Gian Pietro Lucini: differenze tra le versioni

Riga 18: Riga 18:
[[Anarchico]] di formazione, Lucini ammise successivamente di avere pur sentito il fascino degli ideali nazionali che animavano i [[futuristi]]. Scriverà in uno dei suoi libri più noti:
[[Anarchico]] di formazione, Lucini ammise successivamente di avere pur sentito il fascino degli ideali nazionali che animavano i [[futuristi]]. Scriverà in uno dei suoi libri più noti:
:«C'era in me la stoffa di un perfetto nazionalista, avanti lettera e scoperta dei Scipio Sighele, degli Enrico Corradini, dei Giulio De Frenzi, se la filosofia e il [[1898]] non mi avessero tonalizzato a dovere con le argomentazioni di [[Max Stirner]], col sangue concittadino sparso senza parsimonia dai plurimi e immedagliati Fiorenzo Bava Beccaris, solennemente premiati».
:«C'era in me la stoffa di un perfetto nazionalista, avanti lettera e scoperta dei Scipio Sighele, degli Enrico Corradini, dei Giulio De Frenzi, se la filosofia e il [[1898]] non mi avessero tonalizzato a dovere con le argomentazioni di [[Max Stirner]], col sangue concittadino sparso senza parsimonia dai plurimi e immedagliati Fiorenzo Bava Beccaris, solennemente premiati».
Dallo [[stirnerismo]] inteso ed interpretato in chiave materialista, Gian Pietro Lucini prenderà le mosse nello scrivere la sua più importante opera filosofica, ''Filosofi ultimi'' ([[1913]]).
Consumato dalla tubercolosi, che lo colpì fin dalla giovinezza, Lucini visse gli ultimi suoi anni nella villa che possedeva a Breglia, sul Lago di Como, e vi morì il [[13 luglio]] [[1914]], forse avvertendo in lontananza l'eco del crepitio di uno sparo a Sarajevo e presagendo la catastrofe che avrebbe sconvolto l'Europa, gettando nel tumulto, nella disperazione e nel dolore le enormi masse quasi ignare dell'elettrizzante entusiasmo e dei sogni sublimi, eroici e pindarici delle minoranze [[rivoluzionarie]] più sfrontate, desiderose di spazzare via un mondo cinico e calcolatore con la sola passione dei loro cuori generosi. I bagliori della guerra generale europea auspicata da Ernest Coeurderoy erano in procinto di sprigionarsi, il fuoco era ormai attizzato e avrebbe ben presto fatto balenare le proprie avvolgenti fiamme:
<center>
:«Accorre delirando l'Epoca nella crisi, divina realtà;
:s'inghirlanda di fiamme e rimbomba,
:porpora e sangue sventola dal gonfalone,
:T'onora imperialmente in sulla fresca tomba,
:Poeta, nel tuo nome.
:Ritte, sul bianco cippo, Ti attestano in vittoria,
:incense di passione, con accento italiano le Camene
:nostro Ti riconsacrano, sulla Rivoluzione,
:pel Giorno che verrà».
</center>
== Il pensiero ==


=== ''Filosofi ultimi'' ===
=== ''Filosofi ultimi'' ===
Dallo [[stirnerismo]] inteso ed interpretato in chiave materialista, Gian Pietro Lucini prenderà le mosse nello scrivere la sua più importante opera filosofica, ''Filosofi ultimi'' ([[1913]]). In essa l'autore si scaglierà alla sua maniera sapida e caustica contro le correnti più recenti ed innovative del mondo filosofico di quegli anni: egli tenterà di corrodere e tarlare, secondo una modalità che si rifaceva apertamente allo stile di [[Giovanni Papini]] e del suo lavoro ''Il Crepuscolo dei filosofi'' ([[1906]]), il neoidealismo di [[Benedetto Croce]], il pragmatismo di [[William James]], il contingentismo di [[Émile Boutroux]], l'intuizionismo di [[Henri Bergson]], il trascendentalismo di [[Otto Weininger]]; quest'ultimo in particolare, tra i nuovi filosofi, fu il più osteggiato dal poeta italiano, che apertamente lo liquidò come un folle, pur ammirandone la bellezza suadente della prosa.
Nell'opera ''Filosofi ultimi'' Lucini si scaglierà alla sua maniera sapida e caustica contro le correnti più recenti ed innovative del mondo filosofico di quegli anni: egli tenterà di corrodere e tarlare, secondo una modalità che si rifaceva apertamente allo stile di [[Giovanni Papini]] e del suo lavoro ''Il Crepuscolo dei filosofi'' ([[1906]]), il neoidealismo di [[Benedetto Croce]], il pragmatismo di [[William James]], il contingentismo di [[Émile Boutroux]], l'intuizionismo di [[Henri Bergson]], il trascendentalismo di [[Otto Weininger]]; quest'ultimo in particolare, tra i nuovi filosofi, fu il più osteggiato dal poeta italiano, che apertamente lo liquidò come un folle, pur ammirandone la bellezza suadente della prosa.


L'asse portante dell'opera è il concetto di decadenza moderna della filosofia, definita da Lucini come «amore della verità, studio e ricerca di quei mezzi intellettuali per cui se ne avvicina il possesso». A questo inarrestabile processo involutivo determinato dalla modernità e che contamina non solo la filosofia ma la società stessa che la ospita, l'autore contrappose «la saldezza e il valore filosofico» della triade [[Carlo Cattaneo]] – [[Giovanni Bovio]] – [[Giulio Lazzarini]]. [[Giovanni Bovio]], filosofo repubblicano indicato dai neoidealisti come un positivista, aveva invece secondo lo scrittore milanese costruito un sistema filosofico che si autodefiniva naturalismo matematico e che aveva superato le angustie e le contraddizioni della metafisica positivistica di [[Auguste Comte]] e di [[Herbert Spencer]], raggiungendo una maggiore consapevolezza e un più robusto rigore scientifico.
L'asse portante dell'opera è il concetto di decadenza moderna della filosofia, definita da Lucini come «amore della verità, studio e ricerca di quei mezzi intellettuali per cui se ne avvicina il possesso». A questo inarrestabile processo involutivo determinato dalla modernità e che contamina non solo la filosofia ma la società stessa che la ospita, l'autore contrappose «la saldezza e il valore filosofico» della triade [[Carlo Cattaneo]] – [[Giovanni Bovio]] – [[Giulio Lazzarini]]. [[Giovanni Bovio]], filosofo repubblicano indicato dai neoidealisti come un positivista, aveva invece secondo lo scrittore milanese costruito un sistema filosofico che si autodefiniva naturalismo matematico e che aveva superato le angustie e le contraddizioni della metafisica positivistica di [[Auguste Comte]] e di [[Herbert Spencer]], raggiungendo una maggiore consapevolezza e un più robusto rigore scientifico.
Riga 39: Riga 56:


Nonostante i suoi sforzi per liberarsi dall'ipoteca dell'immaginifico, egli riecheggiò ed ebbe sempre a modello proprio il classico eroe dannunziano; particolari affinità e contiguità, debiti e riconoscenze della immagine luciniana del Melibeo si riscontrano in Stelio Effrena, il protagonista de ''Il Fuoco'' ([[1900]]). La creazione artistica e la sensibilità estetica sono i tratti che li accomunano irrevocabilmente. Lucini ritenne, però, a differenza di D'Annunzio, che alla base della mitica figura nicciana di Zarathustra, ben nascosto, ci fosse il mito dell'Unico [[stirneriano]], e ne trasse profitto per elaborare l'idea simbolica del suo eroe. Questi è, infatti, il costruttore e l'iniziatore di una nuova epoca, «unico legislatore di sé stesso» alla maniera di Claudio Cantelmo, il protagonista del romanzo dannunziano ''Le Vergini delle Rocce'' ([[1896]]): l'uomo più che uomo che, in quanto artista, prefigura, nel divenire carsico della storia, l'uomo sovversivo del futuro; questi sarà lo Sconosciuto-Riconosciuto, colui che crea la vita, «quell'Io di cui i ragionamenti della metafisica hanno parlato e hanno pur oggi identificato nelle sue divine ed immateriali ragioni senza confini. L'essenza fondamentale ed insieme cosciente dell'energia divina, cioè della Vita Universale».
Nonostante i suoi sforzi per liberarsi dall'ipoteca dell'immaginifico, egli riecheggiò ed ebbe sempre a modello proprio il classico eroe dannunziano; particolari affinità e contiguità, debiti e riconoscenze della immagine luciniana del Melibeo si riscontrano in Stelio Effrena, il protagonista de ''Il Fuoco'' ([[1900]]). La creazione artistica e la sensibilità estetica sono i tratti che li accomunano irrevocabilmente. Lucini ritenne, però, a differenza di D'Annunzio, che alla base della mitica figura nicciana di Zarathustra, ben nascosto, ci fosse il mito dell'Unico [[stirneriano]], e ne trasse profitto per elaborare l'idea simbolica del suo eroe. Questi è, infatti, il costruttore e l'iniziatore di una nuova epoca, «unico legislatore di sé stesso» alla maniera di Claudio Cantelmo, il protagonista del romanzo dannunziano ''Le Vergini delle Rocce'' ([[1896]]): l'uomo più che uomo che, in quanto artista, prefigura, nel divenire carsico della storia, l'uomo sovversivo del futuro; questi sarà lo Sconosciuto-Riconosciuto, colui che crea la vita, «quell'Io di cui i ragionamenti della metafisica hanno parlato e hanno pur oggi identificato nelle sue divine ed immateriali ragioni senza confini. L'essenza fondamentale ed insieme cosciente dell'energia divina, cioè della Vita Universale».
=== La fine ===
Consumato dalla tubercolosi, che lo colpì fin dalla giovinezza, Lucini visse gli ultimi suoi anni nella villa che possedeva a Breglia, sul Lago di Como, e vi morì il [[13 luglio]] [[1914]], forse avvertendo in lontananza l'eco del crepitio di uno sparo a Sarajevo e presagendo la catastrofe che avrebbe sconvolto l'Europa, gettando nel tumulto, nella disperazione e nel dolore le enormi masse quasi ignare dell'elettrizzante entusiasmo e dei sogni sublimi, eroici e pindarici delle minoranze [[rivoluzionarie]] più sfrontate, desiderose di spazzare via un mondo cinico e calcolatore con la sola passione dei loro cuori generosi. I bagliori della guerra generale europea auspicata da Ernest Coeurderoy erano in procinto di sprigionarsi, il fuoco era ormai attizzato e avrebbe ben presto fatto balenare le proprie avvolgenti fiamme:
<center>
:«Accorre delirando l'Epoca nella crisi, divina realtà;
:s'inghirlanda di fiamme e rimbomba,
:porpora e sangue sventola dal gonfalone,
:T'onora imperialmente in sulla fresca tomba,
:Poeta, nel tuo nome.
:Ritte, sul bianco cippo, Ti attestano in vittoria,
:incense di passione, con accento italiano le Camene
:nostro Ti riconsacrano, sulla Rivoluzione,
:pel Giorno che verrà».
</center>


== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
66 562

contributi