Ammazzare il tempo (di John Zerzan): differenze tra le versioni

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Tali riferimenti riguardano, seppure indirettamente, l'improvvisa, angosciante consapevolezza del tempo, lo spaventoso senso di essere legati ad esso. Il tempo è sempre in maggior misura una manifestazione chiave dell'insoddisfazione e dell'umiliazione che caratterizzano l'esistenza moderna: illumina l'intero panorama deformato e lo farà in modo sempre più pesante finché questo panorama e tutte le forze che lo modellano non cambieranno al punto da divenire irriconoscibili. Questo contributo all'argomento ha poco a che fare con il fascino esercitato dal tempo su produttori cinematografici e televisivi, o con l'attuale interesse accademico per le concezioni geologiche del tempo, la storia della tecnologia degli orologi e la sociologia del tempo, o con osservazioni personali e consigli su come utilizzarlo. Né gli aspetti né gli eccessi del tempo meritano tanta attenzione quanto la sua logica e il suo significato intrinseco. Perché nonostante la natura inquietante del tempo sia diventata. secondo John Michon ([[1988]]) "''quasi un'ossessione intellettuale''", la società è palesemente incapace di gestirlo.  
Tali riferimenti riguardano, seppure indirettamente, l'improvvisa, angosciante consapevolezza del tempo, lo spaventoso senso di essere legati ad esso. Il tempo è sempre in maggior misura una manifestazione chiave dell'insoddisfazione e dell'umiliazione che caratterizzano l'esistenza moderna: illumina l'intero panorama deformato e lo farà in modo sempre più pesante finché questo panorama e tutte le forze che lo modellano non cambieranno al punto da divenire irriconoscibili. Questo contributo all'argomento ha poco a che fare con il fascino esercitato dal tempo su produttori cinematografici e televisivi, o con l'attuale interesse accademico per le concezioni geologiche del tempo, la storia della tecnologia degli orologi e la sociologia del tempo, o con osservazioni personali e consigli su come utilizzarlo. Né gli aspetti né gli eccessi del tempo meritano tanta attenzione quanto la sua logica e il suo significato intrinseco. Perché nonostante la natura inquietante del tempo sia diventata. secondo John Michon ([[1988]]) "''quasi un'ossessione intellettuale''", la società è palesemente incapace di gestirlo.  


Il tempo ci presenta un enigma filosofico, un mistero psicologico e un rompicapo per la logica. Non sorprende che, considerando l'enorme reificazione che esso comporta, siano stati espressi dubbi sulla sua stessa esistenza fin da quando l'umanità iniziò a distinguere il "tempo" dai cambiamenti visibili e tangibili nel mondo. Come disse Michael Ende ([[1984]]): "''C'è nel mondo un grande, seppure ordinario, segreto. Tutti ne siamo a conoscenza, ognuno ne è consapevole, ma pochissimi se ne interessano. La maggior parte di noi semplicemente lo accetta e non ci pensa mai. Questo segreto è il tempo''". Cos'è esattamente il "tempo"? Spengler dichiarò che a nessuno dovrebbe essere consentito chiederlo. Il fisico Richard Feynman ([[1988]]) rispose "''Non chiedetemelo nemmeno. È semplicemente troppo difficile pensarci''". Tanto in modo empirico che teorico, i laboratori non sono in grado di rivelare lo scorrere del tempo poiché non esiste strumento in grado di registrare il suo passaggio. Ma perché abbiamo una forte sensazione che il tempo scorra, ineluttabilmente ed in una precisa direzione, se in realtà ciò non accade? Perché questa "illusione" ha un tale potere su di noi? A questo punto possiamo chiederci perché l'alienazione ha un tale potere su di noi. Il passaggio del tempo è intimamente familiare, il concetto di tempo è ironicamente elusivo, perché dovrebbe sembrare strano in un mondo che sopravvive grazie alla mistificazione delle sue categorie più basilari? Ci siamo conformati alla legittimità del tempo così che ora sembra un fatto naturale, un potere che ha pieno diritto di esistere. Lo sviluppo del senso del tempo - l'adeguamento al tempo - è un processo di assuefazione ad un mondo sempre più reificato. È una dimensione costruita, l'aspetto più elementare della cultura. La natura inesorabile del tempo fornisce il modello basilare di dominazione. Più ci inoltriamo nel tempo, peggio diventa. Popoliamo un'era di disintegrazione dell'esperienza, secondo Adorno. La pressione esercitata dal tempo - e dalla sua progenitrice essenziale, la divisione del lavoro - frammenta e disperde tutto. Uniformità, uguaglianza, separazione sono sottoprodotti dell'inesorabile forza del tempo.  
Il tempo ci presenta un enigma filosofico, un mistero psicologico e un rompicapo per la logica. Non sorprende che, considerando l'enorme reificazione che esso comporta, siano stati espressi dubbi sulla sua stessa esistenza fin da quando l'umanità iniziò a distinguere il "tempo" dai cambiamenti visibili e tangibili nel mondo. Come disse Michael Ende ([[1984]]): "''C'è nel mondo un grande, seppure ordinario, segreto. Tutti ne siamo a conoscenza, ognuno ne è consapevole, ma pochissimi se ne interessano. La maggior parte di noi semplicemente lo accetta e non ci pensa mai. Questo segreto è il tempo''". Cos'è esattamente il "tempo"? Spengler dichiarò che a nessuno dovrebbe essere consentito chiederlo. Il fisico Richard Feynman ([[1988]]) rispose: "''Non chiedetemelo nemmeno. È semplicemente troppo difficile pensarci''". Tanto in modo empirico che teorico, i laboratori non sono in grado di rivelare lo scorrere del tempo poiché non esiste strumento in grado di registrare il suo passaggio. Ma perché abbiamo una forte sensazione che il tempo scorra, ineluttabilmente ed in una precisa direzione, se in realtà ciò non accade? Perché questa "illusione" ha un tale potere su di noi? A questo punto possiamo chiederci perché l'alienazione ha un tale potere su di noi. Il passaggio del tempo è intimamente familiare, il concetto di tempo è ironicamente elusivo, perché dovrebbe sembrare strano in un mondo che sopravvive grazie alla mistificazione delle sue categorie più basilari? Ci siamo conformati alla legittimità del tempo così che ora sembra un fatto naturale, un potere che ha pieno diritto di esistere. Lo sviluppo del senso del tempo - l'adeguamento al tempo - è un processo di assuefazione ad un mondo sempre più reificato. È una dimensione costruita, l'aspetto più elementare della cultura. La natura inesorabile del tempo fornisce il modello basilare di dominazione. Più ci inoltriamo nel tempo, peggio diventa. Popoliamo un'era di disintegrazione dell'esperienza, secondo Adorno. La pressione esercitata dal tempo - e dalla sua progenitrice essenziale, la divisione del lavoro - frammenta e disperde tutto. Uniformità, uguaglianza, separazione sono sottoprodotti dell'inesorabile forza del tempo.  


Il significato e la bellezza intrinseci di quel frammento di mondo che non-è-ancora-cultura si muovono stabilmente verso l'annientamento sotto un unico orologio che comprende tutte le culture. L'affermazione di Paul Ricoeur ([[1985]]) "''noi non siamo in grado di produrre un concetto di tempo che sia contemporaneamente cosmologico, biologico, storico e Individuale''" non riesce a rilevare la misura in cui queste definizioni convergono. In merito a questa "simulazione" che rafforza e accompagna tutte le forme di prigionia, si espresse molto bene Bernard Aaronson ([[1972]]): "''Il mondo è pieno di propaganda che presume la sua esistenza''". La poetessa Denise Levertov ([[1974]]) scrisse "''qualsiasi cognizione consiste nella cognizione del tempo''", mostrando perfettamente quanto sia profonda la nostra alienazione nel tempo. Siamo stati sottomessi al suo impero, mentre tempo e alienazione continuano ad approfondire la loro intrusione, il loro avvilimento della vita quotidiana. David Carr ([[1988]]) chiese: "''Questo significa che la lotta per l'esistenza consiste nello sconfiggere il tempo?''". È possibile che sia esattamente questo l'ultimo nemico da combattere. Per affrontare questo onnipresente, seppure fantomatico avversario, è in un certo senso più facile dire ciò che il tempo non è. Non è sinonimo, per ragioni piuttosto ovvie, di cambiamento. Neppure è sequenza o ordine di successione. Il cane di Pavlov, per esempio, deve avere imparato che il suono del campanello era seguito dal cibo, diversamente come avrebbe potuto essere condizionato a produrre saliva a quel suono? Ma i cani non sono coscienti del tempo, quindi non si può dire che prima e dopo costituiscano il tempo. In qualche modo analoghi sono i tentativi, peraltro inadeguati, di giustificare il nostro inesorabile senso del tempo. Il neurologo Gooddy ([[1988]]), più o meno sulla linea di Kant, lo ritrae come una delle nostre "''ipotesi subcoscienti sul mondo''". Alcuni lo hanno descritto, in modo altrettanto poco utile, come un prodotto dell'immaginazione ed il filosofo J.J.C. Smart ([[1980]]) lo ha definito una sensazione "''derivante dalla confusione metafisica''". Mc Taggart ([[1908]]), EH. Bradley ([[1930]]), E. Dummett ([[1978]]) sono alcuni dei pensatori del ventesimo secolo che si sono pronunciati contro l'esistenza del tempo a causa delle sue caratteristiche logiche contraddittorie. Ma sembra abbastanza palese che la presenza del tempo abbia cause ben più profonde della mera confusione mentale."''Le giornate del bambino sfuggono al tempo degli adulti, sono del tempo gonfiato dalla soggettività, dalla passione, dal sogno abitato di reale. Fuori, gli educatori vigilano, attendono orologio alla mano, che il bambino entri nella danza delle ore. Essi HANNO il tempo. E il bambino sente dapprima come un'intrusione estranea l'impostazione da parte degli adulti del tempo loro proprio; poi finisce per soccombervi, acconsente ad invecchiare''".  
Il significato e la bellezza intrinseci di quel frammento di mondo che non-è-ancora-cultura si muovono stabilmente verso l'annientamento sotto un unico orologio che comprende tutte le culture. L'affermazione di Paul Ricoeur ([[1985]]) "''noi non siamo in grado di produrre un concetto di tempo che sia contemporaneamente cosmologico, biologico, storico e Individuale''" non riesce a rilevare la misura in cui queste definizioni convergono. In merito a questa "simulazione" che rafforza e accompagna tutte le forme di prigionia, si espresse molto bene Bernard Aaronson ([[1972]]): "''Il mondo è pieno di propaganda che presume la sua esistenza''". La poetessa Denise Levertov ([[1974]]) scrisse "''qualsiasi cognizione consiste nella cognizione del tempo''", mostrando perfettamente quanto sia profonda la nostra alienazione nel tempo. Siamo stati sottomessi al suo impero, mentre tempo e alienazione continuano ad approfondire la loro intrusione, il loro avvilimento della vita quotidiana. David Carr ([[1988]]) chiese: "''Questo significa che la lotta per l'esistenza consiste nello sconfiggere il tempo?''". È possibile che sia esattamente questo l'ultimo nemico da combattere. Per affrontare questo onnipresente, seppure fantomatico avversario, è in un certo senso più facile dire ciò che il tempo non è. Non è sinonimo, per ragioni piuttosto ovvie, di cambiamento. Neppure è sequenza o ordine di successione. Il cane di Pavlov, per esempio, deve avere imparato che il suono del campanello era seguito dal cibo, diversamente come avrebbe potuto essere condizionato a produrre saliva a quel suono? Ma i cani non sono coscienti del tempo, quindi non si può dire che prima e dopo costituiscano il tempo. In qualche modo analoghi sono i tentativi, peraltro inadeguati, di giustificare il nostro inesorabile senso del tempo. Il neurologo Gooddy ([[1988]]), più o meno sulla linea di Kant, lo ritrae come una delle nostre "''ipotesi subcoscienti sul mondo''". Alcuni lo hanno descritto, in modo altrettanto poco utile, come un prodotto dell'immaginazione ed il filosofo J.J.C. Smart ([[1980]]) lo ha definito una sensazione "''derivante dalla confusione metafisica''". Mc Taggart ([[1908]]), EH. Bradley ([[1930]]), E. Dummett ([[1978]]) sono alcuni dei pensatori del ventesimo secolo che si sono pronunciati contro l'esistenza del tempo a causa delle sue caratteristiche logiche contraddittorie. Ma sembra abbastanza palese che la presenza del tempo abbia cause ben più profonde della mera confusione mentale."''Le giornate del bambino sfuggono al tempo degli adulti, sono del tempo gonfiato dalla soggettività, dalla passione, dal sogno abitato di reale. Fuori, gli educatori vigilano, attendono orologio alla mano, che il bambino entri nella danza delle ore. Essi HANNO il tempo. E il bambino sente dapprima come un'intrusione estranea l'impostazione da parte degli adulti del tempo loro proprio; poi finisce per soccombervi, acconsente ad invecchiare''".  
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