Alceste De Ambris: differenze tra le versioni

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== Sindacato e Stato ==
== Sindacato e Stato ==
l'evento bellico, come abbiamo visto, aveva portato ad una accelerazione delle divisioni ideologiche all'interno del [[socialismo]] ma non solo, aveva prodotto la necessità di un ripensamento complessivo sul ruolo del partito, del sindacato e delle avanguardie rivoluzionarie nel processo di emancipazione verso la creazione di una [[eguaglianza|società egualitaria]] basata sulla giustizia sociale. In questo contesto si pose il problema del ruolo dello [[Stato]] e del rapporto del movimento operaio con le istituzioni. De Ambris aveva già cominciato, durante la guerra, a rivedere le sue posizioni in merito distaccandosi sempre di pù dai contenuti libertari del suo sindacalismo, ponendosi in questo modo in netto contrasto con la [[anarco-sindacalista|corrente anarcosindacalista]], il cui esponente principale era [[Armando Borghi]], per cui la pregiudiziale antistatalista era imprescindibile. Su questa linea, nel febbraio [[1918]], De Ambris diede vita alla rivista «Il Rinnovamento» che voleva favorire l'aggregazione del [[proletariato]] in una organizzazione autonoma, stabile e nazionale. Questa iniziativa sfociò nell'adesione alla Unione socialista italiana, la nuova formazione politica guidata da Bissolati. Nel primo Congresso nazionale di questa organizzazione, composta da personalità molto eterogenee, tenutosi il [[13 maggio|13]], [[14 maggio|14]] e [[15 maggio]] [[1918]] a Roma, fu decisa la nascita di un nuovo organo che rappresentasse la vecchia guardia del sindacalismo italiano che fu chiamato «l'Italia nostra» il cui sottotitolo era molto esplicativo «La patria non si nega si conquista». Essi ritenevano, come disse Edmondo Rossoni in un'altra circostanza, qualche mese dopo, che l'antipatriottismo era superato e che «il proletariato ha tutto l'interesse di affezionarsi al proprio paese e conquistarlo alla giustizia». <ref>Serventi Longhi Op.cit.</ref> De ambris rispose alle polemiche dei libertari dell'Unione Sindacale Italiana sostenendo l'indispensabilità dell'autorità , che non era realistico negare l'esistenza di funzioni istituzionali di potere, e soprattutto l'autorità sindacale sulla quale si doveva basare la società futura.
l'evento bellico, come abbiamo visto, aveva portato ad una accelerazione delle divisioni ideologiche all'interno del [[socialismo]] ma non solo, aveva prodotto la necessità di un ripensamento complessivo sul ruolo del partito, del sindacato e delle avanguardie rivoluzionarie nel processo di emancipazione verso la creazione di una [[eguaglianza|società egualitaria]] basata sulla giustizia sociale. In questo contesto si pose il problema del ruolo dello [[Stato]] e del rapporto del movimento operaio con le istituzioni. De Ambris aveva già cominciato, durante la guerra, a rivedere le sue posizioni in merito distaccandosi sempre di pù dai contenuti libertari del suo sindacalismo, ponendosi in questo modo in netto contrasto con la [[anarco-sindacalista|corrente anarcosindacalista]], il cui esponente principale era [[Armando Borghi]], per cui la pregiudiziale antistatalista era imprescindibile. Su questa linea, nel febbraio [[1918]], De Ambris diede vita alla rivista «Il Rinnovamento» che voleva favorire l'aggregazione del [[proletariato]] in una organizzazione autonoma, stabile e nazionale. Questa iniziativa sfociò nell'adesione alla Unione socialista italiana, la nuova formazione politica guidata da Bissolati. Nel primo Congresso nazionale di questa organizzazione, composta da personalità molto eterogenee, tenutosi il [[13 maggio|13]], [[14 maggio|14]] e [[15 maggio]] [[1918]] a Roma, fu decisa la nascita di un nuovo organo che rappresentasse la vecchia guardia del sindacalismo italiano che fu chiamato «l'Italia nostra» il cui sottotitolo era molto esplicativo «La patria non si nega si conquista». Essi ritenevano, come disse Edmondo Rossoni in un'altra circostanza, qualche mese dopo, che l'antipatriottismo era superato e che «il proletariato ha tutto l'interesse di affezionarsi al proprio paese e conquistarlo alla giustizia». <ref>Serventi Longhi Op.cit.</ref> De ambris rispose alle polemiche dei libertari dell'Unione Sindacale Italiana sostenendo l'indispensabilità dell'autorità , che non era realistico negare l'esistenza di funzioni istituzionali di potere, e soprattutto l'autorità sindacale sulla quale si doveva basare la società futura.


== Il Manifesto di San Sepolcro ==
== Il Manifesto di San Sepolcro ==
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== l'antifascismo di De Ambris ==
== l'antifascismo di De Ambris ==
De Ambris espresse la natura del suo antifascismo in un noto articolo: ''l'evolution du Fascisme'' pubblicato su ''Le Mercure de France'' nel numero del 15 febbraio-15 marzo 1923. <ref>Serventi Longhi Op.cit.</ref> In questo articolo il sindacalista denuncia la degenerazione violenta e classista del [[Fascismo]] e il suo carattere reazionario. Riconosce al movimento il merito di avere in un primo tempo combattuto vittoriosamente il bolscevismo italiano ma dichiara che già all'epoca  si intravvedevano le contraddizioni che avrebbero minato il futuro del nuovo partito di governo che egli individuava nell''''«ambiguità che gli ha permesso di dichiararsi a parole ultraindividualista e di appoggiarsi di fatto alle masse organizzate, di disprezzare verbalmente il parlamentarismo e di cercare di conquistare seggi elettorali, di esaltare lo Stato forte e di farsene beffa violando continuamente e impunemente le sue leggi, di predicare la disciplina assoluta e quasi mistica e di tollerare nei suoi ranghi la più pericolsa indisciplina, di non voler rinunciare alla "tendenza repubblicana" e di partecipare attivamente alle manifestazioni monarchiche». '''
De Ambris espresse la natura del suo antifascismo in un noto articolo: ''l'evolution du Fascisme'' pubblicato su ''Le Mercure de France'' nel numero del 15 febbraio-15 marzo 1923. <ref>Serventi Longhi Op.cit.</ref> In questo articolo il sindacalista denuncia la degenerazione violenta e classista del [[Fascismo]] e il suo carattere reazionario. Riconosce al movimento il merito di avere in un primo tempo combattuto vittoriosamente il bolscevismo italiano ma dichiara che già all'epoca  si intravvedevano le contraddizioni che avrebbero minato il futuro del nuovo partito di governo che egli individuava nell''''«ambiguità che gli ha permesso di dichiararsi a parole ultraindividualista e di appoggiarsi di fatto alle masse organizzate, di disprezzare verbalmente il parlamentarismo e di cercare di conquistare seggi elettorali, di esaltare lo Stato forte e di farsene beffa violando continuamente e impunemente le sue leggi, di predicare la disciplina assoluta e quasi mistica e di tollerare nei suoi ranghi la più pericolsa indisciplina, di non voler rinunciare alla "tendenza repubblicana" e di partecipare attivamente alle manifestazioni monarchiche». '''


Questa ambiguità , secondo De Ambris, non avrebbe potuto continuare perché nascondeva, dietro una  proditoria demagogia, un sostanziale conservatorismo. Essa era anche testimoniata dal perdurare di conflitti e di episodi di violenza anche personale con gli imprenditori che non rispettavano i patti sottoscritti con il [[corporativismo|sindacato fascista]] e che dimostravano la difficoltà di contenere le rivendicazioni operaie nel quadro del supremo interesse nazionale. Tuttavia il Partito non aveva ancora attuato la fascistizzazione dello Stato che avverrà solo nel [[1925]] e non era ancora esclusa la possibilità che le pressioni delle masse, che si erano mobilitate attorno al movimento e i lavoratori potessero spingere il Regime ad un ritorno agli ideali delle origini. Fu per questo che personalità fasciste che, in passato erano state vicine a De Ambris, cercarono di coinvolgerlo - pensando addirittura ad incarichi istituzionali - nella costruzione del Regime soprattutto in riferimento alla realizzazione del Corporativismo. «La speranza di coinvolgere De Ambris convinse lo stesso Mussolini dell'opportunità di inviare un emissario prestigioso per intavolare trattative dirette, il celebre scrittore e giornalista Kurt Erich Suckert, anche noto come Curzio Malaparte. Il capo del governo [...] sapeva che molti quadri sindacali delle confederazioni fasciste e parte del mondo legionario ancora avevano in De Ambris un innegabile riferimento morale, che consigliava di concedergli una funzione direttiva». <ref>Serventi Longhi. Op.cit.</ref>  
Questa ambiguità , secondo De Ambris, non avrebbe potuto continuare perché nascondeva, dietro una  proditoria demagogia, un sostanziale conservatorismo. Essa era anche testimoniata dal perdurare di conflitti e di episodi di violenza anche personale con gli imprenditori che non rispettavano i patti sottoscritti con il [[corporativismo|sindacato fascista]] e che dimostravano la difficoltà di contenere le rivendicazioni operaie nel quadro del supremo interesse nazionale. Tuttavia il Partito non aveva ancora attuato la fascistizzazione dello Stato che avverrà solo nel [[1925]] e non era ancora esclusa la possibilità che le pressioni delle masse, che si erano mobilitate attorno al movimento e i lavoratori potessero spingere il Regime ad un ritorno agli ideali delle origini. Fu per questo che personalità fasciste che, in passato erano state vicine a De Ambris, cercarono di coinvolgerlo - pensando addirittura ad incarichi istituzionali - nella costruzione del Regime soprattutto in riferimento alla realizzazione del Corporativismo. «La speranza di coinvolgere De Ambris convinse lo stesso Mussolini dell'opportunità di inviare un emissario prestigioso per intavolare trattative dirette, il celebre scrittore e giornalista Kurt Erich Suckert, anche noto come Curzio Malaparte. Il capo del governo [...] sapeva che molti quadri sindacali delle confederazioni fasciste e parte del mondo legionario ancora avevano in De Ambris un innegabile riferimento morale, che consigliava di concedergli una funzione direttiva». <ref>Serventi Longhi. Op.cit.</ref>  
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