Alceste De Ambris: differenze tra le versioni

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D'Annunzio si era determinato a compiere questa impresa poiché la vittoria gli appariva «mutilata». Egli intendeva rivendicare per l'Italia la propria naturale potestà sull'Adriatico fino a Valona al di là del Patto che era stato firmato a Londra nel [[1915]], al momento dell'entrata in guerra accanto a [[Gran Bretagna]], [[Francia]] e [[Russia]] contro la [[Germania]] e l'Austia-Ungheria. In un ''Cantico'' apparso sul «Corriere della Sera» reclamava l'intera Dalmazia. Inoltre il patto escludeva Fiume dai compensi territoriali non potendo essere prevedibile, a quel momento, la dissoluzione dell'Impero austroungarico a cui la città apparteneva.
D'Annunzio si era determinato a compiere questa impresa poiché la vittoria gli appariva «mutilata». Egli intendeva rivendicare per l'Italia la propria naturale potestà sull'Adriatico fino a Valona al di là del Patto che era stato firmato a Londra nel [[1915]], al momento dell'entrata in guerra accanto a [[Gran Bretagna]], [[Francia]] e [[Russia]] contro la [[Germania]] e l'Austia-Ungheria. In un ''Cantico'' apparso sul «Corriere della Sera» reclamava l'intera Dalmazia. Inoltre il patto escludeva Fiume dai compensi territoriali non potendo essere prevedibile, a quel momento, la dissoluzione dell'Impero austroungarico a cui la città apparteneva.
[[File:Reggenza Italiana del Carnaro.jpg|195px|left|thumb|Bandiera della Reggenza Italiana del Carnaro.]]
[[File:Reggenza Italiana del Carnaro.jpg|195px|left|thumb|Bandiera della Reggenza Italiana del Carnaro.]]
Dalla dissoluzione dell'Impero austroungarico stava nascendo il nuovo regno serbo, croato, sloveno. Gli jugoslavi negavano l'italianità di Fiume e affermavano che avevano assolutamente bisogno del suo porto che era l'unico scalo marittimo utlilizzabile per il nuovo [[Stato]]. Sui confini da assegnare all'[[Italia]] e quindi su Fiume si discuteva nella Conferenza della pace in corso a Parigi. L'[[Italia]] chiedeva l'applicazione del Patto di Londra <ref>[http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_Londra Patto di Londra]</ref>con la correzione dell'inclusione della città di Fiume nelle frontiere italiane, ma le altre potenze furono sorde a queste richieste. I rappresentanti italiani abbandonarono allora la Conferenza e furono accolti in Patria con acclamazioni di entusiasmo. D'Annunzio aveva esltato il loro gesto e dichiarato in un fervente discorso: «Non è più tempo di parole... abbiamo fatto troppo sperpero di eloquenza... oggi ogni combattente riprende il suo posto... e pronti... la bandiera di Fiume non parla ma comanda. Oggi una sola domanda è da rivolgere a questa Italia... per difendere il tuo diritto sei pronta a ricombattere?» <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref> Fino al novembre del 1919, De Ambris non aveva avuto l'occasione di conoscere personalmemnte Gabriele D'Annunzio e non ne apprezzava neanche particolarmente l'arte. «Ma vennero le elezioni generali del novembre 1919. Io avevo rifiutato ogni candidatura -scriverà in un opuscolo- più che per le mie convinzioni antiparlamentariste, per la nausea che mi suscitava la lotta svolta da un lato con la più sconcia demagogia ''neutralista'', e dall'altro con l'intenzione non dissimulata di trar profitto dall'interventismo praticato, o almeno predicato, durante la guerra. La nausea mi vinse a tal punto che sentii il bisogno di cercare un pò d'aria respirabile e mi parve che avrei potuto trovarla a Fiume.»<ref> Note per un opuscolo. ''Fiume (un tentativo incompreso e vilipeso)'', mai pubblicato. Da Serventi Longhi. Op.cit.</ref> D'altra parte, nonostante il controllo che aveva sulla Uil come segretario e il desiderio che lo animava di preservare il sindacato da derive bolsceviche si rese conto che la debolezza dell'organizzazione, emarginata dal governo e dalle organizzazioni internazionali, non gli avrebbe più consentito di avere un ruolo da protagonista nella scena politica nazionale. Il fatto nuovo che poteva affascinare il movimento operaio e rivoluzionario italiano e significare qualcosa di importante per quel processo di cambiamento istituzionale e sociale tante volte ricercato, era proprio l'occupazione dannunziana di Fiume. De Ambris poteva essere la figura adatta ad evitare il pericolo di accentramento nazionalista e autoritario del potere e a collocare intorno a D'Annunzio uomini lontani dalle derive ultranazionalistiche e reazionarie che potevano favorire ipotesi golpiste. Il socialista Turati aveva detto, in modo sprezzante, quando alla camera qualcuno aveva paragonato D'Annunzio a Garibaldi: «C'è una certa differenza fra Giuseppe Garibaldi e Gabriele Rapagnetta [vero cognome di D'Annunzio]... quella era la rivoluzione e questa è la reazione militare» e la sua compagna Anna Kuliscioff gli scriveva da Milano: «Il fattaccio di Fiume non è tanto temibile per le ragioni dette[alla Camera]... quanto per le ragioni non dette... ed è la minaccia di un pronunziamento militare anche a Roma». <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref>
Dalla dissoluzione dell'Impero austroungarico stava nascendo il nuovo regno serbo, croato, sloveno. Gli jugoslavi negavano l'italianità di Fiume e affermavano che avevano assolutamente bisogno del suo porto che era l'unico scalo marittimo utlilizzabile per il nuovo [[Stato]]. Sui confini da assegnare all'[[Italia]] e quindi su Fiume si discuteva nella Conferenza della pace in corso a Parigi. L'[[Italia]] chiedeva l'applicazione del Patto di Londra <ref>[http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_Londra Patto di Londra]</ref>con la correzione dell'inclusione della città di Fiume nelle frontiere italiane, ma le altre potenze furono sorde a queste richieste. I rappresentanti italiani abbandonarono allora la Conferenza e furono accolti in Patria con acclamazioni di entusiasmo. D'Annunzio aveva esltato il loro gesto e dichiarato in un fervente discorso: «Non è più tempo di parole... abbiamo fatto troppo sperpero di eloquenza... oggi ogni combattente riprende il suo posto... e pronti... la bandiera di Fiume non parla ma comanda. Oggi una sola domanda è da rivolgere a questa Italia... per difendere il tuo diritto sei pronta a ricombattere?» <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref> Fino al novembre del 1919, De Ambris non aveva avuto l'occasione di conoscere personalmemnte Gabriele D'Annunzio e non ne apprezzava neanche particolarmente l'arte. «Ma vennero le elezioni generali del novembre 1919. Io avevo rifiutato ogni candidatura -scriverà in un opuscolo- più che per le mie convinzioni antiparlamentariste, per la nausea che mi suscitava la lotta svolta da un lato con la più sconcia demagogia ''neutralista'', e dall'altro con l'intenzione non dissimulata di trar profitto dall'interventismo praticato, o almeno predicato, durante la guerra. La nausea mi vinse a tal punto che sentii il bisogno di cercare un pò d'aria respirabile e mi parve che avrei potuto trovarla a Fiume.»<ref> Note per un opuscolo. ''Fiume (un tentativo incompreso e vilipeso)'', mai pubblicato. Da Serventi Longhi. Op.cit.</ref> D'altra parte, nonostante il controllo che aveva sulla Uil come segretario e il desiderio che lo animava di preservare il sindacato da derive bolsceviche si rese conto che la debolezza dell'organizzazione, emarginata dal governo e dalle organizzazioni internazionali, non gli avrebbe più consentito di avere un ruolo da protagonista nella scena politica nazionale. Il fatto nuovo che poteva affascinare il movimento operaio e rivoluzionario italiano e significare qualcosa di importante per quel processo di cambiamento istituzionale e sociale tante volte ricercato, era proprio l'occupazione dannunziana di Fiume. De Ambris poteva essere la figura adatta ad evitare il pericolo di accentramento nazionalista e autoritario del potere e a collocare intorno a D'Annunzio uomini lontani dalle derive ultranazionalistiche e reazionarie che potevano favorire ipotesi golpiste. Il socialista Turati aveva detto, in modo sprezzante, quando alla camera qualcuno aveva paragonato D'Annunzio a Garibaldi: «C'è una certa differenza fra Giuseppe Garibaldi e Gabriele Rapagnetta [vero cognome di D'Annunzio]... quella era la rivoluzione e questa è la reazione militare» e la sua compagna Anna Kuliscioff gli scriveva da Milano: «Il fattaccio di Fiume non è tanto temibile per le ragioni dette[alla Camera]... quanto per le ragioni non dette... ed è la minaccia di un pronunziamento militare anche a Roma». <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref>


== La Carta del Carnaro ==
== La Carta del Carnaro ==
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== Il Trattato di Rapallo ==
== Il Trattato di Rapallo ==
Il [[12 novembre]] [[1920]], in piena notte, l'[[Italia]] e la [[Jugoslavia]] firmavano un trattato che prenderà il nome di Trattato di Rapallo. Per la parte Italiana erano presenti il ministro degli Esteri Sforza, il ministro della guerra Bonomi, cui si aggiunse, a chiusura del negoziato, Giolitti. Con questo trattato il confine tra i due paesi veniva fissato sulle Alpi Giulie seguendo quasi completamente la linea prevista dal Patto di Londra. Fiume veniva proclamata Stato indipendente, con una stretta linea litoranea in continuità territoriale con l'Italia. Tutta la Dalmazia, ad eccezione di Zara e di qualche altra piccola porzione di territorio, veniva assegnata alla Jugoslavia. La reazione di D'Annunzio alla notizia del patto fu furibonda. Dichiarò di non riconoscere il trattato che giudicava un tradimento. «Per Fiume il comandante giurò di voler continuare la lotta fino alla vittoria poiché la Reggenza del Carnaro aveva lo scopo di rendere "inoppugnabile" l'annessione della città all'Italia. "Il mio gioco tremendo  [dichiarò] è già disposto, mentre il compiacimento italiano è leggero e avrà il suo castigo"». <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref>
Il [[12 novembre]] [[1920]], in piena notte, l'[[Italia]] e la [[Jugoslavia]] firmavano un trattato che prenderà il nome di Trattato di Rapallo. Per la parte Italiana erano presenti il ministro degli Esteri Sforza, il ministro della guerra Bonomi, cui si aggiunse, a chiusura del negoziato, Giolitti. Con questo trattato il confine tra i due paesi veniva fissato sulle Alpi Giulie seguendo quasi completamente la linea prevista dal Patto di Londra. Fiume veniva proclamata Stato indipendente, con una stretta linea litoranea in continuità territoriale con l'Italia. Tutta la Dalmazia, ad eccezione di Zara e di qualche altra piccola porzione di territorio, veniva assegnata alla Jugoslavia. La reazione di D'Annunzio alla notizia del patto fu furibonda. Dichiarò di non riconoscere il trattato che giudicava un tradimento. «Per Fiume il comandante giurò di voler continuare la lotta fino alla vittoria poiché la Reggenza del Carnaro aveva lo scopo di rendere "inoppugnabile" l'annessione della città all'Italia. "Il mio gioco tremendo  [dichiarò] è già disposto, mentre il compiacimento italiano è leggero e avrà il suo castigo"». <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref>
I legionari dannunziani furono mobilitati e occuparono due piccole isole che in base agli accordi di Rapallo dovevano essere cedute alla Jugoslavia. Furono fatte altre azioni, più che altro dimostrative, che non avevano comportato spargimento di sangue e che erano avvenute con la connivenza delle truppe regolari italiane che presidiavano quei territori. Si sparse la voce che il Comandante avesse intenzione addirittura di attaccare direttamente la Jugoslavia. Era naturalmente qualcosa di assolutamente improbabile data la situazione delle truppe di [[Impresa di Fiume|Fiume]] assai poco preparate all'impresa e prive di armamenti adeguati. Gli atteggiamenti e i proclami di D'Annunzio apparivano ormai velleitari, il Comandante si era posto in una situazione di progressivo isolamento avendo condotto queste ultime azioni militari in assoluta autonomia senza concordarle con gli organismi della Reggenza.
I legionari dannunziani furono mobilitati e occuparono due piccole isole che in base agli accordi di Rapallo dovevano essere cedute alla Jugoslavia. Furono fatte altre azioni, più che altro dimostrative, che non avevano comportato spargimento di sangue e che erano avvenute con la connivenza delle truppe regolari italiane che presidiavano quei territori. Si sparse la voce che il Comandante avesse intenzione addirittura di attaccare direttamente la Jugoslavia. Era naturalmente qualcosa di assolutamente improbabile data la situazione delle truppe di [[Impresa di Fiume|Fiume]] assai poco preparate all'impresa e prive di armamenti adeguati. Gli atteggiamenti e i proclami di D'Annunzio apparivano ormai velleitari, il Comandante si era posto in una situazione di progressivo isolamento avendo condotto queste ultime azioni militari in assoluta autonomia senza concordarle con gli organismi della Reggenza.
Mussolini, che aveva sempre tenuto un atteggiamento opportunista e ambiguo nei confronti di D'Annunzio, scrisse un articolo di fondo sul suo giornale che approvava nella sostanza le decisioni del Trattato di Rapallo e comunque non riteneva il suo movimento ancora abbastanza forte per impegnarsi in un impresa che avrebbe messo in discussione il potere del governo centrale di Roma. «Perfino De Ambris, che però da un mese si era alquanto allontanato dal Comandante con una brusca lettera, era favorevole allo Stato libero. "'''I fiumani sono in complesso per l'accettazione del Trattato di Rapallo. In Italia domina lo stesso sentimento, anche negli amici più fedeli, i quali non lo dicono apertamente per non aver l'aria di abbandonarci, ma sono assai scarsamente convinti delle possibilità di una resistenza efficace"'''». <ref>Antonio Spinosa.Op.cit.</ref>
Mussolini, che aveva sempre tenuto un atteggiamento opportunista e ambiguo nei confronti di D'Annunzio, scrisse un articolo di fondo sul suo giornale che approvava nella sostanza le decisioni del Trattato di Rapallo e comunque non riteneva il suo movimento ancora abbastanza forte per impegnarsi in un impresa che avrebbe messo in discussione il potere del governo centrale di Roma. «Perfino De Ambris, che però da un mese si era alquanto allontanato dal Comandante con una brusca lettera, era favorevole allo Stato libero. "'''I fiumani sono in complesso per l'accettazione del Trattato di Rapallo. In Italia domina lo stesso sentimento, anche negli amici più fedeli, i quali non lo dicono apertamente per non aver l'aria di abbandonarci, ma sono assai scarsamente convinti delle possibilità di una resistenza efficace"'''». <ref>Antonio Spinosa.Op.cit.</ref>


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== Un uomo di pensiero e un gran combattente ==
== Un uomo di pensiero e un gran combattente ==
Proprio due giorni dopo le dimissioni da segretario della LIDU, nel quadro dell'amnistia per il decennale della marcia su Roma, entrò in vigore un  Regio decreto che restituì a De Ambris - e ad altri sedici antifascisti a cui era stata tolta - la cittadinanza a tutti gli effetti. Egli fece sapere ai suoi familiari in Italia di volersi allontanare da Parigi dove operavano le organizzzaioni dell'antifascismo ufficiale. Questa scelta di defilarsi dal movimento ufficiale e il fatto che il Regime gli avesse restituito la cittadinanza fece circolare la voce di un riavvicinamento di De Ambris alla sinistra fascista. Cosa che l'interessato smentì nel modo più categorico. Anzi egli si preparava a nuove battaglie. Allontanatosi ormai definitivamente dalla ideologia dell'antifascismo dei partiti democratrici e socialisti, invischiato - a suo parere - in una logica vittimistica e parolaia, si riproponeva di fondare un nuovo movimento sulla base della Carta del Carnaro, della pianificazione economica e dell'ordine corporativo. Anche se ormai il termine era stato fatto proprio dal Regime fascista egli ne rivendicava comunque la paternità ed era pronto ad usare questa bandiera per mobiltare tutte le forze che volevano superare la concezione marxista e ridefinire il ruolo dello Stato nel rapporto tra le classi. La sua idea era che il Corporativismo fosse l'unico strumento per andare oltre il tradizionale parlamentarismo ma che non fosse possibile realizzarlo senza la libertà e senza un'articolazione federale e comunalista dell'organizzazione statale. De Ambris convinse un certo numero di militanti che erano vicini a lui a raccogliersi intorno al progetto di una rivista che doveva essere autonoma, svincolata da ogni organizzazione e che avrebbe dovuto farsi portavoce di un originale movimento "corporativista" antifascista. Questa rivista avrebbe dovuto chiamarsi "La Vigilia" e avrebbe dovuto presentare un programma rivoluzionario su tre punti: questione agraria, federalismo e corporativismo. Preoccupati di una eventuale fuoriuscita dall'organizzazione dei militanti che avevano aderito al progetto o di una scissione i dirigenti della Lega vollero organizzare una riunione per conoscere le intenzioni del gruppo riunito intorno a De Ambris. La riunione si tenne a Brive a casa di De Ambris il 9 dicembre 1934. Ma durante l'accesa discussione, in seguito ad un malore improvviso, De Ambris morì.
Proprio due giorni dopo le dimissioni da segretario della LIDU, nel quadro dell'amnistia per il decennale della marcia su Roma, entrò in vigore un  Regio decreto che restituì a De Ambris - e ad altri sedici antifascisti a cui era stata tolta - la cittadinanza a tutti gli effetti. Egli fece sapere ai suoi familiari in Italia di volersi allontanare da Parigi dove operavano le organizzzaioni dell'antifascismo ufficiale. Questa scelta di defilarsi dal movimento ufficiale e il fatto che il Regime gli avesse restituito la cittadinanza fece circolare la voce di un riavvicinamento di De Ambris alla sinistra fascista. Cosa che l'interessato smentì nel modo più categorico. Anzi egli si preparava a nuove battaglie. Allontanatosi ormai definitivamente dalla ideologia dell'antifascismo dei partiti democratrici e socialisti, invischiato - a suo parere - in una logica vittimistica e parolaia, si riproponeva di fondare un nuovo movimento sulla base della Carta del Carnaro, della pianificazione economica e dell'ordine corporativo. Anche se ormai il termine era stato fatto proprio dal Regime fascista egli ne rivendicava comunque la paternità ed era pronto ad usare questa bandiera per mobiltare tutte le forze che volevano superare la concezione marxista e ridefinire il ruolo dello Stato nel rapporto tra le classi. La sua idea era che il Corporativismo fosse l'unico strumento per andare oltre il tradizionale parlamentarismo ma che non fosse possibile realizzarlo senza la libertà e senza un'articolazione federale e comunalista dell'organizzazione statale. De Ambris convinse un certo numero di militanti che erano vicini a lui a raccogliersi intorno al progetto di una rivista che doveva essere autonoma, svincolata da ogni organizzazione e che avrebbe dovuto farsi portavoce di un originale movimento "corporativista" antifascista. Questa rivista avrebbe dovuto chiamarsi "La Vigilia" e avrebbe dovuto presentare un programma rivoluzionario su tre punti: questione agraria, federalismo e corporativismo. Preoccupati di una eventuale fuoriuscita dall'organizzazione dei militanti che avevano aderito al progetto o di una scissione i dirigenti della Lega vollero organizzare una riunione per conoscere le intenzioni del gruppo riunito intorno a De Ambris. La riunione si tenne a Brive a casa di De Ambris il 9 dicembre 1934. Ma durante l'accesa discussione, in seguito ad un malore improvviso, De Ambris morì.


== Note ==
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