi. Per preoccuparsene, aspetta che queste verità diventino atti, e che si manifestino attraverso terremoti, epidemie, carestie, guerre, ossia col tuono dei cannone. [...]
[...] «Lo sprezzo dei valori intellettuali è alla radice dei mondo moderno. In realtà, questo disprezzo dissimula una profonda ignoranza della natura di questi valori. Ma non possiamo perdere le forze nel tentativo di farlo capire ad un'epoca che, tra gli intellettuali e gli artisti, ha prodotto traditori in gran numero, e, nel popolo, ha generato una collettività, una massa che non vuole capire che lo spirito, cioè l'intelligenza, deve guidare il corso dei tempo. Il [[liberalismo]] [[capitalista]] dei tempi moderni ha relegato all'ultimo posto i valori dell'intelligenza, e l'uomo moderno, di fronte a queste poche verità elementari che ho elencato, si muove come una bestia o come l'uomo spaventato dei tempi primitivi. Per preoccuparsene, aspetta che queste verità diventino atti, e che si manifestino attraverso terremoti, epidemie, carestie, guerre, ossia col tuono dei cannone». [...]


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{{Biblioteca/Titolo 2|nome=[[Michel Onfray]]. Il post-anarchismo spiegato a mia nonna (di Marco Liberatore)|autore=Marco Liberatore|altro=da doppiozero.com}}
{{Biblioteca/Titolo 2|nome=«[[Michel Onfray]]. Il post-anarchismo spiegato a mia nonna» (di Marco Liberatore)|autore=Marco Liberatore|altro=da doppiozero.com}}
[[File:Michel Onfray - Theatre rond point - 2010-05-20.jpg|miniatura|250px|[[Michel Onfray]]]]
[[File:Michel Onfray - Theatre rond point - 2010-05-20.jpg|miniatura|250px|[[Michel Onfray]]]]
Che tempi sono questi? Sono i tempi delle proteste in Turchia, in Bulgaria e in Brasile, i tempi di [[Anonymous]], del [[movimento No Tav]] e dalle lotte in difesa dei beni comuni. Forse gli [[anarchici]] non sono più meno dell'uno per cento, come cantava [[Léo Ferré]], ma certamente coloro che si interrogano criticamente sui presupposti teorici e sui fondamenti delle pratiche anarchiche non sono molto numerosi. Stranamente, verrebbe da dire, perché questa modalità di mettersi in discussione fu inaugurata da un gigante dell'[[anarchismo]] classico, [[Errico Malatesta]] (e da [[Camillo Berneri]] subito dopo) che già nel [[1920]], sulle pagine di ''[[Umanità Nova]]'' scriveva «L'[[anarchia]] non si fa per forza: volerlo, sarebbe la più balorda delle contraddizioni». E un paio di anni dopo «L'[[anarchia]] è l'ideale che potrebbe anche non realizzarsi mai, come non si raggiunge mai la linea dell'orizzonte [...], l'[[anarchismo]] è metodo di vita e di lotta e deve essere, dagli [[anarchici]], praticato oggi e sempre, nei limiti delle possibilità variabili secondo i tempi e le circostanze». C'è da dire che si era già pronunciato nella stessa direzione [[Gustav Landauer]], di cui è nota l'affermazione «Lo [[Stato]] non è qualcosa che si possa distruggere con una [[rivoluzione]], ma è una condizione, un certo rapporto tra esseri umani, una modalità del comportamento umano: lo distruggiamo stabilendo nuove relazioni, comportandoci in modo diverso».
Che tempi sono questi? Sono i tempi delle proteste in Turchia, in Bulgaria e in Brasile, i tempi di [[Anonymous]], del [[movimento No Tav]] e dalle lotte in difesa dei beni comuni. Forse gli [[anarchici]] non sono più meno dell'uno per cento, come cantava [[Léo Ferré]], ma certamente coloro che si interrogano criticamente sui presupposti teorici e sui fondamenti delle pratiche anarchiche non sono molto numerosi. Stranamente, verrebbe da dire, perché questa modalità di mettersi in discussione fu inaugurata da un gigante dell'[[anarchismo]] classico, [[Errico Malatesta]] (e da [[Camillo Berneri]] subito dopo) che già nel [[1920]], sulle pagine di ''[[Umanità Nova]]'' scriveva «L'[[anarchia]] non si fa per forza: volerlo, sarebbe la più balorda delle contraddizioni». E un paio di anni dopo «L'[[anarchia]] è l'ideale che potrebbe anche non realizzarsi mai, come non si raggiunge mai la linea dell'orizzonte [...], l'[[anarchismo]] è metodo di vita e di lotta e deve essere, dagli [[anarchici]], praticato oggi e sempre, nei limiti delle possibilità variabili secondo i tempi e le circostanze». C'è da dire che si era già pronunciato nella stessa direzione [[Gustav Landauer]], di cui è nota l'affermazione «Lo [[Stato]] non è qualcosa che si possa distruggere con una [[rivoluzione]], ma è una condizione, un certo rapporto tra esseri umani, una modalità del comportamento umano: lo distruggiamo stabilendo nuove relazioni, comportandoci in modo diverso».
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